Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 13 Marzo, 2023
Nome: 
Federico Gianassi

A.C. 831-A

Grazie, Presidente e onorevoli colleghe e colleghi. Oggi l'Aula è chiamata ad esaminare il disegno di legge governativo a firma del Ministro Nordio sulla ridefinizione della procedibilità d'ufficio e su nuove norme in materia di arresto obbligatorio in flagranza di reato. Il tema aveva trovato un'attenzione forte, almeno alcune settimane fa, nelle prime settimane di gennaio, perché abbiamo assistito a un dibattito sui giornali, sulle TV e sulle radio in relazione all'entrata in vigore della riforma Cartabia sul processo penale, dapprima rinviata dal Governo Meloni con l'approvazione del decreto-legge cosiddetto Anti-rave, e poi invece confermata dopo il rinvio alla fine dell'anno 2022. Dunque, dalla fine del 2022, il nuovo processo penale contenuto nella riforma Cartabia è entrato in vigore. Solamente qualche giorno dopo abbiamo assistito alla diffusione di un clima di grande preoccupazione rispetto agli effetti che quella riforma avrebbe comportato in materia di sicurezza e punibilità degli autori di gravi reati. Il dibattito non fu soltanto alimentato da opinionisti e analisti delle dinamiche delle questioni relative al processo penale; vi furono anche esponenti politici di rilievo ad intervenire, denunciando il rischio e il pericolo che, con il nuovo processo penale e in particolare con le nuove norme in materia di procedibilità a querela, gli autori di gravi reati, portatori di grave disvalore sociale, potessero andare impuniti, a scapito delle esigenze di sicurezza.

Tra coloro che esprimevano forti avversioni verso queste norme vi era ad esempio l'onorevole Delmastro Delle Vedove, Sottosegretario alla Giustizia, il quale aveva anche rilasciato dichiarazioni sui giornali nelle quali per l'appunto evidenziava questa, a suo dire, certa conseguenza rispetto all'entrata in vigore della riforma Cartabia e cioè che alcuni gravi reati, a questo punto non più procedibili d'ufficio, ma a querela, sarebbero stati in qualche modo meno efficacemente combattuti dalle istituzioni statali e annunciava un intervento di radicale discontinuità rispetto alla riforma Cartabia. Questa riforma ha toccato più punti e effettua una rivoluzione copernicana del processo penale; tra questi vi è certamente la ridefinizione della procedibilità per molti reati, precedentemente procedibili d'ufficio, che divengono procedibili a querela. Una lettura un po' datata della riforma Cartabia potrebbe indurre a ritenere che la questione della procedibilità sia - e continui ad essere - lo strumento rispetto al quale più o meno efficacemente lo Stato combatte la commissione di fatti di reato. In realtà, la riforma Cartabia offre una panoramica molto più ampia rispetto al processo, rivaluta e nobilita la figura della vittima del reato, per troppo tempo estranea alle dinamiche del processo: all'interno di una riforma che complessivamente valorizza il ruolo della vittima nel processo, dal primo all'ultimo momento - anche ad esempio attraverso l'inserimento nell'ordinamento dei principi della giustizia riparativa -, rivede anche la tipologia di procedibilità per alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio. Dunque, rispetto a quella modifica, che certamente ha anche natura deflattiva, ma che non può limitarsi a essere considerata una misura deflattiva, perché si inserisce in un contesto più ampio finalizzato a riscoprire un ruolo più partecipe della vittima nel processo, la lettura di chi in qualche modo l'ha estrapolata dalla dinamica complessiva del processo penale - e in quella modifica ha visto un rischio per la tenuta della lotta dello Stato contro la criminalità - si presenta a nostro giudizio limitata e superficiale. Certo è che però, rispetto a quelle denunce così forti e robuste, avremmo potuto attenderci un intervento - ripeto - di radicale discontinuità da parte del Governo rispetto alla riforma Cartabia. Ed in effetti, invece, questo non è successo perché il disegno di legge del Ministro Nordio e quindi del Governo conferma integralmente l'impianto della riforma Cartabia. Sostanzialmente, con questo intervento, il Governo conferma che tutta una serie di reati, in passato procedibili d'ufficio, restano procedibili a querela. Si tratta ovviamente di reati che - ripeto - hanno un disvalore sociale molto importante perché sono reati contro la persona, come per l'appunto le lesioni personali, la violenza privata o la minaccia, o ancora, reati contro il patrimonio, come il furto o il danneggiamento; questi restano, con la disciplina integrativa che il Governo propone, procedibili a querela, il che, poiché non riteniamo che il Governo voglia seguire la strada dell'insicurezza, induce a ritenere che alcune valutazioni, che vedevano nella procedibilità a querela anziché d'ufficio, un grave pericolo per la tenuta della difesa dello Stato contro la criminalità, fossero quantomeno esagerate o esasperate. Rispetto alle modifiche che sono state introdotte, si tratta innanzitutto di esaminare un intervento che il Governo ha effettuato, anche su richiesta dei partiti e dei gruppi, compreso il nostro, come ad esempio quello che prevede che, nel caso in cui venga contestata l'aggravante per associazione mafiosa o associazione terroristica, il reato, quand'anche perseguibile a querela, diventi perseguibile d'ufficio.

Si tratta di una disciplina che - ripeto - condividiamo.

Avevamo espresso, anche in atti parlamentari, l'esigenza di questo correttivo, anche se ci corre l'obbligo di evidenziare che la tematica, che è stata affrontata anche pubblicamente nelle settimane scorse, come correttamente evidenziato anche nel corso delle audizioni presso la Commissione giustizia, non è nata con la riforma del processo penale, avvenuta con la riforma Cartabia, ma è connessa al nostro sistema ordinamentale che, da molto tempo, addirittura 44 anni, nella prima occasione, ha previsto che, se un reato è procedibile a querela e viene contestata l'aggravante mafiosa o terroristica, resta perseguibile a querela.

Con la riforma Cartabia, laddove è stato esteso il catalogo dei reati perseguibili a querela, il tema si è rafforzato ma, ripeto, come correttamente evidenziato anche nel corso dei lavori preparatori, il tema era preesistente. Dunque, questa è una buona occasione per correggere il nostro sistema ordinamentale e prevedere quello che sino ad oggi non era mai stato previsto, e cioè che, quando viene contestata l'aggravante per mafia o terrorismo, è ragionevole, corretto, giusto e doveroso che il reato divenga procedibile d'ufficio, per non lasciare la vittima del reato nelle condizioni di esporsi denunciando l'autore del reato, anche quando, ripeto, quel reato nel nostro ordinamento viene ritenuto perseguibile a querela.

Anche la seconda modificazione, chirurgica e puntuale, e che non incide sulla riforma Cartabia, è quella in base alla quale è previsto, nel caso di arresto obbligatorio in flagranza, la possibilità dell'arresto per 48 ore nell'attesa di reperire, nel caso non sia stato possibile farlo immediatamente, la querela da parte della vittima del reato. Si cerca un punto di equilibrio, evidentemente, tra l'esigenza di sicurezza precautelare e il diritto del cittadino che viene arrestato a non vedersi sottoposto a misure cautelari in assenza della condizione di procedibilità del processo. Rispetto a questo intervento, abbiamo assistito nel corso delle audizioni a posizioni diverse: evidentemente, chi valorizzava le esigenze di sicurezza tendeva a dare un parere favorevole a questa norma, proponendone anche l'estensione temporale oltre le 48 ore; altri hanno evidenziato il rischio di procedere ad arresti rispetto ai quali successivamente viene a mancare la condizione di procedibilità del procedimento e, quindi, il rischio che poi un soggetto arrestato possa contestare di essere stato detenuto ingiustamente in assenza di una condizione di procedibilità. Tuttavia, l'intervento è finalizzato ad evitare che, laddove l'ordinamento prevede che per quel dato reato esiste l'arresto obbligatorio, vi sia la possibilità di reperire in tempi rapidi la querela.

Il problema, forse, ulteriore che si pone, e che è stato evidenziato anche dai sindacati di Polizia nel corso delle audizioni, è che, attraverso questo disegno di legge, eventualmente approvato e quindi una volta divenuto legge, si finisca per scaricare ancora una volta sul personale di Polizia ulteriori competenze non irrilevanti, non semplici e non banali, rispetto alle tante e qualificate già su di loro incombenti, in assenza di una equivalente azione di investimento sull'attività della Polizia giudiziaria in termini di dotazioni di personale e organizzative. Cioè, dobbiamo stare attenti a non correre il rischio di scrivere una norma che si pone obiettivi ragionevoli di equilibrio tra sicurezza e anche, ovviamente, tutela della persona arrestata, ma che finisce per scaricare ancora una volta sui Corpi di polizia, in particolare sulla Polizia giudiziaria, tutto l'onere della complicata, difficile e puntuale attività amministrativa che ne consegue. Questo, evidentemente, è un limite che sussiste e che merita di essere considerato.

Rispetto a questo testo - che, correttamente, dal nostro punto di vista, non riscrive radicalmente la riforma, ma la conferma nei suoi contenuti, aggiungendo dei correttivi e delle integrazioni che rispondono a esigenze che si sono oggettivamente sollevate - noi abbiamo presentato in Commissione alcuni emendamenti, finalizzati a dare un contributo costruttivo al miglioramento del testo. In particolare, i nostri emendamenti - che riproponiamo anche all'Aula - attengono all'esigenza di rafforzare l'intervento che il Governo intende realizzare in materia di contrasto a fenomeni di mafia e terrorismo. In particolare, abbiamo detto, in questo disegno di legge l'intervento di rafforzamento nel contrasto sta nella modifica della condizione di procedibilità, che diviene d'ufficio laddove il reato è perseguibile a querela ed è commesso da persona alla quale viene contestata l'aggravante di mafia e terrorismo.

Per rafforzare questo provvedimento abbiamo suggerito, attraverso i nostri emendamenti, di prevedere che vi sia il cambiamento della condizione di procedibilità e, dunque, d'ufficio, anche laddove vi sia l'aggravante di mafia e terrorismo, pur accompagnata dall'attenuante della dissociazione. Infatti, nel caso dell'attenuante di dissociazione viene meno, anche in caso di contestazione dell'aggravante, il passaggio dalla procedibilità a querela alla procedibilità d'ufficio. Per non rendere, quindi, l'intervento governativo mancante di un pezzo, abbiamo suggerito di raccogliere, attraverso il nostro emendamento, il potenziamento di quella integrazione. Così come abbiamo proposto di modificare, laddove è previsto il termine “delitti”, la previsione nel termine “reati”, per consentire di approvare il cambiamento della condizione di procedibilità da querela a ufficio anche nel caso in cui esso attenga a contravvenzioni. Può sembrare un aspetto marginale, ma poiché l'intervento è mosso da un principio ragionevole di contrasto a fenomeni odiosi, esso dovrebbe logicamente e razionalmente valere anche nei casi, seppur limitati, delle contravvenzioni, che, però, potrebbero essere non considerate in prospettiva così rilevanti, anche in ragione dell'aumento del catalogo dei reati perseguibili a querela rispetto a quello, predominante in passato, dei reati procedibili d'ufficio. Noi auspichiamo che questi interventi correttivi e migliorativi, che proponiamo e mettiamo nella disponibilità dell'Aula, trovino il consenso e la disponibilità da parte della maggioranza, che per ora non vi è stata in Commissione giustizia.

Dunque, ripetiamo, alla prova dei fatti il Governo ha confermato l'impianto della Cartabia. Evidentemente, alcuni degli allarmi lanciati sono stati rivalutati dal Governo, che ha ritenuto di confermare quell'impianto e adottare delle integrazioni specifiche, che, ripeto, oggettivamente meritavano di essere affrontate, anche perché da troppo tempo radicate nel nostro ordinamento anche preventivamente agli interventi della riforma Cartabia. Auspichiamo che, a seguito del dibattito in quest'Aula, a fronte della disponibilità che abbiamo dato a lavorare nel merito e a migliorare il provvedimento, la maggioranza, concluso questo dibattito, possa ravvedere la sua posizione nei confronti dei suggerimenti e delle proposte che abbiamo messo in campo.