Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 17 Settembre, 2025
Nome: 
Eleonora Evi

A.C. 1917-B

 

Signora Presidente, colleghe e colleghi, questa riforma è come un farmaco pubblicizzato come miracoloso, ma senza alcun principio attivo: ha un bel nome, un bel pacchetto, viene presentata come la cura definitiva per tutti i mali della giustizia italiana, ma non cura proprio nulla, anzi, rischia di peggiorare la malattia. È una pillola di zucchero venduta come medicina, un placebo istituzionale che genera solo illusioni e come tutte le false cure fa più male che bene, illude i cittadini, alimenta diffidenza verso le istituzioni e nasconde le vere responsabilità di chi oggi governa. Quella che oggi ci troviamo a discutere e su cui siamo chiamati a votare, non è una riforma della giustizia, è una riforma contro la giustizia, una riforma che, sotto l'apparenza di una misura tecnica, nasconde un disegno politico chiaro, preciso, mirato: delegittimare la magistratura, indebolirne l'autonomia, alterare gli equilibri costituzionali che garantiscono la nostra democrazia. La realtà è che questa riforma nasce non per migliorare la giustizia, ma per regolare i conti con la magistratura.

È un disegno di legge che si inserisce in un clima di conflitto aperto tra il potere politico e il potere giudiziario in un clima che la destra ha voluto, ha creato e ha alimentato con toni aggressivi, accuse infondate e una continua delegittimazione dell'operato dei giudici. L'obiettivo lo abbiamo visto chiaramente; è lunga la lista dei casi in cui avete gridato ai giudici brutti e cattivi. Pensiamo alle inchieste scomode, ai processi che coinvolgono esponenti della maggioranza, alle pronunce che hanno evidenziato l'illegittimità o l'incostituzionalità di alcuni vostri provvedimenti: in ultimo, le sentenze che hanno messo in discussione il folle e mostruoso progetto del Governo del centro lager per migranti in Albania. Alla fine è arrivata anche la Corte di giustizia europea, peraltro, a dire che sotto il profilo delle regole del diritto il modello Albania non funziona. Sentenze che hanno fatto infuriare l'Esecutivo, perché? Perché quei giudici, nel fare semplicemente il loro lavoro, hanno osato dire la verità, hanno osato porre dei limiti chiari alle forzature del Governo, hanno osato dire che non si possono trattare i diritti umani come un fastidio burocratico, hanno osato porre limiti agli abusi del potere politico, hanno osato affermare che i diritti umani non sono una variabile dipendente dalle esigenze elettorali; hanno quindi ricordato al Governo che non tutto è permesso. E quale è stata la risposta del Governo? Invece di rispettare l'autonomia della magistratura, si è preferito alimentare una narrazione tossica e strumentale: giudici politicizzati, giudici ideologici, giudici da riformare.

Ma, la verità è un'altra; la verità è che si vuole delegittimare la magistratura proprio perché osa fare il proprio dovere. Allora diciamolo senza ipocrisie: questo disegno di legge costituzionale è una ritorsione politica, non una riforma organica. Non è tutto. Questo disegno di legge rappresenta un tassello di un disegno più ampio e inquietante: la costruzione di un modello autoritario in cui la giustizia diventa strumento di repressione piuttosto che garanzia di diritti. Lo abbiamo visto con i decreti Sicurezza, con l'introduzione di nuovi reati per ogni disagio sociale, con un uso sistematico della risposta penale a problemi che richiederebbero politiche sociali, di istruzione di prevenzione; lo vediamo con l'uso della giustizia penale per colpire il dissenso, i migranti, le persone in difficoltà.

È il panpenalismo del Governo Meloni: tanti reati, pochissime soluzioni. Una giustizia punitiva, vendicativa, verticale e inefficace. E così si arriva alla separazione delle carriere, spacciata come misura tecnica, quando in realtà è un atto politico. Non è separando le carriere che si velocizzano i processi, non è con un tratto di penna sulla Costituzione che si risolvono i problemi veri della giustizia italiana: le carenze di organico, le scarsità di risorse, mancano i magistrati, le udienze del giudice di pace che vengono fissate al 2030, l'arretratezza digitale, il processo telematico in tilt, i cittadini e le imprese che chiedono giustizia che devono affrontare il calvario della lentezza dei processi e l'insostenibile peso del contenzioso; per non parlare della situazione drammatica delle carceri italiane.

Una parola su questo punto: per un Governo tutto chiacchiere e distintivo, che fa della repressione la sua cifra politica, che brandisce la giustizia penale come una clava a colpi di nuovi reati e aumento di pene, non sorprende che davanti ad una vera e propria emergenza all'interno delle carceri italiane non muova un dito, di fatto. Il Governo non fa nulla, se non la solita propaganda. Invece - come dicevo - siamo di fronte ad una vera e propria emergenza umanitaria. Un Governo che si riempie la bocca di sicurezza e legalità dovrebbe vergognarsi per le condizioni in cui versa oggi il sistema penitenziario: sovraffollamento, suicidi, mancanza di personale e degrado strutturale. Cosa fa il Governo quindi? Nulla.

Non è con una riforma bandiera che si garantiscono processi più equi o giustizia più accessibile. Anche su questi punti non state facendo nulla, anzi fate pure peggio considerati i tagli previsti in manovra: dal 2025 al 2027 il Governo taglierà 500 milioni di euro; altro che riforma. Siete voi a rendere la giustizia più lenta, più costosa, più inaccessibile.

Poi c'è il cuore del problema: la separazione delle carriere. Così come formulata mette a rischio l'equilibrio tra i poteri dello Stato. Oggi giudici e pubblici ministeri fanno parte dello stesso ordine, non per caso, ma per garantire la loro comune indipendenza dal potere esecutivo. Separarli senza un sistema solido di nuove garanzie significa esporre il pubblico ministero a pressioni e influenze politiche. È questo quindi che volete? Un pubblico ministero che non indaga più i potenti e che si limita a eseguire gli ordini del Governo? Un magistrato che diventa un superpoliziotto, una figura a metà tra l'investigatore e il funzionario ministeriale, privato delle garanzie che oggi ne assicurano la terzietà. È pericolosissimo. Ecco perché - come è stato detto da più parti - questa riforma non nasce per migliorare la giustizia, ma per colpire la magistratura. È ideologica, punitiva e inutile e, come hanno ricordato anche i tanti colleghi intervenuti prima di me, rompere l'unità della magistratura senza costruire nuove garanzie significa alterare gli equilibri della Costituzione e rendere la giustizia meno indipendente.

E voglio aggiungere: non è vero che oggi non esista una separazione funzionale tra PM e giudici; nei fatti questa separazione già esiste ed è tutelata dalle norme e dalle prassi. Invece, il problema che dite di voler risolvere non esiste. Meno dell'un per cento dei magistrati cambia funzione nella carriera e spesso lo fa nei primi anni di servizio. La riforma Cartabia ha già regolato il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Una riforma, peraltro, approvata nella scorsa legislatura anche da gran parte della maggioranza attuale e, come hanno richiamato diversi autorevoli esperti della materia, da voi puntualmente e inesorabilmente ignorati, questa diversificazione delle funzioni non richiede in alcun modo una differenziazione anche sul versante ordinamentale.

Ma voi - come abbiamo capito - non volete la separazione delle carriere: voi volete spaccare la magistratura in due, volete indebolirla, dividerla e renderla più controllabile. State compiendo un attacco vero e proprio al principio di separazione dei poteri, nonostante ad ogni piè sospinto tentiate di negarlo, di nascondere e di edulcorare la pillola. E avete fatto tutto questo con un disegno di legge costituzionale; avete trattato la modifica della nostra Costituzione con la forza, con un testo blindato, senza un vero confronto, senza modifiche, né da parte delle opposizioni né da parte della maggioranza. Un confronto che di fatto ha avuto luogo solo nelle ultime ore, in cui abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le argomentazioni della maggioranza, fino a oggi, di fatto, silente.

Quindi, un testo che arriva oggi qui alla Camera in seconda lettura dopo un percorso blindato, come se fosse uno qualsiasi dei tanti decreti che emanate, calpestando il ruolo di questo Parlamento, mortificandolo, umiliandolo, mortificando e umiliando la nostra stessa storia democratica. Non era mai successo in questo modo così volgare nella storia della nostra Repubblica. Per poi concludere il provvedimento in questo modo, con una seduta fiume notturna che avete forzato per i vostri motivi di organizzazione e di agenda per la campagna elettorale. Un'ennesima vergogna e un'ennesima pagina buia che avete scritto con il vostro Governo e noi ovviamente voteremo contro.