“Il vero e unico obiettivo di questo decreto è quello di reprimere le proteste, anche quelle pacifiche, una cosa assurda. Questo decreto invece di decreto sicurezza dovrebbe chiamarsi decreto repressione, delle proteste, del dissenso, della resistenza passiva. Si criminalizza anche lo sciopero della fame. Se una manifestazione blocca una strada si può essere puniti fino a due anni di reclusione.
Questo paese da democratico sta scivolando pericolosamente in uno stato di polizia. Se si protesta in modo pacifico per le condizioni di vita degradanti dentro le carceri o nei centri di detenzione si arriva ad una pena fino ad 8 anni! Nessuna soluzione per i problemi sociali, per il contrasto alla povertà.
Non si ottiene così la sicurezza! La sicurezza si ottiene con la prevenzione, rimuovendo le cause sociali del disagio e del malessere, stando vicino a chi soffre, favorendo la cultura della solidarietà che come dice la costituzione è un dovere inderogabile. Ripeto la cultura della solidarietà, non quella del manganello che è la vostra cultura.
Questo decreto, con l’aumento delle pene e dei reati e con tutte le norme liberticide che contiene, sta trasformando il nostro stato democratico in uno stato di polizia e noi siamo fermamente contrari a tutto questo”. Lo ha detto in Aula la deputata del Pd, Laura Boldrini, dichiarando il parere fermamente contrario del Pd al dl sicurezza.
"E' di oggi la notizia che la procura del tribunale per i minori di Genova ha chiesto il processo per uno studente di 16 anni accusato di avere stuprato una compagna di 15 anni a scuola. L'ennesimo caso di violenza contro una giovanissima donna che, al netto di cosa decideranno i giudici, deve richiamarci tutte e tutti all'urgenza di interventi concreti di nelle scuole. Interventi che prevedano l'educazione sessuale e all'affettività. Se vogliamo parlare di sicurezza e anche di sicurezza delle donne, dobbiamo parlare di formazione ed educazione.
Niente di tutto questo è previsto nel decreto repressione, che la maggioranza si ostina a chiamare "decreto sicurezza". Repressione del dissenso, repressione della protesta, repressione della resistenza passiva. C'è, invece, un ordine del giorno della Lega che rimette in campo la malsana idea della castrazione chimica. Come se lo stupro fosse il frutto di una disfunzione e non un esercizio di potere, una volontà di sottomissione e umiliazione, un esercizio di possesso del corpo della donna. Questa perversa mentalità non si supera certo con la castrazione chimica ma con un profondo lavoro culturale. Purtroppo l'idea di sicurezza della maggioranza è questa: reprimere quando i reati sono già avvenuti. Mai prevenire, mai educare, mai preoccuparsi di arrivare prima di avere una vittima e un carnefice. Solo l'ennesima bandierina ideologica: 14 nuovi reati e nuovi aumenti delle pene. Molto rumore per non risolvere alcun problema". Lo dichiara Laura Boldrini deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“La maggioranza oggi ha scritto una pagina nera nella storia parlamentare. Il decreto sicurezza ha concluso il suo iter nella commissioni congiunte della Camera Affari Costituzionali e Giustizia alla Camera con forzature regolamentari e atteggiamenti della maggioranza degne dell’Ungheria di Orban.
Sul decreto cosiddetto “sicurezza” è stata concessa la discussione di meno della metà degli emendamenti presentati dalle opposizioni(160 respinti e ben 239 erano ancora restanti) e di entrare nel merito di meno della metà degli articoli (14 su 38).
L’uso della “tagliola” da parte dei due Presidenti dì Commissione, in questo caso, non era autorizzato da scadenze imminenti di conversione del decreto legge. E’ stata una forzatura nella logica del “voglio, posso e comando” con buona pace della democrazia parlamentare.
Ai deputati di maggioranza il governo ha imposto il ritiro dei loro emendamenti e il silenzio totale, assoluto è stata la scelta dei commissari e dei relatori di maggioranza su quelli dell’opposizione.
Sono stati respinti tutti gli emendamenti dell’opposizione senza il minimo confronto.
Nei contenuti questo decreto affonda le sue radici nella cultura delle democrazie autoritarie e non certo in quelle della nostra Costituzione.
La battaglia parlamentare contro questo decreto non finirà certamente qui, ma oggi è stato fatto strame del regolamento con un inaccettabile atto di protervia e arroganza politica e istituzionale”.
Lo ha detto intervenendo in Commissione Affari Costituzionali l’on. Federico Fornaro, dell’ufficio di presidenza del gruppo PD alla Camera dei deputati.
"Oggi il governo Meloni va a mettere un altro tassello, quello più tragico, del piano di smantellamento della realtà degli italiani all’estero.
Quando il ministro Tajani ha annunciato questo provvedimento il 28 Marzo ci ha colti di sorpresa – non sapevamo dell’esistenza di questo provvedimento che si sarebbe rivelato una novità pesantissima per tutti gli italiani all’estero.
Con questo decreto voi oggi state dicendo che i figli di chi ha più di una cittadinanza non potranno essere più italiani a meno che i genitori non abbiano vissuto due anni in Italia. Un decreto che impone un limite fortissimo a tutti gli italiani che vivono l’esperienza dell’emigrazione – in pratica state dicendo che i nipoti di chi oggi emigra in Italia non saranno più cittadini italiani – perché’ i nonni si sono macchiati del peccato di acquisire la doppia cittadinanza. Una legge che ci riporta in pratica indietro di trenta anni, agli anni 80, quando non esisteva la doppia cittadinanza.
Avete messo uno spartiacque tra prima del 27 Marzo e dopo il 27 Marzo per le pratiche di cittadinanza, creando caos e confusione negli uffici consolari perché’ siete incapaci di gestire una transizione organizzata, e solo grazie all’intervento del Partito Democratico siamo riusciti a salvare le pratiche di chi aveva già un appuntamento, il minimo che si potesse fare per evitare di passare come il solito paese di Pulcinella, dove si promette prima una cosa a persone che spendono migliaia di euro per ottenerla e poi si annulla tutto dicendo che semplicemente si era scherzato.
Oggi è il giorno dell’inizio della fine di una eredità culturale, politica, storica delle nostre comunità all’estero – comunità che non capite come poter integrare nel sistema paese e che non sapete come rendere partecipi, se non a parole quando andate a cercare il loro voto. Spero che gli italiani all’estero si ricordino il nome della Presidente Meloni – il nome di colei che ha decretato la fine delle nostre comunità.
Ma noi che crediamo in un’idea fondamentalmente diversa del mondo, in un mondo in cui l’esperienza internazionale dei nostri giovani è un valore e non demerito, in un mondo in cui si può essere cittadini di più paesi e costruire ponti tra l’Italia e l’estero". Lo ha detto in Aula il deputato del Pd eletto all'estero, Christian Di Sanzo, dichiarando il voto contrario del Pd al dl cittadinanza.
"L’approvazione dell’emendamento del Partito Democratico al decreto sulla Pubblica Amministrazione, che consente la stabilizzazione dei lavoratori precari nelle Fondazioni lirico-sinfoniche, nei Teatri nazionali e in quelli di rilevante interesse culturale, rappresenta un risultato di grande valore politico e sociale”. Lo dichiarano in una nota Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura alla Camera, e il deputato dem Matteo Orfini, primo firmatario dell’emendamento al decreto Pubblica Amministrazione, che sarà definitivamente votato la prossima settimana alla Camera.
“Siamo orgogliosi - aggiungono Manzi e Orfini - che questo emendamento, sostenuto con determinazione dal Pd, trovi oggi il riconoscimento delle istituzioni culturali. È la conferma che il lavoro parlamentare, quando è radicato nei bisogni reali delle persone, può produrre cambiamenti concreti e migliorare la vita di tante lavoratrici e lavoratori del settore".
"Con questo intervento abbiamo voluto creare le condizioni per sanare una situazione di precarietà che si trascinava da anni, e per garantire finalmente diritti, stabilità e dignità professionale a chi contribuisce ogni giorno alla vita culturale del nostro Paese", concludono i democratici.
"Di fronte a questa continua mattanza di donne, il governo non può limitarsi a interventi di repressione. Serve un'azione incisiva di prevenzione, che passi necessariamente dall’educazione all’affettività e al rispetto tra i generi. Eppure, le proposte di legge su questo tema, depositate da tempo in Parlamento, sono bloccate nelle commissioni Cultura di Camera e Senato per volontà della maggioranza. Cosa aspettano il ministro dell’Istruzione Valditara e la ministra per le Pari Opportunità Roccella a dare il via libera a un provvedimento che può incidere concretamente nel contrasto a questa piaga sociale?". Lo dichiarano le deputate dem della Commissione Femminicidio Sara Ferrari, Antonella Forattini e Valentina Ghio, che aggiungono: "auspichiamo che quando si aprirà in Parlamento la discussione sul ddl femminicidio del governo, sia avviato in parallelo l’esame delle nostre
proposte di legge sull’educazione all’affettività e alla parità: senza l’intervento educativo nelle scuole si rischia di agire solo sugli effetti, senza contrastare le cause. La prevenzione non si fa con lo spettro della pena, che non è mai un deterrente: è necessario insegnare ai giovani il rispetto delle differenze, il superamento della cultura del possesso e dare strumenti per gestire le relazioni senza violenza” concludono le democratiche.
“Con questo decreto Milleproroghe, ancora una volta, si è consumata la farsa di una commissione Affari costituzionali, ma potrei dire più in generale, di una Camera dei deputati, ridotta a ruolo di notaio. Un provvedimento con norme che non sono solo sbagliate, ma pericolose perché danno un messaggio culturale al Paese che riassumo cosi: se sei un furbetto, non paghi le tasse o non ti vaccini, allora il governo ti premia con condoni e rottamazioni. La scelta politica di abrogare le sanzioni ai No Vax, in particolare, rappresenta uno schiaffo ai milioni di italiani che si sono vaccinati per il bene di tutti, anche di quelli che non lo hanno fatto. Questa maggioranza sceglie di premiare proprio coloro che si sono sottratti, non vaccinandosi e nei mesi più bui della pandemia, quando il bollettino dei ricoveri e delle persone decedute riportava cifre da guerra militare, al dovere di solidarietà nei confronti della comunità, beneficiando indirettamente della vaccinazione di tutti gli altri milioni di italiani. Siamo contrari all’idea di società di questa maggioranza e cioè all’idea di una società ingiusta, senza solidarietà, dove vincono i più furbi e dove il principio di legalità vale solo per i deboli”.
Così la vicepresidente del Gruppo Pd alla Camera, Simona Bonafé, intervenendo in Aula per annunciare il voto contrario al Dl Milleproroghe.
“Ancora una volta, il governo volta le spalle e ignora il mondo dell’arte. Galleristi e collezionisti chiedono da tempo un adeguamento dell’Iva agli standard europei per dare respiro al settore, ma il Dl Cultura ignora totalmente questa necessità. Le proteste ad Arte Fiera Bologna sono la conferma del forte disappunto di tutti gli operatori di un settore strategico del nostro sistema culturale che l’esecutivo considera irrilevante. Il ministro Giuli non riesce ad offrire risposte concrete: la sua azione è costantemente commissariata da Giorgetti. Nel frattempo, il mercato italiano perde competitività e rischia di essere tagliato fuori dalla scena internazionale”.
Così la capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, Irene Manzi, commenta la forte protesta delle gallerie presenti a Arte Fiera di Bologna contro il governo per l’Iva dove i padiglioni sono inondati di fischi.
“Nonostante gli sforzi compiuti in commissione per cercare di migliorare il testo, la maggioranza ha votato un decreto vuoto, un decreto che prevede zero investimenti e zero risorse, facendo oltretutto un uso improprio di due illustri italiani che hanno contribuito alla cultura nel mondo Olivetti e Mattei. In questo decreto non sono previsti interventi strutturali per il degrado delle periferie, le aree interne. Non ci sono interventi strutturali per le biblioteche, l’editoria, l’audiovisivo. Ci aspettavamo qualcosa di più ma come al solito la maggioranza e il governo fanno solo propaganda e pochi fatti”. Lo dichiara la Deputata del PD, componente della commissione cultura di Montecitorio Giovanna Iacono.
“Ancora una volta, il ministro Giuli con le sue dichiarazioni in Aula ha dimostrato scarso rispetto per il Parlamento. La sua partecipazione ai lavori in Aula alla Camera è stata passiva, così come il suo atteggiamento nei confronti di un testo che non introduce nuove risorse, ma si limita a perseguire obiettivi senza alcun incremento di stanziamenti, restando nei vincoli del bilancio dello Stato e senza alcuna risorsa strutturale. In altre parole, un provvedimento che non avrà alcun impatto concreto sui settori culturali, fatta eccezione per il rifinanziamento dei fondi per le biblioteche, su cui registriamo finalmente un cambio di passo del governo dopo i tagli di questi anni.”
Così in una nota la capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, Irene Manzi, che aggiunge:
“Purtroppo, un provvedimento dedicato ad una figura come Adriano Olivetti vanificato dall’assenza di visione e di prospettiva. E più che difendere il merito del provvedimento, oggi il Ministro ha preferito attaccare le opposizioni, arrivando ad assegnare patenti di merito e a dichiarare testualmente 'Ci rivedremo nelle sedi opportune per le polemiche.' A cosa si riferisce esattamente? Quali sarebbero queste 'sedi opportune'? Per noi continuano ad essere le aule parlamentari e delle Commissioni dove lo aspettiamo per provare- come abbiamo fatto anche con il decreto approvato oggi - a dare una visione ad un ministero ancora in cerca di autore”
Conclude così la democratica Manzi.
“Come la Presidente del Consiglio ha un Piano Mattei per l’Africa, io voglio un Piano Olivetti per la Cultura”. Queste le parole del Ministro della Cultura. Una scelta coraggiosa, peccato che il tutto sia a zero risorse aggiuntive, e quindi una scatola vuota. Quasi, perché riteniamo positivi i 30 milioni per il fondo per le biblioteche e i 4 milioni per le librerie avviate da under 35, anche se nessuno fondo è strutturale; e positiva è la semplificazione per gli spettacoli dal vivo fino a 2.000 persone, fortemente richiesta da noi, in particolare dopo lo tsunami-Covid. Certamente positivi sono il finanziamento alla Domus Mazziniana e, attraverso un emendamento del collega Amorese sottoscritto dal nostro gruppo, quello alla Fondazione Museo della Shoah per il contributo essenziale che svolge a sostegno della memoria. E ringraziamo la determinazione della Senatrice Liliana Segre a tal proposito. Per il resto, il decreto è un insieme di micro-misure non organiche, senza alcuna visione e finanziate dal fondo di riserva". Lo ha detto in Aula Mauro Berruto, responsabile Sport del Pd, dichiarando il voto contrario del Pd al Dl Cultura.
"Metà del mio corredo genetico viene da Ivrea, dal Canavese - ha detto in Aula Berruto - e allora mi sia permesso ricordare in quest’aula Adriano Olivetti, che tra il 1932 e il 1960 guida al successo l’azienda di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo, nel 1908, rendendo il suo nome sinonimo internazionale di innovazione e di una riforma sociale che tiene insieme progresso materiale, eccellenza tecnica ed etica della responsabilità. Olivetti introduce un vero sistema di welfare, dove c’è anche quella “cultura del movimento”, riconosciuta in questo decreto grazie a un nostro emendamento, che rende onore al fatto che, nel parco di Monte Navale alle spalle della fabbrica dai mattoni rossi, Olivetti inaugura il percorso ginnico “vita e salute” che si snoda nel verde, intorno alla chiesa di San Bernardino, che con i suoi meravigliosi affreschi è un capolavoro del ‘400. Olivetti riduce le ore lavorative mantenendo invariato il salario e la produttività aumenta! grazie alla motivazione e alla partecipazione dei lavoratori. Ivrea diventa il centro di una cultura aziendale rivoluzionaria. Purtroppo però non esiste relazione fra la figura di Olivetti e questo timido provvedimento”.
“I parlamentari di maggioranza ci devono dire se c’è la reale volontà politica di istituire, in tempi brevi e certi, un Museo a Viareggio in memoria delle vittime e per la sicurezza ferroviaria. Quello che sappiamo, ad oggi, è che il governo Meloni è contrario a questa iniziativa, avendo in più occasioni affossato l’emendamento presentato dal Pd, e altri presentati da esponenti di destra, che replicavano il nostro. La Camera ha approvato un nostro ordine del giorno al Decreto Cultura che impegna l’esecutivo a realizzarlo, tuttavia, un impegno simile era stato già votato sette mesi fa ma poi nulla è stato fatto. Occorre chiarezza soprattutto nei confronti delle famiglie delle vittime e di un territorio ferito che vuole certezze e non eterne promesse”. Così i deputati dem Emiliano Fossi e Marco Simiani.
“Il Decreto Cultura - concludono Fossi e Simiani - sarebbe stato il veicolo legislativo privilegiato per istituire il Museo, dopo i tentativi fatti con la Legge di Bilancio, anche perché le risorse necessarie per la realizzazione sono minime: vi erano infatti emendamenti bipartisan su un testo condiviso con i familiari delle vittime. Quello che manca è, ancora una volta, il coraggio e la determinazione da parte della destra. Chiederemo ora la calendarizzazione rapida della proposta di legge del Pd ferma da oltre un anno e vedremo se partirà velocemente l’iter per l'approvazione del provvedimento o la maggioranza si nasconderà dietro ad altre scuse”.
Intervenire con urgenza per salvaguardare futuro del cinema italiano
“Quando denunciavamo la crisi dell’industria dell’audiovisivo italiano, il ministero ci rispondeva sostenendo che non conoscevamo il settore e che tutto andava per il meglio. Oggi, i dati confermano quanto avevamo segnalato: la realtà si impone con forza. Le produzioni bloccate sono numerose e la situazione dei lavoratori e delle lavoratrici del cinema è drammatica, con un numero crescente di professionisti che hanno reso celebre la storia del nostro cinema costretti a migrare in altri settori pur di continuare a lavorare.
Questo governo ha una grandissima responsabilità: le incertezze e le riforme mancate hanno gettato il settore in una crisi profonda. Chiediamo al governo e al ministro di aprirsi al confronto, coinvolgendo tutti i lavoratori, non solo le grandi produzioni.
Registriamo, inoltre, la recente intervista di un regista che, pur essendo stato vicino al governo negli ultimi anni, ora prende le distanze e afferma con chiarezza che l’industria cinematografica è stata gettata nell’incertezza e nella crisi.
È il momento di intervenire con urgenza per salvaguardare il futuro del cinema italiano”. Lo ha detto intervenendo in Aula il deputato del Pd, Matteo Orfini.
“Ci aspettavamo molto di più da questo Dl, che era stato annunciato come una vera e propria Riforma del settore culturale, ed è finito per essere l’ennesimo provvedimento senza visione, senza sostanza e senza risorse. Olivetti come Mattei, avete fatto un uso distorto e improprio di due italiani illustri, per un’altra operazione di marketing, per due provvedimenti che nella realtà sono vuoti. Un provvedimento che avrebbe dovuto individuare obiettivi importanti, come la rigenerazione culturale delle periferie, delle aree interne e delle aree svantaggiate, di quelle aree caratterizzate da marginalità sociale ed economica. Che avrebbe potuto incidere positivamente sul degrado urbano e sullo spopolamento. Un provvedimento che avrebbe dovuto elaborare interventi concreti per la valorizzazione delle biblioteche e per il sostegno alla filiera del libro e dell’editoria, che chiede da tempo interventi strutturali e non sostegni precari.
Abbiamo provato a fare diverse azioni in commissione per migliorare il testo, e che sono il frutto di quanto è emerso nel corso delle audizioni, quasi tutte rimaste inascoltate.
Purtroppo, però, il decreto non incide sulle questioni ormai emergenziali, inerenti la cultura e il settore culturale nel nostro Paese. E ci auguriamo che i prossimi provvedimenti abbiano un’anima e una visione politica, ed anche la concretezza e le risorse necessarie affinché il settore della cultura possa uscire dalla paralisi in cui lo avete costretto da tempo. Nell’attendere che ciò finalmente accada, annuncio che noi voteremo contro la fiducia”.
Così la deputata democratica Giovanna Iacono, intervenendo in Aula alla Camera per annunciare il voto contrario del Gruppo alla fiducia posta dal governo al Dl Cultura.