A.C. 1917-B
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, come abbiamo più volte sostenuto, questa è una riforma della magistratura e non della giustizia. Il disegno di legge di revisione costituzionale, di cui oggi discutiamo per la seconda volta, riguarda esclusivamente le carriere e l'autogoverno della magistratura ordinaria. La riforma non incide, invece, come ammesso pubblicamente dallo stesso Ministro Nordio, sulla durata dei processi, sull'efficienza della giustizia e sulla sua capacità di tutelare i diritti dei cittadini, perché nel sistema della giustizia in Italia problemi ce ne sono, ma vi assicuro che i cittadini, più che l'esigenza dell'estrazione a sorte dei membri del CSM, ci segnalano il problema di una giustizia lenta, spesso farraginosa, costosa, che spesso spinge a rinunciare a chiedere giustizia.
L'intervento mio e dei miei colleghi del Partito Democratico vi assicuro sarebbe stato molto più accomodante o dialogante su una riforma su cui intanto si poteva dialogare, ma comunque su una riforma della giustizia che avesse affrontato il problema per esempio della scopertura degli organici dei magistrati, del personale amministrativo, della polizia giudiziaria o dell'inumano stato delle nostre carceri, con un indice di sovraffollamento pari al 132,6 per cento, con oltre 60 suicidi finora nel 2025 e con alle porte una prevedibile nuova condanna della Comunità Europea. Insomma, i problemi veri. Tra questi vorrei sottolineare quello della giustizia nei casi di infortuni, anche mortali, sul lavoro, con troppe cause che finiscono in prescrizione. Ci piacerebbe avere dal Ministro i dati nazionali aggregati su questo fenomeno; ancora li aspettiamo, li abbiamo chiesto un anno fa e ancora nessuna risposta. Procure in carenza di personale, di risorse e di competenze specifiche ed è per questo che ho depositato una proposta di legge per istituire una procura nazionale che si occupi di questi reati, spinta dalle grida di rabbia e di dolore dei parenti dei caduti sul lavoro.
Tornando al provvedimento in discussione, la separazione di fatto delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti esiste già da quasi vent'anni e lo sapete benissimo anche voi. Oggi la quasi totalità dei magistrati svolgono soltanto una funzione, requirente o giudicante, dal tirocinio alla fine della carriera. Un solo passaggio è consentito e ogni anno solo lo 0,1-0,2 per cento dei magistrati fa questa scelta; in numeri, una decina o poco più in tutta Italia.
Se l'obiettivo della riforma fosse realmente questo e soltanto questo si tratterebbe di un incredibile spreco di risorse. Sappiamo bene ovviamente che questa riforma si inserisce in uno scenario, quello dell'azione di Governo, che si palesa ogni giorno nelle scelte e nelle dichiarazioni di un Governo e di una maggioranza a cui l'assetto istituzionale formato da pesi e contrappesi, definito nella nostra Costituzione, sembra andare un po' stretto; in cui l'equilibrio tra i poteri costituisce quei lacci e lacciuoli che la destra da sempre prova a tagliare per avere mano libera. Da decenni ormai dalla destra al Governo, come all'opposizione, la magistratura è vilipesa, mal tollerata, affrontata con atteggiamento muscolare e aggressivo, come fosse un avversario, e accusata infatti innumerevoli volte di fare opposizione.
Ma se poi analizziamo il provvedimento questa separazione delle carriere è anche sbagliata: la riforma prevede la creazione di un corpo separato di magistrati requirenti, completamente autoreferenziale, con una propria procedura di reclutamento e un proprio organo di autogoverno; spezza in due l'ordinamento giudiziario e il suo meccanismo di autogoverno previsto dai padri e dalle madri costituenti come strumento dell'autonomia e indipendenza dei magistrati. La riforma attribuisce paradossalmente più autonomia e più poteri a quei pubblici ministeri che sono il principale oggetto delle attuali critiche della maggioranza e del Governo.
Grave e pericolosa è anche la previsione che i componenti togati dei nuovi due CSM non siano più eletti ma estratti a sorte, eliminando ogni forma di rappresentatività dei due organi, che si trasformano da organi di autogoverno legittimati democraticamente in una sorta di consiglio di amministrazione. Lo fa, inoltre, in modo asimmetrico perché i componenti laici saranno estratti a sorte da un elenco compilato mediante elezione. La riforma priva inoltre i due CSM delle funzioni disciplinari, che vengono trasferite a un'Alta corte, le cui decisioni possono essere impugnate solo davanti alla stessa Alta corte. In questo modo la responsabilità disciplinare è affidata a un nuovo giudice speciale, diverso da tutti gli altri e completamente scollegato dagli altri organi giurisdizionali. Una delle conseguenze più paradossali è che, in questo modo, i magistrati ordinari - il 90 per cento circa della magistratura - avranno meno garanzie e minore autonomia dei magistrati delle giurisdizioni speciali amministrativa, contabile e tributaria, che manterranno invece gli attuali organi di autogoverno e il controllo della responsabilità disciplinare.
La fretta di realizzare questa riforma ha impedito persino di considerare questa evidente anomalia. Le conseguenze della riforma sono altrettanto evidenti: nessun miglioramento del servizio giustizia per i cittadini, maggiori costi e un generale indebolimento della magistratura, che viene spaccata in due, vede cancellata la propria rappresentanza e indebolito il proprio meccanismo di autogoverno.
Come dichiarato anche da esponenti del Governo, l'obiettivo finale della riforma sarà di portare i magistrati requirenti sotto il controllo dell'Esecutivo ed eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale. La separazione delle carriere creerà dei superpoliziotti investiti di grandi poteri e del tutto autoreferenziali. Non appena questo risulterà evidente si agirà per ricondurli sotto l'Esecutivo.
Per concludere, questa riforma pone quindi le basi per un sistema nel quale il Governo decide quali reati vanno perseguiti e quali no; quali indagini sono consentite e quali no. Pone le basi per indebolire uno dei principi cardine della democrazia: la separazione dei poteri. Forse è il desiderio di qualcuno, noi invece lo troviamo pericoloso e per questo diciamo “no”, che siamo certi sarà lo stesso voto che esprimeranno gli italiani ad un referendum in cui giudicheranno questa riforma e questo Governo. Un referendum in cui non potrete più intestarvi i non votanti.