“Le dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che dal Bahrein è costretta a puntualizzare l’ovvio sulla calendarizzazione del decreto sugli aiuti all’Ucraina, confermano ancora una volta la grave e crescente divisione all’interno della maggioranza sulla politica estera.
Sull’Ucraina il governo continua a mostrarsi profondamente diviso, con Salvini che non solo detta l’agenda politica alla Premier, ma tenta di sostituirsi ai ministri Crosetto e Tajani, arrivando persino a incidere sulla definizione dell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri.
Mentre il mondo guarda con attenzione alle difficili trattative per costruire un percorso credibile verso la pace, il governo italiano rinuncia a offrire una linea chiara e responsabile nell’interesse del Paese e della sicurezza europea, con un Vice Premier che non smette di evidenziare il suo filoputinismo” Così il responsabile nazionale Esteri del Pd, Peppe Provenzano.
“In vista dello sciopero generale del 12 dicembre ho partecipato al dibattito organizzato dal sindacato, perché non esiste visione di futuro, nel mondo del lavoro e non solo, senza mettere al centro la cultura della sicurezza”.
Così Chiara Gribaudo, presidente della Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, all’evento organizzato da Cgil Fillea per il lancio della rivista Costruire.
“La prevenzione gioca un ruolo fondamentale, così come le tecnologie che possono realmente aiutarci nel miglioramento delle condizioni e sulla sicurezza - ha proseguito la deputata - Né è un esempio il badge di cantiere, e voglio ringraziare le parti sociali che hanno svolto un grande lavoro sul tema, come qui a Roma dove lo hanno inserito nel protocollo con il Comune per i lavori pubblici”.
“Il Governo pone poca attenzione a questa tematica importante, ad esempio con la recente proposta del rientro dell’INL nel Ministero del Lavoro. Ne è una ulteriore dimostrazione l’insufficienza del Decreto Sicurezza, che speriamo si possa migliorare, anche con un passaggio alla Camera, ma ne dubito perché ormai questo Governo ha costruito il monocameralismo di fatto anche se su questi temi servirebbe più ascolto del Parlamento” ha concluso Gribaudo.
“Sono dalla parte degli ispettori e le ispettrici del lavoro, che oggi sono scesi in piazza in tutta Italia e soprattutto sotto al Ministero del Lavoro. L’INL è un ente fondamentale per la prevenzione e la cultura della sicurezza sul lavoro, occorre preservarlo e garantire tutele e diritti a chi svolge un compito così importante”.
Così Chiara Gribaudo, presidente della Commissione d’Inchiesta sulle condizioni di lavoro.
“Quello che chiedono è prima di tutto rispetto della figura professionale, troppo spesso dimenticata nonostante i solenni annunci fatti dal Governo dopo gravi infortuni sul lavoro, a cui non seguono mai azioni concrete per potenziare e rendere funzionale l’ente - prosegue Gribaudo - Sappiamo che ci sono addirittura difficoltà a coprire i posti messi a bando, segnale che indica come alle competenze, professionalità e responsabilità di queste lavoratrici e lavoratori non corrisponda un sufficiente riconoscimento”.
“Modernizzazione della struttura informatica, forme di welfare aziendale, trattamento economico adeguato, superamento della logica svilente dei numeri nelle attività di vigilanza per tornare ad un approccio più incentrato sulla qualità: ci chiedono un intervento immediato, che potrebbe essere inserito nel Decreto Sicurezza sul Lavoro, che così com’è è insufficiente per contrastare nel concreto le morti e gli infortuni” conclude Gribaudo.
“Questo governo parla, parla, ma poi non agisce concretamente”. Lo dichiara il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale Sicurezza del Partito Democratico, commentando sui canali social dei deputati Pd quella che definisce “un’occasione persa” sul decreto flussi approvato alla Camera martedì scorso. “La presidente Meloni ha detto più volte che il decreto flussi crea illegalità, che servono controlli più rigorosi, che bisogna cambiare il modello. Ma quando hanno l’occasione per cambiare davvero il modello, non lo fanno”.
“La ragione – spiega l’esponente dem - è chiara: per cambiare il decreto flussi bisogna cambiare la legge. La legge si chiama Bossi-Fini. Una normativa sbagliata, ormai vecchissima, che era sbagliata anche allora, ma oggi è sicuramente superata dall’evoluzione dei tempi e da come si è trasformata l’immigrazione e il fenomeno migratorio”. E’ assolutamente necessario cambiarla, ma non per il Pd, per nell'interesse dell’Italia, perché tenere una legge così rigida impedisce un arrivo coordinato e ordinato dei lavoratori stranieri”.
“Abbiamo una legge sull’immigrazione – conclude Mauri - che spinge verso l’irregolarità. Crea un fenomeno che provoca problemi sia alle persone che vivono quella condizione, sia alle comunità ospitanti. Al contrario, tutti hanno da guadagnare aumentando il livello di regolarità, facendo pagare le tasse a chi lavora. Questa destra specula sull’immigrazione e in realtà fa leggi che producono irregolarità. Con i decreti voluti da Salvini hanno abolito prima la protezione umanitaria e poi quella speciale e hanno buttato nell’irregolarità decine e decine di migliaia di persone. Non è nell’interesse di nessuno, ma nonostante questo lo fanno. O forse lo fanno esattamente per questo”.
“È inutile che la Presidente del Consiglio denunci pubblicamente che il meccanismo dei Flussi non funziona e crea illegalità se poi non fa niente per cambiarlo. Questa era l'occasione buona per iniziare a superare la Bossi-Fini, di cui i Flussi sono la logica conseguenza. E invece ancora una volta alle parole non sono seguiti i fatti”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale Sicurezza del Partito Democratico, annunciando il voto contrario de Gruppo dem al decreto Flussi.
"Sono sempre più frequenti – ha proseguito l’esponente Pd - tra l'altro, i casi di persone arrivate in Italia legalmente per lavoro e finite senza contratto a causa di truffe o tempi amministrativi troppo lunghi. A chi è stato ingannato o si trova senza più il datore di lavoro, il governo non offre alcuna via d’uscita: li spinge direttamente nell’irregolarità. È un'assurdità che abbiamo provato a risolvere ma dall'altra parte non abbiamo trovato nessuna disponibilità al dialogo. E’ chiaro a tutti che la Lega continua ad usare il tema migratorio solo per costruire consenso sulla pelle delle persone, sostenendo una visione che riduce i lavoratori stranieri a una manodopera senza diritti. Non è politica migratoria: è la logica del nemico alle porte”.
Mauri ha inoltre stigmatizzato alcuni ordini del giorno approvati dalla maggioranza che hanno l'obiettivo di rendere più difficili i ricongiungimenti familiari: “Una decisione assurda e demagogica, perché i ricongiungimenti hanno una funzione sociale stabilizzante, favoriscono la coesione, riducono i conflitti e risponde anche ai problemi demografici del Paese. Come Italia abbiamo la necessità – ha concluso - di una politica migratoria rigorosa ma umana, che favorisca integrazione e legalità, ma il governo di fare esattamente l’opposto".
“L’ordinanza del Consiglio di Stato che rimette alla Corte di Giustizia Europea la decisione sulla produzione e vendita delle infiorescenze di canapa è un passo nella giusta direzione. È tempo che il massimo organo giudiziario europeo faccia chiarezza sulle scelte del Governo italiano, che stanno penalizzando un comparto agricolo innovativo e con migliaia di giovani addetti come questo. Il Governo smetta di alimentare confusione sul tema della canapa, faccia un passo indietro dalle decisioni assurde che ha assunto e affronti la questione con serietà, aprendo un confronto con la filiera per definire regole certe e nel pieno rispetto delle norme europee. La canapa industriale, proveniente da varietà certificate e a basso contenuto di THC, non è una minaccia per la sicurezza ma una grande risorsa per l’economia verde e per il Made in Italy.
Serve una cornice normativa stabile che tuteli chi lavora nella legalità, con tracciabilità e controlli seri, e che metta finalmente fine a un approccio ideologico e punitivo. Con un decreto legge urgente la maggioranza ha messo in ginocchio un intero settore. La vera urgenza che dovrebbe avere il Governo adesso è quella di porre fine a questa follia. Così come si dovrebbero sospendere tutti i procedimenti penali attesa di pronuncia della Corte Europea. Come Partito Democratico continueremo a batterci per una regolamentazione chiara, europea e moderna, che valorizzi un settore strategico e garantisca legalità e sviluppo sostenibile.”
Così Matteo Mauri, deputato e responsabile Sicurezza del Partito democratico.
Giunti solo un decimo dei fondi, emendamenti in tre provvedimenti ad esame Camere
“Servono subito almeno 500 milioni di euro per rimettere in sicurezza e risarcire i danni causati dalle alluvioni del 2023 in Toscana. Con questo obiettivo è stato presentato un apposito emendamento sia al Decreto Ristori alla Camera che alla Legge di Bilancio al Senato, mentre una proposta similare verrà depositata al Decreto che ha prorogato lo stato di emergenza nelle zone colpite. La destra non ha più scuse per mantenere gli impegni presi da ormai due anni fa, dal momento che oggi del miliardo di euro necessario è arrivato poco più di un decimo”.
Così il segretario Dem della Toscana e deputato Pd, Emiliano Fossi.
“Nel 2023 - aggiunge - le province di Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Massa-Carrara, Livorno e Pisa, hanno subito danni enormi a infrastrutture, abitazioni, attività produttive e terreni agricoli. Le comunità locali hanno risposto con una straordinaria solidarietà, ma il governo deve garantire continuità negli interventi di ricostruzione e messa in sicurezza. Lo Stato di emergenza per le alluvioni in Toscana è stato prorogato ma rischia di essere inutile se non vengono stanziati i fondi necessari. I nostri emendamenti sono chiari: ci sono tre provvedimenti attualmente in discussione in Parlamento che possono attivare le risorse. La maggioranza - conclude - non può respingere per sempre le richieste di famiglie e imprese in difficoltà”.
"Mentre la riforma Nordio passa anche la seconda lettura al Senato, il governo sferra l'ennesimo attacco alla magistratura. Questa volta tocca alla Corte dei Conti colpevole di non avere approvato il progetto del Ponte sullo stretto di Messina. Sono volate accuse pesanti, in primis dalla presidente Meloni che parla di "ennesimo atto di invasione dei giudici". Perché questo è ciò che pensano, le destre, della magistratura: che sia un disturbo alla loro politica. Non che svolga le sue funzioni come previsto dalla Costituzione su cui loro, per altro, hanno giurato.
Ed è per questa profonda convinzione, questo fastidio evidente per qualsiasi forma di controllo, che hanno voluto la riforma che separa la magistratura giudicante da quella inquirente creando, addirittura, due CSM separati i cui membri sono scelti a sorteggio: altro che meritocrazia!
Una riforma che non porta alcun beneficio alle italiane e agli italiani, non accelera i tempi della giustizia, non la rende più efficiente, non sana i vuoti di organico, non stabilizza i precari. Di contro, indebolisce il potere giudiziario e punta a renderlo meno indipendente dalla politica. Un attacco quindi alla nostra Costituzione che prevede la divisione dei poteri. Il combinato disposto tra questa riforma, il decreto sicurezza e il premierato che Giorgia Meloni vorrebbe introdurre rappresenta il tentativo di accentrare il potere nelle mani del capo del governo. Siamo davanti al rischio che venga compromesso l'assetto democratico del Paese. Ci auguriamo, le italiane e gli italiani boccino la riforma Nordio nelle urne quando saranno chiamati a votare al referendum". Lo dichiara Laura Boldrini deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Coltivare, detenere e commercializzare la Canapa Sativa è lecito. Lo ha stabilito il tribunale di Sassari che ha annullato il sequestro e ha deciso la restituzione di 200 kg di Canapa industriale e 6.000 piante a due imprenditori costretti ad interrompere la loro attività per l'ennesima interpretazione estensiva delle norme introdotte dal decreto Sicurezza voluto dal governo. Ancora una volta è la giustizia ordinaria, in punta di diritto, a sconfessare il raptus propagandistico del governo che ha voluto fare credere di contrastare la diffusione delle droghe vietando, senza avere nessun riscontro scientifico e tantomeno di tutela della salute, la produzione della canapa anche sotto la soglia legale di Thc. Una figuraccia che si sarebbe potuta evitare se il governo avesse ascoltato la comunità scientifica e le organizzazioni degli agricoltori. Ora di fronte ad una norma che i Tribunali stanno valutando illegittima sarebbe opportuno da parte del governo fare marcia indietro precisando i limiti di applicazione della normativa. Si riuscirebbe così a salvare una filiera produttiva, fatta da giovani imprenditori, che fino a qualche mese fa era considerata una eccellenza nel mondo”.
Lo dichiarano i deputati del PD, Silvio Lai e Stefano Vaccari.
“Sul Decreto Sicurezza attendiamo di avere il testo approvato dal Cdm per fare le opportune valutazioni sul merito ma i proclami della destra in un paese come l’Italia dove si sono registrati nei primi nove mesi del 2025, 791 morti sul lavoro (con un aumento del 7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024 e con cifre molto superiori rispetto alla media europea) ci lasciano però perlomeno perplessi. Da quanto emerge dai media sarebbero state finalmente recepite alcune indicazioni del Pd delle associazioni sindacati come l’introduzione del badge digitale nei cantieri e l’aumento di personale preposto ai controlli. Rimarrebbero però escluse norme fondamentali per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro come lo stop ai subappalti selvaggi, la verifica della competenza della manodopera impiegata e l’istituzione di una Procura nazionale per i reati sul lavoro, capace di assicurare giustizia rapida e uniforme. Quello che appare certo è che le risorse, annunciate da mesi da Giorgia Meloni, slitteranno almeno al 2026. L’obiettivo del Partito Democratico sarà adesso quello di migliorare questo decreto in Parlamento”. Lo dichiara Emiliano Fossi, deputato dem in commissione Lavoro e segretario Pd della Toscana.
“Verrebbe da dire: al fatto di cronaca, il governo Meloni risponde con un decreto legge. È accaduto con il decreto Rave, poi con quello Caivano e con i mille decreti sicurezza. Oggi tocca al cosiddetto ‘decreto Maturità’ figlio dell’ennesima reazione a caldo, nata sull’onda delle proteste studentesche di questa estate”. Lo ha detto in Aula alla Camera, Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura, durante le dichiarazioni di voto finali al decreto per la riforma dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e con le norme per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026. “Quelle proteste, condivisibili o meno, lanciavano un allarme – spiega – sulla capacità del nostro sistema di valutare davvero il percorso di crescita degli studenti. Potevano essere l’occasione per aprire un dibattito serio e laico, coinvolgendo studenti, docenti, famiglie, sindacati, esperti. Invece si è preferito ricorrere ancora una volta al decreto legge”.
“La riforma del governo – aggiunge l’esponente dem – non rivede in profondità i meccanismi di valutazione, ma si limita a cambiare nome all’esame e a bocciare chi prova a protestare. Si riduce il numero dei commissari, non per finalità pedagogiche ma per risparmiare, e si torna a un modello di scuola trasmissivo, che rinuncia all’interdisciplinarità e alla costruzione di competenze trasversali. Si invoca l’ordine e la disciplina, ma si dimentica che la scuola non è una caserma o un carcere: è un luogo che deve attrarre, motivare, sostenere chi apprende”.
“Il governo – conclude Manzi - continua a svuotare la scuola di risorse e di visione. Mancano fondi veri, idee nuove e rispetto per chi ogni giorno tiene insieme studenti, docenti e famiglie. Dopo anni difficili, segnati dalla pandemia, servirebbero investimenti, partecipazione e fiducia. Invece arriva un decreto senz’anima, utile solo a titolare sui giornali. Ma il futuro del Paese nasce in quelle aule: alla scuola vanno dedicati tempo, passione e ascolto, non slogan e decreti d’urgenza”.
“Deve essere riconosciuto il valore dei tecnici della prevenzione: troppo spesso parliamo di sicurezza sul lavoro dimenticandoci di un altro aspetto altrettanto importante, quello della salute”.
Così Chiara Gribaudo, presidente della Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, intervenendo al convegno ‘Giro d’Italia per la sicurezza sul lavoro’ tenutosi oggi al Senato.
“Si tratta di figure fondamentali e centrali per migliorare le condizioni di lavoro - ha proseguito la deputata - Ora siamo in attesa del Decreto Sicurezza sul Lavoro. Auspico che siano state accolte le misure su cui ci siamo battuti per tutto questo tempo: il badge elettronico nei cantieri e l’attenzione nei confronti dei famigliari delle vittime sono aspetti che spero vengano recepiti nel Decreto” ha concluso Gribaudo.
“Sabato mattina mi sono recata per una visita ispettiva all’interno del carcere femminile di Rebibbia, dove ho potuto incontrare otto donne in stato di gravidanza: un numero enorme, conseguenza diretta dello scellerato decreto sicurezza fortemente voluto da questa destra, che ha riportato in carcere madri con figli sotto l’anno di età e detenute in gravidanza”. Lo dichiara Michela Di Biase, capogruppo Pd in commissione Infanzia e Adolescenza.
“Fra queste donne – conclude Di Biase – tre versano in condizioni di salute gravissime, tali da mettere a rischio la loro stessa vita e quella dei nascituri. Ho presentato un’interrogazione scritta per sapere cosa intendano fare il ministro Nordio e il ministro della Salute per garantire l’incolumità di queste detenute. Non possiamo permettere che neppure una donna sia messa in pericolo quando si trova sotto la tutela dello Stato”.
«Le condizioni in cui versano le donne incinte detenute nella Casa circondariale femminile di Rebibbia sono allarmanti e non più tollerabili». Lo dichiara la deputata Michela Di Biase (Pd), che ha presentato un’interrogazione al Ministro della Giustizia e al Ministro dopo la visita ispettiva effettuata presso l’istituto romano.
«Durante la visita – spiega Di Biase – ho potuto constatare personalmente la presenza di otto donne in stato di gravidanza, alcune affette da gravi patologie incompatibili con la detenzione, tra cui diabete gestazionale e tromboflebiti. In tre casi la situazione sanitaria è apparsa particolarmente critica. Si tratta di condizioni che mettono a rischio non solo la salute delle detenute, ma anche quella dei nascituri».
Nell’interrogazione si sottolinea inoltre la presenza di cinque madri con cinque bambini nella sezione Nido. «Le recenti modifiche introdotte dal cosiddetto decreto sicurezza hanno reso non obbligatorio il rinvio della pena e ristretto la possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione, aggravando ulteriormente una realtà già fragile e drammatica. L’articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – prosegue Di Biase – impone di considerare l’interesse superiore del minore come criterio prioritario in ogni decisione che lo riguarda. È dovere dello Stato garantire che né le donne in gravidanza né i bambini trascorrano mesi o anni in un ambiente carcerario inadeguato, privo delle cure e dell’assistenza necessarie».
«Per questo – conclude la deputata dem – chiediamo al Ministro Nordio di disporre verifiche immediate sulle condizioni sanitarie e sociali delle detenute incinte e delle madri con bambini a Rebibbia e di adottare misure urgenti affinché siano garantiti il diritto alla salute, alla dignità e alla maternità, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e delle convenzioni internazionali».
Presentata interrogazione a ministro dell'Ambiente
La deputata del Pd, Giovanna Iacono, ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica per segnalare una grave ingiustizia che colpisce la Provincia di Agrigento e i suoi cittadini. Il decreto dell’8 agosto 2025, che disciplina gli incentivi del Pnrr per l’acquisto di veicoli elettrici, prevede contributi maggiorati esclusivamente per i residenti nelle cosiddette ‘Functional Urban Area’ (Fua). Tuttavia, Agrigento - pur essendo capoluogo di provincia e pur possedendo le caratteristiche di un’area che necessita di un forte sostegno nella transizione ecologica - è stata inspiegabilmente esclusa da questo elenco. Questa esclusione rappresenta una penalizzazione evidente per gli agrigentini, che vivono in un territorio caratterizzato da redditi medi più bassi, infrastrutture carenti e un parco auto tra i più vecchi d’Italia. Proprio queste condizioni dovrebbero giustificare un intervento pubblico rafforzato, non un’ulteriore discriminazione.
Con l’interrogazione presentata, si chiede al governo di rivedere i criteri adottati o di introdurre misure correttive che consentano anche alla Provincia di Agrigento di accedere agli incentivi per la mobilità sostenibile previsti dal Pnrr. “La transizione ecologica non può essere un privilegio riservato solo ad alcune città - dichiara Giovanna Iacono - ma deve essere un processo realmente nazionale, equo e inclusivo, che non lasci indietro nessun territorio, a partire da quelli più fragili e svantaggiati”.