Le morti a largo di Lampedusa addolorano e indignano. I Cpr in Albania non servano a niente, il Piano Mattei non ha prodotto alcun effetto, i viaggi in Africa e le vergognose cortesie nei confronti di Almasri sono state del tutto inutili. Perché non si governa un fenomeno epocale con la propaganda. Diciamo da tempo che le politiche per l’immigrazione vanno gestite in Europa con una missione europea per la ricerca e il soccorso in mare, una collaborazione con le Ong che non possono essere criminalizzate, piani di accoglienza basate sulla solidarietà tra Paesi.
Basta cercare di ottenere qualche consenso sulla pelle di chi fugge, agitare paure e poi promettere misure impraticabili. L’Italia ha una collocazione nel Mediterraneo che le impone al contrario di essere protagonista di una svolta perché smetta di essere un mare di morte e dolore.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati
“La sentenza della Corte di Giustizia europea conferma ciò che denunciamo da tempo: il progetto dei CPR in Albania è sbagliato, costoso e contrario ai diritti fondamentali. Un fallimento totale, economico e giuridico": è quanto dichiara Marco Simiani, deputato Pd, che ha visitato nei mesi scorsi due volte il centro di Jader.
“Oltre 900 milioni di euro già spesi per una struttura marginale, che viola le convenzioni internazionali e priva i richiedenti asilo del diritto a una valutazione individuale. La Corte lo ha detto chiaramente: non basta definire un paese ‘sicuro’ per negare la protezione. Cade così tutto il castello di propaganda della destra che millantava il centro come modello europeo. Serve una politica migratoria seria, non spot elettorali": conclude.
La sentenza della Corte di Giustizia Ue sul Protocollo Italia-Albania dà completamente torto al Governo italiano e alla Presidente Meloni. E lo fa affermando un concetto molto semplice: "non si può considerare un Paese sicuro se non offre una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione". È la dimostrazione che la nostra opposizione è sempre stata fondata sul rispetto del diritto. A differenza dell’operato di Meloni che ha sempre usato strumentalmente l'Albania e alla legge ha sostituito l’ideologia.
In tutti i sopralluoghi che abbiamo fatto in Albania abbiamo dimostrato - anche grazie al prezioso lavoro del Tavolo Asilo e Immigrazione - che il Centro di Gjader è solo un luogo di propaganda pagata a caro prezzo dai contribuenti, in cui si violano sistematicamente i diritti delle persone. Tutto per la campagna elettorale permanente di questo governo. Le dichiarazioni di oggi della Meloni denotano un grande imbarazzo, assai comprensibile per chi scandiva ad alta voce che i centri in Albania "fun-zio-ne-ran-no!”. Ci aspetteremmo ora che chiedesse scusa agli italiani per il grave spreco di soldi pubblici e investisse subito queste risorse sulla sanità e sul lavoro.
Così Matteo Mauri, deputato e responsabile Sicurezza del Partito democratico.
“Le due domande di pronuncia pregiudiziale sulla questione dei Paesi di origine sicuri erano state sollevate dal Tribunale ordinario di Roma già a ottobre e il governo ha scelto di ignorarle, andando avanti con i due tentativi, fallimentari, di novembre e gennaio. Ora che la pronuncia è arrivata, palazzo Chigi esprime ‘sorpresa’. Una posizione semplicemente ridicola, di un esecutivo che ha scelto deliberatamente di ignorare i dubbi evidentemente fondati posti dai giudici e che, dopo il primo tentativo, ha macchiato il nostro paese con altre due deportazioni illegali, a novembre e a gennaio. Anche la ‘la seconda fase’, quella per cui la struttura di Gjadër è diventata un Cpr italiano, è già stata messa in discussione da un’ordinanza della Cassazione che rinvia alla Corte di Giustizia europea. Il governo si fermi ora: non una vita in più rovinata, non un euro in più speso in questo progetto folle. Perseverare con questa propaganda inutile e violenta è diabolico”.
Così la deputata democratica, Rachele Scarpa.
"Un paese si può definire "sicuro" quando lo è per tutti i gruppi che compongono la sua società: per tutte le etnie, le religioni, gli orientamenti politici, le identità di genere. E i giudici possono valutare se un paese è sicuro oppure no. Lo stabilisce la sentenza di oggi della Corte di giustizia europea. Quindi la lista dei "paesi sicuri" stilata dal governo Meloni non è conforme al diritto europeo che è di rango superiore rispetto a quello italiano e la legge italiana non può andare contro quella europea, checché ne pensino Meloni e Piantedosi.
Ed è proprio su quella lista che nasce il malaugurato "protocollo Albania" sulla base del quale sono stati costruiti i due centri di identificazione e detenzione a Gjader e Shengjin, dove i diritti dei migranti vengono regolarmente violati e per i quali il governo sta spendendo 114mila euro al giorno per la detenzione di pochissime persone.
Non sono neanche serviti a ridurre i flussi migratori, come raccontava la propaganda del governo, dato che nei primi 6 mesi del 2025 gli sbarchi sono aumentati del 16% rispetto allo scorso anno.
Un fallimento su tutta la linea: legale, economica, umana, in termini di diritti e di politiche migratorie. Una premier con un briciolo di coscienza dovrebbe chiedere scusa per aver buttato via il denaro dei contribuenti, mettendo in piedi in Albania un sistema di centri inutilizzabili, raccontando bugie agli italiani e alla italiane". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
Avranno qualcuno su cui provare a scaricare il fallimento delle politiche migratorie, ma non hanno avuto ragione: i centri non funzionano e non funzioneranno. La Corte Europea ferma l’arroganza del governo. E ora Meloni deve fermare lo spreco di risorse in Albania: quasi un milione di euro gettati al vento o per il baciamano del presidente albanese. Mentre sono stati ignorati basilari diritti dei migranti e umiliata la dignità di chi è costretto a fuggire da guerre, carestie e persecuzioni. La Corte è intervenuta per ribadire la forza di quei diritti.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo PD alla Camera dei deputati.
“La Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sulla definizione di paese sicuro che coinvolge i procedimenti di frontiera nei Cpr in Albania. Alla luce della sentenza della Corte, l’impianto della normativa italiana ridisegnato dal Governo con il Dl 157/2024 si dimostra nella sostanza non pienamente in linea con il diritto UE. Anzitutto non può essere qualificato come sicuro un Paese che non soddisfi, per talune categorie di persone, le condizioni sostanziali di tale designazione. I giudici UE aggiungono peraltro che i motivi e le fonti di informazione sui cui si fonda la designazione di Paese sicuro devono essere pienamente accessibili e valutabili, allo stato attuale di ogni singola procedura, da parte del giudice nazionale, che in assenza di tali informazioni può svolgere anche propri controlli, per garantire un'effettiva tutela giurisdizionale ai richiedenti protezione internazionale, che oggi invece si vedono respinte le domande sulla base della normativa italiana senza possibilità di provare o verificare se il loro paese sia effettivamente sicuro o meno ai sensi della normativa UE”.
Così il capogruppo Pd nella commissione affari europei della Camera, Piero De Luca.
“La sentenza della Corte di Giustizia Europea sui paesi sicuri segna uno spartiacque: il modello Albania, per come era stato concepito dal Governo Meloni, non regge e non è compatibile con il diritto comunitario. Un paese non può essere inserito nella lista dei paesi sicuri da uno stato qualora non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione, e l’eventuale designazione deve poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo. Già dopo il primo trasferimento ad ottobre il governo avrebbe dovuto fermarsi: alla luce di questa sentenza i tentativi di novembre e gennaio risultano dolosi, attuati per esigenze meramente politiche e propagandistiche. Se c’è un momento in cui fermare questa follia, quello è adesso: la “prima fase”, la funzione originaria dei centri, non è sostenibile, e la seconda, quella che trasforma il centro di Gjadër in CPR, ha mostrato in questi mesi le sue enormi disfunzionalità, in termini di diritti umani innanzitutto, ma anche a livello logico, logistico ed economico. Il Governo continuerà a portare in Albania persone che già si trovano trattenute in Italia, per poi doverle riportare tutte in Italia, anche in caso di rimpatrio? Continuerà a deportare persone vulnerabili, che poi verranno valutate come incompatibili con il trattenimento? Continuerà ad accanirsi su poche decine di sfortunati, per tenere in piedi il frutto mostruoso della sua propaganda? L’unica soluzione dignitosa per l’esecutivo è di fermarsi: rinunciare a questa follia, risarcire chi ne ha pagato il prezzo, e abbandonare la bugia del “funzioneranno”: il nostro paese merita politiche migratorie migliori” così la deputata democratica, Rachele Scarpa.
“Non bastavano le carrozzine elettriche negate. Ora tocca alle scarpe ortopediche.
Un mese e mezzo fa avevo denunciato pubblicamente un fatto indegno: persone con disabilità costrette a pagare di tasca propria le riparazioni delle carrozzine.
Il motivo? La loro rimozione da parte del Governo dai LEA, ossia dalle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire gratuitamente.
Ecco, purtroppo non si sono fermati. Oggi arrivano nuove storie da Liguria e Lombardia: famiglie che devono sborsare 400 euro per un paio di scarpe ortopediche per il figlio con disabilità.
Un dispositivo che prima era garantito dai Livelli Essenziali di Assistenza e che ora, dopo l’aggiornamento voluto dal ministero della Salute, non ci sarebbe più.
E mentre il ministro Schillaci assicura che tutto funziona, che nulla è stato toccato, due Regioni di destra lo smentiscono.
Sì, avete capito bene: lo Stato che trova 14 miliardi di euro per le spese militari o un miliardo di euro per i centri in Albania, non trova i soldi per aiutare un bambino a camminare, a mettere un piede davanti all’altro.
È inaccettabile. Ed è per questo che presenterò un’interrogazione parlamentare al ministro della Salute Schillaci.
Il governo Meloni ripristini subito, con chiarezza, ogni dispositivo previsto le persone con disabilità. Ristabilisca quello che è a tutti gli effetti diritto alla salute.
E la smetta di trattare le persone con disabilità come un peso da scaricare, anziché come cittadini con pari diritti e dignità” così sui social il deputato democratico Marco Furfaro.
«Ho depositato un’interrogazione al ministro dell’Interno in merito alle gravi incongruenze emerse sui dati relativi agli eventi critici registrati nel Cpr di Gjader in Albania».
Così Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«Secondo un’inchiesta di Altreconomia - aggiunge - la Prefettura di Roma ha comunicato appena quattro eventi critici nei primi 48 giorni di operatività, mentre le ispezioni parlamentari hanno documentato numeri di gran lunga superiori: 35 eventi nei primi 13 giorni di attività del centro, 75 alla mia ultima visita il 21 luglio. Una discrepanza così ampia mina la trasparenza e impedisce di monitorare le condizioni di salute, sicurezza e rispetto dei diritti umani delle persone trattenute. Il Governo deve chiarire subito come stanno le cose – conclude – perché non possiamo accettare che nei CPR si perda ogni garanzia di controllo democratico, ancor di più se questi sono collocati addirittura in un altro Paese».
"Uno spreco enorme di soldi pubblici e un insulto all'intelligenza delle italiane e degli italiani. Questo sono i centri in Albania tanto cari a Giorgia Meloni.
Quel "FUNZIONERANNO" urlato dal palco di Atreju è costato 114mila euro per detenere 20 persone nei soli 5 giorni in cui i centri sono stati pienamente operativi nel 2024. Lo dimostra uno studio realizzato da ActionAid con l'università di Bari. Altro che i famigerati 35 euro al giorno contro cui lei e i suoi attuali alleati di governo si sono scagliati per anni, gridando allo scandalo. Ora sì che siamo di fronte ad un enorme scandalo, uno sperpero insopportabile di denaro pubblico, quando cittadine e cittadini italiani hanno bisogno di poter fare visite mediche senza aspettare mesi.
Una debacle totale di cui Meloni deve scusarsi con il Paese". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Il CPR di Gjader, in Albania, è rimasto operativo solo cinque giorni nel 2024. È quanto emerge dal dossier pubblicato oggi da ActionAid insieme all’Università di Bari, che ha analizzato le spese di gestione del centro, rivelando un quadro allarmante: 114mila euro al giorno per trattenere appena venti persone, poi liberate nel giro di poche ore. In totale, 570mila euro spesi in cinque giorni, senza alcun risultato concreto, mentre oltre mezzo milione è stato impiegato per vitto e alloggio del solo personale della polizia inviato in Albania”. Lo dichiara la capogruppo democratica in Commissione Affari Costituzionali della Camera, Simona Bonafè, che aggiunge: “se si tengono in conto anche gli investimenti per le infrastrutture, l’insieme dei costi supera ormai gli ottocento milioni di euro: una cifra esorbitante per un progetto che si sta rivelando del tutto inefficace. Mentre in Italia si continuano a tagliare risorse a sanità, scuola e welfare, il governo Meloni investe quasi un miliardo in un’operazione che non ha prodotto alcun impatto reale sulla gestione dei flussi migratori, ma che serve solo a costruire una narrazione propagandistica. È evidente che l’operazione Albania non è un modello, ma un monumento allo spreco”.
I dati sui costi dei Cpr in Albania analizzati da Action aid e Univerisità di Bari – 114 mila euro a posto – sono uno schiaffo in faccia a tutte le spese utili che si sarebbero potute sostenere con quelle cifre. Parliamo di sanità, asili nido, trasporti pubblici, oppure centri accoglienza rispettosi della dignità umana. Invece la presunzione e l’arroganza del governo e in primo luogo della Premier hanno trasformato un errore politico, la gestione dell’immigrazione fuori dall’Italia, in un enorme spesa a carico della collettività. Ecco i patrioti: stravolgono le regole, sprecano risorse e poi cantano vittoria. Basta con la propaganda: chiudete quei centri.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
«I dati diffusi da ActionAid e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Bari sono sconcertanti: l’operazione Albania è la più costosa, inutile e disumana mai sperimentata nelle politiche migratorie italiane» – dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«L’operazione Albania è l’emblema del fallimento complessivo del sistema CPR: 74 milioni di euro spesi con affidamenti diretti per costruire strutture mai completamente operative, e 570mila euro versati in soli 5 giorni all’ente gestore Medihospes per trattenere qualche decina di persone. Il costo medio per ogni posto effettivamente disponibile nei CPR albanesi nel 2024 è stato di oltre 153.000 euro. Oggi, nonostante la retorica del governo, nei centri in Albania ci sono appena 26 persone, e la stragrande maggioranza delle persone deportate sono state riportate in Italia. È una presa in giro per i cittadini italiani, con le cui tasse è pagato tutto questo, ed è uno spreco che genera sofferenze inutili.»
«I numeri parlano da soli e sono spaventosi. Solo nel 2024 il sistema della detenzione amministrativa è costato all’Italia quasi 96 milioni di euro, più di quanto speso in tutti i sei anni precedenti messi insieme. A fronte di questa spesa enorme, il tasso di rimpatri effettuati è del 41,8%. Una percentuale che scende al 10,4% se si guarda all'intero numero di persone che hanno ricevuto un provvedimento di allontanamento» – dichiara Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
«Oltre agli sprechi, c’è il dramma: 3 morti di CPR solo nell’ultimo anno e mezzo, oltre 30 da quando esiste la detenzione amministrativa. E mentre i centri si svuotano, aumentano i costi e le sofferenze: quasi la metà dei trattenuti nel 2024 erano richiedenti asilo, di cui il 21% senza nemmeno un provvedimento di allontanamento. In moltissimi casi, sono stati i giudici a dover intervenire per liberare chi non doveva nemmeno essere trattenuto: il 29% delle uscite è avvenuto per mancata convalida del provvedimento di trattenimento» prosegue Scarpa.
«Siamo di fronte a un meccanismo che produce dolore, ingiustizia e inefficacia. Non garantisce più sicurezza, non serve alla gestione dei flussi, e costringe lo Stato a spendere milioni per una repressione che non funziona. Quello che oggi chiamiamo CPR è un sistema costruito per negare diritti, scaricare responsabilità e alimentare consenso sulla pelle delle persone più fragili» conclude.
«Chiediamo la chiusura immediata dei CPR, a partire da quelli in Albania. I numeri ci dicono che non funzionano, la cronaca ci racconta che fanno male, e la Costituzione ci impone di difendere la dignità umana, non di calpestarla. Basta ipocrisie: è tempo di cambiare strada.»
Sconforta sentire dire dai ministri Ue che gli hub per i rimpatri in Paesi Terzi sono una soluzione necessaria e innovativa, purché vengano rispettati i diritti umani. E sconcerta sentire il ministro Piantedosi parlare del CPR in Albania come 'un modello' per questi hub: il centro in Albania è un modello di come non vanno fatte le cose, se si vogliono davvero rispettare i diritti umani". Così la deputata Pd Rachele Scarpa e l'eurodeputata dem Cecilia Strada, appena rientrate da una nuova ispezione
nel Centro di Gjadër.
"Nel centro - sottolinea la deputata dem - ci sono al momento 26 persone, tra cui alcune arrivate qui il 16 luglio in un trasferimento di cui non si aveva avuto notizia pubblica. Abbiamo trovato, ancora una volta, casi di persone vulnerabili che non avrebbero mai dovuto, secondo gli stessi criteri del ministero, essere portate qui. E infatti sono già rientrate o stanno per rientrare in Italia".
"Non sappiamo - aggiungono le esponenti Pd - se i ministri Ue abbiano mai messo piede a Gjadër, noi sì, molte volte. Anche in questa visita abbiamo trovato episodi di autolesionismo, tentati suicidi, persone disperate. E, indipendentemente dalla buona volontà dei singoli operatori che lavorano nel centro, il fatto che sia in territorio straniero, mina, di fatto, molti diritti, a partire dal diritto alla difesa, alla salute, all'unità familiare. Qualcuno, per esempio, ha figli italiani". Nel centro di Gjadër, finora, sono transitate 132 persone. Sappiamo che qualcuno è stato rimandato nel Paese di origine, che molti sono invece stati riportati in Italia e liberati, ma è impossibile avere numeri certi data la totale mancanza di trasparenza da parte del
governo, nonostante le molte richieste di informazioni".
"La Commissione e molti ministri europei - denuncia l'europarlamentare - vogliono andare spediti verso un sistema che non garantisce alcun rispetto dei diritti umani. Io cercherò di oppormi in ogni modo, sostenendo le colleghe che lavorano sul regolamento rimpatri e occupandomi del dossier sui Paesi terzi sicuri e sui Paesi sicuri di origine, di cui sono appena stata nominata relatrice ombra per il gruppo dei socialisti".
"L'Albania è un modello, sì: un modello che ha già mostrato di essere un buco nero dei diritti. Un modello da abbandonare", concludono Scarpa e Strada.