«Non è un adempimento tecnico, ma una scelta che tocca la coscienza giuridica dello Stato», lo dichiara il deputato dem Fabio Porta, annunciando la «ferma contrarietà alla ratifica» del Trattato sul trasferimento dei detenuti con la Libia firmato a Palermo il 29 settembre 2023.
«La Libia non può essere considerata sicura: detenzioni arbitrarie, torture e collusioni tra apparati e milizie lo dimostrano», aggiunge, richiamando che «la recente giurisprudenza ha ribadito che la Libia non è porto sicuro» e che «il principio di non respingimento è inderogabile».
L'esponente Pd evidenzia le criticità del testo: «l’articolo 4 è solo apparentemente garantistico», «l’articolo 12 lascia ampi margini di adeguamento della pena», «gli articoli 16 e 17 consentono trasferimenti senza consenso», mentre «le clausole su riservatezza e dati aumentano l’opacità» e la «durata illimitata con recesso a 180 giorni» aggrava i rischi.
«Il vero costo non è di bilancio, ma giuridico, umano e reputazionale», afferma, ricordando che «il Memorandum del 2017 ne subordina l’applicazione al rispetto dei diritti umani, condizione oggi non sussistente».
Richiamando Beccaria — «È meglio prevenire i delitti che punirli» — e la formula di Kant — «trattare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo» — il deputato dem sottolinea che «un trasferimento privo di consenso o garanzie riduce la persona a mezzo, violando la dignità umana».
«Chiediamo all’Aula di respingere la ratifica e al governo di reindirizzare la cooperazione alla tutela dei diritti umani, al superamento dei centri di detenzione e all’evacuazione delle persone vulnerabili», conclude Porta.
“Mi dispiace che nella risoluzione di maggioranza, non sia spesa una sola parola per affermare che si tratta di una tragedia umanitaria che produce migliaia di morti nel Mar Mediterraneo diventato un cimitero. Il piano del 2017 del memorandum con la Libia, l'esternalizzazione delle frontiere, è fallito. Di fatto si trattava di violare i diritti per procura, chiedere ad altri quello che sarebbe illegale se lo facessimo noi”. Lo dichiara il deputato Pd, Matteo Orfini intervenendo in Aula per ribadire il no dei democratici al rinnovo del Memorandum d'intesa del 2017 con la Libia.
“Rivendicare i numeri, come fa la maggioranza dei cosiddetti salvataggi in mare – continua il parlamentare dem - significa rivendicare delle deportazioni. Le persone non vengono rimpatriate in 'centri' come la risoluzione sostiene, ma in lager dove vengono uccise, torturate e stuprate. Addestrare e finanziare la guardia costiera libica, a anni di distanza, non ha funzionato e anche oggi la Libia non è un Paese stabile o sicuro. Anzi la situazione è peggiorata: chi dovrebbe salvare i migranti, spara alla testa delle persone o alle navi delle Ong”.
“Le migrazioni vanno gestite strutturalmente, con la cooperazione internazionale, con missioni europee e redistribuzione in Europa dei flussi migratori. Lo si fa aprendo canali legali di migrazione e accoglienza diffusa. Lo si fa superando l'orribile legge Bossi-Fini e non liberando il capo dei trafficanti, Almasri, rimandandolo in Libia”, conclude Orfini.
“Oggi la maggioranza ci ha spiegato che la liberazione del criminale Almasri fu una decisione politica del governo per un preminente interesse pubblico. Noi avevamo capito che il nostro preminente interesse pubblico fosse quello di inseguire i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo. Mentre questa vicenda dimostra che se ne catturiamo uno, invece di metterlo in galera, lo riaccompagniamo in Libia con volo di Stato affinché possa continuare a trafficare esseri umani, quindi mettendo a rischio il nostro Paese. La milizia del quale è a capo Almasri, inoltre, ha rapporti strutturali con i nostri servizi segreti, tant’è che proprio ad essa è affidata la sicurezza degli italiani in Libia. Allora, se questa milizia può mettere a rischio i nostri connazionali, rinnoveremo il Memorandum Italia-Libia? Non è il caso di discutere sulla natura dei nostri rapporti con quel Paese? Perché se è addirittura impossibile per noi assicurare alla giustizia un criminale in virtù di questo rapporto, abbiamo un problema. Meloni ha detto di non essere ricattabile, ma questa vicenda dimostra esattamente l'opposto: il governo sta ammettendo di essere sotto il ricatto delle milizie libiche. E’ una responsabilità grave per il nostro Paese. Questo governo ha dimostrato di essere condizionato più dalla lealtà alle milizie libiche, che dalla Costituzione sulla quale ha giurato”.
Così il deputato democratico, Matteo Orfini, intervenendo in Aula sulla vicenda Almasri.
“Quanto denunciato da Mediterranea è davvero grave ed è l'ennesima dimostrazione che le forze libiche a cui è affidata la gestione dei flussi migratori agiscono contro ogni regola, nel disprezzo dei diritti umani e della dignità dei migranti. Sono loro a organizzare il traffico di esseri umani e a causare volontariamente dolore e morte. Ovviamente chiediamo al governo di fare chiarezza su quanto accaduto, ma non sarebbe sufficiente limitarsi a questo. Lo ripetiamo ancora una volta: il memorandum Italia Libia non va rinnovato. Bisogna interrompere il rapporto incestuoso tra il nostro paese, i nostri apparati e le milizie libiche. Come dimostra il caso Almasri questo rapporto attribuisce di fatto un potere a bande di criminali che tengono sotto ricatto il governo. Ed è semplicemente intollerabile”. Così il deputato democratico Matteo Orfini che chiede di fare chiarezza su quanto denunciato dall’ong Mediterranea.
"Oggi è la Giornata Mondiale del Rifugiato. Non possiamo limitarci alle dichiarazioni di rito. Non possiamo celebrare chi fugge se poi lo respingiamo, lo rinchiudiamo, lo lasciamo morire. Questa mattina ho partecipato all’iniziativa organizzata a Roma da Refugees in Lybia, per chiedere l’immediato stop al Memorandum Italia-Libia. Un patto che ha consentito per anni respingimenti illegittimi, violenze sistematiche, torture e stupri nei centri di detenzione libici, come confermato da numerosi e autorevoli rapporti internazionali.
Dobbiamo prenderci la responsabilità di rimediare al danno immenso fatto nel 2017 con la sottoscrizione di questo memorandum. Non possiamo accettare che il nostro paese fornisca mezzi e formazione alla cosiddetta “guardia costiera libica”, foraggiando un sistema che produce sofferenza e morte. Non possiamo più accettare che i confini siano luoghi dove la legge non vale e la dignità si annulla.
I dati globali sono drammatici: 123 milioni di persone costrette ad abbandonare la propria casa, a causa di guerre, persecuzioni, violenze, catastrofi ambientali. Ma invece di costruire accoglienza e protezione, continuiamo a costruire muri" .
"Le politiche italiane, europee e d'oltre Oceano non rispondono più ai principi della solidarietà e dei diritti, ma a una logica securitaria che alimenta solo marginalità, detenzione e morte. A Gaza, in Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in tante altre parti del mondo si scappa per sopravvivere. E chi scappa verso di noi trova confini chiusi, accordi con Paesi terzi per esternalizzare le responsabilità, CPR in Italia e persino in Albania, respingimenti nel deserto tunisino. È inaccettabile.
Servono vie sicure, corridoi umanitari, regolarizzazione per chi è già nel nostro Paese, aumentare la sorveglianza per salvare vite nel Mar Mediterraneo, investire nell’accesso ai servizi, dare protezione per chi fugge da persecuzioni o disastri. Servono politiche che mettano al centro la vita, non il respingimento. In questa giornata non basta ricordare: bisogna scegliere da che parte stare. E io, oggi come ogni giorno, sto dalla parte di chi lotta per essere accolto come persona e non come problema."
Così Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico.
"Due anni fa ci davano per morti e invece siamo qui, in piena forma, il primo partito dell'opposizione. Ho apprezzato che Elly Schlein abbia iniziato la sua relazione da un'analisi dello scenario internazionale che stiamo vivendo, condannando fermamente le parole del vice presidente della Knesset che ha parlato dei palestinesi di Gaza come "feccia e subumani" auspicando l'eliminazione degli adulti. E la ringrazio per avere condannato altrettanto fermamente il raccapricciante video di Trump su Gaza "riviera del Medio Oriente".". Lo ha dichiarato, intervenendo alla direzione del Pd, Laura Boldrini, deputata dem e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"Se siamo tornati a crescere è perché abbiamo una linea politica chiara: lo è sull'immigrazione, avendo preso le distanze dalla stagione dei memorandum con la Libia, lo è sulle questioni sociali che riguardano da vicino le vite delle persone: il salario minimo, la sanità pubblica, le crisi aziendali sulle quali le lavoratrici e i lavoratori sanno che sanno che siamo al loro fianco - ha proseguito -. Questo impegno ci porta naturalmente a sostenere i cinque referendum della CGIL, in perfetta coerenza con le nostre scelte per un lavoro stabile e sicuro, oltre che per la riduzione dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana per quei ragazzi e quelle ragazze che sono nati e cresciuti in Italia".
"Ora serve meno timidezza sulla tassazione dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari: i fondi per il welfare vanno cercati dove ci sono - ha sottolineato Boldrini -. E serve anche che il Pd spinga il Partito socialista europeo e l'Ue a una risposta compatta e ferma alle pulsioni autocratiche degli Usa di Trump dove i pilastri dello stato di diritto stanno pericolosamente vacillando con l'attacco al diritto internazionale, i licenziamenti in massa di dipendenti pubblici e delle agenzie federali, le deportazioni di migranti, l'annullamento delle politiche per le persone LGBTQIA+, l'offensiva contro la libertà di stampa e l'autodeterminazione delle donne. Difronte a questa minaccia, l'Europa come ha reagito? Finora si è limitata a parlare solo di alzare la spesa militare magari pensando che ogni Stato debba riarmarsi fino ai denti, forse comprando le armi dagli Usa. Questa non è difesa comune e non è la risposta adeguata alla gravità del momento che impone un'elaborazione politica che manca". "Questi temi devono essere al centro del dibattito, anche pensando a mobilitazioni pubbliche per costruire, insieme, proposte politiche concrete che arginino questa deriva e dare un futuro alle nuove generazioni". ha concluso.
Governo intervenga davanti a ondata di arresti, violenze e campagna xenofoba
“Tajani dica quali sono le azioni prese dal governo, sia in sede bilaterale che nei consessi internazionali, per fare pressione sul Presidente Saied affinché cessi immediatamente la repressione in Tunisia e sia garantito il ripristino del pluralismo della rappresentanza, nonché il rilascio di tutti i prigionieri politici”. Lo chiedono il responsabile esteri del Pd, Provenzano e i deputati Quartapelle, Porta, Boldrini e Ciani che hanno firmato l’interrogazione parlamentare. “Dal febbraio 2023 – sottolineano - è in corso una ondata di arresti che sta colpendo diversi esponenti politici dell’opposizione, giornalisti, avvocati, sindacalisti, attivisti ed esponenti vari della società civile; arresti accompagnati da una campagna gravemente xenofoba e senza precedenti contro i migranti subsahariani, accusati di programmare una “sostituzione etnica”.
Ecco il testo integrale dell’interrogazione parlamentare
Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Per sapere - premesso che:
in data 20 aprile 2023, è stato arrestato il leader storico, 82enne, del partito islamico tunisino Ennahdha, Rached Ghannouchi con l’accusa di "cospirazione contro la sicurezza dello Stato";
l’arresto si inserisce in un crescendo di atti di violenta repressione attuati dal presidente, Kaïs Saïed che, in meno di due anni, ha concentrato sempre più potere nelle proprie mani fino ad arrivare alla promulgazione della nuova Costituzione, adottata a seguito di un referendum segnato da un altissimo tasso di astensionismo, che sostituisce la Costituzione del 2014, indubbiamente una delle Carte costituzionali più democratiche nel mondo arabo, con un nuovo testo dai tratti fortemente autoritari;
dal febbraio 2023, difatti, è in corso una ondata di arresti che sta colpendo diversi esponenti politici dell’opposizione, giornalisti, avvocati, sindacalisti, attivisti ed esponenti vari della società civile; arresti accompagnati da una campagna gravemente xenofoba e senza precedenti contro i migranti subsahariani, accusati di programmare una “sostituzione etnica”;
lo scorso 19 febbraio Rachid Ghannouchi, ha manifestato la sua solidarietà con uno sciopero della fame in sostegno ad altri sei politici in carcere che la settimana prima avevano adottato questa forma di protesta per denunciare i metodi autoritari del presidente Kais Saied;
negli ultimi mesi in Tunisia si è assistito a un ulteriore deterioramento della situazione interna, sia sul fronte economico, politico e sociale;
il paese vive anche una profonda crisi economica, per cui scarseggiano da mesi beni di prima necessità, il tasso di inflazione è oltre il 10%, il tasso di disoccupazione superiore al 15 %, il debito pubblico sfiora il 100% del Pil e, dunque, la tensione sociale è molto alta. In tale contesto, si è registrato il rifiuto da parte del presidente della Repubblica Kaïs Saïed di sottoscrivere l’accordo negoziato dal suo governo con il Fmi per un prestito di 1,9 miliardi di dollari -prestito che serviva a favorire la stabilità-, mentre la Banca mondiale ha sospeso i dialoghi con la Tunisia, preoccupata per le condizioni della comunità subsahariana;
stante la situazione di volatilità economica, molti analisti sono preoccupati che il paese possa proclamare un default sul debito estero. Questo scenario avrebbe gravi ripercussioni anche per l’UE e l’Italia, sia in termini economici che di ulteriori flussi migratori;
al riguardo si rileva come nella prima metà del 2023 la Tunisia abbia superato la Libia come numero di partenze per l’Italia;
inoltre, il Presidente Saïed ha intrapreso una campagna anti-migranti senza precedenti nella storia del Paese utilizzando affermazioni gravemente xenofobe che sono state seguite da crescenti violenze e maltrattamenti da parte delle autorità tunisine nei confronti dei migranti subsahariani;
il 16 luglio 2023 è stato firmato il memorandum d’intesa per una partnership strategica e globale fra Unione europea e la Tunisia al fine di ridurre il numero degli arrivi dal paese, un accordo però privo delle necessarie condizionalità sullo stato di diritto e la tutela dei diritti umani in Tunisia;
in merito al memorandum, Giorgia Meloni ha affermato che “questo partenariato deve diventare un modello per le relazioni dell’Unione europea con gli altri Paesi del Nordafrica”;
in realtà sono state espresse parecchie critiche al MOU, in particolare, la commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, ha dichiarato che: “Gli Stati membri del Consiglio d'Europa dovrebbero insistere sulla chiara salvaguardia dei diritti umani in qualsiasi ulteriore cooperazione in tema di migrazione con la Tunisia. Le tutele di ogni tipo di diritti umani devono essere una parte integrante di ogni attività di cooperazione sulla migrazione tra gli stati membri del Consiglio d'Europa e i paesi terzi, Tunisia inclusa. (...) Le gravi violazioni dei diritti umani recentemente riportate contro rifugiati e migranti in Tunisia rendono solo più stringente che tali tutele siano contemplate":-
quali iniziative intenda intraprendere il governo, sia in sede bilaterale che nei consessi internazionali, per fare pressione sul Presidente Saied affinché cessi immediatamente la repressione in Tunisia e sia garantito il ripristino del pluralismo della rappresentanza, nonché il rilascio di tutti i prigionieri politici.
FIRMATARI
PROVENZANO, QUARTAPELLE, PORTA, BOLDRINI, CIANI
“Il nostro impegno sull’insieme delle missioni internazionali e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione è puntuale, come si evince dal testo della Risoluzione che questa mattina ho depositato a nome del mio Partito”, così il deputato dem Fabio Porta, a margine dell’intervento svolto a nome del PD nell’ambito della discussione generale sulle missioni internazionali avviata oggi a Montecitorio.
“Per quanto riguarda la Libia, il Partito Democratico ha espresso la sua contrarietà sul punto riguardante il rifinanziamento della missione di supporto alla guardia costiera libica. Lo ha fatto proponendo degli emendamenti che sono stati respinti dal governo nel corso della seduta congiunta delle Commissioni Esteri e Difesa di ieri. Voglio ricordare che già lo scorso anno il PD chiese un cambiamento di approccio nella gestione di questa missione da inquadrare in una cornice europea e non più solo bilaterale. A distanza di anni dal Memorandum Italia-Libia, infatti, c’è la concreta necessità di un cambiamento di strategia che tenga insieme la difesa degli interessi italiani e il rispetto dei diritti umani".
“La posizione critica del PD sul rifinanziamento della Guardia costiera libica non significa, però, abbandonare le altre missioni bilaterali in Libia. Il PD sostiene quelle per la formazione, per lo sminamento, a difesa degli interessi strategici nazionali. Quello che chiediamo al governo è un impegno concreto presso le sedi europee e bilaterali con la Libia, finalizzato alla chiusura immediata dei centri di detenzione, promuovendo forme di assistenza ai migranti e rifugiati che vi sono rinchiusi attraverso una nuova policy che poggi sostanzialmente su tre pilastri: il rafforzamento delle procedure di reinsediamento così come promosso dalla UHNCR; il rafforzamento dei corridoi umanitari verso i paesi che diano disponibilità per l’accoglienza; il sostegno a progetti di inclusione alternativi già sperimentati in altri contesti”.
“La gestione dell’immigrazione deve avvenire in modo legale e sicuro. Fondamentale per questo obiettivo è il dialogo e agli accordi con i Paesi di provenienza e di transito. Con questa finalità, nel 2017 l’Italia stipulò con le autorità libiche un Memorandum sul contrasto al traffico di esseri umani. Senza un atto del governo italiano, il 2 novembre il Memorandum verrà rinnovato tacitamente per altri tre anni, quando di fatto è rimasto inattuato in alcune parti fondamentali. La mancata risposta delle autorità libiche alle richieste italiane di modifica sollevano più di un dubbio sulla reale attuazione di tutto l’accordo. Per questo, chiediamo che il governo riferisca in aula spiegando come intende proseguire nel necessario rapporto con le autorità libiche. Chiediamo che non avvenga un rinnovo tacito perché le richieste italiane di modifica al Memorandum sono rimaste lettera morta”.
Così la deputata dem, Lia Quartapelle, responsabile Esteri del Pd.
“Il Memorandum - prosegue - è stato parte di una strategia necessaria volta a regolare la gestione degli arrivi in Italia dalla Libia che però ha mostrato notevoli lacune sul fronte delle condizioni di vita dei migranti in Libia, ritenuti illegali dalle autorità libiche e detenuti in veri e propri campi di detenzione dove sono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. La piena collaborazione delle autorità libiche per migliorare le condizioni di vita dei migranti e per stroncare le reti illegali di traffico di esseri umani è mancata. Le condizioni dei campi sono peggiorate e centinaia di migliaia di persone sono intrappolate in un circolo vizioso di crudeltà. Per questo, nel 2019, al momento del rinnovo, come PD chiedemmo al governo italiano di avviare un dialogo con le autorità libiche per renderne più stringente l’applicazione relativamente al rispetto dei diritti umani e al contrasto ai trafficanti. I governi a cui quella richiesta venne sottoposta - aggiunge Lia Quartapelle - anche in considerazione della situazione interna di grande instabilità in Libia, non hanno mai concluso la discussione con le autorità libiche”.