Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 17 Settembre, 2025
Nome: 
Chiara Braga

A.C. 1917-B

Grazie, Presidente. Signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghi presenti, quella che vi apprestate ad approvare è una riforma della Costituzione che ne stravolge il carattere e ne mina l'architettura. È una Costituzione, la nostra, frutto di quella ricerca voluta di condivisione tra forze politiche diverse che, ottant'anni fa, hanno costruito la nostra democrazia. Siamo stati chiamati a discutere e a votare questa riforma con un percorso a tappe forzate, mentre la stessa Costituzione prevede tempi e pause che favoriscano il confronto, la riflessione, la maturazione dei cambiamenti. I doppi passaggi, i mesi stabiliti tra un voto e l'altro e l'opzione di un coinvolgimento popolare con il referendum non furono un capriccio dei costituenti, ma un modo per rendere le modifiche ponderate e pienamente valutate nella loro complessità.

Voi, invece, avete deciso di andare avanti senza ritegno con questa riforma inutile e dannosa, con forzature che mai si erano registrate su una riforma costituzionale. Avete chiesto e consentito di fare una seduta fiume della Camera in assenza di qualsiasi presupposto di necessità. Questa è una riforma costituzionale, non un decreto-legge che scade, uno dei tanti che siete abituati ormai ad ingoiare senza fiatare, senza esercitare il vostro ruolo, il vostro diritto di parlamentari della Repubblica. Avete chiesto e consentito di fare una seduta fiume il primo giorno di approdo in Aula di questa riforma, senza che ci fosse alcun atteggiamento ostruzionistico delle opposizioni. Avete generato un precedente gravissimo, stravolto prassi consolidate, avete riscritto di fatto il Regolamento, introducendo surrettiziamente il voto a data certa su una riforma costituzionale con un solo obiettivo: assecondare la prepotenza di una maggioranza e di un Governo che umilia il Parlamento, paralizzando la dialettica e il confronto parlamentare per due giorni, solo per consentire al vostro capo, la Presidente del Consiglio, di fare il proprio comizio elettorale nelle Marche, oggi pomeriggio. E non avete avuto neanche la forza di difendere questa pessima riforma nel confronto parlamentare. Avete piegato, cioè, le istituzioni ai vostri comodi, alle vostre esigenze di agenda e di propaganda. Guardate, non vi servirà a nulla, ma questa notte deve essere chiaro che si è prodotto uno strappo istituzionale che lascerà il segno e che rappresenta un'altra macchia nera su questa legislatura e, purtroppo, anche su questa istituzione .

Tuttavia, già prima di questa ennesima forzatura, il metodo con cui avete agito è stato gravissimo: una riforma costituzionale trattata come un decreto normale, ordinario, senza un dibattito vero, un confronto e un ascolto reale delle forze politiche, ma nemmeno delle forze sociali, della società, dei giuristi, dei soggetti che sono direttamente coinvolti e che hanno sollevato criticità, osservazioni, campanelli di allarme sui rischi insiti in questo testo. Il provvedimento che oggi votiamo è esattamente lo stesso che è uscito dal Consiglio dei Ministri - Ministro -, senza nessuna disponibilità all'apertura, senza modifiche in nessuna delle letture parlamentari nemmeno su questioni reali che voi stessi, fuori dalle Aule delle Commissioni, avete riconosciuto come reali. È una dimostrazione di debolezza, non di forza, di chiusura, di disprezzo della democrazia parlamentare proprio invece su un tema che riguarda le garanzie fondamentali della Costituzione.

Torniamo al merito. Noi ve l'abbiamo detto in mille modi, nei passaggi che abbiamo avuto, quelli della discussione in Commissione e oggi in queste giornate di dichiarazioni solitarie, al vento: questa riforma è una riforma inutile e dannosa; inutile, perché ogni anno i casi di passaggi tra carriere, come sappiamo, riguardano un numero esiguo, che si conta davvero sulle dita di una mano, ma è dannosa, enormemente dannosa, in primo luogo, perché scardina l'equilibrio dei poteri dello Stato, con l'obiettivo di sferrare un colpo durissimo al potere giudiziario e con un obiettivo non esplicito ma ancora più chiaro, conseguente: sottoporre il potere giudiziario al potere esecutivo, al controllo cioè della politica del Governo, così come avviene nei regimi, nelle democrature, quelle che vi piacciono tanto. Nella vostra ossessione del bisogno di costruirvi un nemico al giorno e un capro espiatorio per i vostri fallimenti siete arrivati fin qui, per questo io oggi considero un dovere per il mio gruppo intervenire per rivendicare invece il ruolo fondamentale della magistratura nella vita democratica del Paese. È un ruolo che va rispettato e difeso, perché dalla tutela dei diritti passano la dignità e le libertà della persona, l'uguaglianza, la stessa essenza della nostra democrazia.

Ci rendiamo conto che il contesto in cui discutiamo è complesso e delicato, attraversato da molte sfide. Le nostre società cambiano a una velocità enorme, dall'intelligenza artificiale alla necessità di riconoscere nuovi avanzamenti nei diritti civili, dalle sfide ambientali a quelle economiche. La politica spesso arriva in ritardo e non di rado sono stati i tribunali a colmare quei vuoti, tutelando i diritti civili e personali; pensiamo al tema della scelta sul fine vita che ci interrogherà.

Per questo noi non possiamo permettere che la magistratura venga trascinata in questo modo da mesi, con questa violenza nel dibattito politico o ridotta a un attore subordinato. Quella che voi chiamate impropriamente riforma non affronta in nessun modo i veri problemi della giustizia che vediamo: tempi lunghi, carenza di organici, necessità di investire sulla digitalizzazione, ma mina l'indipendenza dei pubblici ministeri, aprendo la strada al vero obiettivo, cioè, al loro assoggettamento al potere esecutivo e questo è inaccettabile, anche per le conseguenze implicite, perché significherebbe ammettere la possibilità di compromettere un principio fondamentale, quello dell'obbligatorietà dell'azione penale, che è uno dei cardini della nostra Costituzione.

Allora, all'interno di questo quadro si collocano scelte che hanno un disegno preciso. Con la separazione non delle carriere, che di fatto c'è già, ma delle magistrature si mira a limitare ancora una volta gli spazi di autonomia di poteri indipendenti, dell'equilibrio del sistema della giurisdizione e dei poteri di controllo; non vi accontentate di umiliare e indebolire il Parlamento, volete farlo anche rispetto alla magistratura e dare un colpo decisivo a quella Costituzione in cui una parte delle forze di maggioranza fatica ancora a riconoscersi, perché è frutto della lotta antifascista.

La maggioranza con le tre riforme costituzionali in corso va in questa direzione, minando i fondamenti della Repubblica: l'autonomia differenziata che spacca il Paese, aggrava le disuguaglianze territoriali; il premierato, che vuole scardinare l'equilibrio tra i poteri costituzionali e ridurre il Parlamento a un organo a traino. Non è questa la democrazia che immaginiamo, quella che vogliamo difendere. La democrazia non è acclamare un capo ogni cinque anni, ma consentire ai cittadini di incidere quotidianamente sulle scelte dei loro rappresentanti e poter contare su un sistema di pesi e contrappesi che li tuteli, che tuteli soprattutto quelli più esposti, più fragili, con meno forze e strumenti per affermare i loro diritti.

Invece, ad esempio, su questa riforma - e ci torno - con il sistema del CSM, il sistema del sorteggio, si introduce per la prima volta un criterio illogico, quello del sorteggio, che è un attacco al principio della valorizzazione delle competenze e della rappresentanza, pensato per svilire e insinuare sfiducia anziché rafforzare la magistratura. E mentre si colpisce l'autorevolezza e l'autonomia, non si interviene sulle vere priorità. L'hanno detto i colleghi e non ci ritorno. E poi c'è uno squilibrio evidente nell'approccio complessivo di questa maggioranza su questi temi: da un lato, il panpenalismo propagandistico, la marea di nuovi reati approvati, le pene sempre più dure per i più deboli - lo abbiamo visto dal decreto Rave, la vostra prima opera all'azione di Governo, fino al decreto Sicurezza; dall'altro, un atteggiamento indulgente che taglia le possibilità di intervento per la magistratura nei confronti soprattutto di chi è più tutelato, come i reati dei colletti bianchi, e che rende più debole, più fragile, meno incisivo il lavoro della magistratura. Ma una giustizia che è forte con i deboli e debole con i forti non è giustizia.

Noi non possiamo dimenticarci le condizioni delle carceri: la situazione è drammatica, i suicidi, il personale è insufficiente. Lo stesso vale per la violenza di genere: non basta la repressione, serve la prevenzione. Noi vogliamo una giustizia che sia più al servizio dei cittadini, più accessibile e più giusta e per questo la nostra opposizione non finisce qui in Parlamento: chiederemo agli italiani di esercitarla con quella responsabilità a cui voi avete abdicato dicendo un chiaro “no” al referendum; un “no” ad una riforma che attacca la Costituzione e indebolisce la difesa fondamentale dei diritti dei cittadini.