A.C. 2538
Grazie, signor Presidente. Colleghe e colleghi, Sottosegretario Mazzi, oggi discutiamo dell'ennesima proroga della delega al Governo per la riforma dello spettacolo dal vivo, la terza proroga in tre anni, tre anni in cui il Governo ha promesso, annunciato, rassicurato, ma alla prova dei fatti non ha prodotto nulla, nulla se non rinvii e propaganda e, nel frattempo, un intero settore aspetta.
A marzo del 2024 il Sottosegretario Mazzi, signor Presidente, si era detto pronto. Invece, ancora una volta, si presenta, nell'ultima seduta di agosto prima della pausa estiva, chiedendo una ulteriore proroga di un anno. Si tratta di una legge del 2022, di una prima delega prorogata, che oggi riproroghiamo al 2026. Nel frattempo, le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo dovranno avere ulteriore pazienza e aspettare, perché se ne riparlerà realisticamente nel 2027, cioè rischiamo di far finire la legislatura.
Noi pensiamo che questo sia il segnale del fallimento che dovreste ammettere per rispetto verso un settore in difficoltà, che non merita di attendere ancora. Il codice dello spettacolo doveva essere il cuore di una riforma strutturale, una riforma tanto attesa, che mettesse finalmente ordine, garantisse diritti, creasse condizioni stabili per chi lavora nel settore. Doveva essere costruito attorno a un principio chiave, il pilastro del codice, l'indennità di discontinuità, per proteggere le lavoratrici e i lavoratori da una precarietà che non è un'eccezione, ma che è ormai una condizione strutturale. Oggi quella misura è stata svuotata, ridotta a un intervento inefficace, lontano dalle esigenze reali di chi opera nel settore dello spettacolo.
Intanto, il testo del codice non è mai stato realmente condiviso con il Parlamento, non è mai stato discusso in Commissione, non ha mai visto un confronto aperto e serio con gli operatori e con le parti sociali. Sono cambiati i Ministri, ma non è cambiato il metodo. Si governa a colpi di proroghe, senza trasparenza e senza nessuna partecipazione. E così, Presidente, ci troviamo davanti a un paradosso: il Governo, dopo tre anni, chiede ancora tempo; tre anni in cui avrebbe potuto scrivere, emendare, discutere, approvare, confrontarsi, tre anni in cui avrebbe potuto aprire un dialogo vero con il mondo dello spettacolo, tre anni in cui, invece, ha scelto l'immobilismo, mascherato d'attesa. Intanto, mentre si perde tempo, quel settore, già in difficoltà, continua a soffrire.
Nel frattempo, signor Presidente, abbiamo visto esclusioni arbitrarie e gravi nella distribuzione del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo, abbiamo visto tagli strutturali che penalizzano proprio chi crea cultura nei territori, abbiamo visto un'occupazione politica delle istituzioni culturali dove la logica della spartizione ha preso il posto della competenza e dell'autonomia, abbiamo visto un'idea proprietaria della cultura che premia la fedeltà, non l'autorevolezza né il merito. Lo abbiamo detto altre volte e lo ribadiamo: la cultura non è uno spazio da occupare, non è una bandierina da piantare per vantare un controllo, non è il salotto privato della maggioranza, non è un luogo da presidiare con nomine e spartizioni; è un bene comune, è un motore di sviluppo, è un diritto di tutte e di tutti.
Questa maggioranza, che dice di voler difendere la cultura italiana, nei fatti la indebolisce, perché senza investimenti, senza visione, senza regole chiare, non c'è futuro per il teatro, la musica, la danza, l'opera, l'arte circense, il lavoro artistico in tutte le sue forme. Questa proroga non è garanzia di qualità, come affermato dal Governo e da diversi colleghi della maggioranza, ma è un ulteriore rallentamento di una riforma necessaria e non più differibile.
Presidente, questi non sono lavori in corso, ma è immobilismo, non è prudenza, ma è incapacità, non è senso di responsabilità, ma disinteresse, il disinteresse che vedo tra i banchi dei colleghi di maggioranza in questo momento, signor Presidente.
Grazie, signor Presidente. Il ritardo sul codice dello spettacolo non è un fatto tecnico, ma è il simbolo di un Governo che non crede davvero in questo settore, che non lo considera una priorità, che lo tratta come un fastidio da rimandare. Noi, invece, crediamo che sia il momento di fare esattamente il contrario. Serve il coraggio di fare le riforme, di non rinviarle all'infinito. Serve fare ora, e serve fare presto, perché questo immobilismo ha prodotto e continua a produrre danni enormi al settore, all'occupazione, all'impresa; produce danni alla cultura del nostro Paese.
È per questa ragione, per tutte queste ragioni, che il nostro voto a questo provvedimento sarà contrario, perché questa proroga è l'ammissione di un fallimento politico; perché, dopo tre anni, non si può continuare a chiedere tempo senza aver fatto nulla, perché il mondo dello spettacolo non può più permettersi altri anni di attesa-