“La Toscana esporta in Usa oltre 10 miliardi di euro dei 67 totali nazionali. E' palese come i dazi Usa al 30 per cento rischierebbero di devastare l'economia regionale e colpire al cuore una delle eccellenze del Made in Italy: il settore vitivinicolo e agroalimentare. E' altrettanto evidente come ormai Giorgia Meloni sia stata messa all'angolo dall'amministrazione americana mentre i partiti del suo governo litigano ogni giorno sulle misure da prendere. Se non agiamo però subito con un piano straordinario di interventi da mettere in campo a sostegno dei territori maggiormente colpiti sarà il disastro”: è quanto dichiara il segretario Dem della Toscana e deputato Pd Emiliano Fossi depositando una interrogazione urgente per chiedere misure concrete a difesa delle imprese e dei lavoratori colpiti.
“Già con il 10 per cento i contraccolpi sarebbero stati notevoli, se questa cifra verrà aumentata i danni saranno insostenibili. La filiera vitivinicola toscana vale oltre 1,2 miliardi di euro di export annuo, dà lavoro a oltre 20.000 persone tra agricoltura, trasformazione e turismo, e rappresenta un presidio economico e sociale per interi territori. Ora, a causa dei dazi centinaia di milioni di euro di milioni di export sono già in bilico, con ordini a rischio e importatori americani che si rivolgono altrove. Serve subito un piano straordinario di interventi per le regioni colpite, a partire dalla Toscana: aiuti alle imprese, promozione sui mercati alternativi, strumenti finanziari per sostenere l’export, e una trattativa ferma con gli Stati Uniti. Difendere il vino toscano significa difendere il lavoro, il territorio e un pezzo identitario del nostro paese. Il tempo dell’attesa è finito. Il governo si muova”: conclude.
“Se chiedessimo oggi a un normale cittadino italiano se, dopo mille giorni di governo Meloni, vive meglio o peggio, la risposta sarebbe una sola: si sta peggio. Le tasse non sono diminuite e il carrello della spesa è sempre più caro. E rischia di esserlo ancora di più se entreranno in vigore i dazi del 30 per cento minacciati da Trump contro l’Europa”. Lo dichiara Simona Bonafè, vicepresidente vicaria del Gruppo Pd alla Camera.
“I dazi – prosegue l’esponente dem – avrebbero un impatto gravissimo su alcuni dei settori più competitivi del nostro export, a partire dalla moda e dalla farmaceutica, colonne portanti del Made in Italy. Per questo chiediamo alla Presidente Meloni di sostenere senza ambiguità il negoziato europeo. I dazi non sono un’opportunità, come sostiene Salvini, ma un danno certo alla nostra economia”.
“È proprio questa ambiguità – conclude Bonafè – il vero problema: l’Italia non può indebolire il negoziato europeo per compiacere gli Stati Uniti come per la cancellazione della tassa minima globale al 15 per cento sulle grandi multinazionali, un favore ai giganti digitali Usa e un danno alle nostre imprese, che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo”.
“I dazi annunciati dal presidente Trump rappresentano un attacco diretto al nostro sistema industriale e in particolare al comparto automotive, settore strategico per l’Italia e per l’Europa intera. È in gioco non solo la competitività del Made in Italy, ma l’identità produttiva di interi territori e migliaia di posti di lavoro”. Così Alberto Pandolfo, capogruppo del Partito Democratico in commissione Attività Produttive della Camera.
“Secondo le stime – prosegue l’esponente dem – l’impatto sui fatturati potrebbe superare i 3 miliardi di euro. A rischio tra i 10 e i 15 mila posti di lavoro, in gran parte legati a piccole e medie imprese che basano la loro sopravvivenza sull’export. È un colpo durissimo, che può mettere a rischio stabilimenti e filiere fondamentali in regioni dove l’automotive è motore economico e sociale. Anche i consumatori subiranno gravi conseguenze. Il costo di un’auto nuova potrebbe aumentare fino a 3 mila euro. Una spesa insostenibile per tante famiglie italiane già schiacciate dal caro vita”.
“Di fronte a questo scenario – conclude Pandolfo - servono misure straordinarie: un piano nazionale di salvaguardia dell’occupazione, con sostegno mirato alle PMI, incentivi fiscali per l’innovazione, investimenti in ricerca e sviluppo, e una rete solida di politiche attive per i lavoratori. L’Italia non può permettersi di restare a guardare. È indispensabile che con l’Unione Europea reagisca con fermezza. L’Europa ha la forza per contrastare il protezionismo e tutelare il lavoro. Ma il governo Meloni deve uscire dall’ambiguità e sostenere con chiarezza il negoziato europeo, senza strizzare l’occhio a chi mette in ginocchio la nostra economia”.
"Bisogna negoziare a schiena dritta con una posizione unitaria dell'UE, evitando azioni bilaterali che rischiano solo di indebolire l'Italia e l'Europa stessa. Serve un'intensa e non una resa per difendere davvero gli interessi delle nostre aziende e dei nostri lavoratori". Lo ha detto Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione Affari europei.
“La decisione del presidente americano Donald Trump di aumentare i dazi al 30 per cento a partire dal 1° agosto rappresenta un serio rischio per il settore agroalimentare italiano,” dichiara Antonella Forattini, capogruppo Pd in commissione Agricoltura alla Camera. “Parliamo di misure che colpiscono prodotti simbolo del Made in Italy – dai formaggi alla pasta, fino al vino – in un contesto già segnato dalla svalutazione del dollaro. Il mercato americano è tra i principali sbocchi per le nostre esportazioni agroalimentari, e questa escalation tariffaria rischia di generare pesanti ricadute economiche”.
“La questione – sottolinea l’esponente dem - non riguarda solo l’Italia. Anche altri Paesi europei, con cui condividiamo un sistema commerciale integrato, si trovano nella stessa condizione. Le conseguenze di questi dazi potrebbero quindi riflettersi sul PIL di diverse economie dell’Unione e sull’intero sistema dell’export agroalimentare europeo. È necessario attivare con urgenza un confronto a livello comunitario”.
“In questa fase delicata – conclude Forattini - riteniamo fondamentale che il governo italiano assuma un’iniziativa politica chiara. Abbiamo chiesto che la Presidente del Consiglio venga a riferire in Parlamento su quanto sta accadendo e sulle azioni che l’esecutivo intende intraprendere. È importante che l’Italia faccia sentire la propria voce, anche in sede europea, per difendere un comparto chiave della nostra economia e tutelare migliaia di imprese e lavoratori coinvolti”.
La proposta della Commissione Europea sul bilancio agricolo per il periodo 2028–2034 è una scelta grave e profondamente sbagliata. Tagliare quasi il 20% delle risorse destinate alla Politica Agricola Comune significa colpire al cuore uno dei pilastri storici e fondativi dell’Unione così come è un errore diluire le risorse dentro un fondo comune. Così si creano contrapposizioni e competizioni che porteranno a scelte non oggettive legate ai bisogni reali della gente e dei territori”.
Lo dichiarano il capogruppo Pd della Commissione Agricoltura della Camera, Antonella Forattini e i deputati, Stefania Marino, Andrea Rossi, Nadia Romeo e Stefano Vaccari.
“È inaccettabile - aggiungono - che a fronte delle sfide climatiche, economiche e geopolitiche che il settore primario si trova ad affrontare, si scelga proprio di ridimensionare gli strumenti che finora hanno garantito produzione alimentare di qualità, sicurezza, coesione sociale e presidio del territorio nel contesto di una equa e sostenibile transizione ecologica. La proposta della presidente von der Leyen e del commissario Fitto di trasformare la PAC in una generica “linea guida” per i piani nazionali è un vero e proprio arretramento politico e culturale, che nega il ruolo dell’agricoltura come leva strategica per il futuro dell’Europa. Privare Regioni, agricoltori e comunità rurali della possibilità di programmare e investire significa abbandonare chi ogni giorno garantisce cibo, lavoro e sostenibilità ambientale.
Questa rinazionalizzazione mascherata è un regalo alle destre nazionaliste, che non aspettano altro che vedere l’Europa ritirarsi dai suoi compiti più nobili. Invece di indebolire la PAC, la Commissione dovrebbe rafforzarla, ascoltando chi nei territori ha esperienza diretta dei bisogni delle imprese agricole e delle filiere agroalimentari. Il Partito Democratico si opporrà con fermezza a questa impostazione. L’agricoltura non è un capitolo di spesa da tagliare, ma una scelta strategica per lo sviluppo, la qualità della vita e la sovranità alimentare del continente europeo. Difendere la PAC significa difendere l’Europa. Servivano - concludono - altre scelte economiche e vedremo se ora il Lollobrigida, Fitto e il governo italiano sapranno esprimere con forza la loro contrarietà nel successivo percorso parlamentare per scongiurare questo scenario o si gireranno dall’altra parte come hanno fatto con i dazi per non disturbare gli alleati sovranisti. Li misureremo sul campo”.
“Siamo tornati a rapporti di lavoro servili dove contratti pirata, appalti selvaggi e caporalato, sembrano scandire più i tempi di una giungla che di una economia moderna e solidale. Mille giorni di deregulation, questa è l’eredità del governo Meloni. Voucher, somministrazione, eliminazione delle causali sui contratti a termine, subappalti a cascata: ecco le misure che confermano che i salari bassi e la precarietà diffusa sono figli della stessa politica. Noi continuiamo a pensare, a costo di apparire ripetitivi, che i contratti a termine debbano costare di più di quelli stabili”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, intervenendo in Aula per annunciare il voto favorevole del Gruppo alla mozione Pd, M5S e Avs sul lavoro povero.
“Riguardo i dazi di Trump - ha aggiunto - servirebbe uno scudo d’acciaio per salvaguardare l’occupazione di qualità. Invece assistiamo al silenzio stampa di Palazzo Chigi. Destino cinico e baro quello della Meloni: da ‘underdog’, capace di ribaltare i pronostici della vita, a ‘little dog’ della Casa Bianca. Con una visione politica così claustrofobica che il ministro degli Esteri è riuscito addirittura ad affermare che il salario minimo lo adottano solo i Paesi non democratici. Forse Tajani ritiene Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, delle dittature. Propongo una moratoria nel dibattito pubblico italiano per favorire un miglior collegamento tra lingua e cervello quando si discute della vita di chi fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. La verità è che il salario minimo fa paura alla destra perché tra sfruttati e sfruttatori, l’inchiesta Loro Piana è emblematica, fa fatica a schierarsi. Noi - ha concluso - chiediamo il salario minimo perché premia sviluppo responsabile, qualità, innovazione e disincentiva la rincorsa verso produzioni a basso valore aggiunto”.
«Oggi ho sottoscritto la candidatura, promossa dall'Intergruppo Pace e Palestina, di Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, al Premio Nobel per la Pace 2026. È una scelta che parla chiaro: non possiamo restare in silenzio mentre chi denuncia violazioni sistematiche di diritti umani viene attaccato e delegittimato» – dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«Da anni Francesca Albanese dimostra rigore, coraggio e indipendenza nel documentare violazioni di diritti fondamentali in Palestina, nonostante pressioni politiche e intimidazioni personali. Ha saputo dare voce a milioni di persone oppresse, costruendo rapporti, missioni internazionali, un lavoro meticoloso che mette nero su bianco ciò che tanti preferiscono ignorare, come la sistematica e pluridecennale occupazione dei territori palestinesi e il sistema di apartheid nei confronti del popolo palestinese.» aggiunge Scarpa.
La candidatura sottolinea, infatti, il legame con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, le Convenzioni di Ginevra e le risoluzioni ONU che riconoscono il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e al ritorno. «Questa candidatura non è solo un omaggio alla sua determinazione – continua Scarpa – ma un segnale forte per riaffermare la centralità della dignità umana, dell’uguaglianza e della giustizia come uniche basi possibili per una pace vera.»
«In un momento in cui la violenza e l’impunità rischiano di erodere la nostra coscienza collettiva, ribadire questi principi è un dovere politico e morale. Francesca Albanese rappresenta un faro di verità e responsabilità di fronte a chi continua a soffocare ogni voce scomoda. Sostenere la sua candidatura significa sostenere la legalità internazionale contro l’ingiustizia e la legge del più forte» conclude Scarpa.
"L'atteggiamento assunto finora dalla Premier Meloni sui dazi è stato di totale e assoluta subalternità nei confronti di Trump e questo sta danneggiando pericolosamente il nostro Paese, lo sta rendendo irrilevante a livello internazionale, ma sta mettendo a rischio la nostra economia e la nostra occupazione in settori strategici. Pensiamo all'automotive, all'agroalimentare, alla meccanica farmaceutica, dove rischiano di saltare centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Non bisogna assecondare Trump a tutti i costi. Bisogna negoziare a schiena dritta con una posizione unitaria e coesa dell'Europa. Non con azioni bilaterali come quelle che la presidente del Consiglio ha provato a mettere in campo nei mesi scorsi o come quelle che propongono ancora oggi esponenti della Lega, come il senatore Borghi. Bisogna fare, insomma, l'esatto opposto della strategia fallimentare messe in campo finora dal Governo e da Meloni che doveva fare da Pontiere e si ritrova a fare da portabandiera invece di Trump". Lo ha dichiarato Piero De Luca, deputato del Pd e capogruppo in commissione affari europei a Quattro di Sera su Rete4
Giorgetti ha avvisato che oltre il 10% i dazi sarebbero insopportabili per il sistema Paese: lo dico per tutti quelli della maggioranza che hanno minimizzato l'impatto e questo ha portato a non adottare ad oggi nessuna misura economica di sostegno all'economia al lavoro, come fatto in Spagna.
Chiediamo con forza -ha ribadito il dem- che la premier venga in Parlamento a dire cosa intende fare a livello nazionale ed a livello europeo. perché l'unica proposta che è arrivata finora è quella fantasiosa del Ministro Lollobrigida sulla bresaola. Noi chiediamo si lavori a un’azione che porti l'Europa a negoziare un'intesa sostenibile non una resa, mettendo sul tavolo delle trattative anche contro dazi, delle contromisure e misure anti coercitive come quelle legate, per esempio, alla tassazione delle Big Tech. Bisogna poi adottare misure di sostegno al lavoro e alle imprese sul modello Sure, e ampliare i mercati per esempio, ratificando gli accordi come il Mercosur. Bisogna cioè difendere gli interessi dell'Italia e dell'Europa. Il governo non lo sta facendo e il nostro Paese rischia di pagarne un costo drammatico". Così ha concluso De Luca.
“L’arrendevolezza dell’Europa di fronte alla prepotenza di Trump ha già creato danni perché l’incertezza danneggia l’economia. Per questo chiediamo alla premier Meloni di sostenere il negoziato europeo e di riferire al parlamento su quali misure intende adottare per sostenere le imprese e le ricadute economiche dei dazi. Bisogna trattare fino alla fine, facendo leva su eventuali contromisure a differenza di quanto accaduto sulla global minimun tax che ha consentito agli Stati uniti di evitare la tassazione al 15%.
Anche sul fronte della guerra in Ucraina, l’Europa non può essere considerata un bancomat delle richieste di Trump. Siamo per una difesa comune e non veniamo meno all’impegno verso l’Ucraina per garantire la resistenza contro l’aggressione russa ma non accettiamo di obbedire alle ondivaghe prepotenze del presidente americano”.
Lo ha detto a Sky Start Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
«L’annuncio dell’amministrazione statunitense di imporre dazi sui farmaci provenienti dall’Unione Europea è una notizia preoccupante che colpisce due diritti fondamentali: quello alla salute delle persone e quello al lavoro delle tante imprese farmaceutiche che operano con qualità e innovazione nel nostro Paese e nel continente». Lo dichiara Gian Antonio Girelli, deputato del Partito Democratico e vicepresidente della Commissione Covid.
«L’accesso alle cure non può diventare ostaggio di tensioni commerciali — prosegue Girelli —. Queste misure rischiano di tradursi in un aumento dei prezzi per i pazienti, una riduzione della competitività delle aziende italiane ed europee e, in prospettiva, un rallentamento nella ricerca e nello sviluppo di nuovi farmaci».
«Chiediamo al Governo italiano e alla Commissione europea di attivarsi immediatamente per un confronto costruttivo con le autorità americane, al fine di evitare un’escalation e trovare soluzioni che salvaguardino l’accessibilità alle terapie e il tessuto produttivo europeo. Al tempo stesso, è fondamentale sostenere la nostra industria farmaceutica, che rappresenta un’eccellenza non solo economica, ma anche sociale, e garantire che i cittadini non debbano pagare il prezzo di queste decisioni».
«La salute non è una merce — conclude Girelli — e va difesa da ogni forma di strumentalizzazione politica o commerciale».
“È urgente che il ministro dell’Economia riferisca in Parlamento sulle scelte che stanno segnando, in modo grave e senza precedenti, il sistema bancario italiano”. Lo dichiara il deputato del Gruppo Pd-Idp e presidente di Centro Democratico, Bruno Tabacci, intervenendo in Aula associandosi alla richiesta avanzata dal collega Benedetto Della Vedova.
“L’utilizzo del golden power nella vicenda UniCredit-BPM – sottolinea l’esponente Pd-Idp - appare talmente disinvolto e strumentale da porre il governo in una condizione di pieno conflitto di interessi. Lo stesso accade per il Monte dei Paschi di Siena, dove l’esecutivo è azionista di riferimento, controllore del CdA e al contempo regista di operazioni che nulla hanno a che vedere con l’interesse generale. Nn siamo più davanti al tentativo di influenzare una singola banca, ma a un disegno per condizionare l’intero sistema finanziario italiano. Un’operazione sistemica, dove il governo anziché fare da arbitro si comporta da regista, a favore di pochi industriali privi perfino dei requisiti per operare nel settore, che usano MPS come cavallo di Troia”.
MMai un Governo – ha concluso Tabacci – era intervenuto in modo così plateale nel mercato bancario. In questo contesto, anche l’informazione fatica a tenere il passo, come dimostra l’analisi lucida e preoccupata di Ferruccio de Bortoli. E mentre Salvini invita l’Europa a non interferire, il governo prepara il terreno a colpi di dazi, solidarizzando con Trump. Ma dov’è l’interesse nazionale in tutto questo? Di certo, se a interpretarlo sono Salvini o Meloni, finisce in fondo agli stivali”.
“I dazi di Trump determineranno dei contraccolpi pesantissimi sul piano occupazionale. I numeri dei posti di lavoro a rischio sono impressionanti e come al solito a pagare il prezzo più grande saranno i più deboli. Serve uno scudo per salvare l’occupazione, altrimenti saranno mesi difficili. Domani andrà al voto la mozione sulla povertà lavorativa presentata da Pd, M5S e Avs: chiediamo al governo per una volta di aprire un confronto autentico con le nostre proposte contro la precarietà, per rafforzare la contrattazione collettiva fino al salario minimo”.
Così i capigruppo in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto (Pd), Dario Carotenuto (M5S) e Franco Mari (Avs).
dopo la bresaola ormonata, ora la via della soia, siamo al ridicolo
"Prima ci ha spiegato che si può fare la bresaola italiana con carne ormonata americana. Ora scopriamo che per rafforzare la filiera agroalimentare europea dovremmo importare ancora più soia dagli Stati Uniti. Il ministro Lollobrigida ci regala ogni settimana una nuova perla, e un'idea sempre più lontana dalla realtà agricola italiana, ma sempre più vicina ai desiderata della destra americana. Siamo al paradosso: il Governo Meloni parla di sovranità alimentare e poi propone di rifornirsi di proteine vegetali a stelle e strisce, con buona pace delle nostre colture, dei nostri produttori e della nostra autonomia strategica. L’unica costante di questa politica agricola è l’adesione cieca alla linea trumpiana, anche quando va contro gli interessi del nostro Paese. Lollobrigida è ormai il nuovo ministro del Made in Usa". Lo dichiara Piero De Luca, capogruppo del Pd in commissione affari europei".
I dati sono preoccupanti. Solo nel 2024, l’Italia ha esportato verso gli Stati Uniti beni per circa 65 miliardi di euro, di cui oltre 7,8 miliardi nel solo comparto agroalimentare. Eppure, questi settori oggi rischiano grosso: le nuove politiche protezionistiche USA stanno causando un rallentamento dell’export italiano. Nei primi mesi del 2025, le esportazioni agroalimentari verso gli Stati Uniti sono cresciute appena dell’1,3%, contro il +28% dello stesso periodo dell’anno precedente. I settori più colpiti? Vino, formaggi, salumi e olio d’oliva. Altro che valorizzazione del Made in Italy. La linea del Governo Meloni più che una strategia, sembra una resa. Una resa senza dignità, che baratta la nostra eccellenza produttiva per un maldestro tentativo di compiacere Washington. Se questo è il livello dell'azione del governo allora è ufficiale: con Meloni e Lollobrigida avremo purtroppo dazi amari per le nostre imprese e per i nostri lavoratori." Così conclude Piero De Luca.
“I dazi americani al 30%, sommati a quelli già in essere, avranno un effetto devastante sul nostro sistema agroalimentare e su tutti i comparti più rappresentativi del Made in Italy e del settore manifatturiero. La narrazione di ‘Meloni amica di Trump’ sta rivelando tutta la sua inconsistenza, esponendo l’export nazionale a una crisi senza precedenti e trascinando nel baratro imprese e posti di lavoro”.
Lo dichiara Antonella Forattini, capogruppo del Partito Democratico in commissione Agricoltura alla Camera, commentando l’ipotesi di nuovi dazi statunitensi sui prodotti italiani.
“I formaggi - sottolinea l'esponente dem - pagano già dazi del 15%, che salirebbero al 45%. La pasta oggi paga il 16%, che salirebbe al 46%. Dirompenti anche le ricadute sul vino, che genera un export di 2 miliardi destinato agli Stati Uniti. L’Europa deve continuare a trattare, senza complessi di sudditanza e Meloni deve dimostrare di avere l’autorevolezza e l’autonomia necessarie per tutelare il Made in Italy”.
“In questo scenario - conclude Forattini - è estremamente preoccupante l’ipotesi di tagli alla nuova PAC: è bene che il ministro Lollobrigida smetta di fare il passacarte e agisca concretamente, insieme al collega Fitto, per scongiurare questa inaccettabile eventualità”.