“Lo stallo in cui si trova il Governo, incapace perfino di esprimere i pareri sugli emendamenti accantonati al decreto sulla Pubblica Amministrazione, è l’ennesima conferma della tracotanza istituzionale con cui governo e maggioranza calpestano l’autonomia del Parlamento. È la fotografia di un metodo raffazzonato con cui l’esecutivo continua a intervenire in settori strategici del Paese, senza alcuna visione organica né coerente.”
Lo dichiarano i deputati Arturo Scotto e Simona Bonafè, capigruppo del Partito Democratico nelle Commissioni Lavoro e Affari Costituzionali della Camera.
“Siamo a oltre un mese dall’inizio della discussione e siamo ancora fermi all’articolo 5 del provvedimento. Il Governo, invece di favorire il confronto parlamentare, lo ostacola sistematicamente, bloccando di fatto i lavori con la sua inefficienza, resa evidente ieri dall’intervento del ministro Zangrillo. Questo modo di procedere è inaccettabile. Continueremo a oltranza i lavori in Commissione, perché non possiamo permettere che l’esecutivo svuoti le prerogative del Parlamento. Difendere le istituzioni è oggi un dovere democratico.”
“Oggi è stato incardinato in Commissione Giustizia il decreto legge sicurezza. Annichilendo il lavoro parlamentare, il Governo ha scelto di approvare un nuovo decreto che copia e incolla i contenuti del ddl sicurezza, ritirando quest’ultimo dalla discussione del Senato. Un fatto gravissimo, una lesione della democrazia, anche perché le modifiche contenute nel decreto sicurezza non raccolgono appieno le preoccupazioni su alcuni temi specifici, come quello riguardante le detenute madri”. Lo ha dichiarato la deputata del Partito Democratico Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
“Cambia purtroppo ben poco. Infatti è reso facoltativo il rinvio della pena per le detenute madri, ma si specifica che nel caso di detenute incinte o con figli con età inferiore ad un anno si potrà scontare la pena in un Icam e nel caso di figli da uno a tre anni la detenzione è prevista in un Icam oppure, se le ragioni di sicurezza lo richiedono, in un carcere. Una modifica – ha proseguito la deputata Pd - che rischia di peggiorare le cose, perché in Italia sono presenti pochi istituti a custodia attenuata, con il rischio di sottrarre le detenute ai legami di territorialità. Un Icam è un carcere, i bambini saranno costretti a crescere reclusi. Si sta perpetrando una grave violazione di diritti fondamentali – ha sottolineato Di Biase - come il supremo interesse del bambino”.
“Ma c’è di peggio, perché il decreto prevede anche che in casi di violazione della sicurezza o dell’ordine da parte delle madri, espressioni vaghe e prive di specificità quelle contenute nel decreto, è previsto il loro trasferimento in carcere e la sottrazione del minore. Un vero e proprio ribaltamento della civiltà giuridica e dei diritti” ha concluso la deputata Di Biase.
“Su oltre quattrocento emendamenti al decreto Pa, sono 127 quelli accantonati, fra cui moltissimi dei relatori che verranno probabilmente riscritti. Il governo è in ritardo e prende in giro il Parlamento. Forse ha addirittura intenzione di riscriverlo in larga parte. Qui parliamo di salario accessorio, di scorrimento delle graduatorie, di stabilizzazioni di lavoratori. Chiediamo che il ministro Zangrillo, responsabile di questo provvedimento senza capo nè coda e senza una visione della pubblica amministrazione, venga in commissione e si faccia audire. Deve avere rispetto del lavoro che stiamo facendo”. Così i deputati Simona Bonafè e Arturo Scotto, rispettivamente vicepresidente del Gruppo dem e capogruppo Pd in commissione Lavoro.
Congelare adeguamento automatico età pensionabile
“Abbiamo depositato oggi una proposta di legge che congela definitivamente l’adeguamento automatico dell’età pensionabile in base all’aspettativa di vita. Per il Pd i 67 anni per la pensione di vecchiaia sono un limite invalicabile. Il Governo dovrà confrontarsi finalmente con un testo e smetterla con le promesse fatte in questi due anni e mezzo o fantomatici decreti che introducono misure parziali. Dovevano abolire la Fornero e invece hanno smontato tutti gli istituti della flessibilità in uscita, da opzione donna all’ape sociale. Adesso non sanno come evitare anche l’ingiustizia che colpirà quasi 50mila lavoratori dal 2027 che rischiano di fare la fine degli esodati, senza pensione e senza stipendio. Chiediamo la calendarizzazione immediata della nostra proposta”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“È assurdo e profondamente sbagliato trasformare il disegno di legge Sicurezza in un Decreto Legge. Il governo, ancora una volta, sfregia il lavoro parlamentare e lo fa nel silenzio assordante della maggioranza, incapace di prendere parola o responsabilità. Siamo al trasformismo più spudorato, un vero e proprio gioco delle tre carte. Un esercizio di illusionismo politico che umilia le istituzioni e prende in giro i cittadini. Dopo essere stati costretti a far togliere alcune norme contro cui abbiamo condotto un'opposizione durissima – sia alla Camera che al Senato – e su cui, durante l’esame parlamentare e le audizioni, erano emerse evidenti criticità, ora il governo è costretto a correggerle. Ma lo fa con la scusa di un nuovo Decreto, introducendo misure che non hanno nulla di urgente. Nessuna emergenza, nessuna giustificazione per l’uso dello strumento straordinario del Decreto Legge. E lo dimostra lo stesso governo: quelle misure erano pronte da novembre 2023. Sono passati più di 16 mesi. Dov’è l’urgenza? La verità è che si cerca di introdurre misure contro il dissenso proprio in un momento in cui cresce la protesta, aumentano le preoccupazioni e l'incertezza economica. In un tempo in cui la destra dei falsi patrioti ha gettato nella crisi le economie mondiali, si cerca di soffocare le voci critiche. Il Parlamento viene svuotato, i diritti compressi, il dissenso criminalizzato. Ma noi non ci stiamo. Continueremo a dare battaglia, nelle aule e nelle piazze, contro un governo che ha perso ogni senso del limite democratico.”
Così il responsabile sicurezza del Pd, il deputato democratico Matteo Mauri.
“Vorrei ringraziare i colleghi di tutti i gruppi parlamentari. Questa proposta di legge in favore dei lavoratori pubblici e privati affetti da malattie oncologiche o dalle malattie invalidanti o croniche è un passo in avanti importante. Il Partito democratico è stato determinato e paziente. Fin dall’inizio della legislatura nella capigruppo si è battuto per incardinare questo testo, poi divenuto unificato grazie al contributo di tutti, per portare all’approvazione una Pdl che veniva da lontano, dalla scorsa legislatura. Portare il ‘periodo di comporto’, oggi normato da un regio decreto del 1924, da 180 giorni a 24 mesi non è poca cosa. Come anche le dieci ore in più per le visite mediche. Certo, siamo coscienti che occorre fare di più riguardo alla retribuzione del periodo di comporto e al computo dell’anzianità, ma affermiamo con determinazione che diamo vita ad una norma di civiltà, a un fondamento di protezione sociale, che ora andrà migliorata ancora di più. Anche intervenendo per ridurre le diseguaglianze tra lavoratori pubblici e privati. Finalmente approviamo, una delle rare volte, una legge di iniziativa parlamentare e non governativa. A riprova che la politica sa essere utile ai cittadini”.
Così la deputata democratica e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula per annunciare il voto favorevole del Gruppo alla Pdl lavoratori malattie invalidanti della quale è cofirmataria.
Il riconoscimento del diritto di voto per i fuori sede nei prossimi referendum rappresenta una seconda piccola grande vittoria per il Partito Democratico e per tutti coloro che si battono per una democrazia più inclusiva e accessibile. È un risultato che abbiamo ottenuto con determinazione, dopo anni di impegno e mobilitazione". Così Marianna Madia, deputata del Partito Democratico e prima firmataria della pdl “Voto dove vivo” insieme al senatore dem Marco Meloni.
"La nostra battaglia per garantire il voto ai fuori sede – spiega l’esponente dem - è iniziata molto tempo fa. Solo poche settimane fa, il ministro Piantedosi aveva escluso questa possibilità, ma grazie al nostro pressing, al lavoro costante e all’azione congiunta con il senatore Meloni, che ha portato alla presentazione di due proposte di legge e alla mobilitazione delle associazioni, tra le quali il comitato ‘Voto dove vivo’, il governo ha dovuto cambiare posizione e inserire questa misura nel decreto approvato".
"Si tratta – conclude Madia - di una seconda tappa, dopo la prima sperimentazione alle scorse elezioni europee. Ora, però, non possiamo fermarci: è necessario garantire ai cittadini fuori sede il diritto di voto in modo strutturale e definitivo, come avviene negli altri Paesi avanzati. Chiediamo quindi che la proposta di legge già approvata alla Camera e bloccata al Senato da mesi venga finalmente discussa e approvata. Non possiamo accettare meccanismi parziali o soluzioni provvisorie: serve una legislazione chiara, che assicuri il voto ai fuori sede non solo nei referendum, ma anche alle elezioni politiche ed europee".
“La destra evoca un clima idilliaco nei posti di lavoro, ma nella realtà, con i provvedimenti approvati in questi due anni, contribuisce a peggiorare le condizioni dei lavoratori aumentando a dismisura le possibilità di assumere con contratti precari, a tempo determinato e in somministrazione e con continui attacchi al principio fondamentale della rappresentanza. Siamo convinti che le regole della rappresentanza vadano messe in chiaro, nero su bianco, ma devono partire da ciò che le parti sociali da tempo stanno proponendo. Purtroppo la visione della destra ha seminato i suoi veleni anche su questo disegno di legge che era nato con altre intenzioni. Possiamo quindi dire che ‘c’era una volta’ un disegno di legge della Cisl finalizzato a disciplinare varie forme di partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese. Forme accumunate da un principio base: una partecipazione attivata dalla contrattazione collettiva nazionale o di secondo livello. Questo approccio non piaceva a Confindustria che sosteneva che la partecipazione dovesse essere solo una libera scelta delle imprese. E questo è quello che è diventato questo disegno di legge. Della proposta della Cisl non resta che il titolo. Noi ci asteniamo, nel rispetto di questo grande sindacato. Ma è una sfiducia critica finalizzata a favorire un processo costruttivo per modificare in tutte le sedi opportune i tanti aspetti negativi di questo testo”.
Così la deputata democratica, Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd, intervenendo nell’Aula per annunciare il voto di astensione del Gruppo al Ddl Partecipazione dei lavoratori.
"Bene l’approvazione degli emendamenti presentati dal Pd, M5S e AVS, che eliminano la norma che avrebbe aperto le porte ai ‘sindacati pirata’: l’Aula ha rimosso un elemento del tutto estraneo a questa legge, che avrebbe rappresentato una grave regressione in tema di rappresentanza dei lavoratori " ha dichiarato la responsabile nazionale Lavoro del Pd, la deputata democratica Maria Cecilia Guerra nel corso dell’esame della proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori nella governance d’impresa.
"La norma abrogata – sottolinea Guerra – avrebbe messo in discussione il concetto stesso di rappresentanza dei lavoratori attraverso le organizzazioni sindacali. Bene quindi che l’aula della Camera abbia bocciato un intervento estemporaneo che avrebbe favorito sindacati non rappresentativi che, molto spesso, agiscono come ‘sindacati pirata’, facendo concorrenza sleale ai sindacati realmente rappresentativi su salari e tutele. Siamo favorevoli a discutere criteri chiari per definire in modo compiuto, anche normativamente, la rappresentatività dei lavorati – ha aggiunto Guerra – e su questo tema abbiamo diverse proposte depositate alla Camera e al Senato. Chiediamo, tuttavia, che questo avvenga in modo organico e non improvvisato all’interno di provvedimenti che trattano di tutt’altro. Continueremo, quindi, ad opporci, come abbiamo fatto in accordo con i sindacati confederali e le grandi associazioni datoriali nel caso del decreto Primo Maggio, del PNRR e del Codice degli Appalti, a norme lesive della rappresentanza, partorite in modo improvvisato e improvvido da questa maggioranza", conclude Guerra.
Braga e Guerra: ancora una pagina nera
“Molto grave che il governo lasci fuori il terzo settore dalla coprogettazione degli investimenti del Pnrr per la riqualificazione sociale delle aree del paese considerate ad alta vulnerabilità sociale” lo dichiarano la capogruppo del Pd alla Camera, Chiara Braga e la responsabile economica del Pd, la deputata, Maria Cecilia Guerra al termine della seduta delle commissioni bilancio e ambiente della camera che ha esaminato il dl emergenze-Pnrr.“I commissari di governo che, secondo il decreto, dovranno predisporre piani straordinari di riqualificazione sociale per alcune aree del paese considerate ad alta vulnerabilità sociale - aggiungono le democratiche - non saranno tenuti a coinvolgere attivamente gli enti del Terzo settore presenti nel territorio nella formulazione di questi piani. Anche se sono enti che su quei territori costituiscono un presidio, in coordinamento con gli enti locali, o anche in autonomia, nelle situazioni in cui le istituzioni sono meno presenti, per il contrasto e l’aiuto al disagio sociale alla vulnerabilità e al disagio giovanile.
Bocciati gli emendamenti che abbiamo presentato come Partito democratico, e gli analoghi emendamenti presentati dalle altre opposizioni e persino di una parte della maggioranza. Il confronto con il terzo settore potrebbe fare perdere tempo, questa la motivazione ufficiale, che nasconde la solita grande arroganza di chi non conosce il lavoro sul campo, costruito con generosità e costanza, e non con interventi estemporanei, dagli enti del terzo settore. Un’altra pagina nera nelle decisioni di questa maggioranza” concludono le democratiche.
“Il nostro Servizio Sanitario Nazionale è sotto attacco da parte di questa destra, che taglia fondi e favorisce la sanità privata. Noi invece vogliamo rafforzarlo, garantendo un diritto alla salute davvero universale. Servono almeno 5,5 miliardi in più all’anno per portare la spesa sanitaria italiana alla media europea e affrontare le criticità: assumere personale, ridurre le liste d’attesa, migliorare le condizioni di lavoro e valorizzare le professioni sanitarie.
Con la pdl a prima firma Elly Schlein proponiamo un piano straordinario per investire sulla sanità di prossimità, sulla salute mentale e sul benessere psicologico. Giorgia Meloni smetta di sprecare risorse in operazioni discutibili come i centri in Albania e investa per salvare il SSN, come chiedono le cittadine e i cittadini italiani”.
Lo dichiara in una nota la deputata dem Ilenia Malavasi, componente della commissione Affari sociali.
“Intervenendo all’assemblea della Cisl, Giorgia Meloni ha parlato dei rischi dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla tenuta di milioni di posti di lavoro. Un allarme che condividiamo e dunque la prendiamo in parola. Un intervento semplice che può fare già domani è approvare la nostra proposta di legge sulla settimana corta. La riunione del comitato dei nove, che si sarebbe dovuta svolgere oggi pomeriggio in commissione Lavoro per fare il punto sulla Pdl per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario presentata unitariamente dalle opposizioni, è stata però rinviata a domani mattina. Dopo tre mesi dalla discussione generale in Aula, la maggioranza continua ancora a prendere e perdere tempo. Reputiamo inaccettabile questo atteggiamento. Molti Paesi nel mondo, in ultimo la Spagna, hanno già adottato tale misura che vede d’accordo la stragrande maggioranza degli italiani. Una cosa deve essere chiara a FdI, Lega e Fi: non accetteremo un ennesimo rinvio. Siamo pagati per votare le leggi, non per metterle su un binario morto com’è stato con il salario minimo e come, evidentemente, la maggioranza vuole fare anche questa volta”.
Lo dichiarano con una nota i capigruppo della commissione Lavoro della Camera, Arturo Scotto (Pd), Valentina Barzotti (M5s) e Franco Mari (Avs).
Proposta di legge giace inerte da mesi al Senato, Governo intervenga
"Come ormai è stato ampiamente documentato, per milioni di cittadini, studenti e lavoratori che studiano o lavorano in Italia lontano dal proprio comune di residenza è praticamente impossibile recarsi alle urne. Nelle ultime elezioni europee del giugno 2024, grazie ad una normativa sperimentale introdotta con il dl n. 7 del 2024, gli studenti fuori sede hanno potuto votare. Però questa norma è ancora provvisoria. Noi invece chiediamo al ministro dell'Interno l'approvazione di una norma a carattere permanente che preveda l’estensione del voto dei fuori sede anche a coloro che per ragioni di lavoro si trovano al di fuori del comune di residenza, poiché riteniamo urgente che anche i cittadini italiani che lavorano all'estero siano messi nelle condizioni di poter votare. L’AC 115, trasformato per volere del Governo in una delega e approvato alla Camera dei deputati, giace inerte da mesi al Senato, nonostante le ripetute rassicurazioni del Governo". Lo dichiara la deputata del Pd, Marianna Madia, prima firmataria di una interrogazione in commissione Affari costituzionali di Montecitorio, insieme alle colleghe Silvia Roggiani, Chiara Gribaudo e Lia Quartapelle.
"In attesa dell’approvazione di una normativa di sistema - prosegue la nota - appare urgente estendere quantomeno la possibilità di voto dei fuori sede anche per i referendum che si svolgeranno nel 2025, estendendo tale possibilità anche ai lavoratori fuori sede. Chiediamo quindi al Ministro interrogato come intenda proseguire la sperimentazione anche per i referendum che si svolgeranno nel 2025, e se non ritenga opportuno e urgente estenderla anche ai lavoratori fuori sede".
“Come la Presidente del Consiglio ha un Piano Mattei per l’Africa, io voglio un Piano Olivetti per la Cultura”. Queste le parole del Ministro della Cultura. Una scelta coraggiosa, peccato che il tutto sia a zero risorse aggiuntive, e quindi una scatola vuota. Quasi, perché riteniamo positivi i 30 milioni per il fondo per le biblioteche e i 4 milioni per le librerie avviate da under 35, anche se nessuno fondo è strutturale; e positiva è la semplificazione per gli spettacoli dal vivo fino a 2.000 persone, fortemente richiesta da noi, in particolare dopo lo tsunami-Covid. Certamente positivi sono il finanziamento alla Domus Mazziniana e, attraverso un emendamento del collega Amorese sottoscritto dal nostro gruppo, quello alla Fondazione Museo della Shoah per il contributo essenziale che svolge a sostegno della memoria. E ringraziamo la determinazione della Senatrice Liliana Segre a tal proposito. Per il resto, il decreto è un insieme di micro-misure non organiche, senza alcuna visione e finanziate dal fondo di riserva". Lo ha detto in Aula Mauro Berruto, responsabile Sport del Pd, dichiarando il voto contrario del Pd al Dl Cultura.
"Metà del mio corredo genetico viene da Ivrea, dal Canavese - ha detto in Aula Berruto - e allora mi sia permesso ricordare in quest’aula Adriano Olivetti, che tra il 1932 e il 1960 guida al successo l’azienda di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo, nel 1908, rendendo il suo nome sinonimo internazionale di innovazione e di una riforma sociale che tiene insieme progresso materiale, eccellenza tecnica ed etica della responsabilità. Olivetti introduce un vero sistema di welfare, dove c’è anche quella “cultura del movimento”, riconosciuta in questo decreto grazie a un nostro emendamento, che rende onore al fatto che, nel parco di Monte Navale alle spalle della fabbrica dai mattoni rossi, Olivetti inaugura il percorso ginnico “vita e salute” che si snoda nel verde, intorno alla chiesa di San Bernardino, che con i suoi meravigliosi affreschi è un capolavoro del ‘400. Olivetti riduce le ore lavorative mantenendo invariato il salario e la produttività aumenta! grazie alla motivazione e alla partecipazione dei lavoratori. Ivrea diventa il centro di una cultura aziendale rivoluzionaria. Purtroppo però non esiste relazione fra la figura di Olivetti e questo timido provvedimento”.
“Il “Piano Olivetti” per la cultura riconoscerà anche la “cultura del movimento”. Sono felice che, su mia proposta, sia stato accolto negli emendamenti al decreto il concetto di riconoscere il legame della famiglia Olivetti con il movimento: Camillo, con il suo amore per la bicicletta, e Adriano, promotore del primo percorso “Vita e Salute” di cui si ha notizia, nel parco alle spalle della storica fabbrica di mattoni rossi di Ivrea.
Qui operai e dipendenti vedevano realizzarsi la concreta utopia della Olivetti di quegli anni, che teneva insieme impresa, dignità del lavoro, cultura e, attraverso la cultura del movimento, welfare.
È un riconoscimento per Ivrea e per il mio Canavese, dove pochi giorni fa abbiamo inaugurato, proprio nei luoghi olivettiani, la “Morenic Sport Commission”. Così in una nota il deputato democratico, componente della Commissione Cultura della Camera, Mauro Berruto.