“La Corte Costituzionale ha sonoramente bocciato, anzi demolito la legge sull'Autonomia differenziata. Ciononostante il governo continua a sottoscrivere intese con alcune regioni per realizzarla entro fine anno. Al ministro Calderoli o non è chiara la sentenza della Corte o, in questo clima di delegittimazione della magistratura, il governo ha deciso di puntare il dito e attaccare la Corte Costituzionale”. Lo dichiara il deputato Pd Claudio Michele Stefanazzi durante il Question Time alla Camera con il ministro Calderoli.
“La terza ipotesi – continua il parlamentare dem - è quella più inquietante: l'autonomia è ,da un lato, il feticcio per dimostrare dell'esistenza della classe dirigente della Lega e, dall’altro, lo strumento per punire i cittadini che tra qualche giorno voteranno per il centrosinistra nelle amministrative di Campania e Puglia”. “Quel che rimane certo è che le intese con le regioni ora sono sbagliate così come è sbagliata l'intera riforma per distruggere l'unità d'Italia”, conclude Stefanazzi.
“Il ministro Calderoli conferma in Aula che realizzerà l'Autonomia differenziata nonostante la sentenza della Corte Costituzionale che ha demolito la legge 86/2024. Ma il ministro vuole procedere ugualmente colpendo la sanità del Mezzogiorno, costringendo migliaia di persone di andarsi a curare al Nord allungando ulteriormente le liste d'attesa. Il ministro ci fa capire che trova normale che i docenti del Sud siano pagati di meno rispetto ai colleghi delle altre regioni e che non ha interesse dei 150mila giovani meridionali che ogni anno sono costretti ad emigrare altrove alla ricerca di opportunità che nella propria terra non hanno. Tutto questo è l'autonomia differenziata, un meccanismo di distruzione dell'unità d'Italia, che aumenta i divari e le diseguaglianze”. Lo dichiara il deputato e responsabile Pd per la coesione territoriale, Marco Sarracino intervenendo in replica al ministro Calderoli durante il Question time alla Camera.
“Calderoli dovrebbe recarsi al Sud a raccontare queste cose insieme alla premier Meloni. Ma cosa pensano di queste dichiarazioni i candidati Cirielli in Campania o Lobuono in Puglia? Sull'argomento i candidati della destra restano in silenzio perché sono complici di una riforma sbagliata e fuori dalla realtà. Il governo ci parla di Lep, ma li finanzia con zero euro perché sono il governo più antimeridionalista della storia repubblicana e noi glielo ricorderemo ogni giorno”, conclude Sarracino.
«Apprendiamo con sollievo che, secondo il ministro Tajani, “non se ne sta occupando” e che, come conferma il portavoce di Forza Italia, “il governo non c’entra nulla” con l’arresto in Libia del generale Almasri. Visto il risultato, forse è il caso che il governo cominci a non occuparsi di molte altre questioni: giustizia, economia, sanità, scuola, ambiente. Potremmo finalmente assistere a qualche miglioramento. La maggioranza si limiti a lasciare che la giustizia faccia il proprio corso, invece di tentare continuamente di mettere i bastoni tra le ruote ai regolari procedimenti . Dopo la carcerazione del criminale Almasri in Libia, sarebbe un’onta gravissima per la Camera sollevare il caso davanti alla Corte costituzionale per estendere lo scudo giudiziario a Bartolozzi. La maggioranza ci ripensi e fermi questa squallida forzatura istituzionale” così il deputato democratico, componente della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, Matteo Orfini
“La Libia, con la decisione della sua Procura generale di disporre la custodia cautelare del generale Almasri, accusato di omicidio e violazioni dei diritti umani, dimostra di essere oggi più avanti del nostro Paese nella difesa della giustizia e della legalità.
Mentre a Tripoli si perseguono i responsabili di gravi crimini, in Italia si liberano e si tenta di giustificare l’ingiustificabile, arrivando persino a sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale per coprire scelte politiche e morali indifendibili. Un simile gesto rappresenterebbe un’onta difficilmente cancellabile per le nostre istituzioni e per l’immagine dell’Italia nel mondo. A questo punto, sarebbe bene che la maggioranza si fermasse. La giustizia non può essere piegata al potere politico” così la capogruppo democratica nella giunta per le autorizzazioni a procedere della camera, Antonella Forattini.
I gruppi parlamentari di PD, M5S e AVS hanno inviato due lettere, identiche nel testo, al segretario generale della Camera e a quello del Senato per avviare la raccolta firme per la richiesta di referendum popolare sulla separazione delle carriere.
Le lettere, firmata dai vicepresidenti vicari dei gruppi – Simona Bonafè, Carmela Auriemma e Marco Grimaldi per la Camera, Alfredo Bazoli, Alessandra Majorino e Tino Magni per il Senato – chiedono di “disporre affinché gli Uffici della Segreteria Generale della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica approntino i moduli per la raccolta, e la relativa certificazione, delle firme necessarie alla richiesta di referendum popolare ai sensi dell'art. 138, secondo comma, della Costituzione e degli articoli 4 e 6 della legge 25 maggio 1970, n. 352, sul testo di legge costituzionale ‘Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare’, approvato dalla Camera dei deputati, in seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta del 18 settembre 2025, e dal Senato della Repubblica, in seconda deliberazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta del 30 ottobre 2025, come comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 253 del 31 ottobre 2025, ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 maggio 1970, n. 352. Nelle lettere si propongono, quali delegati a depositare la richiesta di referendum presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, ai sensi dell'articolo 6, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, le deputate e i deputati Chiara Braga, Riccardo Ricciardi e Luana Zanella per la Camera e i senatori Francesco Boccia, Stefano Patuanelli e Peppe De Cristoforo per il Senato”.
“Il sistema della mobilità italiana continua a presentare gravi criticità che pesano sui tempi di vita e sui bilanci di famiglie e imprese. La recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimi i rinvii agli adeguamenti dei pedaggi autostradali tra il 2019 e il 2023, rappresenta una nuova tegola per il ministro Salvini e per il governo Meloni, che devono affrontarla subito, già nella prossima legge di bilancio”. Lo dichiara Valentina Ghio, vicepresidente del Gruppo Pd alla Camera e componente della commissione Trasporti, commentando l’interrogazione depositata insieme a Marco Simiani, capogruppo Pd in commissione Ambiente.
“È necessario – aggiunge l’esponente dem – individuare rapidamente dei correttivi per evitare che la decisione della Corte o le difficoltà emerse nei bilanci delle società concessionarie si traducano in ulteriori costi per cittadini e imprese. In particolare, ci sono regioni come la Liguria che rischiano aumenti dei pedaggi fino al 6%, nonostante una situazione drammatica per chi si muove nella regione: autostrade impraticabili, cantieri permanenti, tratti chiusi e condizioni di sicurezza inaccettabili”.
“La prospettiva di nuovi rincari – conclude Ghio – sarebbe una beffa oltre che un danno gravissimo per un territorio già provato. Il ministro Salvini smetta di occuparsi di temi che non gli competono e cominci a fare davvero il ministro dei Trasporti, garantendo ai cittadini il diritto alla mobilità, in sicurezza e senza ulteriori aggravi economici”.
"La Corte Costituzionale con la sentenza di oggi ha fatto definitiva chiarezza sciogliendo qualsiasi dubbio sull'ipotesi di decadenza da Presidente della Regione Sardegna di Alessandra Todde. Insieme alla sentenza vengono archiviate anche le speranze di quei partiti che, a destra, avevano utilizzato la vicenda come un tentativo di rivincita nei tribunali, dopo aver perso la partita in campo. Ora la sfida per tutti diventa quella del confronto di merito, sulle scelte da fare, in qualche caso dopo anni di vuoto". Lo dichiara il deputato sardo del Pd, Silvio Lai, che esprime "da parte dei democratici della Sardegna le congratulazioni alla Presidente per l’esito del ricorso, con la certezza di poter proseguire serenamente nel lavoro di rilancio nella nostra Regione affrontando con decisione quelle criticità che pesano su famiglie e imprese in Sardegna".
Ghio e Simiani: Ministro spieghi come sterilizzerà in manovra aumenti pedaggi
La vicepresidente del gruppo del Pd alla camera, Valentina Ghio, e il capogruppo dem in commissione ambiente di Montecitorio, Marco Simiani, hanno presentato al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini un’interrogazione parlamentare firmata anche dai colleghi Barbagallo, Bakkali, Casu, Ferrari, Morassut, Pandolfo, dopo la sentenza di oggi della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità delle norme con cui, dal 2019 al 2023, erano stati rinviati gli adeguamenti dei pedaggi autostradali.
“La decisione della Corte – affermano Ghio e Simiani – rischia di tradursi in aumenti immediati dei pedaggi, con effetti pesanti per cittadini, pendolari e imprese. Dopo mesi di annunci e nessuna risposta, ora Salvini deve chiarire quali iniziative intenda adottare per evitare che la sua inerzia ricada direttamente sui bilanci delle famiglie e delle aziende”.
Nell’interrogazione, il Partito Democratico chiede al Ministro quali misure intenda prevedere “già nella prossima legge di bilancio” per garantire che l’applicazione della sentenza non determini rincari, assicurando al tempo stesso sicurezza, efficienza e qualità del servizio e una gestione delle concessioni trasparente e coerente con i criteri dell’Autorità di regolazione dei trasporti.
“Il Governo non può restare a guardare – concludono Ghio e Simiani – Servono risposte chiare e immediate per tutelare gli utenti e garantire che il rispetto della sentenza non diventi un nuovo costo per chi viaggia”.
"La grande partecipazione alle manifestazioni di oggi, in occasione dello sciopero generale per Gaza e la Flotilla, rappresenta una occasione straordinaria di democrazia. Ho partecipato questa mattina al corteo a Bologna. La criminalizzazione del dissenso, da parte della destra a partire dalla Presidente del Consiglio Meloni, è inaccettabile e segna una carenza evidente di cultura istituzionale. Come è inaccettabile irrridire le lavoratrici e i lavoratori che stanno esecitando un loro diritto costituzionale. Gli atti di violenza compiuti in questi giorni vanno condannati e contrastati con determinazione e senza ambiguità e non devono essere sottovalutati, ma non cancellano il grande valore democratico dei tantissimi che manifestano pacificamene. Sul piano della prospettiva politica ora è fondamentale sostenere la possibilità che finalmente si riapra un percorso di pace, verso la prospettiva dei due popoli e due stati". Così Andrea De Maria, deputato PD.
“Invece di andare in tv ad attaccare ancora una volta le lavoratrici e i lavoratori il ministro Salvini venga in aula a rispondere a questa interpellanza sui conti che non tornano per il ponte sullo stretto e sui danni che il suo operato sta causando al Paese.
Non solo oggi ma ogni giorno per la crisi dei trasporti che solo lui e Giorgia Meloni fingono di non vedere gli italiani perdono visite mediche, giornate di lavoro, clienti e occasioni che attendevano da mesi e il Governo non sta facendo nulla per risarcirli. Evidentemente per il peggior ministro dei trasporti della storia disagi e disservizi sono un problema solo nei giorni di sciopero.
Invece di puntare il dito contro le lavoratrici e i lavoratori che rinunciano a una parte importante del proprio salario per esercitare un proprio sacrosanto diritto costituzionale che deve essere sempre difeso e rispettato cominci piuttosto a cercare i miliardi di euro che dovrà risarcire lui quando dovrà mettere le mani in tasca per rispondere del costo che dovremo sostenere come paese per la sua cartolina elettorale del ponte sullo stretto: un progetto che non sta in piedi come dimostrano le 5 pagine di rilievi della corte dei conti sulla delibera Cipess”. Lo ha detto in Aula in apertura di seduta Andrea Casu, deputato Pd e vicepresidente della commissione trasporti, illustrando l’interpellanza urgente presentata del gruppo Pd a prima firma della capogruppo Braga a proposito del ponte sullo stretto.
“Gli attacchi strumentali di Fratelli d’Italia al relatore Gianassi e al Presidente della Giunta delle autorizzazioni sono gravi e inaccettabili. Confermano la volontà della maggioranza di trasformare in scontro politico ciò che è, e deve restare, un procedimento tecnico-giuridico.
Il Tribunale dei ministri e la Corte penale internazionale hanno già espresso con chiarezza la gravità delle azioni compiute dal governo nel caso Almasri. La Giunta non fa altro che consentire alla giustizia di fare il proprio corso, mentre la maggioranza cerca di impedirlo, invocando una sorta di ‘giustizia à la carte’ piegata agli interessi dell’esecutivo. Siamo di fronte a un tentativo di delegittimazione personale e istituzionale che non solo mina il corretto funzionamento della Giunta, ma rivela l’obiettivo politico perseguito da questa destra: ridurre l’autonomia della magistratura e subordinare il potere giudiziario al potere esecutivo, come dimostrano i contenuti della riforma costituzionale in discussione. Inutile dire che in tutto questo, il Parlamento è ormai considerato poco più di un passacarte, alla faccia della centralità di cui parlava al momento del suo insediamento, la Premier” cosi la deputata dem Debora Serracchiani Responsabile Giustizia del Pd in merito al caso Almasri che riguarda i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano.
“Ora il Parlamento si assuma le sue responsabilità”
Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge che disciplina procedure e tempi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. La Sardegna è la seconda Regione, dopo la Toscana, a dotarsi di una normativa attuativa delle sentenze della Corte costituzionale (n. 242/2019 e successive). “È una legge giusta e necessaria: accompagna il malato senza imporre nulla, nel pieno rispetto di dignità e libertà, seguendo rigorosamente i quattro requisiti fissati dalla Consulta”, dichiara Silvio Lai (PD), che sottolinea “il lavoro decisivo della Commissione Sanità e della sua presidente Carla Fundoni (PD), che hanno condotto l’istruttoria e rafforzato la tenuta giuridica del testo”.
Il provvedimento garantisce assistenza sanitaria gratuita, verifica delle condizioni tramite commissione multidisciplinare e Comitato etico territorialmente competente, oltre a un passaggio obbligato per le cure palliative e tempi certi per le aziende sanitarie.
“Ora un’altra Regione segue l’esperienza della Toscana—prima ad approvare una legge analoga l’11 febbraio 2025, poi impugnata dal Governo. Il testo sardo Peraltro recepisce le criticità emerse in Toscana e riduce il rischio di contenzioso con verifiche cliniche, tempistiche e ruolo dei Comitati etici più puntuali. Con questa approvazione il PD e il centro sinistra difendono i diritti e danno attuazione alle sentenze costituzionali. La maggioranza in Parlamento continua a eludere un vuoto legislativo che va colmato. Il Parlamento la smetta di rinviare e chiuda il cantiere nazionale: lasciare cittadini e servizi sanitari nel limbo è viltà politica e strumentalizzazione sulla pelle di chi soffre”, conclude Lai.
“Questa riforma non vuole la separazione delle carriere, ma cerca solo di indebolire la magistratura e il modo migliore per poterlo fare è attaccare l'organo di autogoverno, sdoppiandolo e indebolendolo con il sorteggio è una Alta Corte che ha vari profili di incostituzionalità.
Quello che poi non si capisce è perché, laddove c'è la necessità di trovare un riequilibrio fra poteri, vi stiate affannando in un eccesso diametralmente opposto, con la politica che invade la magistratura, la politica che dice alla magistratura quello che deve fare. Questo significa semplicemente smembrare, smantellare la nostra Carta costituzionale, la nostra idea di democrazia liberale.
L'obiettivo di questa riforma è uno solo: mettere i magistrati sotto l'Esecutivo, l'obiettivo è cambiare il volto della democrazia liberale italiana, è cancellare una Costituzione di cui non vi interessa niente, perché voi, quella Costituzione, non la rispettate, non l'avete neppure scritta. E, allora, a chi, invece, quella Costituzione, ce l'ha nel DNA, nella propria storia, a noi non solo interessa salvaguardarla ma anche attuarla come abbiamo sempre fatto". Lo ha detto in Aula Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd.
“Accogliamo con soddisfazione la risposta fornita oggi dal Governo in Commissione Finanze al nostro question time sul tema del contrasto al gioco d’azzardo patologico e delle misure necessarie dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità del divieto di utilizzo nei pubblici esercizi di apparecchiature per l’accesso al gioco online”. Così Virginio Merola, capogruppo Pd in commissione Finanze e Stefano Vaccari, segretario di Presidenza della Camera, firmatari dell’interrogazione presentata oggi.
“La pronuncia della Corte ha creato un vuoto normativo che va colmato con urgenza, e apprezziamo che il sottosegretario Federico Freni abbia dichiarato nella risposta che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha già avviato un percorso per una nuova disciplina capace di coniugare libertà di impresa e tutela della salute. In particolare, riteniamo molto importanti le misure illustrate oggi dal Governo, che prevedono strumenti innovativi, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, per rafforzare l’autoesclusione, introdurre limiti più stringenti per i giocatori più giovani e garantire una maggiore trasparenza e consapevolezza durante l’attività di gioco”.
“Nel 2024 l’erario ha incassato complessivamente oltre 10,4 miliardi di euro dal settore dei giochi, con una sostanziale stabilità rispetto al 2023, di cui circa 9,1 miliardi di euro dal gioco tradizionale e 1,3 miliardi dal gioco telematico. Se da un lato cala il gettito dalle AWP (4 miliardi nel 2023, scesi a 3,8 miliardi nel 2024), dall’altro aumenta quello derivante dal gioco online (+14,36%). Questo dimostra che il business si sta spostando verso il digitale, ma senza che il Governo abbia ancora introdotto misure adeguate a prevenire i rischi di ludopatia legati a questa nuova dimensione. Il Parlamento dovrà ora fare la sua parte, traducendo queste linee di indirizzo in una cornice legislativa chiara ed efficace. Per noi la priorità resta la lotta alla ludopatia, un fenomeno che mette a rischio la salute e la dignità di troppe persone e famiglie. Non abbasseremo la guardia sull’operato di questo Governo e continueremo a seguire con attenzione l’iter delle nuove proposte normative, lavorando per un sistema di regole che tuteli davvero i cittadini”.
*È arretramento democratico e presenta diversi elementi di incostituzionalità*
Le audizioni promosse dal gruppo parlamentare del Pd della Camera hanno registrato una bocciatura unanime della riforma costituzionale voluta dal Governo. Sono intervenuti Christian Ferrari (CGIL), Cesare Parodi (ANM), Margherita Cassano (Prima Presidente della Corte di Cassazione), Ugo De Siervo (Presidente emerito della Corte Costituzionale), Mitja Gialuz (Università di Genova), Gaetano Azzariti (Università Sapienza Roma), Italo Sandrini e Valerio Martinelli (ACLI), Emilio Ricci (ANPI), Franco Coppi (Avvocato e giurista), Ivana Veronese (UIL). Voci diverse, provenienti dal mondo della giustizia, del diritto e delle parti sociali, che hanno evidenziato come la riforma presenti “gravi profili di incostituzionalità e non risponda alle reali emergenze del sistema giudiziario, rischiando invece di minarne l’equilibrio democratico e l’indipendenza”.
Secondo il Pd, il quadro che emerge è netto: la riforma non nasce per rafforzare la giustizia, ma per stravolgere la Costituzione. Come ha ricordato la capogruppo Pd Chiara Braga, si tratta di “un intervento ideologico costruito per punire la magistratura e portato avanti nel silenzio dei partiti di maggioranza, con un Parlamento ridotto a pura ratifica”. Una denuncia che si intreccia con quella della responsabile nazionale giustizia Debora Serracchiani, che ha sottolineato come “non ci sia nulla di tecnico in questo provvedimento che è il frutto di una scelta tutta politica che chiude ogni spazio di confronto e mina le garanzie dei cittadini, segnando un ulteriore arretramento democratico”.
La gravità del metodo è stata ribadita anche dal deputato Federico Fornaro, che ha parlato di “una maggioranza che tratta la Costituzione come fosse un decreto legge, ricordando che è il primo caso nella storia repubblicana in cui un testo costituzionale uscito dal Consiglio dei ministri arrivi in Parlamento blindato, senza possibilità di modifica, riducendo di fatto le Camere a semplici ratificatori”.
Sul merito della riforma, la capogruppo in Commissione Affari Costituzionali Simona Bonafè ha messo in evidenza come essa venga “venduta come risposta ai problemi della giustizia, ma non intervenga su nulla: né sui tempi lunghissimi dei processi, né sulla carenza di personale, né sull’efficienza del processo telematico. È un grave strappo istituzionale che tradisce i cittadini”.
Un giudizio condiviso dal capogruppo Pd in Commissione Giustizia Federico Gianassi, che ha aggiunto: “La separazione delle carriere non accelera i procedimenti né migliora l’efficienza, lo ha ammesso lo stesso ministro Nordio. Serve solo a indebolire la magistratura e a piegare il pubblico ministero all’influenza dell’esecutivo, avviando un percorso pericoloso di stravolgimento della Costituzione repubblicana”.
Molti degli auditi hanno sottolineato, inoltre, l’importanza di questo ulteriore momento di ascolto promosso dal Pd, non solo per denunciare i gravi rischi della riforma, ma anche per contribuire a costruire nel Paese una coscienza sociale più consapevole. Un passaggio decisivo in vista del referendum confermativo, che sarà lo strumento con cui i cittadini potranno difendere l’equilibrio dei poteri e i principi fondamentali della democrazia. Le audizioni di oggi hanno dunque confermato un punto: a fronte di una riforma ideologica, isolata e priva di soluzioni ai problemi concreti della giustizia italiana, può crescere un’ampia mobilitazione che coinvolge forze politiche e rappresentanti del mondo giuridico a difesa della Costituzione e dell’indipendenza della magistratura.