A.C. 1917-B
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe che non ci siete, abbiamo discusso non di una riforma della Giustizia, ma di sette articoli di revisione costituzionale che manomettono tuttavia i fondamenti dello Stato di diritto. Il primo tra essi, signor Ministro, lei lo sa meglio di noi, è la divisione dei poteri. La verità è che qui non state separando le carriere dei magistrati, state separando il nostro ordinamento dei princìpi di Montesquieu. Questa riforma costituzionale, infatti, non è solo voluta dal Governo, frutto di un patto di potere, come ricordava adesso l'onorevole Sarracino; questa riforma è stata scritta dal Governo, imposta alle Camere in modo che, non dico la minoranza, ma nemmeno la maggioranza, ne ha potuto toccare una sola virgola, un testo blindato da ratificare in tutta fretta, lo svilimento del Parlamento nella sua funzione più alta, più delicata, la revisione costituzionale. Così il potere esecutivo si sostituisce oggi al potere legislativo, per colpire domani l'autonomia e l'indipendenza del potere giudiziario. La strada che avete seguito fin qui, in questi passaggi parlamentari, senza una vera discussione - come oggi, in cui parliamo di fronte a un'Aula deserta - indica chiaramente la vostra meta: quello che volete sono i pieni poteri. I più ingenui, o meno spudorati, tra di voi, in questi giorni hanno voluto presentare questa riforma come un aggiustamento dei rapporti fra le parti processuali, quasi una correzione tutta interna alla dinamica del processo penale, ma la separazione delle carriere, come è noto, già esiste. Solo un numero irrisorio di magistrati cambia funzione. Per intervenire ancora non serviva la riforma costituzionale. La verità è che voi volete la divisione della magistratura come potere, spezzare l'unitarietà dell'ordine giudiziario, un po'per indebolirlo, sbilanciando l'equilibrio fra i poteri dello Stato, un po'perché la distinzione che cercate non è funzionale, è istituzionale, culturale. Quell'equilibrio tra i poteri nel corso della “Seconda Repubblica” - va detto e lo hanno detto molti colleghi, anche da questi banchi - ha subìto molti colpi, una tensione costante, un pendolo impazzito fatto di leggi ad personam o contra personam da una parte e di un indebito protagonismo di alcuni procuratori e una certa autoreferenzialità dell'ordine dall'altro. Questi ultimi aspetti, patologici, sono stati tuttavia oggetto di una campagna indiscriminata, volta a delegittimare tutto il potere giudiziario, una campagna che è continuata con voi, con la messa in mora costante: le toghe rosse, le toghe rosse, mentre è in corso un tentativo di intimidire e di domare ampi settori della magistratura. Giorgia Meloni aveva dichiarato di voler porre fine alla guerra berlusconiana tra magistratura e politica; anche qui, a ben vedere, si sta mostrando una seguace pedissequa di Trump, uno che prometteva la pace e sta trascinando ancora più il mondo nel caos, così state facendo voi con la vostra amministrazione della Giustizia. Avete tagliato i fondi, aumentato reati e pene, privato di risorse umane e strumenti tecnologici per accelerare i processi, mentre le carceri esplodono e i detenuti si uccidono. E oggi, è un dato di fatto, ci sono tre indagati alla guida del Ministero della Giustizia, il caos.
E verranno altri anni di caos, perché il protagonismo di alcuni PM non viene infatti depotenziato da questa riforma, viene semmai aggravato. Avremo 3.000 pubblici ministeri - si rida, rida Ministro rida, rida questo sa fare lei - ancor più svincolati da ogni bilanciamento, ancor più autoreferenziali, con un organo di autogoverno tutto loro dunque ancora più corporativo. E poi il sorteggio, tanto uno varrà l'altro per voi, altro che compimento del giusto processo, è il contrario.
Al posto dei PM avremo dei giustizieri e al posto della cultura della giurisdizione, propria della parte pubblica, una cultura inquisitoria, securitaria che è propria della vostra idea di politica, perché il contesto in cui si inserisce questa riforma conta Ministro. E la vostra politica del diritto è il contrario del garantismo di cui si è riempito la bocca per anni, garantismo che avete stracciato con i decreti Sicurezza e con il vostro populismo penale.
È l'eterogenesi dei fini hanno detto qui i colleghi, lo ha detto persino quelle estremista di Delmastro. È vero, ma io penso sia un rischio calcolato, voluto perché a quel punto la scelta di sottoporli al potere esecutivo non sarà più una tentazione, sarà una necessità per riportarli sotto una qualche forma di controllo democratico. E qui si compirà il disegno: la fine dell'autonomia della magistratura requirente con il progressivo abbandono dell'obbligatorietà dell'azione penale posta dai nostri costituenti a garanzia dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
I colleghi hanno parlato di aspetti tecnici, ma qui non c'è nulla di tecnico in questa riforma è il piano inclinato di un'involuzione politica. Oggi separate PM e giudice e domani, perché no, separerete anche i giudici di primo e secondo grado, i magistrati del GIP da quelli del riesame.
Volevate garantire l'imparzialità? L'imparzialità non si realizza smantellando la garanzia costituzionale del CSM, ma investendo veramente sulla cultura della giurisdizione, rendendo veramente indipendente la magistratura. L'indipendenza di cui parlava Piero Calamandrei, che non è un privilegio corporativo, ma è garanzia soprattutto per chi non ha potere.
Avete presentato questa riforma come lo strumento per controllare una categoria di funzionari privilegiati invece state minacciando le libertà dei cittadini perché i diritti dei singoli, le vittime dei reati, le parti più deboli dei rapporti sociali li può garantire solo chi è davvero indipendente da non doversi guadagnare il favore dei più forti.
Cosa accadrà quando la lotta alla corruzione non sarà più una priorità o quando le mafie torneranno a respirare perché le procure saranno piegate agli indirizzi politici del momento? Accadrà che nessuno sarà più uguale di fronte alla legge. Si cristallizzerà un diritto penale diseguale, classista che già oggi praticate per reprimere nell'arbitrio e garantire l'impunità ai potenti. E avrete le procure a servizio della vostra discrezionalità, della torsione securitaria e nessuno potrà dirsi al sicuro perché i prodromi di questo sconquasso istituzionale li abbiamo già visti.
L'attacco sconsiderato dei vertici del Governo alla procura di Palermo - elogiata fino alla strumentalizzazione quando arrestava Messina Denaro e poi messa all'indice perché colpevole di aver indagato sul potere politico nazionale e regionale - non è stata solo un'intimidazione istituzionale, è qualcosa di assai più grave. Accusare i giudici di fare politica è la principale leva di condizionamento politico, e questo lo abbiamo capito, ma farlo con una Procura così esposta sul fronte antimafia è da irresponsabili.
Se domani un presunto mafioso cominciasse a dire, perché è già successo in passato: questi magistrati vogliono processarmi solo perché sono politicizzati, con quale forza lo Stato può rispondere se quelle stesse parole arrivano anche dai vertici delle istituzioni?
Questa forma di delegittimazione della magistratura condotta con spirito vendicativo, come vedete, non è un problema per i magistrati palermitani - che non hanno bisogno di difensori - ma lo è per i cittadini, per lo Stato di diritto, per la costituzione.
Oggi si compie l'ennesimo passo, forse quello dalle conseguenze più devastanti, della deriva trumpiana della destra meloniana. Non è la fine dello scontro trentennale tra politica e magistratura che avrebbe caratterizzato la stagione berlusconiana, come crede qualche ingenuo liberale a cui hanno dimenticato di dire che quella guerra è finita da tempo. È l'inizio di un'altra pagina di storia, che si diffonde come una piaga: la torsione illiberale della democrazia.
Colpire l'indipendenza della magistratura è il primo bersaglio di chi vuole concentrare il potere e indebolire le garanzie democratiche ed è una storia che vediamo in giro per il mondo - e anche per l'Europa - ovunque vi siano i vostri punti di riferimento: dall'Ungheria di Orban alla Polonia del PiS, dalla Turchia di Erdoğan all'India di Modi, dagli Stati Uniti di Trump all'Israele di Benjamin Netanyahu, il macellaio di Gaza a cui voi volete garantire l'impunità.
Perché non ce l'avete solo come i magistrati in Italia, persino con le Corti internazionali adesso, macchiando l'onore del nostro Paese con lo scandalo del caso Almasri, che ha fatto il giro, questo sì, del globo terracqueo. È di Gaza che avremmo dovuto discutere oggi e invece il Governo non ha nemmeno risposto al Presidente della Camera. Che immagine è quella di un Parlamento vuoto, che mortifica la nostra democrazia parlamentare, invece di unirsi di fronte alla più atroce tragedia del secolo. Ha ragione la Presidente del gruppo a richiamare il Governo su questo.
Forse voi non volete fare come l'Ungheria, ma sicuramente volete collocare l'Italia in quest'onda nera che attraversa il mondo a cui i cittadini di ogni colore politico, attenzione, guardano con preoccupazione e sgomento.
Non ci riuscirete e noi ci opporremo, in Parlamento e nelle piazze, perché ci sarà un referendum - e voi lo sapete - chi ha provato a scardinare la Costituzione, fin qui, è stato sempre pulito. Lo sarete anche voi.
Noi voteremo contro, ancora una volta e lo faremo in piena coscienza. Votiamo non solo contro una pessima.