Discussione generale
Data: 
Giovedì, 9 Ottobre, 2025
Nome: 
Antonella Forattini

Doc. IV-bis, n. 1-A

Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il caso che oggi discutiamo non è soltanto una questione giudiziaria, ma mette alla prova la credibilità e il senso di responsabilità delle nostre istituzioni. Nell'affrontarlo abbiamo scelto di mantenere un approccio rigorosamente oggettivo basato sui fatti, fatti su cui l'Aula è chiamata a rispondere sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro Nordio, del Ministro Piantedosi e del Sottosegretario Mantovano per fatti connessi alla vicenda di Osama Almasri, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità e crimini di guerra commessi in Libia. Parliamo di un uomo accusato di torture sistematiche, violenze sessuali, omicidi, detenzioni illegali; un criminale internazionale arrestato dalla DIGOS di Torino su mandato della Corte dell'Aia e poi rimesso in libertà ed espulso in Libia per decisione del Governo italiano che ne ha così impedito la consegna alla giustizia internazionale.

Nel giro di tre giorni, tra il 19 e il 21 gennaio 2025, si è consumata una scelta grave: non eseguire l'arresto internazionale, non rispondere alla Corte penale internazionale e, infine, organizzare un volo di Stato per ricondurre Almasri proprio nel Paese dove aveva commesso i crimini per cui era ricercato. Non un errore tecnico, ma una decisione politica, maturata consapevolmente ai massimi livelli dell'Esecutivo.

La Costituzione, all'articolo 96 - come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 1989 -, affida alla Camera un compito chiaro: verificare se i Ministri abbiano agito per tutelare un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per perseguire un preminente interesse pubblico. Non spetta a noi giudicare il reato, ma stabilire se la condotta possa essere giustificata in nome di un bene superiore.

Ebbene, in questa vicenda nessuno dei due presupposti ricorre: non vi era un interesse dello Stato a violare gli obblighi internazionali, non vi era un pericolo attuale concreto e imminente per cittadini italiani o per la sicurezza nazionale, non vi era alcuna necessità che potesse giustificare la mancata cooperazione con la Corte penale internazionale. Il Governo ha parlato di rischi di ritorsioni in Libia, ma non ha mai fornito prove né documenti che li attestassero. Si è trattato di timori generici, di opportunità politica, non di necessità giuridica o costituzionale.

La verità è che l'Italia, con quella decisione, ha violato i propri obblighi internazionali, minando la credibilità dello Stato di diritto e del nostro impegno nella tutela dei diritti umani. Ancora più grave è stata la reticenza con cui tutto questo è stato presentato al Parlamento e all'opinione pubblica. I Ministri interessati hanno offerto diverse versioni, anche parziali, omettendo di riferire le riunioni e le scelte che avevano portato alla liberazione di Almasri. È mancato un dovere fondamentale, quello della trasparenza verso le Camere. Ancora una volta il Parlamento è stato sfregiato, ci avete raccontato un sacco di falsità. Il Ministro Nordio in un primo intervento ha parlato di documenti in inglese, non tradotti; una seconda volta ha dichiarato di averli letti ma di averne riscontrato vizi che ne avrebbero impedito l'uso.

Ecco, riconoscere l'autorizzazione a procedere, dunque, non significa esprimere un giudizio di colpevolezza, significa riaffermare il principio che nessun Ministro può essere sottratto al giudizio della legge, salvo che abbia agito per difendere un bene costituzionale primario e questo non è il caso, non può essere considerato un atto di governo il favorire la fuga di un criminale internazionale; non può essere invocata la sicurezza nazionale per coprire una violazione del diritto internazionale.

Al contrario, ciò che è stato violato in questa vicenda è proprio un interesse costituzionalmente rilevante: la tutela della legalità internazionale, dei diritti umani, la leale cooperazione con la comunità delle nazioni. Valori scolpiti negli articoli 10 e 117 della Costituzione, che vincolano l'Italia al rispetto degli obblighi derivanti dai trattati internazionali. Sottrarre Almasri alla giustizia internazionale ha significato negare giustizia alle vittime delle sue torture, delle sue violenze e dei suoi omicidi, e ha significato per l'Italia cedere alla logica del ricatto e della paura. Ma uno Stato democratico non si piega alle milizie, non scambia la verità con la convenienza.

Per questo, colleghi, credo che questa Camera debba esprimersi con chiarezza. Non ci sono in gioco le sorti di un Governo o di un partito. C'è in gioco la dignità dello Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Rifiutare l'autorizzazione a procedere significherebbe trasformare la legge costituzionale in uno scudo di impunità per chi viola la legge. Concederla, invece, significa riaffermare il principio che nessuno è al di sopra della legge, che la giustizia internazionale non è un optional, ma un dovere morale e giuridico.

Per queste ragioni, signor Presidente, ritengo che la Giunta abbia operato correttamente nel proporre di concedere l'autorizzazione a procedere nei confronti dei Ministri Nordio e Piantedosi e del Sottosegretario Mantovano, perché la legalità internazionale, la tutela dei diritti umani e la verità verso il Parlamento non sono materie negoziabili e perché in democrazia la forza dello Stato non sta nella paura, ma nella fedeltà alla legge e alla Costituzione.