“La maggioranza riesuma il ddl 'caccia selvaggia' e con un ennesimo emendamento alla legge di bilancio, cambia ancora la legge 157 che tutela la fauna selvatica e regola l'attività venatoria. E lo fa a colpi di blitz e forzature, chinata com’è alle assurde richieste della lobby armiero-venatoria. Così si regalano biodiversità e natura alla caccia privata, consentendo alle aziende faunistico venatorie di operare a fini di lucro e trasformandole in un vero e proprio parco giochi per ricchi per sparare a piacimento, aziende per il divertimento di figli dei potenti come Trump jr, mentre le aree protette sono sempre più derubricate, lottizzate e sempre meno finanziate nonostante la loro prioritaria funzione di conservazione e tutela della biodiversità”. Così in una nota congiunta le deputate PD, Eleonora Evi e Patrizia Prestipino.
“Questa legge di bilancio non solo dunque dimentica il lavoro, la salute, la scuola, l’ambiente ma sfregia anche le norme attuali a protezione della natura in nome di un imprecisato guadagno per pochi, ricchi e spregiudicati distruttori della biodiversità, che faranno profitto su un bene che appartiene a tutto il paese, la fauna selvatica” concludono Evi e Prestipino.
“La cancellazione dell’articolo 30 del disegno di legge sulle piccole e medie imprese è una grande vittoria del Partito Democratico”. Così Alberto Pandolfo, deputato e capogruppo Pd in commissione Attività produttive, commenta lo stralcio della norma contestata sul settore moda. “È il risultato di una ferma opposizione portata avanti in commissione, con il supporto determinante del Gruppo Pd”.
“Quella norma – spiega il deputato Pd - creava di fatto uno scudo per le imprese capofila, cancellando le responsabilità lungo la filiera e favorendo subappalto incontrollato e caporalato. Parliamo di una filiera strategica per il nostro Paese, che va tutelata garantendo legalità e diritti. Il risultato è stato possibile anche grazie a una mobilitazione più ampia, non solo il Pd e le opposizioni, ma anche il sindacato, il mondo imprenditoriale sano e la società civile hanno espresso una contrarietà netta. C’è stata una forte pressione, appelli pubblici che hanno contribuito in modo decisivo a questo esito”.
“Si tratta – conclude Pandolfo - di un passo avanti, ma non del punto di arrivo. Cancellare l’articolo 30 non significa aver regolato il settore. Serve ancora un lavoro per costruire una normativa seria che garantisca controlli, trasparenza e tutela del lavoro. A questo confronto noi siamo pronti a dare il nostro contributo”.
Dichiarazione on.li Christian Di Sanzo e Marco Furfaro, deputati Pd
“Dopo giorni di discussione in commissione Attività Produttive, è arrivata la cancellazione dello scudo penale per le filiera della moda - una vittoria importante del Partito Democratico e delle opposizioni; la cancellazione dell’articolo 30 dal ddl sulle Pmi è una vittoria soprattutto per territori come Prato, dove è prioritario evitare che il sistema dei subappalti nella moda produca un sistema di capolarato, di sfruttamento e violazioni dei diritti dei lavoratori». Lo dichiarano i deputati del Partito Democratico Christian Di Sanzo e Marco Furfaro commentando gli emendamenti del relatore che eliminano l’intero capo VI del provvedimento. «La norma voluta dalla maggioranza avrebbe rappresentato un vero e proprio colpo di spugna per le aziende committenti, consentendo di scaricare le responsabilità lungo la catena dei subappalti e di fatto normalizzando lo sfruttamento del lavoro. Dopo una lunga battaglia in Commissione Attività Produttive, il governo è stato costretto a tornare sui suoi passi. Tornare indietro su questo articolo significa riconoscere che lo sviluppo delle Pmi non può avvenire comprimendo diritti e tutele, né chiudendo gli occhi davanti a pratiche che danneggiano i lavoratori e le imprese sane», aggiungono Di Sanzo e Furfaro. «Continueremo a batterci – concludono – perché il Parlamento metta al centro legalità, trasparenza e qualità del lavoro, a partire da distretti strategici come quello pratese, che hanno bisogno di politiche industriali serie e di regole chiare, non di scorciatoie che premiano chi sfrutta».
“La maggioranza è stata costretta a fare ciò che l’ostinazione del ministro Urso non aveva consentito: tornare sui propri passi e cancellare l’articolo 30 del ddl sulle Pmi, una norma che avrebbe favorito lo sfruttamento nei subappalti della moda”. Così i deputati democratici della Commissione Attività produttive della Camera, Alberto Pandolfo, Vinicio Peluffo, Simona Bonafè, Paola De Micheli, Christian Di Sanzo, Andrea Gnassi, commentano gli emendamenti del relatore al ddl Pmi che cancellano tutto il capo VI dall’articolo 26 al 30 del provvedimento. “È una nostra importante vittoria, una sfiducia di fatto per il ministro Urso. L’articolo 30 rappresentava un colpo di spugna per le aziende committenti che subappaltano a imprese che pagano i lavoratori sotto i minimi contrattuali e avrebbe di fatto legalizzato lo sfruttamento del lavoro”.
“Abbiamo chiesto con forza lo stralcio dell’articolo 30 perché così com’è produce uno scudo per le imprese capofila del settore della moda e indebolisce i controlli lungo tutta la filiera”. Così il deputato Alberto Pandolfo, capogruppo Pd in commissione Attività produttive, intervenendo sulla legge annuale sulle piccole e medie imprese.
“In questo modo – spiega l’esponente Pd - si favorisce un mancato controllo che può portare a casi di caporalato e sfruttamento del lavoro. È qualcosa che il Partito Democratico non può accettare. In commissione abbiamo chiesto lo stralcio dell’articolo. Serve attenzione reale alla filiera della moda, al lavoro e al sistema dei controlli. Non si può pensare di tutelare solo l’impresa capofila senza garantire verifiche sull’intera filiera. Una richiesta che non è stata accolta dall’esecutivo, che ha mostrato una chiusura netta”.
“La volontà della maggioranza non è chiara – conclude Pandolfo – ma è evidente che uno scudo di questo tipo non consente un controllo efficace su una filiera fondamentale per il Paese. Noi continueremo a lavorare su questo tema, perché il contrasto al caporalato e la legalità non sono negoziabili”.
“La maggioranza va in confusione in commissione Attività produttive alla Camera sugli emendamenti delle opposizioni sulla filiera moda che mirano a cancellare lo scudo penale introdotto in Senato al disegno di legge sulle PMI che ‘assolve’ i committenti da qualsiasi responsabilità rispetto a quello che accade nella filiera produttiva delle aziende della moda. La destra, dinnanzi alla nostra opposizione e alle nostre richieste di modifica del provvedimento, si è detta oggi disponibile ad approvare un ordine del giorno che favorisca future modifiche, ma non a modificare il testo per una questione di tempi ristretti. Prendiamo atto del mezzo dietro front della maggioranza, ma la destra ha perso credibilità per proporre all’ultimo minuto un odg, ribadiamo che se c’è la volontà, c’è tutto il tempo per modificare il Ddl alla Camera e di approvarlo poi definitivamente al Senato entro l’anno. La destra si faccia un esame di coscienza e depenni questo vero e proprio colpo di spugna, che ha l’unico effetto di penalizzare le imprese artigiane più serie della filiera e favorire chi sfrutta i lavoratori, compresi caporali e organizzazioni criminali. Lo sfruttamento non può e non deve essere legalizzato, a maggior ragione in un settore di alta qualità come la moda”.
Così i deputati democratici Christian Di Sanzo (componente della commissione Attività produttive) e Arturo Scotto (capogruppo dem in commissione Lavoro).
Nella discussione in commissione sul ddl PMI, la maggioranza ha bocciato il nostro emendamento che prevedeva risorse per rafforzare il distretto tessile di Prato, proprio mentre il comparto moda e le tante aziende nel territorio pratese affrontano una delle fasi più difficili degli ultimi anni. È una scelta incomprensibile e dannosa: Prato è uno dei poli manifatturieri più importanti d’Europa, produce lavoro, innovazione ed export, ma il Governo decide di lasciarlo senza strumenti adeguati. A parole difendono il Made in Italy, nei fatti negano interventi concreti per sostenere imprese che rispettano le regole, investono in qualità, sicurezza sul lavoro, transizione ecologica e digitale. Il distretto non chiede eccezioni, ma che lo Stato riconosca il suo valore strategico. Noi continueremo a riproporre queste misure in ogni sede utile: perché lasciare sola Prato significa indebolire un intero settore e perdere un pezzo di futuro industriale del Paese”.
Lo dichiarano Marco Furfaro e Christian Di Sanzo, deputati del Partito Democratico.
“Oggi alla Camera è andato in scena l’ennesimo atto di una maggioranza che, dopo oltre duecento voti in aula, continua a blindare un provvedimento che non semplifica, ma complica la vita dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni locali.” Così il deputato democratico Andrea Casu è intervenuto in dichiarazione di sul disegno di legge in materia di semplificazione. Casu ha denunciato l’assenza totale di ascolto da parte del Governo: “Non avete raccolto le preoccupazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, dei professionisti, dei sindaci, delle imprese. Non avete accolto nemmeno le richieste dell’Anci. Avete scelto di trasformare un provvedimento tecnico in un contenitore di norme inserite all’ultimo momento, con interventi scollegati e privi di visione.” Secondo il deputato, il Governo ha costruito “uno specchietto per le allodole”, una riforma che si presenta come semplificazione ma contiene norme caotiche che rischiano di generare nuovo contenzioso: dalle norme per la gestione del suolo pubblico, al silenzio assenso per le costruzioni nelle aree a rischio idrogeologico, dalla riforma dell’ACI agli interventi sulle successioni. “Il Parlamento dovrebbe essere il luogo del confronto trasparente, non un passaggio al buio per ratificare testi scritti da pochi e imposti a tutti.” “L’Italia ha bisogno di norme chiare, condivise, scritte alla luce del sole, che permettano a tutti di muoversi e lavorare con certezza. Invece state costruendo un sistema che concentra potere, divide il Paese e scarica su cittadini e amministrazioni responsabilità impossibili” ha concluso Casu. “Che si tratti di semplificazioni o manovra di bilancio l’obiettivo del Governo è sempre lo stesso calpestare altri poteri e enti locali per promettere a ciascuno qualcosa in più, a costi insostenibili per l’intera comunità. L’unico obiettivo è dire agli italiani: adesso il potere ce l’abbiamo noi, la tua vita, il tuo lavoro, le scelte che condizionano la tua esistenza, dipendono da Giorgia Meloni che evidentemente ha letto il Signore degli anelli ma non ne ha capito il messaggio: perché mettere tutti i poteri nella stessa mano è sempre un errore, questo ci insegna Tolkien”.
“Esprimiamo la nostra ferma contrarietà alla modifica prevista dall’articolo 47 del DDL Semplificazioni, che estende da 20 a 70 anni la durata dei diritti sulle cosiddette fotografie semplici. Una scelta che riteniamo sproporzionata, ingiustificata e potenzialmente dannosa per l’accesso alla conoscenza, la tutela del patrimonio culturale e il lavoro degli operatori del settore.
Le fotografie semplici hanno da sempre una funzione documentaria: raccontano fatti, luoghi, contesti sociali e storici. Prolungare il vincolo di esclusiva fino a 70 anni significherebbe bloccare per decenni la libera circolazione di immagini fondamentali per archivi, biblioteche, musei, istituti di ricerca ed editori.
Un’estensione così ampia rischia inoltre di generare contenziosi, complicare i progetti di digitalizzazione e appesantire gli oneri amministrativi senza offrire un reale beneficio al sistema culturale nazionale.
Riconosciamo il valore del lavoro dei fotografi e la necessità di una tutela adeguata, ma questa proposta non garantisce un equilibrio corretto tra diritti degli autori e interesse pubblico. Al contrario, rischia di accentuare le disparità e di limitare la libera fruizione del patrimonio visivo, soprattutto quello di interesse storico e sociale.
Riteniamo che sarebbe stato necessario avviare un confronto ampio e qualificato con istituzioni culturali, professionisti, giuristi ed enti di settore, al fine di costruire una disciplina moderna, proporzionata e rispettosa della funzione pubblica e documentale delle immagini fotografiche. Gli stessi avrebbero chiesto di ritirare o di rivedere profondamente questa norma”.
Così la deputata democratica, componente della commissione cultura della camera, Giovanna Iacono.
“La procura di Milano sta indagando su tre amministratori del gruppo marchigiano della Tod’s per sfruttamento con ‘dolo’ della manodopera. Parliamo di salari da fame, norme igieniche non rispettate, orari di lavoro disumani. Questo ci racconta di quanto sia profondo il problema del lavoro povero nel nostro Paese. In un’azienda di grandissima proiezione internazionale i subfornitori pagavano salari anche a meno di tre euro l’ora per gli operai. Un fatto gravissimo. Se guardiamo lo scudo penale introdotto nel Ddl sulle piccole e medie imprese, che ‘assolve’ i committenti da qualsiasi responsabilità rispetto a quello che accade nella filiera produttiva delle aziende della moda, capiamo quanto la destra voglia far fare un passo indietro alla civiltà del lavoro. Chiediamo che nella discussione alla Camera si elimini quella norma che è un vero e proprio colpo di spugna. Lo sfruttamento non può e non deve essere legalizzato, a maggior ragione in un settore di alta qualità come la moda”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“L’aggressione di ieri al Macrolotto non è un episodio isolato, ma l’ennesimo sintomo di un sistema che vive di sfruttamento, paura e violenza.” Lo dichiara Marco Furfaro, capogruppo Pd in Commissione Affari Sociali, intervenendo in Aula proprio per chiedere un'informativa urgente al Governo sulla situazione di Prato. “Sono arrivato pochi minuti dopo: lavoratori feriti, agenti della Digos contusi, un clima che non dovrebbe esistere in un Paese civile. A Prato lo sfruttamento è diventato un modello di business”.
Furfaro richiama “il lavoro fondamentale di associazioni, fondazioni e realtà come la campagna Abiti puliti, che da anni denunciano questo sistema criminale” e condanna “la vergognosa narrazione del ‘conflitto etnico’ usata da qualcuno per distogliere lo sguardo dal vero nodo: lo scontro è tra padroni e chi è sfruttato”.
“Ed è ancora più grave – aggiunge – che mentre i lavoratori vengono picchiati se scioperano, il governo Meloni porti avanti un ddl che introduce lo scudo penale per chi sta in cima alla filiera dello sfruttamento, le grandi aziende del Made in Italy che con questa norma potranno subappaltare ad aziende criminali senza correre il minimo rischio. Va stralciata subito. Tutto il resto è propaganda.”
“Altro che manovra a misura di Sud! Le parole della Presidente Meloni sono l’ennesimo esercizio di propaganda vuota e falsa di un Governo che nei fatti sta smantellando ogni politica di sviluppo e coesione per il Mezzogiorno. I numeri del disastro fatto finora parlano chiaro: 3,7 miliardi di euro tagliati ai fondi per la perequazione infrastrutturale, oltre 5 miliardi tolti alla decontribuzione per il lavoro al Sud. La manovra va oltre. Secondo le ultime stime riportate dal Sole 24 Ore e dalla Svimez, si cancellano oltre 2,4 miliardi di euro al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione destinato alle regioni del Mezzogiorno. Sulle Zone Economiche Speciali poi assistiamo ad un capolavoro. Per questa misura tanto sbandierata, ricordiamo alla Premier che le risorse stanziate ammontano a 2,3 miliardi di euro per il 2026, 1 miliardo per il 2027 e 750 milioni per il 2028. Ci sembrano altri tagli dunque. Mentre Meloni si vanta di “superare l’assistenzialismo”, nella realtà priva i nostri territori degli strumenti essenziali per lavoratori, giovani e imprese così da competere ad armi pari. È una contraddizione vergognosa. Questa non è una manovra a misura di Sud: è l'ennesimo attacco al Sud. Noi continueremo a batterci, in Parlamento e nel Paese, perché il Sud non sia più trattato come un'area da abbandonare, ma come una risorsa strategica per l’Italia intera”.
“Come denunciato dalle associazioni animaliste sembra che sia in corso l’ennesimo blitz sulla caccia da parte della maggioranza che, con una forzatura delle procedure, vorrebbe inserire parti del DDL Malan, oggi arenato in commissione da oltre 2.000 emendamenti e fortemente criticato da parte dell'opinione pubblica, sotto forma di emendamenti alla legge di bilancio. Se questo fosse confermato sarebbe un sotterfugio, un artificio per continuare il lavoro di deregolamentazione della caccia, una materia che non c'entra nulla con la manovra, senza alcun vero confronto, senza trasparenza, senza valutazioni scientifiche. La maggioranza agisce, ancora una volta anche in questa legge di bilancio come in quelle precedenti, per corrispondere agli interessi della lobby degli armieri e della parte più ambigua del mondo agricolo venatorio, in un clima che riduce il Parlamento a dare copertura a pratiche venatorie illecite e al bracconaggio e in cui aumentano i rischi di incidenti anche mortali, come dimostra il numero dei sinistri. L'unico emendamento in manovra su questo tema su cui convergere tutti dovrebbe riguardare l'aumento di risorse, di donne e uomini dei carabinieri forestali per il contrasto agli illeciti e per il sostegno ai centri di recupero della fauna selvatica. Il PD chiede di investire in conoscenza abbiamo infatti chiesto una dettagliata relazione sullo stato di applicazione della legge 157/92 ascoltando anche le richieste pervenute dall'associazionismo. Anche qui la destra promuove silenzio e ignoranza. Invece siamo di fronte ad una forzatura inaccettabile che denunciamo ai presidenti di Camera e Senato ai quali chiediamo di agire per fermare questa grave iniziativa lesiva dei principi costituzionali e delle procedure democratiche”. Lo dichiarano in una nota congiunta le deputate del Pd, Eleonora Evi e Patrizia Prestipino.
“Con la scusa della semplificazione e dei ritardi causati dalla carenza di assunzioni e dalla precarietà del lavoro dei giudici di pace, delegati a trattare le cause di importo minore, questo governo cancella tutte le garanzie di giustizia e di difesa dei cittadini impoveriti. Il Ddl 978, in discussione al Senato, è inaccettabile. Un provvedimento vergognoso che consentirebbe di fatto all’avvocato del creditore di emettere un’ingiunzione di pagamento senza il minimo controllo e supervisione del giudice. È una pericolosa scorciatoia che rischia di trasformare la giustizia civile in un terreno di caccia per chi ha più potere economico e legale”.
Così il capogruppo Pd in commissione Ecoreati e segretario di Presidenza della Camera, Stefano Vaccari.
“Già oggi - aggiunge - nonostante il controllo giudiziario, abbiamo visto abusi clamorosi, dove sono stati chiesti fallimenti su debiti inesistenti. Senza il vaglio del magistrato, questi episodi potrebbero moltiplicarsi, colpendo soprattutto famiglie, piccoli proprietari e persone fragili. Ci stiamo avvicinando al dato pericolosissimo per cui Il 20% delle esecuzioni immobiliari riguarda prime case pignorate per debiti condominiali, È un fenomeno in fortissima crescita per l'aumento dei costi energetici e la difficoltà delle famiglie più fragili nel far fronte a questi aumenti. Togliere il filtro del giudice significa spianare la strada a un sistema ormai consolidato di predatori a caccia di prede. Nessuna efficienza può giustificare la perdita delle garanzie di difesa. Invece di colpire ancora una volta le fasce più deboli della popolazione italiana - conclude - il governo sostenga e stabilizzi l'istituto dei giudici di pace”.
“Il Partito Democratico si asterrà sul ddl in materia di minori in affidamento, per un atteggiamento di responsabilità ma anche per una valutazione critica di un testo che, pur nascendo con buone intenzioni, rischia di produrre più burocrazia che tutela”. Lo ha detto in Aula alla Camera, la deputata Michela Di Biase, capogruppo Pd in commissione Infanzia e Adolescenza, nel corso delle dichiarazioni di voto finali.
“Condividiamo pienamente l’obiettivo di migliorare il monitoraggio dei minori collocati fuori dal nucleo familiare, ma la costruzione normativa approvata dalla maggioranza – spiega l’esponente dem – rischia di appesantire un sistema già complesso. I nuovi registri e osservatori istituiti dal provvedimento duplicano banche dati già esistenti, come il sistema informativo del ministero del Lavoro, creando sovrapposizioni e disallineamenti che non aiutano i Comuni né gli operatori del settore. Preoccupa inoltre la vaghezza della norma sui cosiddetti ‘collocamenti impropri’, che rischia di generare confusione sulle competenze tra servizi sociali, Tribunali e amministrazioni locali. E soprattutto, ancora una volta, non ci sono risorse: la clausola di invarianza finanziaria rende questo intervento un’operazione solo formale”.
“Per il Pd – conclude Di Biase – la vera priorità resta il rafforzamento delle famiglie, la prevenzione, il sostegno economico e psicologico ai nuclei fragili, e un fondo nazionale per l’affido. Continueremo a vigilare perché la tutela dei minori resti al centro delle politiche pubbliche, non della burocrazia”.