Data: 
Martedì, 7 Luglio, 2015
Nome: 
Umberto D'Ottavio

A.C. 2994-B

 

Grazie, Presidente. Ho chiesto di intervenire in questa discussione perché, come è stato già detto, è una discussione molto importante ma devo dire che associandomi alla relazione della relatrice, onorevole Maria Coscia, che è stata molto dettagliata anche nel raccontare lo sviluppo di questa discussione, ritengo che su questo provvedimento, sul provvedimento che riguarda la scuola, sia urgente e indispensabile ripristinare una corretta informazione sui contenuti magari per scoprire che ci sono diverse opinioni ma non deve essere il frutto di allarme drammatico come è stato fatto anche negli interventi precedenti, magari dopo aver deciso di non partecipare alla riunione della Commissione perché vorrei ricordare all'Aula e a chi ci sta ascoltando che il MoVimento 5 Stelle non ha partecipato alla riunione delle Commissioni in cui sono stati discussi in questa Camera gli emendamenti e nella quale il Partito Democratico, ad esempio, ha presentato 200 emendamenti: non ha partecipato. Chi ha partecipato ha potuto vedere come quella discussione sia stata una discussione sincera, approfondita e importante. Ha modificato profondamente il provvedimento rispetto a come era entrato. Dicevo che possiamo scoprire che abbiamo differenti opinioni ma non diciamo in giro cose che non sono vere e soprattutto non leghiamo in questo momento difficile le bugie che si raccontano nel tentativo di creare un clima di sfiducia generale, perché rischiamo di non produrre nulla di buono. È stato detto che questo provvedimento non ha un'idea di scuola: guardate, è assolutamente il contrario. Noi crediamo che l'idea di scuola contenuta in questo provvedimento sia quella della Costituzione. 
Noi diciamo anche, però, che per migliorare e per rispettare il dettato della Costituzione, l'unico modo è quello di valutare i risultati del sistema, perché la scuola per tutti i cittadini, come dice la Costituzione, non può essere vanificata dagli abbandoni. Oggi è così: siamo tra i Paesi a più alta dispersione scolastica e con tasso di abbandoni non degno di un Paese sviluppato come il nostro. Da qui bisogna partire. 
E, allora, io vi chiedo: siamo d'accordo o no che la risposta a questa domanda, la migliore risposta, è la scuola dell'autonomia ? Questa è la nostra risposta. Per rispondere alla logica degli abbandoni, abbiamo bisogno di più scuola dell'autonomia. Ebbene, il tema è sparito dalla discussione e con esso, per esempio, è sparita dalla discussione l'idea di un progetto didattico per ogni scuola, di un impegno contrario alla ripetitiva omogeneità della vecchia scuola. È sparita dal dibattito tutta la necessità di innovazione. 
Luigi Berlinguer, pochi giorni fa, ha sentito il dovere di ricordare che strutturare la scuola dell'autonomia significa che, a fianco della frammentazione delle discipline, sono necessari momenti collegiali di ricomposizione del sapere, di cooperazione tra docenti, che a fianco di momenti di severo studio individuale, ne sono necessari altri di confronto e cooperazione. Imparare da solista e da orchestrale, diceva Luigi Berlinguer.  Tutto questo è sparito dalla discussione. Si è parlato solo di assunzioni. Io devo dire – lo dico con sincerità – che, se si potesse riavvolgere il nastro di questo periodo, forse sarebbe stato meglio che a un dibattito sull'idea di scuola seguisse, come conclusione, se avere più insegnanti e non, come è avvenuto, – almeno questa è stata l'idea di partenza – che, con più insegnanti e meno precari, si fa una scuola migliore. Ma il nastro non si può riavvolgere e l'essere partiti dalle assunzioni ha seppellito il resto del dibattito e soprattutto ha cancellato la centralità degli studenti. 
In questi giorni, in queste settimane, in parallelo al nostro dibattito, si sta svolgendo un dibattito sulla scuola anche in Francia. È un dibattito che, appunto, non parla di assunzioni e anche lì stanno discutendo della riduzione dell'abbandono scolastico. Ed è vivace la discussione tra chi dice, per esempio che, forse i programmi sono troppo selettivi e, quindi, che per rendere la scuola per così dire, tra virgolette, più in grado di accogliere gli studenti, bisogna fare programmi meno duri. Da noi degli studenti e di che cosa serva loro non si è quasi parlato, mentre nella legge sono contenute indicazioni importanti, dalle competenze linguistiche alla cultura musicale, alla cittadinanza, all'alternanza scuola-lavoro. Si possono fare battute su questo argomento, ma non si può scherzare. 
Si è parlato solo del ruolo del dirigente scolastico, chiamandolo ancora preside. Guardate che la differenza tra usare «preside» e «dirigente scolastico» non è solo nel termine. Il preside era il rappresentante del Ministro nella scuola; il dirigente è il responsabile dell'autonomia scolastica, cioè il responsabile dei risultati di quell'istituzione. Non ci siamo riusciti in questi anni, per esempio, a passare dal concetto di preside a quello di dirigente scolastico, nonostante la legge lo prevedesse. Dobbiamo riuscirci oggi, se crediamo nel concetto che la scuola dell'autonomia è la scuola del territorio e non quella che funzioni con le circolari. 
Credo che si debbano trovare le condizioni per riaprire il dialogo con le organizzazioni sindacali, soprattutto con chi ci tiene alla scuola e non con quelle che vivono di ricorsi o che alimentano attese, che fanno di sicuro guadagnare solo i loro avvocati. Noi stiamo mettendo in atto anche nella scuola un grande processo di semplificazione, che ha bisogno di essere sostenuto e che riduca le complicazioni amministrative, di cui oggi insegnanti e scuola sono vittime. 
Vorrei dedicare anche, se permettete, un minuto solo a quegli importanti commi – anche di questo si è parlato pochissimo oppure come se fosse tutto scontato – relativi al tema dell'edilizia scolastica, commi che parlano finalmente di un Piano nazionale dell'edilizia scolastica e dell'Osservatorio. E non è vero che non ci sono soldi in più. Si possono raccontare delle balle, ma dire che non ci sono soldi in più è clamoroso: un miliardo in più quest'anno e 3 miliardi in più negli anni successivi. 
E i soldi per la scuola – ne stiamo discutendo e potete leggere anche i giornali di oggi, se li avete letti – quando si parla di un piano delle infrastrutture nel Paese una delle infrastrutture più importanti su cui si deve lavorare sono edifici sicuri e moderni. Quindi, è importante pensare anche a scuole nuove perché lo dicono tutte le ricerche che la capacità di apprendimento è anche legata agli edifici e agli spazi nei quali si fa educazione e pedagogia. Abbiamo bisogno di scuole nuove. Non prendete in giro quell'argomento in cui si dice che faremo le scuole nuove anche dal punto di vista concettuale. Abbiamo bisogno di cambiare anche il modello di edificio perché dietro un modello di edificio c’è anche un modello di didattica e di pedagogia. 
L'approvazione della legge, è chiaro, non chiuderà la discussione, anzi, lo dico soprattutto a noi che fin qui siamo arrivati. Sarà l'avvio di una nuova e importante fase: la fase di attuazione e la fase di discussione intorno alle importanti deleghe. Questa legge, come tantissime altre leggi, dà delle possibilità che potrebbero anche non essere colte. Se così fosse, però, noi rischiamo di aumentare le differenze tra scuole invece di ridurle e non parlo delle differenze del piano dell'offerta formativa ma parlo delle differenze sociali: che almeno nelle opportunità la scuola deve ancora e sempre di più aiutare a combattere. Combattere le differenze sociali.