A.C. 1917-B
Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, signor Vice Ministro, colleghe e colleghi, devo esprimere - forse qualcuno si sorprenderà - intanto una prima soddisfazione: finalmente, dopo mesi di non discussione, di silenzio in sede di Commissione, abbiamo ascoltato anche le ragioni dei proponenti. Lo dico con spirito riformatore, con spirito costituzionale - se mi è consentito - perché, come è stato ricordato anche dalla collega Bonafe', quello che è avvenuto, l'iter parlamentare scelto da questo Governo e da questa maggioranza, assomigliava più a quello di conversione in legge di un decreto-legge che non a quello di una riforma costituzionale. Questo è un primo problema che vorrei non fosse sottaciuto e sottovalutato: il metodo è sostanza, la postura riformatrice di questo Governo si è espressa sostanzialmente nell'approvazione della proposta di riforma costituzionale senza dare la possibilità al Parlamento, per scelta politica, di intervenire in via emendativa. Questo lo riteniamo un vulnus.
Signor Ministro, lei lo sa, essendo conoscitore della materia del diritto, che questa sarà la prima riforma costituzionale che non avrà avuto, nei passaggi parlamentari, alcuna modificazione. Non la consideriamo un'innovazione; la consideriamo un pericoloso precedente. Il Governo decide e il Parlamento esegue. È uno sfregio al Parlamento e, quando dico che è uno sfregio al Parlamento, penso non soltanto alle opposizioni, che potevano, volevano, erano disponibili a dare un proprio contributo, ma anche ai colleghi della maggioranza. È uno sfregio alla Costituzione perché lo spirito dell'articolo 138, dedicato alla possibilità di modificare il testo approvato nel 1947 ed entrato in vigore il 1° gennaio 1948, era l'esatto opposto della scelta che avete compiuto: era l'idea che si potesse e si dovesse ricercare un'intesa dopo un confronto parlamentare, la più ampia possibile.
Questo è il motivo per il quale, in seconda lettura, sono necessari la maggioranza assoluta del plenum e i due terzi, se non si vuole andare al referendum. Così come hanno un senso, ovviamente, i tre mesi per la doppia lettura: è l'idea della riflessione, è l'idea che la Costituzione non la si cambia a colpi di maggioranza. E, su questo, non ho nessuna difficoltà a riconoscere, questo sì, un elemento di autocritica rispetto a quanto fecero i Governi dal 2001, dalla modifica del Titolo V, ma questo non assolve il fatto di ripetere un errore.
Da questo punto di vista, crediamo che il metodo che è stato utilizzato sia figlio di un'idea sbagliata di applicazione della Costituzione, che parte da un presupposto che, in qualche modo, abbiamo sentito enunciare anche in questa sede, è cioè che chi vince le elezioni ha il diritto-dovere di modificare la Costituzione nelle parti che non condivide. Crediamo sia un approccio sbagliato.
Un conto è legiferare, un conto è decretare d'urgenza, altro è mettere mano alla Carta che governa la convivenza civile e i rapporti istituzionali.
Ho sentito parlare - ma veramente sono rimasto stupito dal collega Urzi', per suo tramite - del fatto che abbiamo compiuto e staremmo facendo ostruzionismo. Mi permetto di dire che, da un punto di vista costituzionale, l'ostruzionismo lo avete fatto voi, l'ha fatto la maggioranza, con il silenzio in Commissione. Abbiamo passato decine di ore in cui abbiamo illustrato emendamenti nel silenzio della maggioranza e del Governo! L'unica volta su cui c'è stata l'apertura di una discussione era su una nostra proposta di utilizzare il sorteggio, che non condividiamo, come uno strumento per rinnovare - sì, questa volta per rinnovare - e ottenere la parità di genere nella composizione del CSM. La risposta finale, nei fatti, è stata: potete avere anche ragione, può essere una buona idea, accoglieremmo volentieri un ordine del giorno, ma il testo che è stato sancito dall'accordo dei leader non può essere modificato. Questa è la dimostrazione solare che il vero ostruzionismo l'avete fatto voi. Poi sono rimasto stupito da due accenni che sono stati fatti negli interventi di colleghi che stimo, rispetto a una mozione congressuale nel congresso del PD del 2019.
Purtroppo, temo che la scarsa dimestichezza che avete con i congressi di partito vi porti a confondere le cose. La mozione, in questo caso, non era una mozione singola riferita alla vicenda giustizia. Era una mozione complessiva. Era il documento con cui uno dei tre candidati alla segreteria si presentava. È una cosa profondamente differente. Non è mai stato approvato da quel congresso, tenuto conto che il primo firmatario di quella mozione, il collega Martina, non ha vinto quel congresso.
Allora, quando si fanno questi riferimenti, quando si forzano i paragoni e i precedenti, credo che un invito ad avere maggior rispetto, anche delle dinamiche democratiche interne ai partiti, sarebbe opportuno, visto che il Partito Democratico, che può avere molti difetti, uno non ce l'ha: i congressi, li fa e li fa per davvero! Non sono congressi finti, non sono congressi in cui non c'è dibattito ed è già deciso a priori chi sarà a governare quel partito.
Ma c'è un altro sfregio su cui vorrei tornare, rimanendo al testo e alla ratio di questa riforma. Perché c'era bisogno di sdoppiare il CSM? E visto che dal collega che mi ha preceduto ci è stato fatto un richiamo a rimanere al testo, vorrei dire con estrema chiarezza che questa non è - ed infatti non ha quel titolo - la riforma della separazione delle carriere. Perché questa, come tutti noi sappiamo, se vogliamo usare parole di verità, è già, nei fatti, realtà con la legge Cartabia. Meno dell'1 per cento dei magistrati è passato tra la magistratura inquirente e la magistratura giudicante negli ultimi anni.
E, allora, perché? Quale bisogno c'era di sdoppiare il CSM? È evidente che è uno sfregio all'autorevolezza della magistratura: due CSM indeboliscono quella autorevolezza. In aggiunta al fatto che la scelta scellerata del sorteggio, come voi sostenete - poi lo vedremo -, indebolisce le correnti. Attenzione, perché cosa esca da un sorteggio, a priori, non lo si sa e il rischio, per esempio, di avere un CSM tutto orientato, anche da un punto di vista correntizio, non è escluso a priori dalla scelta del sorteggio. Su questo, vado a memoria. Vedremo che cosa succederà.
Chiudo, quindi, per dire che è un modo sbagliato di affrontare i problemi della giustizia. Non ci è stata data la possibilità di portare un nostro contributo, nonostante ci fosse la disponibilità, perché abbiamo visto e certamente anche noi abbiamo verificato le distorsioni di un eccesso di correntizio, ma questa soluzione rischia di essere un rimedio peggiore del male.