• 04/02/2015

Via libera in commissione Giustizia alla Camera alla pdl che introduce il reato di tortura nell’ordinamento italiano. Oggi si sono infatti concluse le votazioni sugli emendamenti. Il testo sarà formalmente licenziato per l’aula dopo i pareri delle altre commissioni. “L’impianto – spiegano Donatella Ferranti e Franco Vazio, rispettivamente presidente della commissione e relatore del provvedimento – è rimasto nella sostanza quello votato dal Senato, ma abbiamo meglio puntualizzato la norma recependo quasi letteralmente le indicazioni della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Non resta ora che calendarizzare celermente in aula il testo – aggiungono i due esponenti del Pd – in modo che quanto prima si possa colmare un pesantissimo ritardo adempiendo agli obblighi internazionali”.

Il reato di tortura, in pratica, resta reato comune (punito con la reclusione da 4 a 10 anni), ma aggravato con pene da 5 a 12 anni se commesso dal pubblico ufficiale: “Abbiamo seguito le raccomandazioni del Comitato Onu contro la tortura e quanto emerso nel corso delle audizioni, da un lato – sottolineano Ferranti e Vazio – marcando in maniera specifica gli elementi determinanti per il reato commesso dal pubblico ufficiale e dall’altro individuando gli elementi oggettivi e soggettivi della condotta al fine di evitare sovrapposizioni improprie con altre fattispecie, quali per esempio le lesioni personali gravissime o i maltrattamenti, che sono già punite dal codice penale”.

In sintesi, potrà essere incriminato del reato di tortura chi, con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, cura o assistenza, cagiona intenzionalmente a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. E se a torturare sarà un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, scatta la pena aggravata fino a 12 anni.