Data: 
Giovedì, 4 Settembre, 2014
Nome: 
Laura Garavini

A.C. 2598-A

 

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, autorevoli esponenti del Governo, il mondo dietro l'angolo degenera in una escalation di violenza e l'Italia non sta a guardare, ma torna ad essere protagonista di mediazione politica e del difficile tentativo di ricucire rapporti volti a scongiurare guerre e a ripristinare la pace. Governo e Parlamento in questa fase di conflitti internazionali sono in prima fila per promuovere processi di stabilizzazione democratica e di convivenza pacifica, anche attraverso l'approvazione di questo decreto-legge «missioni». 
Nelle ultime settimane lo scenario politico internazionale ha assunto dimensioni drammatiche, il nord dell'Iraq con il terrorismo jihadista continua a seminare orrore e violenza; in Ucraina, d'altro lato, il braccio di ferro con la Russia ha ormai raggiunto livelli analoghi a quelli usati nei periodi della peggiore guerra fredda, al punto da ventilare sviluppi gravissimi, inimmaginabili fino a poco tempo fa. Mentre in Siria, in Libia e in diverse località di confine gli scontri in atto spingono milioni di persone a fuggire dal loro Paese come profughi. Ecco che è positivo il fatto che l'Italia, di fronte a questa acuta situazione internazionale che ci interessa molto da vicino, non stia alla finestra a guardare passivamente, bensì stia riacquistando un ruolo da protagonista e si renda artefice della ricerca di soluzioni politiche, legate al dialogo, al confronto e alla messa in atto di misure di sostegno allo sviluppo pacifico delle aree di crisi. 
Un ruolo da protagonista che l'Italia gioca a tutto campo, in primis come Governo, che ha scelto di inserire tra le grandi priorità del programma del semestre italiano di Presidenza dell'Europa proprio una svolta nelle politiche estere europee, così che si mettano i Paesi del Mediterraneo e dell'Africa al centro dell'attenzione politica europea. Un'attenzione forte, dimostrata dal Presidente del Consiglio, Renzi, anche attraverso i suoi viaggi all'estero in qualità di Presidente dell'Europa e di Capo del Governo: prima a Tunisi, poi in Mozambico, in Congo, in Angola e infine in Egitto e in Iraq proprio in concomitanza con la recrudescenza degli attacchi dei terroristi del neo-costituito Califfato Isis alle minoranze religiose cristiane nel nord iracheno. Viaggi che dimostrano che l'Italia e l'Europa stanno al fianco dei bambini, delle donne e degli uomini che soffrono e che temono per la loro vita in queste regioni di crisi. 
Per non parlare dell'impegno della Ministro agli affari esteri, Federica Mogherini, negli ultimi mesi, nella paziente tessitura di relazioni politiche internazionali. Anzi, approfittiamo dell'occasione per rivolgerle anche in quest'Aula, anche come gruppo del Partito Democratico, le nostre più vive congratulazioni e i migliori auguri per il nuovo e prestigioso incarico che le è stato conferito in qualità di Alto rappresentante della politica estera europea. 
Ma il protagonismo dell'Italia per una soluzione politica dei conflitti coinvolge in pieno anche il Parlamento. Bene ha fatto la Commissione affari esteri a riunirsi in seduta straordinaria nel cuore dell'estate, il 20 agosto scorso, per deliberare l'appoggio ai curdi del nord Iraq. Lo scopo è quello di sostenere, anche militarmente, le forze di opposizione che vivono nell'area sotto assedio, per contrastare dall'interno un vero e proprio genocidio di popolazioni innocenti attuato dagli jihadisti dell'Isis. Le immagini delle migliaia di profughi – anche qui donne, bambini, vecchi – perseguitati nelle settimane scorse e i video delle notizie delle esecuzioni dei due giornalisti statunitensi, James Foley prima e Steven Sotloff, proprio nel corso dei nostri lavori, ieri l'altro, ci dimostrano che non c’è tempo da perdere. Non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo. È necessario che votiamo molto in fretta questo provvedimento così da rendere concrete e realizzabili le misure approvate, misure che vanno proprio e che mirano a risolvere e ad affrontare proprio situazioni di crisi quali quelle che ci stanno interessando. 
L'attuale scenario geopolitico internazionale rende ancora più urgente l'esigenza che il nostro Paese metta in campo tutti gli sforzi di peacekeeping possibili attraverso l'uso integrato di interventi civili, militari e di misure di cooperazione allo sviluppo, sempre affiancate da un'azione politico-diplomatica che sia al tempo stesso economica e umanitaria, esattamente il contenuto di questo decreto. 
Ma, accanto alle missioni internazionali, questo provvedimento contiene anche una parte inerente gli italiani all'estero, cioè il rinnovo di importanti istituzioni democratiche delle nostre comunità nel mondo. Anche questo è un problema che va affrontato in fretta. Si tratta di deliberare le premesse legislative e di stanziare le risorse utili per poter eleggere, entro i termini previsti per legge, cioè entro il dicembre di quest'anno, i Comites, una sorta di consigli comunali per gli italiani che risiedono fuori dall'Italia. Non votare in tempo utile significherebbe dare un ulteriore schiaffo a questi importanti organi di rappresentanza degli italiani all'estero. Per la prima volta dopo tanti anni questo è finalmente un gesto di attenzione forte, politico, nei confronti degli italiani nel mondo e delle loro rappresentanze. È una svolta vera: non più politiche «contro» bensì politiche «per» gli italiani nel mondo. Era da ben cinque anni che si aspettavano queste elezioni, perché per la bellezza di tre volte consecutive si è sempre rinviato il voto, in deroga alla legge. 
Detto in altri termini, con i rinvii voluti nel 2008, nel 2010 e nel 2012, gli allora Governi responsabili, rispettivamente due Governi Berlusconi e poi il Governo Monti hanno dimostrato di fatto il totale disinteresse nei confronti degli italiani all'estero, in sfregio ad ogni sacrosanto diritto di voto dei nostri connazionali. Ecco che, a maggior ragione, la decisione dell'attuale Governo di rinnovare i Comites dimostra non solo correttezza nella misura in cui si adempie a quanto previsto dalla legge, ma anche il profondo rispetto nutrito per gli italiani nel mondo e il riconoscimento del valore delle loro importanti rappresentanze di base. 
Certo, anche noi del Partito Democratico avremmo preferito che fosse possibile l'iscrizione al registro elettorale fino al giorno stesso delle elezioni, e non fino a quattro settimane prima, ma non dimentichiamo che si tratta di un voto per corrispondenza: è dunque chiaro che servono anche dei tempi tecnici organizzativi per la realizzazione ben fatta ed oggettiva delle operazioni di voto. Ecco che è positivo che, con l'approvazione di un nostro emendamento in Commissione, abbiamo aumentato il tempo a disposizione per iscriversi, vale a dire fino a 30 giorni prima del voto, anziché i 50 che erano quelli originariamente previsti dal decreto, e dunque con 20 giorni aggiuntivi per la preiscrizione. 
Questi sono risultati concreti, questi sono fatti, queste sono decisioni e scelte politiche concrete e importanti ed è curioso che oggi, mentre il Governo, dopo cinque anni di ritardi, si impegna e fa il possibile per rendere finalmente possibile il voto, ci siano esponenti dell'opposizione e colleghi che cercano di profilarsi oggi come paladini dei diritti di partecipazione degli italiani nel mondo, quando loro stessi fanno parte di quella stessa forza politica che per diversi anni ha letteralmente disconosciuto, e direi quasi «asfaltato», i diritti degli italiani all'estero, impedendo il rinnovo, ad esempio, dei loro organi di rappresentanza. Visti i precedenti, questo comportamento non può che essere poco credibile. 
Credo invece che con questo decreto – Presidente, mi avvio alla conclusione – sulla questione dei Comites il Governo dia nuovamente un segnale molto chiaro: se c’è la volontà politica, cambiare verso è possibile anche negli interventi degli italiani nel mondo. Adesso però è necessario che, da parte di tutti, si compia ogni sforzo utile per promuovere la massima partecipazione possibile, così che il rinnovo dei Comites diventi nei fatti una straordinaria opportunità di rilancio e anche di rinnovo generazionale dei suoi componenti, una occasione preziosa per rianimare finalmente le istituzioni democratiche degli italiani all'estero.