Dichiarazione di Andrea Casu, deputato Pd
“La scelta del centrosinistra di Bastia Umbra di dedicare il primo incontro politico nel nuovo Comitato per il Sindaco Pecci al tema cruciale dei trasporti e mobilità lancia un segnale politico importante in una Regione dove per tantissime persone non esiste nessuna valida alternativa all’uso dell’auto privata. L’impegno che stiamo portando avanti per potenziare strutturalmente le risorse per il fondo nazionale TPL serve proprio per poter offrire anche alle aree interne e nelle periferie un servizio pubblico efficiente. In Umbria già oggi meno dell’1 per cento degli spostamenti avvengono in treno e dobbiamo essere consapevoli che a fronte dell’aumento dei costi, della necessità di rinnovare i contratti dei lavoratori, e delle conseguenze della crisi climatica non potenziare adeguatamente il fondo non significa mantenere la situazione così com’è, ma addirittura peggiorarla. Insieme ai parlamentari democratici umbri Anna Ascani e Walter Verini al fianco di Emma Pavanelli (M5S) e tutte le forze di opposizione continueremo a batterci in Parlamento per evitare che tantissimi umbri continuino a vivere nei trasporti l’attuale insopportabile condizione di cittadini di serie B”. Lo ha detto
il deputato Pd Andrea Casu a seguito dell’incontro “Mobilità e Trasporti: progettare un futuro sostenibile per Bastia e per l’Umbria” con la partecipazione del candidato Sindaco Erigo Pecci, della deputata (M5S) Emma Pavanelli, del consigliere Regionale Michele Bettarelli e della Consigliera Comunale Ramona Furiani
Servirebbe bagno di verità per affrontare questa dramma”
Sono sorprendenti e rammaricano le parole della ministra Roccella sulla difficoltà di “trovare un ospedale dove andare a partorire piuttosto che uno dove andare ad abortire”. Peccato che sia un dato opposto alla realtà descritta dai consultori: sei ginecologi su dieci sono obiettori e, soprattutto al Sud, le donne sono costrette a cambiare città per fare la loro scelta, mentre la Ru486 si trova in modo diffuso solo in tre Regioni. Ma ancora più incredibile è quando Roccella afferma che il governo ha fatto la sua parte sul tema della natalità, intervenendo su congedi, asili, decontribuzioni.
Dispiace contraddire la ministra, ma in Italia i posti per gli asili nido sono sempre meno, con una media di 27 per ogni 100 bambine e bambini. Una situazione particolarmente complessa per tutte le famiglie, ma soprattutto nel Mezzogiorno e nelle aree interne. Su questo tema, il governo Meloni non ha dedicato nulla in manovra, anzi con il Pnrr hanno tagliato 100.000 posti di asili nido. I contributi sui congedi non sono strutturali, ma insufficienti e relativi al solo anno 2024. Per quanto riguarda la decontribuzione, la manovra la prevede per le lavoratrici con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per le madri di tre figli fino al compimento di 18 anni del più piccolo, o per quelle con due figli fino al compimento di 10 anni dell’ultimo nato. E le autonome? E quelle a tempo determinato? Come sempre la propaganda finisce quando incontra la realtà. Servirebbe un bagno di verità e di umiltà per affrontare insieme e bene il dramma della natalità, che è davvero un problema enorme per il futuro del nostro paese.
Così la deputata democratica della commissione Affari sociali, Ilenia Malavasi.
Deputati dem chiedono spiegazioni su bando che esclude agriturismo da fondi valorizzazione enogastronomica
“Per quale folle ragione il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida ha escluso gli agriturismi dai fondi Masaf per la promozione dell’enogastronomia?” Così i deputati democratici della commissione Agricoltura della Camera, Andrea Rossi, Antonella Forattini, Stefano Vaccari e Maria Marino chiedono spiegazione sui criteri di partecipazione al bando per la destinazione di 76 milioni di euro a favore della filiera del food per la valorizzazione del patrimonio enogastronomico italiano. “Siamo davanti a una forte discriminazione, una vera e propria disparità di trattamento da parte del Ministero dell’agricoltura che non ha alcuna motivazione oggettiva. O forse Lollobrigida pensa che gli agriturismi non siano parte integrante del patrimonio enogastronomico italiano? Noi la pensiamo all’opposto: gli agriturismi sono tra gli attori che maggiormente promuovono i sapori e i saperi locali, specialmente nelle aree rurali ed interne, svolgendo quindi anche un’importante funzione sul fronte dell’attrattività turistica, anche verso l’estero. Chiediamo al ministro Lollobrigida spiegare quali sono i criteri del bando”.
“Le parole del ministro Calderoli sono inaccettabili. Oltre ad essere ancora una volta offensive nei confronti dei napoletani, rappresentano la solita operazione di distrazione di massa da parte di chi, oltre a non voler entrare mai nel merito, è ben consapevole di aver scritto un provvedimento sbagliato e ingiusto. Un ministro che attacca gli auditi, non solo non rispetta il Parlamento, ma dimostra anche di essere nervoso e preoccupato. Ma cosa pensano i parlamentari della destra meridionale delle parole del Ministro? Qui le uniche cose che sono state “fregate” sono le risorse del fondo perequativo infrastrutturale che erano destinate ai nostri ospedali, alle nostre scuole, alle nostre strade, le nostre reti idriche e che il Governo ha cancellato. Il ddl Calderoli mette in discussione l'unità e la coesione nazionale e lo fa legittimando l’idea che nel nostro paese debbano esistere cittadini di serie A e cittadini di serie B sulla base della accessibilità e sostenibilità dei diritti fondamentali”. Così il deputato democratico, responsabile nazionale Sud e aree interne, Marco Sarracino.
“La destra ha preso di mira, dopo la sanità, anche l’istruzione pubblica, con un accanimento particolare nei confronti dei più fragili e dei cittadini del Mezzogiorno. Prova ne sono la mancanza di investimenti da un lato e i tagli operati, dall’altro, sulle sedi di tanti istituti scolastici, costretti ad accorpamenti che impattano negativamente soprattutto nelle aree interne e nel Sud. Una mannaia che si aggiunge alla scellerata riforma sull'Autonomia “Spacca Italia” - voluta dalla Lega - che non fa altro che aumentare il divario tra Nord e Sud del Paese, alle spalle del Meridione. La destra sta mettendo in discussione il diritto allo studio e dunque il futuro di migliaia di ragazze e ragazzi. Solo in Campania, per fare un esempio, il numero di autonomie per l’anno scolastico 2024/2025 passerà da 873 a 839, con 860 scuole rispetto alle 967 presenti oggi, comunque con grande riduzione rispetto alle 899 ricavabili sulla scorta degli accorpamenti già previsti dalla Regione. Per questo, chiediamo che il Ministro dell'Istruzione riconsideri i piani di dimensionamento imposti alle Regioni, anche attraverso l’individuazione di nuovi criteri condivisi con le Regioni stesse, per l’attribuzione degli organici del personale docente, dirigente, amministrativo e Ata di pertinenza di ciascun territorio regionale". Così Piero De Luca (PD) Michele Gubitosa (M5S), primi firmatari di un'interrogazione parlamentare rivolta al Ministro Valditara, depositata oggi insieme ai capigruppo in Commissione Cultura, Scienza e Istruzione, Irene Manzi e Antonio Caso, nonché alle colleghe e ai colleghi campani di PD e M5S.
“Le proteste di questi giorni ci dicono che c’è un grande fermento nel mondo agricolo e che, al di là degli eccessi e di qualche manipolazione propagandistica di chi tenta di appropriarsi di quella protesta, bisognerebbe avere la forza di ascoltare le ragioni di fondo che spingono quei custodi del territorio a mobilitarsi in maniera così massiccia ed eclatante. Quelle persone non stanno chiedendo mance e mancette e tanto meno i soliti sussidi per fronteggiare una singola specificità per un breve periodo di tempo. Chiedono di veder riconosciuto il loro lavoro che non è solo settoriale ma assume aspetti di multifunzionalità poiché risponde a interessi diffusi e generali. Purtroppo, da questo punto di vista, ci troviamo dinnanzi a un governo sordo e a un ministro latitante. Certo, il gruppo Pd voterà a favore di questa legge, anche se quanto previsto nella norma è solo un tassello di un mosaico che sulle politiche agricole si fa fatica a costruire, perché il governo ha deciso di procedere a spot non sapendo affrontare le criticità di sistema e strutturali. Un tassello che peraltro ricalca la legge già approvata nel 2015 dalla Regione Marche, allora guidata dal centrosinistra con il presidente Spacca. All’agricoltura si chiede di accompagnare la fase della transizione ecologica per costruire un futuro senza combustibili fossili dentro un modello di sviluppo sostenibile e di qualità. Difesa e presidio del territorio, tutela della biodiversità, riduzioni emissioni inquinanti e cibo di qualità, dipendono dall'agricoltura oggi colpita profondamente dalle crisi climatiche ed energetiche. Ma sostenere l'agricoltura nel processo di transizione come per altri settori produttivi del Paese è una necessità non in una logica corporativa, come vorrebbe la destra attraverso sostegni una tantum o come sta avvenendo sul Pnrr con i contratti di filiera, ma legata ad un interesse generale che la stessa destra ostacola in ogni dove. Per fare questo c’è bisogno di prevedere misure speciali e straordinarie con particolare riferimento agli investimenti per ridurre l’impatto sull’ambiente e le emissioni, ai giovani e alle donne al fine di consentire anche il ricambio generazionale. Vedremo se con la stessa solerzia, oltre gli spot, ci ritroveremo in commissione ed in Aula per discutere ed approvare due proposte di legge che riteniamo importanti. Mi riferisco alla nostra proposta sull’istituzione di un piano nazionale per la promozione e il sostegno dell’agricoltura e dell’attività forestale nelle aree rurali interne e a quella concernente disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'agricoltura contadina”.
Così Stefano Vaccari, capogruppo Pd in commissione Agricoltura, intervento in Aula alla Camera nel corso della discussione generale sulla Pdl per il riconoscimento della figura dell'agricoltore custode dell'ambiente e del territorio e per l'istituzione della Giornata nazionale dell'agricoltura.
“Ministra Calderone, lei non ci ha convinto, Anzi, la sua risposta ci preoccupa. Avevamo posto un quesito molto semplice, ovvero se volevate continuare sulla scia dell'ordine del giorno che voi avete approvato e che sdogana le gabbie salariali. La sua risposta a slalom, ci fa pensare di sì. Voi avete messo nero su bianco che un dipendente pubblico del Sud, un docente, un infermiere, debba essere pagato meno di un suo collega del Nord, non perché lavori meno ma semplicemente perché ha la colpa di vivere nel Mezzogiorno. Noi lo riteniamo inaccettabile, perché già oggi chi vive al Sud usufruisce di meno servizi, in un’Italia che investe 18mila euro l'anno per un cittadino del Nord e 13mila per un cittadino del Mezzogiorno. Abbiamo già cittadini di serie A e di serie B, perché la diversa spesa pubblica è un fatto non un rischio. Occorrerebbe invertire la rotta. Ma con i salari differenziati in base al territorio, state mettendo in discussione di fatto la coesione e l'unità Nazionale. Ai parlamentari del Mezzogiorno chiedo, ma con che coraggio spiegherete ai cittadini che per voi è normale il fatto che un lavoratore del Sud venga pagato meno di un suo collega del Nord? Noi ci opporremo a questa vostra scelta vergognosa e la combatteremo in ogni modo in Parlamento e nel Paese”.
Lo ha detto il deputato democratico Marco Sarracino, responsabile Coesione territoriale, Sud e aree interne del Pd, replicando in Aula la ministra del Lavoro, Marina Calderone, nel corso del Question time alla Camera. Nell’illustrazione il capogruppo dem in commissione Bilancio, Ubaldo Pagano, aveva sottolineato come mentre le opposizioni chiedevano il salario minimo, la maggioranza diceva che il problema non esisteva e approvava un Odg per introdurre le gabbie salariali.
“Nelle scorse ore Bruxelles ha dato parere positivo alla revisione del PNRR, accettando la revisione proposta dal Governo Meloni con riduzione di alcuni obiettivi, l’introduzione di nuovi e la conferma delle riforme condizionanti previste.
Il Governo italiano aveva proposto tagli ai progetti per 15,9 miliardi mentre la commissione ne ha accettato solo 8,8 che, da una prima ricognizione, riguardano sostanzialmente i tagli effettuati sulle misure riguardanti i finanziamenti ai comuni.
In particolare, il finanziamento dei progetti di rigenerazione urbana delle città medio grandi si ridurrebbe da 3.3 a 2 miliardi, mentre la misura dei piani urbani integrati delle grandi città passerebbe da 2,5 miliardi a 900 milioni per un taglio complessivo di circa 2,8 miliardi. A questi si aggiunge l’uscita dal PNRR dei 6 miliardi di finanziamento delle piccole opere dei piccoli comuni il cui taglio complessivo era stato proposto dal ministro Fitto nella sua revisione.
Nelle prossime ore arriverà in parlamento il PNRR post revisione e vedremo le opere che si saranno salvate e quali dovranno trovare nuove imponenti risorse, con i 6 miliardi dei piccoli comuni. Così come andrà verificato l’esito del definanziamento delle misure per la riduzione del rischio idrogeologico per 1.3 miliardi e quelle del potenziamento dei servizi e delle infrastrutture di comunità delle aree interne e dei beni confiscati alle mafie per complessivi 1 miliardo destinato alla nuova Zes Sud che viene finanziata per il solo 2024.
Dovranno esser trovate per gli enti locali 9 miliardi di risorse sopr ttutto per le piccole opere, in genere da 300.000 euro che nel frattempo sono state affidate o realizzate.
Il ministro Fitto dovrà passare dal dire al fare sui finanziamenti sostitutivi perché in caso contrario si tratterebbe di un ulteriore taglio lineare da aggiungere alle risorse che mancheranno ai comuni nel 2024 con la legge di bilancio e l’applicazione del nuovo contratto collettivo”. Lo dichiara Silvio Lai, deputato PD della Commissione Bilancio di Montecitorio.
Il governo non utilizza un provvedimento specifico: scelta incomprensibile che contraddice le dichiarazioni di un percorso condiviso sulla portualità.
“Da quanto si legge a mezzo stampa, pare che il governo abbia deciso di affrontate la riforma dei porti, anziché con un provvedimento specifico, di ampia discussione e condivisione parlamentare, inserendo in fretta e furia un emendamento nella legge degli interporti che dovrebbe arrivare in commissione la prossima settimana. Una forzatura inaccettabile, perché, per quanto la legge degli interporti abbia attinenze al tema è un’altra cosa e, dopo il lavoro in commissione di questi mesi e le dichiarazioni di ampia condivisione, ci aspettavamo un provvedimento specifico su cui discutere in modo approfondito. In questo modo il governo dimostra di non avere le idee chiare nell’affrontare questo percorso e di sottrarre spazi importanti alla discussione, rischiando di penalizzare temi cruciali per il rilancio dei Porti”. Così la deputata dem Valentina Ghio vicecapogruppo Pd e componente della commissione Trasporti.
“Crediamo – prosegue l’esponente Pd - che le riforme siano efficaci solo se sono realmente condivise e se c’è la volontà di condividerle con il Parlamento e con tutti gli stakeholder. Dalla discussione delle risoluzioni in commissione non ci sono state risposte su temi cruciali, come la natura giuridica dei Porti, la tutela del lavoro, la piena operatività delle Autorità di sistema portuale con il superamento dei commissariamenti in atto e temi di sostegno al lavoro delle imprese portuali, come chiesto a gran voce dagli auditi, a partire dalla proroga delle risorse dell'articolo 199, chiesto anche con un emendamento a mia firma sul decreto, e non accolto dal governo in questi giorni. Ci chiediamo quale sia la volontà che porta a questa forzatura, che vuole avviare una riforma a colpi di emendamenti su altri provvedimenti”.“Rimane poi l’incognita – ha concluso Ghio - delle privatizzazioni. Il governo ha messo nero su bianco che privatizzeranno asset pubblici per 20 miliardi di euro, l’equivalente dell’1% del Pil, ma non ha mai chiarito dove saranno queste privatizzazioni: vogliono privatizzare le ferrovie, correndo il rischio di danneggiare una delle poche aziende sane e in utile del Paese, la cui natura statale è il modo migliore per garantirne il controllo rispetto alle tratte sociali, ai collegamenti con le aree interne, alla sfida della sostenibilità? Vogliono privatizzare Mps? Ci sono anche asset pubblici inerenti la portualità in questi 20 mld di privatizzazioni? Anche su questo il governo deve fare chiarezza”.
“Non possiamo non evidenziare che grazie all'iniziativa assunta oggi dal Pd, abbiamo parlamentarizzato l'affaire FS. Fino ad ora è stato un susseguirsi di indiscrezioni, articoli, supposizioni. Gli italiani hanno diritto di sapere! E' insopportabile che l'iniziativa sia dovuta venire dalle opposizioni e il governo, invece, non abbia sentito ii bisogno di un confronto preliminare, sereno, democratico con il Parlamento sul destino di FS. Se da un lato c’è il governo impelagato nelle segrete stanze dall'altra c'è un Paese che aspetta risposte concrete sulle infrastrutture. Con sempre maggiori diseguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese. Come nella mia terra: la Sicilia. Dove la gente deve fare i conti con treni in ritardo o soppressi e tariffe in aumento”. Così il deputato dem Anthony Barbagallo, capogruppo Pd in commissione Trasporti, ha replicato oggi in Aula alla sottosegretaria di Stato al ministero dell’Economia e delle Finanze, Lucia Albano, la quale ha risposto all’interpellanza urgente a prima firma Barbagallo e sottoscritta anche da Casu, Bakkali, Ghio, Morassut, Serracchiani, Orlando, Cuperlo, Porta, Lai, Lacarra, Provenzano, Stumpo, roggiani, Amendola, D'Alfonso, De Luca, Malavasi, De Maria, Gnassi, Graziano, Zingaretti, Andrea Rossi, Fassino, Peluffo, Fornaro, Ubaldo Pagano, Fossi, Marino, Scotto, Forattini, Toni Ricciardi, Bonafè, Iacono, Girelli, Curti, Gribaudo e Berruto, sulla privatizzazione di Fs.
“II governo - ha proseguito l’esponente Pd - non puo vendere asset fondamentali per fare cassa. L’operazione, oltre che essere infruttuosa rispetto all’esiguità della cifra che ne deriverebbe, non porterebbe neanche a un miglioramento in termini di performance o di sviluppo del settore, ma, al contrario, c'e il serio rischio di danneggiare una delle poche aziende sane e in utile del Paese. La risposta ‘tattica’ del governo non ci soddisfa per nulla. La natura statale di FS è il modo migliore per garantirne il controllo anche rispetto alle tratte sociali, ai collegamenti con le aree interne, alla sfida della sostenibilità, agli investimenti nel Mezzogiorno, a colmare il gap con la parte meno infrastrutturata del Paese che rappresentano la mission di una azienda di Stato. Fermatevi finché siete in tempo. II Pd, dentro e fuori il Palazzo sarà contro questo disegno scellerato”.
“Al ministro - ha concluso Barbagallo - avevamo chiesto quale siano le intenzioni del governo sull’ipotesi di immissione in borsa del 40 per cento di quote di Ferrovie dello Stato e se intenda garantire l'interesse nazionale evitando in ogni modo la privatizzazione della rete ferroviaria, tutelandone, in tal modo, la funzione strategica per il Paese”.
Il governo ha bocciato il mio ordine del giorno che aveva come obiettivo l’integrazione della composizione della Cabina di regia che dovrà approvare il «piano strategico nazionale delle aree interne». Un organo predisposto a individuare i piani di intervento necessari allo sviluppo di vari settori quali quello dell’istruzione, della mobilità e dei servizi sociosanitari del Sud e in particolare delle sue aree interne.
Vista la sua importanza, ritenevamo necessario invitare a partecipare il maggior numero di rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria e professionali, per agevolare un dibattito serio, approfondito, che tenesse in considerazione tutti i punti di vista della società civile, senza tralasciarne alcuno. Purtroppo il governo non ha accolto la nostra proposta, preferendo un approccio con cui si rischiano interventi parziali che finiranno inevitabilmente per tralasciare gli interessi e le richieste di aiuto di fette importanti della popolazione che, invece, hanno diritto a veder riconosciute le proprie istanze.
Così la deputata del Pd Stefania Marino.
Chiusa porta in faccia a manifestazione Cia
“Anziché ascoltare le ragioni di una piazza, quella promossa questa mattina a Roma dalla Cia, piena di agricoltori che rivendicano la centralità dell’impresa agricola e del suo reddito di fronte alle grandi emergenze e alle sfide globali, Fratelli d’Italia decide di appuntarsi una medaglia convocando alla stessa ora una conferenza stampa per illustrare tutti i provvedimenti adottati dal governo e sostenuti dalla maggioranza per il comparto agricolo in questo primo anno di legislatura. Non so se siano stati consigliati in questa loro improvvida iniziativa che chiude la porta in faccia a quella motivata piazza, di certo però la medaglia che dovrebbero mettersi petto è quella di cartone visto che gli agricoltori italiani chiedono impegni che loro non hanno mai realizzato a cominciare dalla richiesta di un piano agricolo nazionale”.
Lo dichiara Stefano Vaccari, capogruppo Pd della commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera.
“Un piano - spiega Stefano Vaccari - per ridistribuire il valore delle filiere produttive, che valorizzi il presidio socio economico dell’agricoltura nelle aree interne, per la riforma della gestione del rischio, per la reciprocità delle regole commerciali vista la concorrenza sleale dei mercati esteri, per il governo delle acque con gli agricoltori protagonisti, per il ripristino dell’equilibrio faunistico, per fronteggiare alcune crisi di filiera come quella frutticola in Emilia Romagna e nel resto del Paese. Di questo dovrebbero occuparsi governo e maggioranza anziché piantare bandierine propagandistiche di nessun valore e continuare ad annunciare misure che non hanno nessun riscontro normativo. E siccome i nodi vengono sempre al pettine basta leggere la manovra finanziaria per verificare l’assoluta inesistenza dell’agricoltura negli impegni di spesa che verranno presi. Noi, di contro - conclude - ci faremo carico di quelle proposte e le presenteremo come emendamenti alla Legge di bilancio”.
Governo fermo, grave l’esclusione da cabina di regia
“Sulle aree interne il governo è praticamente fermo da un anno. Nel decreto Coesione si decide ancora una volta di accentrare le scelte fondamentali sulle politiche di sviluppo di questi territori. Una scelta che il Pd contrasta. Ma in questa operazione sbagliata, si stava per compiere davvero qualcosa di incomprensibile: nella cabina di regia sulle aree interne proposta dal governo, mancavano infatti le Regioni. Solo grazie ad un emendamento del Pd, appena approvato in commissione Bilancio, si è riusciti a rimediare a tale grave mancanza. Ma questo la dice molto sull’atteggiamento di una destra che, da un lato, esaspera il concetto di autonomia differenziata e, dall’altra, in realtà accentra poteri e funzioni dando un vero e proprio schiaffo ai territori”.
Lo scrivono in una nota i componenti della commissione Bilancio della Camera.
Dichiarazione di Luciano D’Alfonso deputato del Pd
La revisione del Pnrr proposta dal governo Meloni all’Unione Europea è esiziale per l’Abruzzo, poiché toglie al territorio 555,4 milioni di euro, annullando ben 1.861 progetti. In realtà la cifra complessiva ammonta a 629 milioni, in quanto diversi enti hanno cofinanziato le opere con risorse proprie o di altra provenienza.” Così in una nota i parlamentare abruzzese del Pd Luciano D’Alfonso. “Va ricordato – ha aggiunto l’esponente dem- che l’ambito regionale ha già subìto un devastante taglio dei fondi PNRR per il raddoppio della linea ferroviaria Roma-Pescara, cui il governo ha tolto 1 miliardo 465 milioni tra giugno e luglio scorsi.”
Le misure definanziate – precisa D’Alfonso- riguardano la messa in sicurezza del territorio, il miglioramento dell’illuminazione pubblica e l’efficientamento energetico degli edifici (1.723 progetti per un valore totale di circa 392 milioni); la riqualificazione del contesto sociale e ambientale delle città (69 progetti per 165 milioni); il miglioramento i servizi nelle aree interne (55 progetti per 39,4 milioni); la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (13 progetti per 8,5 milioni).” DìAlfonso inoltre sottolinea che “a livello provinciale - spiega il sito Openpolis - è Chieti il territorio in cui rischiano di saltare i progetti con l’importo totale più consistente (218,1 milioni). Seguono le province di Teramo (192,2), L’Aquila (158,7) e Pescara (114,4). A livello comunale sono le città capoluogo ad essere più penalizzate. Al primo posto troviamo Teramo con 10 progetti a rischio, per un valore complessivo di circa 33, milioni di cui 24,8 provenienti dal Pnrr. Seguono Pescara (27 progetti per 28 milioni quasi interamente Pnrr) e Chieti (12 progetti per 20,6 milioni, anche in questo caso quasi totalmente provenienti dal piano). L’Aquila vedrebbe un taglio di 5 progetti, per importi totali pari a 20,1 milioni di euro, ma di cui solo 340mila di provenienza Pnrr. Ci sono poi altri 5 Comuni – continua DìAlfonso- che hanno progetti a rischio per un valore complessivo superiore ai 10 milioni. Si tratta di Montesilvano (25 progetti per 15,7 milioni), Martinsicuro (12 progetti per 14 milioni), Roseto (9 progetti per 12,9 milioni), Avezzano (17 progetti per 12,3 milioni) e San Salvo (10 progetti per 10,5 milioni). Altri 231 Comuni hanno progetti a rischio per un importo superiore al milione di euro.” D’Alfono elenca inoltre alcuni “tagli eclatanti”: a Teramo rischiano di saltare i progetti finalizzati al recupero del teatro romano (11,6 milioni) e per il teatro comunale (11,7 milioni); a L’Aquila potrebbero svanire gli interventi di riqualificazione del campo da rugby di Centi Colella (170mila euro); a Pescara sarebbero annullati la riqualificazione del lungofiume nord e sud (4 milioni), del lungomare (2 milioni) e di corso Umberto e piazza Sacro Cuore (1,5 milioni); a Chieti andrebbero in fumo il recupero di palazzo Massangioli e del cinema Eden (4,3 milioni), la rifunzionalizzazione delle ex scuole Nolli e di piazza De Lauretis (3,3 milioni) e la riqualificazione del Supercinema (750mila euro). Fra le altre opere di notevole impatto troviamo poi un intervento da 4,1 milioni di euro a San Giovanni Teatino per la realizzazione del secondo lotto di un polo per l’infanzia. Un progetto da 3,7 milioni invece era previsto a Guardiagrele e prevedeva lavori di consolidamento e mitigazione del rischio idrogeologico in diverse frazioni. Per quanto riguarda la misura legata alla valorizzazione delle aree interne, salterebbero due progetti del valore totale rispettivamente di 3 e 2,5 milioni di euro. Il primo, nel comune di Lanciano, riguarda il recupero dell’ex calcificio Torrieri per la creazione di una struttura destinata a servizi socio-culturali. L’altro progetto a rischio definanziamento invece si trova a Vasto e consiste in un intervento di ristrutturazione dell’edificio sede del Comune. Di fronte a queste cifre che sono numeri veri v– conclude D’Alfonso diventa palese l’incapacità dimostrata dal governo nel gestire il fiume di risorse che l’Ue ha destinato all’Italia. Il centrodestra- conclude D’Alfonso- non ha una classe dirigente all’altezza e lo sta dimostrando ogni giorno. In Abruzzo, Marsilio e soci non sono riusciti ad aprire un solo cantiere , ma stanno persino facendo affondare l’aeroporto e la linea ferroviaria Roma-Pescara. Quanti danni dovremo patire prima che questi campioni della distrazione vadano a casa?”
“Oggi abbiamo svolto il primo sopralluogo della commissione parlamentare sulle periferie. Abbiamo iniziato da Roma nei quartieri di Ostia ponente, Torbellamonaca, Quatticciolo e San Basilio. La commissione ha svolto il sopralluogo con Don Antonio Coluccia. Le periferie urbane e le aree interne sono le prime priorità dell’azione pubblica. Per questo ho proposto di inserirle nella Costituzione come zone di specifica attenzione delle autorità pubbliche e delle istituzioni: ma servono soprattutto risorse e procedure rapide. Aver tagliato tre miliardi da PNRR per le periferie è stata una grave scelta di questo Governo. Le periferie romane sono le più vaste e le più complesse d’Italia, ignorare la dimensione dei problemi della Capitale finisce per essere un insulto ai cittadini delle periferie romane. Il tema di Roma Capitale deve essere al centro dell’agenda del Governo”.