“Confindustria ha certificato ciò che denunciamo da mesi: questo governo è laureato in immobilismo. Nessuna strategia industriale, nessuna risposta alle emergenze delle imprese e delle famiglie, a partire dai costi energetici, e nessuna misura per contrastare il crollo della produzione industriale che dura da 26 mesi consecutivi. Così si mette a rischio il futuro della manifattura italiana e il ruolo del nostro Paese come seconda potenza industriale dell’UE”. Così il deputato Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro, intervistato sui canali social dei deputati dem.
“Nel frattempo – ha aggiunto l’esponente Pd - i lavoratori non hanno ancora recuperato il potere d’acquisto perduto prima e dopo il Covid. Nei mercati, nelle fabbriche, negli ospedali, si parla solo di una cosa: della difficoltà di arrivare alla fine del mese. Ma per la presidente Meloni, tutto va bene. Madama la Marchesa. Il Partito Democratico ha presentato una mozione unitaria sul lavoro povero per rilanciare la necessità di una terapia d’urto: bisogna intervenire con forza, a partire dal salario minimo legale. Ma è altrettanto fondamentale sostenere il referendum dell’8 e 9 giugno. Chi viene licenziato ingiustamente deve essere reintegrato. I diritti non sono monetizzabili”.
“Non esiste un Paese democratico – ha concluso Scotto - in cui la libertà di licenziare è assoluta. Un lavoro precario o ricattabile significa meno salario, meno sicurezza, meno tutele. Per questo invitiamo tutte e tutti a votare, per cambiare le cose davvero. I diritti non ci sono stati regalati, li abbiamo conquistati. Ora è il momento di difenderli e rilanciarli”.
“Abbiamo depositato oggi una mozione unitaria sull’emergenza lavoro povero. Anche l’Istat ieri conferma che i salari reali non hanno ancora recuperato il potere d’acquisto perduto pre Covid. Serve una terapia d’urto. Che passa dal rinnovo dei contratti al salario minimo, a una legge sulla rappresentanza che elimini i contratti pirata fino a una bonifica integrale del lavoro povero. Chiediamo alla maggioranza di confrontarsi su questa emergenza e non di continuare a insistere con la propaganda su un’Italia che non esiste” così i capigruppo di PD, M5S e AVS nella commissione lavoro della camera, Arturo Scotto, Valentina Barzotti e Franco Mari.
“Altro che aumenti più alti d’Europa, gli stipendi degli italiani, come dimostrano gli ultimi dati Istat, restano i più bassi tra i principali partner: Germania, Francia e Spagna”.
Così i deputati democratici Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio, e Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd.
“La presidente del Consiglio - aggiungono - continua a prendere in giro lavoratrici e lavoratori e, pur di non fare un passo in direzione del salario minimo, accumula balle su balle inventando numeri e mischiando le carte. Chi aveva ancora dubbi sulla falsità delle sue dichiarazioni, oggi, grazie all’ultimo report dell’Istat, ha la matematica certezza. Nel suo primo anno di governo, il 2023, le retribuzioni reali sono addirittura diminuite rispetto all’anno precedente e nel 2024, malgrado gli aumenti, sono rimaste comunque al di sotto della crescita che hanno registrato negli altri Paesi Ue. Per chiudere in bellezza, i primi dati sul 2025: gli stipendi risultano ancora inferiori rispetto al 2021. Insomma, siamo davanti a una tendenza patologica alla menzogna. Per aggirare il problema degli stipendi da fame e del costo della vita alle stelle, la Presidente Meloni non si fa specie di negare l’evidenza. Fuori dal Palazzo, però - concludono - c’è un Paese sempre più insofferente, sia per le condizioni di vita minime in cui versano milioni di italiani, sia per la vergognosa indifferenza con cui il governo si disinteressa della questione”.
“Giorgia Meloni ha mentito all’Italia il primo maggio pur di negare l’evidenza. Non è vero che i salari italiani crescono più del resto dell’Europa. Non siamo usciti ancora dall’incubo della povertà lavorativa. Tant’è che sono milioni i lavoratori a rischio povertà, oltre il 20 per cento. Lo dice l’Istat, non l’ufficio studi della Cgil. Serve una svolta. Serve il salario minimo la cui calendarizzazione chiediamo sia immediata. E serve un segnale sulla precarietà che è la madre dei bassi salari. C’è il referendum dell’8 e 9 giugno: è un’arma che va usata per cambiare le cose”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“Sessanta ore settimanali, stipendi mensili di 700-800 euro, 1,6 euro l’ora di retribuzione. Questo accade in Italia, in una catena di supermercati a Biancavilla in provincia di Catania. I due titolari sono stati arrestati per caporalato. Siamo stanchi di dover commentare queste notizie e di aspettare che intervenga la magistratura. E’ sempre più urgente una legge sul salario minimo che il governo continua a negare in maniera sempre più incomprensibile”.
Così i deputati democratici Arturo Scotto, capogruppo in commissione Lavoro, e Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd.
“I Referendum di giugno sono un’occasione per fare un po’ di giustizia in un mondo del lavoro che appartiene sempre meno ai lavoratori. Tra drammatiche morti bianche, stipendi risibili e precariato dilagante, per milioni di persone lavorare nel nostro Paese non è più una garanzia di stabilità e serenità. Per questo è fondamentale dare un segnale forte con il nostro voto e iniziare a cambiare le cose.”
Così Ubaldo Pagano, deputato pugliese e Capogruppo del Partito Democratico in Commissione Bilancio a Montecitorio, che questa sera parteciperà alle 18.30, in Piazza Principe di Piemonte, a Grottaglie, a un’iniziativa a sostegno dei cinque “Sì” assieme al Sindaco di Grottaglie, Ciro D’Alò, all’On. Fratoianni di AVS, a Lucia La Penna, Segr. Gen. FLAI CGIL Taranto, a Gigia Bucci, Segr. Gen. CGIL Puglia e a Michele De Palma, Segr. Gen. FIOM CGIL Nazionale.
“Il Governo Meloni sta cercando di oscurare in tutti i modi l’appuntamento referendario di giugno. Al contrario, è fondamentale parlarne il più possibile affinché la partecipazione sia ampia e pienamente consapevole. Il Partito Democratico ha rimesso il tema al centro della sua agenda e, come per il Salario Minimo, continuerà a battersi affinché le lavoratrici e i lavoratori possano riacquistare una dignità vera e non soltanto di facciata. Le italiane e gli italiani hanno l’opportunità di lanciare direttamente, con la propria voce, una nuova stagione per il mondo del lavoro. - conclude Pagano - Noi sosterremo questa battaglia fino in fondo.”
“Apprendiamo da fonti della maggioranza che al Senato vorrebbero finalmente votare la delega al Governo sulle retribuzioni. Quella che sostituì - di fatto cancellandola - la proposta di Salario minimo. Una delega vuota che serviva per sabotare l’iniziativa dell’opposizione. Ci arrivano dopo 15 mesi da quando l’approvarono alla Camera con un colpo di mano. E’ del tutto evidente che per la destra i salari bassi non sono una priorità. Sono guidati soltanto dalla paura davanti ai dati drammatici dell’Istat. Noi continuiamo a chiedere la calendarizzazione della nostra legge di iniziativa popolare sul salario minimo. Non possono sbattere la porta in faccia a oltre centomila persone che hanno firmato”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“Mentre Giorgia Meloni prosegue con i videomessaggi il suo quotidiano racconto di un’Italia che non esiste, chiusa a Palazzo Chigi, la destra continua a negare ogni opportunità di crescita della giustizia sociale di questo Paese. In commissione Lavoro alla Camera, durante la discussione sul parere al decreto sul referendum dell’8 e 9 giugno, i deputati e le deputate del Partito Democratico, M5s e Avs, stanno intervenendo in massa per chiedere una cosa molto semplice: la calendarizzazione del dibattito in Aula della legge che introduce il salario minimo. Sotto i nove euro l’ora è sfruttamento. Semplice, ma non per la destra. Che da oltre un anno a questa parte ha scelto di evitare ogni confronto parlamentare, nascondendosi dalla parte sbagliata della storia”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati Galeazzo Bignami è sinceramente imbarazzante. Oggi in un’intervista su un quotidiano nazionale spiega che la strategia sui salari del governo è contenuta in una delega in discussione al Senato sulla riforma retribuzione equa. Dimentica di ricordare che quella stessa delega è ferma da un anno e mezzo in commissione. E non viene né discussa né votata. Per volontà della maggioranza evidentemente. Infatti, con delega fu approvata il 16 novembre del 2023 alla Camera con un emendamento vergognoso che cancellò il salario minimo. Ma poi si è clamorosamente arenata. E’ la certificazione che per la destra i salari non sono un’emergenza. Anche per questo continuano a bloccare la richiesta di calendarizzare il salario minimo su cui l’opposizione ha raccolto oltre centomila firme di cittadini in carne e ossa. Ormai non sanno cosa è il senso del ridicolo.
Cosí Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera.
Stupisce che la Lega proponga un ddl sui salari dopo due anni e mezzo di governo. Soprattutto perché non fanno i conti con la realtà. I salari sono bassi perché il governo è stato fermo in questi mesi, non ha aiutato a firmare i contratti e quando li ha imposti come nel pubblico impiego ha spaccato il sindacato e riconosciuto solo un terzo del potere d’acquisto perduto dai lavoratori. Rispondano invece alla nostra domanda: perché non sostengono il salario minimo che alzerebbe gli stipendi di tre milioni e mezzo di lavoratori e darebbe nell’immediato una scossa alla domanda interna. Siamo stanchi della propaganda di governo: vogliamo fatti concreti.
Così Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera.
“Nei primi mesi del 2025 abbiamo assistito a dati preoccupanti per il mondo del lavoro e dell’economia, dalla posizione dell’Italia al fondo delle classifiche europee per quanto riguarda i salari reali ai numeri tragici degli incidenti nei luoghi di lavoro. È inutile quindi che con un video social Giorgia Meloni venga a raccontarci la sua favoletta, perché i fatti sono ben altri. Le misure proposte dal Governo fin qui sono state inutili: basta bugie, si lavori con strumenti davvero utili ed efficaci sui salari e sulla sicurezza” così Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, sul video, diffuso da Giorgia Meloni, per fare gli auguri per il primo maggio.
“Attendiamo con trepidazione le ‘nuove misure concrete’ di cui parla Giorgia Meloni, perché ora il suo Governo non ha più scuse per non portare avanti le politiche sul lavoro di cui l’Italia necessita - prosegue la deputata dem - Sicuramente non ci basta un video propagandistico in cui la premier racconta la favola, che non corrisponde alla realtà, sulle condizioni del mondo del lavoro nel nostro Paese”.
“Le nostre proposte non sono state prese in considerazione e i soldi che arrivano dall’Inail sono inutili senza la volontà politica di cambiare realmente la situazione, perché se a queste parole non seguiranno i fatti c’è il rischio che non cambi niente. Vogliamo il salario minimo, badge elettronici nei cantieri, formazione, diritti nella catena dei subappalti, un aumento reale delle ispezioni e degli ispettori, una procura speciale” conclude Gribaudo.
Non si possono prendere in giro così lavoratrici e lavoratori, non si possono prendere in giro il giorno prima del Primo Maggio: gli stipendi italiani sono bassi e non stanno dietro al costo della vita, ma la Premier Meloni afferma che i salari reali crescono. Una bugia imperdonabile che viene smascherata da dati Istat, Ilo (Onu), Eurostat, Ocse, da studi di categoria e dai sindacati. Un paese impoverito, con 4 milioni e mezzo che non arrivano a un salario minimo, avrebbe bisogno di politiche per il lavoro serie e non di bugie seriali.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
"Meloni tenta in modo goffo e maldestro di nascondere una verità ormai sotto gli occhi di tutti: l'Italia è in emergenza salariale. Ma gli italiani non sono ingenui: ogni giorno fanno i conti con la progressiva erosione del loro potere d’acquisto. Lo confermano i dati dell’Istat, che oggi il governo cerca di silenziare e mettere a tacere con modalità degne dei peggiori regimi illiberali. La manipolazione dell’informazione e dei dati ufficiali è un fatto gravissimo. Nel nostro Paese è in corso una vera e propria emergenza salariale, ma l’esecutivo continua a ignorare i segnali d’allarme che si moltiplicano. È inaccettabile. Non si può più perdere tempo: serve una politica dei redditi seria ed efficace, a partire dall’introduzione immediata del salario minimo legale. Ogni giorno di ritardo è un affronto a chi lavora e fatica a vivere con stipendi insufficienti” dichiara il capogruppo democratico in commissione bilancio della camera, Ubaldo Pagano.
“Doveva fare un decreto sui salari e non l’ha fatto. Si è limitata a convocare una riunione sulla sicurezza sul lavoro con le parti sociali. Meglio di niente visto che da due anni quel tavolo era fermo. Tuttavia sconcerta la dichiarazione della Presidente Meloni sui salari reali. Per lei addirittura crescono. Eppure ieri proprio l’Istat certifica che dal 2021 i redditi non hanno recuperato almeno l’8% del potere d’acquisto mangiato dall’inflazione. Significa che tutte le misure messe in campo finora sono state insufficienti. E che il no al salario minimo è figlio di un’impostazione ideologica. Insomma una sceneggiata per fare uno spot alla vigilia del Primo Maggio: un modo per strumentalizzare una giornata di lotta per i lavoratori italiani. Insomma, o Giorgia Meloni non sa leggere i dati oppure non sa di cosa parlano tutti i giorni gli italiani al mercato. Nella migliore delle ipotesi stiamo su scherzi a parte, nella peggiore in un cinegiornale dell’Istituto Luce” così il capogruppo democratico nella commissione lavoro della camera, Arturo Scotto.
"È grave che la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, continui a mentire agli italiani e faccia propaganda dalle sedi istituzionali, cercando di descrivere una realtà che non corrisponde minimamente a quella vissuta ogni giorno da milioni di cittadini." Così il deputato democratico Stefano Graziano commenta le dichiarazioni della presidente del consiglio, Giorgia Meloni, sui salari reali.
"Meloni è in evidente difficoltà. Solo ieri l’Istat ha certificato l’esatto contrario di quanto oggi sostiene: le retribuzioni reali in Italia stanno diminuendo, il potere d’acquisto delle famiglie è stato progressivamente eroso nel corso del suo governo e, in assenza di interventi strutturali, siamo di fronte a una vera e propria emergenza salariale."
"I dati, purtroppo, parlano chiaro. Ed è preoccupante che di fronte a una fotografia tanto chiara della crisi, il Governo preferisca negare l’evidenza. Ci auguriamo che l’attacco odierno non sia anche un tentativo di mettere sotto pressione l’Istat o limitarne l’indipendenza nelle future comunicazioni."
"La verità – conclude Graziano – è che il Paese ha bisogno di politiche salariali serie, di un salario minimo legale e di misure concrete per tutelare il potere d’acquisto. Meno propaganda, più responsabilità."