• 27/01/2022

“Il 27 gennaio è un giorno fondamentale perché l’Europa ha deciso di ricordare lo sterminio industrialmente pianificato di milioni di ebrei, rom e sinti, comunisti, disabili mentali e fisici, omosessuali. Un giornata istituzionalizzata che dovrebbe servire come analisi e monito.

Tuttavia, quello che è successo in questi mesi ci dice che il pericolo non è passato. Che ogni giorno, e non solo il 27 gennaio, dovrebbe essere usato per anteporre la conoscenza alla confusione e alla semplificazione. Giusto qualche giorno fa, a Torino, un ragazzino è stato aggredito da coetanei perché ebreo. Ogni settimana contiamo centinaia di persone morte nel Mediterrano nel tentativo di una vita più dignitosa, per tacere di quello che sappiamo, ma preferiamo ignorare, dei lager libici. Ma quello che più mi preoccupa è che fin dall’inizio della pandemia abbiamo assistito ovunque al diffondersi di inquietanti analogie tra la Shoah e l’emergenza sanitaria. I manifestanti no-vax che sfilano con la stella gialla o vestiti da deportati, gli pseudo intellettuali che azzardano paragoni su presunte perdite di libertà individuali, i negazionisti del virus che si sentono partigiani, ci devono mettere in allarme sul livello di conoscenza complessiva dei fondamentali della storia e del civismo. Stiamo assistendo a una involuzione del pensiero che non può essere derubricata a boutade ma che deve essere analizzata e combattuta. Per questo occorre togliere da questo giorno ogni granello di retorica e renderlo dinamico, per tutto il resto dell’anno. Vanno messi in discussione i processi per riflettere sui compiti di una società aperta. Va alimentata ogni giorno una memoria condivisa che è alla base di ogni democrazia compiuta”.

Così in una nota il deputato del Partito Democratico Paolo Lattanzio, membro della Commissione Cultura della Camera.