"Tana libera tutti: sul commercio di armi niente più trasparenza, niente più garanzie, niente più rispetto dei diritti umani. La riforma della legge 185 che regola, appunto, il commercio di armi proposta dalla maggioranza, è un favore alle lobby e alle banche.
La 185 è una legge ottima, che mette il commercio di armi al servizio di una politica estera che tenga al centro la pace e la tutela dei diritti umani. Stabilisce, infatti, che non si possono vendere armamenti a paesi che li violano e a paesi coinvolti in guerre che contrastano con la carta dell'Onu. Ma la modifica voluta dalla destra elimina di fatto questo paletto etico fondamentale aprendo ad un mercato selvaggio e senza controllo.
Una legge nata grazie all'impegno del pacifismo, delle associazioni e Ong laiche e cattoliche che da sempre si occupano di questo, e che attraverso la riforma voluta dalla destra si vedrebbero totalmente escluse. Ong e associazioni non potranno più infatti segnalare i paesi colpiti da conflitti e quelli che violano i diritti umani a cui non vendere armi che sarebbero usate proprio per queste violazioni. Così come la riforma non prevede alcun riferimento ai principi del Trattato sul commercio delle armi. Un mercato selvaggio, dicevo, e senza trasparenza. Se adesso, infatti, è pubblico l'elenco delle banche che investono in armi, con la riforma non lo sarebbe più impedendo alle persone di sapere a chi affidano i propri risparmi.
In più, ma non meno importante, la proposta di modifica della destra sminuisce il ruolo del Ministero degli Esteri, slegando la vendita di armi alla politica estera.
Per queste ragioni, in commissione Esteri e Difesa, ci stiamo opponendo, proponendo emendamenti che tutelino la natura della 185 considerata una legge di avanguardia che ha fatto scuola in tutta Europa e di cui in questi tempi ispirati ai rapporti di forza, abbiamo bisogno". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Introdurre una nuova figura di intermediazione tra direttore e vicedirettore non ha alcun senso. Inaccettabile che la maggioranza non venga in Commissione”. Lo ha detto Stefano Graziano, capogruppo del Pd in commissione Vigilanza Rai, in una intervista a Repubblica.it.
“Partiamo da un presupposto: mentre l'Europa ha realizzato il Freedom Act che dà più spazi di libertà al servizio pubblico, qui la tv di Stato appare la gazzetta ufficiale del governo, è un atteggiamento da democratura più che democrazia. E questo nuovo provvedimento è di natura liberticida. Solo che ora, dopo il fallimento in termini di ascolti e reputazione di tele-Meloni, se entro agosto non applicheremo il Freedom Act arriverà l'infrazione e il conto lo pagheranno gli italiani”, ha aggiunto Graziano.
“Intanto è inaccettabile che la maggioranza si sia ritirata a Colle Oppio e non venga in Vigilanza bloccando la Commissione deputata al controllo del servizio pubblico, questo perché non ha i numeri e vuole imporre a tutti i costi un nome. Il tema è di metodo e non personale ovviamente e anche qui si vede la loro idea di reprimere pluralismo e spazi di libertà. Comunque ribadiamo con chiarezza e fermezza che se ci avessero ascoltato, a quest'ora la riforma l'avremmo fatta. Invece si sono persi quattro mesi. Dicemmo subito: prima la riforma, poi la governance. Ma il punto è che a destra non si ha nessuna voglia di dare più informazione e pluralismo. FdI persegue l'occupazione, la Lega vorrebbe la privatizzazione, FI è interessata a tutelare la quota di mercato pubblicitario di Mediaset. Quindi eccoci bloccati. Siamo stati facili profeti nel prevedere quest'esito”, ha proseguito il capogruppo dem.
“Guardiamo ai fatti. Noi abbiamo fatto uno studio preciso per dimostrare come Mediaset sorpassi Rai tutto l'anno nel '24, e per la prima volta dopo oltre 35 anni non è solo un duopolio ma un quadripolio, con La7 e Discovery. Immagini un po’ che oggi anche uno dei più grandi eventi sportivi, gli Australian Open di Sinner, l’abbiamo dovuta vedere su 9 e la Rai forse manco si è posto il tema. Si è polverizzato il palinsesto; la questione del sostegno economico ha un approccio sbagliato, diviso com'è tra fiscalità generale e canone, tema che priva una strategia complessiva, non a caso non c'è un disegno di vera trasformazione della Rai; l'indebitamento è di 600 milioni. In sostanza non c'è una visione della Rai del futuro e per questo siamo anche preoccupati per la sorte dei 12 mila dipendenti del servizio pubblico e degli italiani che pagano il canone”, ha concluso Graziano.
In questi anni il Pd ha evidenziato le insopportabili forzature e le illegittimità che il governo ha sulle procedure relative al ponte dello Stretto. A partire da quella dell'aggiudicatario, avete scelto in violazione di tutte le procedure, il contraente, che aveva perso il giudizio di primo grado e avete stabilito un importo superiore a ben 5 volte il costo originario dell'opera. A nessun cittadino verrebbe consentito di costruire un'immobile su una faglia attiva e men che mai esitare un progetto con 62 prescrizioni di carattere ambientale”. Così il deputato dem Anthony Barbagallo in replica al ministro Pichetto Fratin nel Question Time alla Camera.
“Andava fatta la VAS (valutazione ambientale strategica) – continua il capogruppo Pd in Commissione Trasporti - e una nuova VIA (valutazione impatto ambientale) non integrativa a quella abbondantemente scaduta. E invece in continua violazione delle norme comunitarie scegliete sempre scorciatoie che vi porteranno a sbattere contro una pronuncia della Corte di Giustizia europea”. “Mentre questo governo continua a promettere di realizzare il ponte, i siciliani, in questo momento, non hanno neanche un treno che colleghi Palermo a Catania e gli studenti non hanno neanche un servizio di trasporto pubblico locale che li faccia arrivare puntuali a scuola. Il progetto del ponte non potrà essere approvato senza il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e senza la verifica di ottemperanza attenta e minuziosa delle 62 prescrizioni della commissione VIA”, conclude Barbagallo.
Ma c’era proprio bisogno di questa riforma? Già la Corte Costituzionale aveva chiarito che per prevedere due concorsi differenti, la modalità per non transitare da un ruolo all’altro, era sufficiente una legge ordinaria, purché rimanesse un unico ordine e un unico CSM. Allora perché fare una legge di riforma costituzionale? A noi sembra chiaro l’intento punitivo di questa riforma, come chiaro ci appare il furore ideologico che l’accompagna. Al di là dell’affermazione di principio sulla unitarietà dell’ordine giudiziario, non ci si limita a separare le carriere, ma si fanno due distinte magistrature governate da due distinti CSM. Si prende quindi un potere unico per farne due mezzi poteri, indebolendo in questo modo l’ordine giudiziario ed intaccandone autonomia ed indipendenza. E questo è un fatto.
Si dice che la riforma serva per limitare lo strapotere del Pm nel processo. Ebbene, cosi come scritta determinerà esattamente il contrario. Indebolimento dell’ordine giudiziario e rafforzamento del pm che, già dotato di un proprio apparato di polizia giudiziaria, avrà anche di un proprio CSM con cui si autogovernerà. Non era meglio occuparsi del sovraffollamento delle carceri, o del processo telematico penale che non funziona, o del piano strategico delle assunzioni per il sistema giustizia ormai al collasso per evitare che le udienze vangano fissate al 2030? O delle richieste di maggiori investimenti che i giudici chiedono per fare le indagini sempre più complesse e combattere la criminalità organizzata? Questi sono i problemi che interessano i cittadini e gli operatori del diritto. Ma a voi non interessa costruire un servizio pubblico di giustizia per i cittadini. Del resto, cosi come state smantellando il servito pubblico sanitario, così smantellate il servizio della giustizia penale.
Così la deputata democratica e responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula durante la dichiarazione di voto.
“La gestione dell’INPS appare sempre più fuori controllo. Dopo i problemi sulle comunicazioni ufficiali sui requisiti per la pensione, emergono nuovi disservizi sul simulatore per il calcolo della pensione.
Le continue marce indietro e la mancanza di chiarezza non solo generano confusione tra i cittadini, ma pongono seri dubbi sulla trasparenza dell’istituzione, che sembra operare con l’obiettivo di non creare difficoltà al governo, agendo come una semplice fanfara della propaganda.
Depositeremo un’interrogazione parlamentare per fare luce su queste criticità e garantire ai cittadini un servizio pubblico trasparente e affidabile”
Così il capogruppo democratico nella commissione lavoro della camera, Arturo Scotto.
“La riforma costituzionale sulla separazione delle carriere del governo, riduce l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, spingendo il pubblico ministero al controllo dell'esecutivo”. Così la capogruppo democratica nella commissione affari costituzionali della camera, Simona Bonafè che sottolinea come con la riforma “non vengono toccate le vere emergenze e priorità del sistema giudiziario italiano a partire dalla velocizzazione dei processi, ma si creano le condizioni per mettere la giustizia al servizio della politica cancellando anni di cultura giuridica italiana e facendo carta straccia del principio della separazione dei poteri alla base delle costituzioni liberali. Noi siamo disponibili a lavorare insieme per riforme che assicurino davvero funzionalità e garanzie nel processo ma siamo di fronte ad un approccio ideologico che nulla a che fare con la garanzia di un giustizia giusta per cittadini e imprese”.
“Torna l'austerità per tutti, le mancette elettorali, il ponte sullo Stretto, i tagli al Mezzogiorno e alla sanità, mentre la crescita si avvia verso lo zero virgola”. Così, sui social, il Gruppo parlamentare del Partito Democratico evidenzia le principali criticità della manovra approvata ieri sera dalla Camera, che la capogruppo a Montecitorio, Chiara Braga, ha definito “ingiusta, inefficace e iniqua”. I democratici stigmatizzano i tagli indiscriminati a regioni ed enti locali (-12 miliardi di euro) e la sforbiciata lineare a tutti i ministeri, il cui conto – sottolineano – come sempre, sarà pagato dai più poveri: lavoratori dipendenti e pensionati, a cui non solo verranno aumentate le tasse, ma saranno ridotti i servizi pubblici essenziali, come sanità, welfare, scuola e trasporto pubblico locale. I democratici evidenziano anche il diritto alla sanità negato, mentre oltre 4 milioni di italiani rinunciano a curarsi. Il governo fa crollare gli investimenti nella sanità al minimo storico, bocciando l’emendamento presentato dal PD, che chiedeva 5,5 miliardi in più all'anno per il Servizio Sanitario Nazionale.
Colpite anche le pensioni minime e gli italiani all’estero. Le pensioni minime, che dovevano arrivare a 1.000 euro al mese, crescono solo di 3 euro lordi al mese. Previsti tagli anche per le pensioni degli italiani all’estero. Ignorate le infrastrutture del Mezzogiorno e le aree interne abbandonate. Le infrastrutture del Sud restano ferme, mentre il governo destina 15 miliardi per il ponte sullo Stretto, sottraendo risorse cruciali a tutto il Mezzogiorno, alle infrastrutture e alle strade locali già programmate dalle amministrazioni. Nuove tasse per i cittadini: aumenta il carico fiscale. Dal 1° gennaio, 17 milioni di italiani che possiedono un’auto diesel scopriranno che il carburante costerà di più, a causa dell’aumento delle accise, così come il canone Rai. Il governo aumenta il carico fiscale senza prevedere un reale intervento a favore delle famiglie, riducendo nel contempo le detrazioni fiscali. Tagli alla scuola, all’università e alla cultura. Il diritto all’istruzione è messo in crisi con centinaia di milioni di euro di tagli a un sistema educativo che avrebbe bisogno di risorse e misure per rafforzare l’insegnamento di sostegno, potenziare il tempo pieno e le mense scolastiche e garantire la gratuità di libri e trasporti scolastici per tutti. Colpite anche l’università e la ricerca: nessun intervento strutturale e ulteriori tagli a tutti i settori culturali.
No al salario minimo. È stata bocciata la proposta del PD di introdurre il salario minimo, ribadendo che sotto i 9 euro l’ora non è lavoro, ma sfruttamento. “Continueremo la nostra battaglia”, affermano i democratici, che hanno appena depositato oltre 120mila firme per mettere la legge d’iniziativa popolare in cima all’agenda politica.
Assenza di politiche industriali per la transizione ecologica. Mancano completamente all’appello politiche industriali adeguate, come conferma il drastico taglio al fondo per l’automotive e l’assenza di misure per supportare la transizione ecologica e affrontare l’emergenza climatica. Privatizzazione delle infrastrutture pubbliche. Restano forti dubbi e incertezze sulla privatizzazione di Anas e Ferrovie, un altro passo verso la cessione di asset strategici dello Stato. Colpito il terzo settore. Il governo estende la spending review colpendo le donazioni alle realtà del terzo settore, che quotidianamente offrono supporto alle comunità locali. Ritorno della legge "mancia". Torna la legge mancia, con 113 milioni di euro distribuiti in micro-interventi settoriali che appaiono più come “micro-mance” clientelari che come misure utili al Paese.
Casu: governo ha assunto impegno a salvaguardare i posti di lavoro
“È stato approvato l'ordine del giorno presentato dai deputati Roberto Morassut, Andrea Casu e Silvia Roggiani e sottoscritto da tutto il gruppo PD, che impegna il governo ad adottare soluzioni per tutelare la sostenibilità finanziaria dell'ACI e garantire il rispetto della sua missione istituzionale. L'impegno riguarda la salvaguardia delle professionalità coinvolte e dei posti di lavoro, compresi tutti i dipendenti di ACI Informatica, attraverso il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e aziendali. L'emendamento nasce a seguito dell’adesione del gruppo parlamentare Pd alla protesta delle lavoratrici e dei lavoratori di ACI Informatica, che hanno contestato l’articolo 116 della manovra del Governo Meloni che con un prelievo di 50 milioni di euro annui a partire dal 2025 mette pesantemente a rischio servizi pubblici essenziali e l'innovazione tecnologica per i cittadini, oltre a compromettere il futuro delle 500 famiglie dei dipendenti di ACI Informatica. Per il gruppo Pd è intervenuto in aula il deputato democratico Andrea Casu, vicepresidente della Commissione Trasporti alla Camera, che dichiara: “Abbiamo mantenuto l’impegno che avevamo preso con le lavoratrici e i lavoratori. Adesso vigileremo perché il governo rispetti quanto votato dal parlamento e garantisca tutti i dipendenti, comprese le donne e gli uomini che lavorano per Aci Informatica, che svolgono, a tutti gli effetti, un servizio pubblico essenziale per cittadini e imprese”.
“Un passo avanti per il benessere psicologico delle nostre studentesse e dei nostri studenti.” Così Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico, annuncia con soddisfazione l’approvazione nella legge di bilancio di un emendamento a favore dell’istituzione di un servizio di sostegno psicologico nelle scuole. La misura, che riprende la proposta di legge di cui la parlamentare è prima firmataria, è stata inserita nella manovra grazie all’impegno del Partito Democratico. L’emendamento prevede uno stanziamento di 10 milioni di euro per il 2025 e di 18,5 milioni di euro a partire dal 2026, per garantire l’accesso a servizi di supporto psicologico rivolti agli studenti e alle studentesse delle scuole italiane. “Avevamo chiesto uno stanziamento più ambizioso, pari a 120 milioni di euro per il 2025 e a 200 milioni di euro a partire dal 2026, consapevoli dell’enorme bisogno presente nelle scuole – sottolinea Scarpa – sappiamo che quanto ottenuto non basterà assolutamente, ma intanto abbiamo dato avvio al percorso, e questo è un bene.”
La parlamentare ha voluto ringraziare le associazioni che, con il loro impegno costante, hanno contribuito a portare questo tema al centro del dibattito pubblico: “La necessità di un supporto psicologico nelle scuole è un tema che è stato sollevato con forza da campagne come Chiedimi come sto, promossa dalla Rete degli Studenti Medi, dall’Unione degli Universitari e dal Sindacato Pensionati Italiani CGIL. Grazie al loro lavoro e alla loro mobilitazione, sono state poste le basi per la proposta di legge che ho depositato e a cui questo emendamento approvato si ispira.” Scarpa evidenzia l’importanza di questa misura in un momento storico in cui i dati sul disagio psicologico tra i giovani sono allarmanti: “Le difficoltà legate alla pandemia, le incertezze sul futuro e il crescente stress scolastico stanno lasciando segni profondi. È compito della politica offrire strumenti efficaci per supportare i giovani e le loro famiglie. Questo fondo rappresenta una prima risposta alle loro richieste.” La deputata ha infine assicurato che il lavoro del Partito Democratico continuerà per rafforzare questo servizio e raggiungere obiettivi ancora più ambiziosi: “Non ci fermeremo qui – conclude – perché crediamo fermamente che investire nel benessere psicologico dei giovani significhi investire nel futuro del nostro Paese.”
“Il governo deve fermarsi e ripensare i tagli contro i lavoratori di Aci Informatica. L’impatto sociale ed economico di questa misura sarebbe disastroso. Oltre ad essere un durissimo colpo per i 500 dipendenti di Aci Informatica e le loro famiglie, si colpisce un servizio pubblico essenziale e di conseguenza si penalizzano cittadini e imprese, oltretutto aumentando i costi per lo Stato. Da subito come Pd ci siamo mobilitati a fianco dei lavoratori per difendere i loro diritti e la continuità di servizi indispensabili per i cittadini. Facciamo ancora adesso appello al governo e alla maggioranza affinché riveda questa norma prima che sia troppo tardi. Non possiamo permettere che scelte miopi distruggano eccellenze italiane e lascino per strada centinaia di lavoratori e le loro famiglie” così in una nota i deputati democratici Silvia Roggiani e Andrea Casu.
“Le ipotesi di dimissioni del Direttore del Tgr, Alessandro Casarin, e le nuove nomine rinviate, evidenziano ancora una volta la paralisi decisionale dei vertici Rai. Il Tgr, cuore informativo radicato nei territori e voce imprescindibile delle realtà locali, non può essere terreno di conquista per logiche di potere. Ed è inaccettabile l’incertezza che pesa sulle redazioni, già prive di risorse e di un chiaro indirizzo editoriale. Chiediamo un intervento urgente per dotare il Tgr di una redazione autonoma e competente. E vanno garantite risorse, mezzi e una linea editoriale chiara per informare il Paese in modo indipendente. La credibilità della Rai e il diritto dei cittadini a un’informazione imparziale non possono attendere le decisioni di una maggioranza inadeguata” così i parlamentari democratici nella commissione di Vigilanza Rai.
La maggioranza continua a sabotare la Commissione di Vigilanza Rai, disertando le sedute e bloccando l’iter istituzionale per il completamento della nomina del presidente del CdA. Si tratta di un atto irresponsabile, che dimostra totale disprezzo verso le regole e i cittadini, i quali pagano il canone per un servizio pubblico che dovrebbe essere indipendente e trasparente", dichiarano in una nota i parlamentari democratici della Commissione di Vigilanza Rai.
"Questo atteggiamento irresponsabile – concludono – non solo compromette la trasparenza e l’efficacia del servizio pubblico, i cui dati drammatici sono sotto gli occhi di tutti, ma rappresenta un attacco alle regole democratiche. La maggioranza sta infatti impedendo al Parlamento di completare la votazione sulla Presidenza della Rai, come previsto dalla legge."
I parlamentari democratici della Commissione di Vigilanza Rai chiedono all’amministratore delegato Giampaolo Rossi di riferire e fornire immediati chiarimenti sulle preoccupazioni espresse dall’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti del Giornale Radio. È indispensabile conoscere il progetto aziendale per il futuro della Radio e garantire il mantenimento del perimetro occupazionale.
La Rai è un servizio pubblico fondamentale e, in quanto tale, deve tutelare il lavoro dei professionisti che ne garantiscono qualità e credibilità. Porteremo il caso in Vigilanza”, concludono i democratici, sottolineando che è grave che l’amministratore delegato Rossi non si sia ancora presentato in Commissione dal suo insediamento.
“La sentenza del TAR Liguria, che annulla l’affidamento diretto alla Rai dell’organizzazione del Festival di Sanremo a partire dal 2026, getta una forte ombra di incertezza su quello che rappresenta il più grande evento mediatico del servizio pubblico e la principale fonte di incasso pubblicitario della Rai. Anche se l’edizione del 2025 è salva, questa decisione rischia di avere un impatto devastante sui conti dell’azienda e sull’identità culturale dell’evento stesso. È fondamentale che l’Ad Rossi venga immediatamente a riferire in Commissione di Vigilanza per chiarire come intende affrontare questa situazione e garantire che il Festival di Sanremo rimanga un pilastro del servizio pubblico. Perdere il Festival sarebbe un colpo durissimo non solo per l’equilibrio economico della Rai, ma anche per la promozione della musica italiana e la tradizione culturale che questo evento rappresenta”. Così una nota dei componenti democratici della vigilanza Rai che sottolineano che Rossi da quando si è insediato ancora non si è mai presentato in vigilanza.
“La precettazione dei lavoratori del trasporto pubblico, annunciata dal ministro Salvini, sarebbe la beffa dopo il danno e un enorme atto di arroganza. Salvini e li governo non hanno tutelato il trasporto pubblico locale trascurando investimenti essenziali e negandoli ancora in Legge di bilancio. Sono scelte che colpiscono lavoratori e viaggiatori. Servono due miliardi, c’è poco da precettare. Bisogna investire. Bisogna tutelare la sicurezza del personale che è a rischio e garantire il servizio per i cittadini e per i turisti”. Lo ha detto il deputato del Partito Democratico, Roberto Morassut, durante il convegno “Il sistema dei trasporti alla vigilia del Giubileo” organizzato da Uiltrasporti.