• 24/06/2021

“Il monito arriva dalla Uif, l'unità di informazioni finanziaria della Banca d'Italia che si occupa di operazioni sospette, sulla criminalità che ha approfittato e continua ad approfittare della pandemia per infiltrarsi nelle imprese, nelle amministrazioni locali e nelle comunità corrisponde in pieno a quanto diciamo da tempo. Giusto questa settimana è stata votata all’unanimità dalla Commissione Antimafia la mia relazione sul rischio di infiltrazioni mafiose in epoca Covid. Questo rapporto dell'Uif e le parole del direttore Claudio Clemente confermano le analisi prodotte nel corso dell'anno dal Comitato che presiedo: le mafie hanno visto nell’emergenza legata alla pandemia un’opportunità e ora puntano ai fondi previsti dal PNRR. La Uif ha fatto un lavoro straordinario e importantissimo, sviluppando uno specifico indicatore sul rischio di infiltrazione delle imprese da parte della criminalità organizzata e offrendoci quindi dei dati ancora più netti su cui è necessario intervenire. Secondo la Uif nel 2020 il focus sulle operazioni legate al Covid ha portato a segnalazioni di oltre 2000 operazioni per 8,3 miliardi di euro. Sono state riscontrate opacità sia durante l’emergenza sanitaria (per assicurarsi mascherine e materiale sanitario), che nell’accaparramento di prestiti garantiti o a fondo perduto destinati alle imprese. Clemente segnala inoltre chiaramente come ‘la debolezza finanziaria di famiglie e imprese accresce il rischio di usura, anche come strumento per l'infiltrazione della criminalità` organizzata nelle aziende’. Come ho più volte detto la lotta alle disuguaglianze e all'ingiustizia sociale con un contrasto deciso a ogni forma di mafia e di illegalità sono fondamentali per una ripresa sana e senza storture. Il nostro impegno a fare da pungolo al governo su questo sarà costante”. 

Lo ha detto in una nota il parlamentare del Partito Democratico Paolo Lattanzio, membro della commissione Parlamentare Antimafia e presidente del Comitato Infiltrazioni mafiose durante l'emergenza sanitaria covid 19.

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