• 16/01/2019

Sintesi della relazione di minoranza del deputato democratico Stefano Ceccanti

Ciò che consideriamo non superabile come Pd  è la scelta in base alla quale qualsiasi riforma deve fondarsi sull'integrazione tra le due logiche, quella di una democrazia che è e deve restare primariamente rappresentativa, imperniata sul rapporto fiduciario, e quella di perseguire un ampliamento degli spazi di partecipazione diretta, quali preziosi correttivi.

Le differenze con la proposta della maggioranza sono ancora profonde al punto che, nonostante i correttivi introdotti in Commissione, si può parlare di netta opposizione: noi riteniamo che si possa parlare di rischi rottura di quell'equilibrio e, quindi, di tensione rispetto ai principi supremi che si condensano nella formula della "forma repubblicana".

I due punti-chiave sono i limiti di materia e il rapporto tra progetto popolare e controprogetto parlamentare.

La prima questione è la scelta dei limiti, che coinvolge, in particolare, le leggi di spesa, sia in relazione alla questione generale della possibilità di riscrittura surrettizia della legge di bilancio sia della relativa facilità di individuare i beneficiari di alcuni interventi e invece della difficoltà di percepire gli eventuali danneggiati. Vi sono poi altri aspetti, in particolare quello della legislazione penale e di procedura penale, facili oggetti di tentazioni populistiche.

La questione dei limiti ha come decisivo corollario quello del ruolo della Corte costituzionale. Se nel referendum abrogativo il controllo sulla costituzionalità è solo successivo giacché il caso di una sua incostituzionalità si presenta obiettivamente come raro, trattandosi degli effetti solo di soppressione di norme, viceversa con uno strumento che inserisce direttamente nuove norme nell'ordinamento, la questione è più delicata. Se si mantenesse solo un controllo successivo la Corte sarebbe chiamata a decidere dopo una decisione popolare diretta. Per questa ragione sembra impossibile evitare un controllo pieno, rispetto all’intera Costituzione, per le proposte di origine popolare”.

La seconda questione è il rapporto tra iniziativa popolare e risposta parlamentare. Come accade col referendum abrogativo, è ragionevole che, laddove il Parlamento intervenga e ci sia comunanza nei principi ispiratori o nei contenuti normativi fondamentali con la risposta parlamentare, l'iniziativa sia da considerarsi esaurita, avendo imposto nell'agenda sia il tema sia sostanzialmente la soluzione, lasciando al Parlamento dei margini per una ragionevole mediazione sui dettagli. Ben altra cosa è invece, anche di fronte a variazioni minime, consentire ai promotori di proporre seccamente all'elettore la scelta tra status quo, proposta popolare e controprogetto parlamentare. Ciò significa muoversi chiaramente nell'ottica dell'alternatività tra le due logiche (rappresentativa, partecipativa diretta) perché si consente ai promotori di considerare la proposta di derivazione popolare comunque come intoccabile, non negoziabile, quasi dotata di fatto di una superiore legittimazione. 

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