Dichiarazione di Paola De Micheli, Deputata Pd
“La legge che stiamo per votare non contiene nulla che si possa definire come una riforma. Per questo il Pd voterà contro ad un provvedimento che non tutela innanzitutto le imprese , che dopo questo voto non avranno più opportunità per crescere, per competere in un quadro regolatorio aperto e chiaro. E voteremo contro perchè i cittadini da queste norme non otterranno nessun miglioramento sul fronte dei costi e della qualità dei servizi”. Così la deputata Pd Paola De Micheli nella dichiarazione di voto per conto del suo gruppo sul provvedimento relativo al mercato e alla concorrenza.
“Questo provvedimento – ha sottolineato l’esponente Pd – è vuoto e dannoso perché è frutto di una idea di economia corporativa che vuole un mercato conservativo, che garantisca solo una posizione dominante. Un’economia che rimanga statica, non reattiva ad accompagnare l’innovazione, sostenendo il dinamismo della società, regolando e garantendo pari opportunità alle imprese e qualità ai consumatori.”
Per De Micheli “tutto ciò non interessa a questa maggioranza e a questo governo che considerano le riforme di modernizzazione del paese previste con il Pnrr solo un orpello e un fastidio. E infatti – ha polemizzato De Micheli- state esultando per aver perso 7,5 miliardi, di cui 4,5 a fondo perduto. Risorse – ha ricordato - ottenute con estenuanti trattative per combattere la piaga della diseguaglianza e per generare crescita e opportunità.” “Grave – ha inoltre evidenziato De Micheli- non aver affrontato la questione del trasporto pubblico individuale e di posticipare la decisione sulle concessioni balneari, creando un enorme danno alle imprese che solo a parole fingete di voler difendere . E poi, altra colpa grave, è quella sul capitolo energia, dove non solo non attuate fino i fondo le riforme previste, ma nemmeno prorogate il mercato tutelato per chi davvero ha bisogno per motivi di sussistenza.” Qui prevale – ha concluso De Micheli- solo la logica del grigio , dell’inverno che paralizza e ferma la condizione sociale ed economica attuale. Siete così non per errore ma per scelta: un po’ di libertà economica in meno per ottenere un po’ di più del controllo politico”.
“L’informativa del ministro Crosetto è stata assolutamente necessaria. Le sue parole erano oggettivamente gravi e lasciavano sostanzialmente intendere ad un piano eversivo di una parte della magistratura con finalità di sovvertimento politico del governo. Di fronte ad accuse così gravi era doveroso che il ministro venisse in Aula a precisare e spiegare il contenuto di quelle dichiarazioni. Anche se con toni meno duri e certi rispetto a quelli delle interviste, il ministro ancora una volta ha voluto richiamare all’esistenza di tendenze pericolose all’interno della Magistratura. Io credo che questa impostazione da parte del governo sia sbagliata. Il governo faccia il governo e si occupi e affronti le priorità della giustizia senza ricorrere a estenuanti e incomprensibili complottismi”.
Così il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi, intervistato da Notizie.com sull’informativa del ministro Crosetto.
“Una ‘pace’ tra politica e magistratura - aggiunge - sarebbe assolutamente necessaria, ma è difficile intravedere spiragli sinceri se alla prima sentenza che non piace il governo grida allo scandalo. Però un’azione di continua delegittimazione produce solo danni. La Giustizia è un caposaldo della tenuta democratica e per funzionare ha bisogno di riforme, risorse e assunzioni e non di scontri ideologici che richiamano al passato. Il maggiore coinvolgimento del Parlamento è sicuramente opportuno - conclude - ma è poco credibile se a suggerirlo è il ministro di un governo che più di ogni altro ha espropriato il Parlamento con i voti di fiducia e con la decretazione di urgenza”.
“Immaginate rischi per il vostro governo per un’azione della magistratura, probabilmente per coprire i fallimenti emersi clamorosamente con la manovra finanziaria, ma quello che state facendo sulla Giustizia dimostra quali siano i veri vostri obiettivi. Da una parte, con le vostre riforme costituzionali volete incidere pesantemente su pesi e contrappesi su cui si regge la nostra Carta e le ricordo che la funzione antimaggioritaria nelle democrazie liberali è connaturata a tutte le istituzioni di garanzia, indipendenti: è la tutela del pluralismo. Dall’altra, la vostra iniziativa sulle politiche per la giustizia dimostra come non vi stia a cuore l’efficienza del sistema. Ci costringete a parlare per la quinta volta in 10 anni di prescrizione; state portando le carceri al collasso; mancano operatori, agenti e dirigenti di polizia penitenziaria; non ci sono investimenti e addirittura fate finire in carcere i bambini incolpevoli. Invece delle sfide per una giustizia efficiente per i cittadini, ci costringete a parlare di separazione delle carriere, riforma che porterà inevitabilmente a superare l’obbligatorietà dell’azione penale e il principio di eguaglianza davanti alle leggi. Una giustizia che non ci piace, perché per noi le legge è uguale per tutti”.
Lo ha detto fra le altre cose la responsabile Giustizia del Pd in aula Debora Serracchiani in replica all’informativa del ministro Crosetto.
“Oggi il Presidente del Senato e fondatore di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa, ha gettato la maschera e indicato qual è il vero obiettivo della riforma del premierato: ridurre gli attuali poteri del Presidente della Repubblica, nonostante la stragrande maggioranza degli italiani, come testimoniano i sondaggi, abbia a più riprese dimostrato di avere piena fiducia dell’operato del Quirinale. Ragione in più dunque per contrastare in Parlamento e se sarà necessario con il referendum il premierato in salsa meloniana, pensato non certo per rispondere ai bisogni dell’Italia, ma piuttosto per demolire alla fondamenta la repubblica parlamentare e provare a limitare l’azione istituzionale di Mattarella, costantemente ancorata al pieno rispetto degli equilibri sanciti dalla nostra Costituzione”.
Lo scrive in una nota Federico Fornaro, componente della Commissione Affari Costituzionali della Camera e dell’ufficio di Presidenza del gruppo Pd a Montecitorio.
“Non si faccia spallucce davanti al grido d’allarme lanciato da tutti e 26 i presidenti della Corti d’Appello italiani sulla proposta di legge in materia di prescrizione. Le corti di appello hanno evidenziato il rischio che la nuova normativa, non accompagnata da norme transitorie, ingeneri il caos negli uffici giudiziari.
Anche noi da tempo denunciamo, purtroppo inascoltati, che un altro intervento in materia di prescrizione - il quarto in soli sei anni - rischia di produrre confusione in un sistema già fragile.
Inoltre, le corti di appello, pur provate da significative carenze di organico, si sono organizzate per dare attuazione alla riforma Cartabia entrata in vigore solo due anni fa e i risultati che lo stesso ministero della Giustizia ha pubblicato in materia di riduzione dei tempi del processo sono finalmente lusinghieri. Infine, c’è il rischio di perdere i 3 miliardi di risorse del PNRR per il comparto della giustizia, collegati alle riforme già fatte.
Di fronte a tutti questi rischi per ora dal governo e maggioranza non sono arrivate risposte perché prevale il furore ideologico che vuole fare della prescrizione una bandiera. Le imprese ed i cittadini italiani hanno bisogno di una giustizia efficiente, non di una giustizia sottoposta alle ideologie” dichiara il deputato Federico Gianassi, capogruppo dem in Commissione Giustizia.
In attesa della pronuncia definitiva del Consiglio Ue, la Commissione europea ha approvato lo scorso 24 novembre la proposta di revisione del Pnrr italiano. Vengono modificate più della metà tra riforme e investimenti e circa un terzo degli obiettivi totali. Per queste ragioni il Pd chiederà al governo nel Question time di oggi quale sia la portata del nuovo Pnrr e quali siano stati criteri e modalità di scelta per le modifiche.
“Nelle scorse ore Bruxelles ha dato parere positivo alla revisione del PNRR, accettando la revisione proposta dal Governo Meloni con riduzione di alcuni obiettivi, l’introduzione di nuovi e la conferma delle riforme condizionanti previste.
Il Governo italiano aveva proposto tagli ai progetti per 15,9 miliardi mentre la commissione ne ha accettato solo 8,8 che, da una prima ricognizione, riguardano sostanzialmente i tagli effettuati sulle misure riguardanti i finanziamenti ai comuni.
In particolare, il finanziamento dei progetti di rigenerazione urbana delle città medio grandi si ridurrebbe da 3.3 a 2 miliardi, mentre la misura dei piani urbani integrati delle grandi città passerebbe da 2,5 miliardi a 900 milioni per un taglio complessivo di circa 2,8 miliardi. A questi si aggiunge l’uscita dal PNRR dei 6 miliardi di finanziamento delle piccole opere dei piccoli comuni il cui taglio complessivo era stato proposto dal ministro Fitto nella sua revisione.
Nelle prossime ore arriverà in parlamento il PNRR post revisione e vedremo le opere che si saranno salvate e quali dovranno trovare nuove imponenti risorse, con i 6 miliardi dei piccoli comuni. Così come andrà verificato l’esito del definanziamento delle misure per la riduzione del rischio idrogeologico per 1.3 miliardi e quelle del potenziamento dei servizi e delle infrastrutture di comunità delle aree interne e dei beni confiscati alle mafie per complessivi 1 miliardo destinato alla nuova Zes Sud che viene finanziata per il solo 2024.
Dovranno esser trovate per gli enti locali 9 miliardi di risorse sopr ttutto per le piccole opere, in genere da 300.000 euro che nel frattempo sono state affidate o realizzate.
Il ministro Fitto dovrà passare dal dire al fare sui finanziamenti sostitutivi perché in caso contrario si tratterebbe di un ulteriore taglio lineare da aggiungere alle risorse che mancheranno ai comuni nel 2024 con la legge di bilancio e l’applicazione del nuovo contratto collettivo”. Lo dichiara Silvio Lai, deputato PD della Commissione Bilancio di Montecitorio.
“Non possiamo negare che il processo di integrazione europea abbia subito una battuta di arresto. E che sia il momento di guardare avanti. Ma per farlo dobbiamo ricordare che l’Europa unita nasce per dare risposta al dramma della Seconda Guerra Mondiale. Come soluzione in grado di creare sviluppo e benessere e di assicurare pace. I risultati raggiunti sono stati tanti. Eppure, di fronte al mutare della situazione internazionale, la Ue non è stata in grado di tenere pienamente il passo e questo ha creato delle diseguaglianze che stiamo pagando con l’emergere di forze nazionaliste che ne mettono in discussione l’esistenza stessa. Non possiamo permettere che accada. Non possiamo lasciare tutto com’è. Nè lasciare che i governi nazionalisti abbiano la meglio e ci riportino indietro. Dobbiamo spingere il processo di integrazione europea il più possibile e per farlo dobbiamo accelerare le riforme istituzionali che regolano la governance europea - penso all’eliminazione del diritto di veto che paralizza spesso le azioni del Consiglio impendendo o rallentando decisioni fondamentali per il benessere di tutti gli Stati membri. Ma allo stesso tempo dobbiamo lavorare per più forti politiche comuni nei settori economici, della sostenibilità ambientale, della difesa, delle politiche migratorie, dello sviluppo. La storia degli ultimi tempi, con il Covid e la guerra in Ucraina, ha evidenziato che l’unica risposta possibile alle difficoltà del nostro tempo è quella comune. È quella europea”, Così Piero De Luca, capogruppo Pd in Commissione Politiche Ue intervenendo all’incontro “Il rosso e il verde per il futuro dell’Europa”.
Il governo non utilizza un provvedimento specifico: scelta incomprensibile che contraddice le dichiarazioni di un percorso condiviso sulla portualità.
“Da quanto si legge a mezzo stampa, pare che il governo abbia deciso di affrontate la riforma dei porti, anziché con un provvedimento specifico, di ampia discussione e condivisione parlamentare, inserendo in fretta e furia un emendamento nella legge degli interporti che dovrebbe arrivare in commissione la prossima settimana. Una forzatura inaccettabile, perché, per quanto la legge degli interporti abbia attinenze al tema è un’altra cosa e, dopo il lavoro in commissione di questi mesi e le dichiarazioni di ampia condivisione, ci aspettavamo un provvedimento specifico su cui discutere in modo approfondito. In questo modo il governo dimostra di non avere le idee chiare nell’affrontare questo percorso e di sottrarre spazi importanti alla discussione, rischiando di penalizzare temi cruciali per il rilancio dei Porti”. Così la deputata dem Valentina Ghio vicecapogruppo Pd e componente della commissione Trasporti.
“Crediamo – prosegue l’esponente Pd - che le riforme siano efficaci solo se sono realmente condivise e se c’è la volontà di condividerle con il Parlamento e con tutti gli stakeholder. Dalla discussione delle risoluzioni in commissione non ci sono state risposte su temi cruciali, come la natura giuridica dei Porti, la tutela del lavoro, la piena operatività delle Autorità di sistema portuale con il superamento dei commissariamenti in atto e temi di sostegno al lavoro delle imprese portuali, come chiesto a gran voce dagli auditi, a partire dalla proroga delle risorse dell'articolo 199, chiesto anche con un emendamento a mia firma sul decreto, e non accolto dal governo in questi giorni. Ci chiediamo quale sia la volontà che porta a questa forzatura, che vuole avviare una riforma a colpi di emendamenti su altri provvedimenti”.“Rimane poi l’incognita – ha concluso Ghio - delle privatizzazioni. Il governo ha messo nero su bianco che privatizzeranno asset pubblici per 20 miliardi di euro, l’equivalente dell’1% del Pil, ma non ha mai chiarito dove saranno queste privatizzazioni: vogliono privatizzare le ferrovie, correndo il rischio di danneggiare una delle poche aziende sane e in utile del Paese, la cui natura statale è il modo migliore per garantirne il controllo rispetto alle tratte sociali, ai collegamenti con le aree interne, alla sfida della sostenibilità? Vogliono privatizzare Mps? Ci sono anche asset pubblici inerenti la portualità in questi 20 mld di privatizzazioni? Anche su questo il governo deve fare chiarezza”.
“Nel merito, questa del premierato è una riforma pasticciata e pericolosa. Intanto perché svilisce una figura di garanzia e molto apprezzata dai cittadini come il Presidente della Repubblica. Poi, di fatto, cambia la forma parlamentare di governo del nostro Paese. Non è vero che produrrà più stabilità, ma produrrà più instabilità. E’ sbagliata nel metodo, ora sappiamo che partirà dal Senato dove c'è già in discussione la Riforma dell'Autonomia differenziata e dove già si sta discutendo la manovra. Questo succede semplicemente perché c'è in atto un mercato delle vacche all'interno della maggioranza: alla Lega l'autonomia differenziata e a Fratelli d'Italia il premierato. Alla faccia della stabilità del Paese e dell'interesse degli italiani”. Lo ha detto Simona Bonafè, vicepresidente vicaria del Gruppo dem alla Camera e capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali, intervistata sul sito web dei deputati Pd.
Lo scrive su X Nicola Zingaretti, deputato Pd
La destra con il premierato vuole colpire il Presidente della Repubblica, con l’autonomia vuole spaccare l’Italia.
Alla faccia dell’amore per la patria!
Cambiare sì, distruggere no. Anche per questo ci vediamo in Piazza sabato 11, costruiamo un futuro più giusto.
“Una Riforma delle Istituzioni dannosa, che produrrebbe conflitti tra i poteri dello Stato e indebolirebbe ulteriormente il Parlamento, senza rendere più efficiente il Paese. Un diversivo che la destra sta usando mentre approva una legge di bilancio vergognosa, che aumenterà le diseguaglianze e non produrrà sviluppo. Tutto questo, unito al disastro sulla gestione del Pnrr, ci dimostra per l'ennesima volta una cosa: dicevano di essere pronti a governare, ma non lo sono affatto. Continuiamo a combattere in Parlamento e nel Paese per l'alternativa”.
Lo scrive su Instagram il deputato e presidente della Fondazione del Pd, Nicola Zingaretti.
“Oggi il ministero della Giustizia, come avevamo già segnalato con una conferenza stampa, ci informa che in Italia si sta riducendo la durata dei processi e, allo stesso tempo, si sta accelerando l'abbattimento dell'arretrato, in linea con gli obiettivi del Pnrr concordati con l’Europa. Bene, molto bene. Ma allora, visto che questi dati sono il frutto delle riforme fatte nella scorsa legislatura, a cominciare da quella Cartabia sulla improcedibilità che il governo vuole affondare, ci chiediamo: perché modificarle mettendo a rischio i fondi del Pnrr, ad esempio con la nuova riforma della prescrizione? Queste riforme sono vittima del loro furore ideologico? Sembra quasi che l’analisi scientifica sia sostituita da un approccio volutamente di parte, la parte peggiore che non lavora per il bene del Paese”.
Lo dichiarano i parlamentari dem Debora Serracchiani responsabile Giustizia del Pd, i capigruppo nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato, Federico Gianassi e Alfredo Bazoli, il capogruppo in commissione Antimafia, Walter Verini e la senatrice Anna Rossomando, vice presidente del Senato.
“Giorgia Meloni ha anticipato la riforma costituzionale impedendo ai parlamentari di maggioranza di presentare gli emendamenti sulla legge di bilancio. La domanda è: che cosa gli ha fatto di male la nostra Costituzione? Quando non hanno mezza idea su come governare il Paese, chiedono più poteri per il capo. E’ una scorciatoia pericolosa”.
Lo dichiara Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera.
“La destra entra nella fase del piccone verso le istituzioni democratiche. Lo schema è quello tradizionale delle forze populiste e nazionaliste: prima raccolgono il consenso, poi conquistano il potere e presto evaporano. Infine attaccano le istituzioni democratiche. La destra italiana non è da meno. Dopo l'idea scellerata dell'autonomia differenziata che spaccherebbe il Paese, con questa proposta di riforma prevede l'elezione diretta del Premier, a fronte di un Presidente della Repubblica eletto dalle camere che sarebbe di fatto un ‘prigioniero politico’. Una situazione foriera di scontri permanenti dentro e fra le Istituzioni. Insieme, si indebolisce la forza del Parlamento”.
Così Nicola Zingaretti, deputato democratico e presidente della Fondazione del Pd.