Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 26 Maggio, 2022
Nome: 
Paolo Siani

A.C. 3475-A

Grazie Presidente. Sottosegretario, cari colleghi, io mi associo subito alle parole dell'onorevole Bagnasco, nel ringraziare la presidente e la relatrice del provvedimento. Devo sottolineare anche io un clima molto costruttivo nella Commissione, che ha migliorato effettivamente un testo che c'era giunto. È questa una bella esperienza e consegniamo al Governo una delega abbastanza corposa e importante. Tutti hanno già spiegato il senso di questo provvedimento e la mia collega Ianaro lo ha molto bene illustrato nella discussione generale. Io vorrei partire da una premessa, però, che mi sembra la linea guida su cui dobbiamo lavorare nei prossimi mesi. La ricerca scientifica di qualità, sottosegretario, è responsabile di effetti concreti e misurabili, per gli individui singoli e per la collettività, e ha un valore inestimabile per il Paese. La ricerca scientifica di qualità è il motore della buona medicina, perché senza una buona ricerca non ci può essere una buona medicina. Ma tutto questo, che dovrebbe essere chiaro a tutti e che è molto chiaro ai ricercatori, è altrettanto chiaro che non si può fare senza le risorse. Gli IRCCS costituiscono dei centri di eccellenza per la promozione della ricerca, lo sviluppo e l'applicazione delle innovazioni terapeutiche e delle nuove tecnologie in campo biomedico e sanitario. Questa riforma è necessaria oggi, perché vuole orientare l'attività degli IRCCS al trasferimento di interventi che siano efficaci e innovativi nella pratica assistenziale e perché vuole realizzare contemporaneamente prestazioni di ricovero e di cura ad alta specialità, garantendo un'eccellente sinergia tra ricerca, innovazione e assistenza. Però, purtroppo, tutto questo non è ancora distribuito in modo equo su tutto il territorio nazionale. Vorrei qui porre due quesiti e due punti di riflessione, che sono anche due critiche, che dovremo poi affrontare con la delega. La prima è che non abbiamo dato nessuna risposta alla piramide della ricerca e, come hanno detto già i miei colleghi, non possiamo continuare a penalizzare i nostri migliori talenti. Occorre, pertanto, intervenire fermamente e presto, attraverso la definizione di un percorso professionale che dia una concreta stabilizzazione ai ricercatori. Non possiamo neanche negare, però, che il sistema della ricerca nel nostro Paese, nonostante l'importanza della ricerca, è un sistema fragile, che richiede un forte impegno personale dei ricercatori, ma richiede anche risorse, strutture, riconoscimenti del lavoro svolto e una parola magica, la “meritocrazia”, che in questo campo è decisiva. Altrimenti accade quello che accade da molti anni nel nostro Paese, ovvero che tanti nostri bravi ricercatori si spostano verso altri Paesi che gli consentono di continuare il loro lavoro in condizioni favorevoli e di poterlo realizzare come loro meglio preferiscono. Sia chiaro, ovviamente, che un periodo di soggiorno all'estero per un giovane ricercatore è cosa molto utile e molto importante ed è anche auspicabile che avvenga, purché il nostro ricercatore poi torni nel nostro Paese e possa attuare qui le cose che ha imparato all'estero e non piuttosto che rimanga all'estero, sottraendo al suo Paese quanto imparato fuori. Queste le due premesse e questa è la prima criticità che voglio affrontare. Adesso io vorrei parlare di questo provvedimento dal punto di vista degli ammalati. Infatti, sottosegretario, in particolarmente modo per chi si ammala di nuova patologia rara e complessa e ha la sventura di vivere al Sud del Paese, questa al momento è una tragedia enorme. Ammalarsi è sempre un problema grave, ma ammalarsi al Sud è un problema tragico, perché la stragrande maggioranza degli IRCCS attualmente in Italia sono al Centro Nord.

Al Sud ve ne sono solo cinque pubblici e cinque privati e questo è un divario insopportabile. Vi voglio citare oggi una ricerca recentissima, comparsa pochi mesi fa su una rivista di pediatria, The Italian Journal of Pediatrics, portata avanti dal professor Mario De Curtis il quale, analizzando le dimissioni di tutti i bambini ricoverati nel nostro Paese, dice che un bambino che vive nel Mezzogiorno d'Italia ha un rischio del 70 per cento, rispetto a un suo coetaneo del Nord, di dover migrare in altre regioni per curarsi. Questo a me sembra, oggi, inaccettabile. Non solo, ma i dati che Mario De Curtis ci mostra nel suo lavoro mettono in evidenza che i bambini o i ragazzi residenti nel Mezzogiorno, rispetto a quelli che risiedono nel Centro Nord, sono stati curati più frequentemente in altre regioni: il 12 per cento, quelli del Sud, devono migrare al Nord, contro il 6 per cento di quelli del Nord. Ma se noi andiamo a selezionare questi pazienti per malattie rare, complesse e difficili, la percentuale si sposta dal 10 per cento dei bambini del Nord, al 21,3 per cento dei bambini del Sud.

Non devo spiegare adesso cosa vuol dire per una famiglia spostarsi in un'altra regione per curarsi. Questo comporta grandi sacrifici economici, spesso la perdita il lavoro, nel caso del bambino, per la mamma, e grandi sforzi economici. E il costo della migrazione sanitaria dal Mezzogiorno - dove risiede, lo voglio dire, il 35 per cento dei nostri bambini - verso altre regioni supera i 100 milioni di euro, che è pari al 15 per cento della spesa totale dei ricoveri: è una spesa importante. La migrazione dei bambini soprattutto, ma di chiunque è ammalato, che deve uscire di casa, dalla sua regione, per curarsi in un'altra regione, pone problemi economici enormi alla famiglia. Inoltre, le regioni meridionali, a causa di questa migrazione, devono poi rimborsare alle regioni del Nord le prestazioni mediche cui è sottoposto il loro ammalato, accumulando ancor di più disastro economico e un doppio svantaggio. Una parte di questi costi potrebbero restare nelle regioni del Sud per migliorare le strutture e migliorare la ricerca, e questo, invece, non accade.

Voglio dirvi l'ultimo dato su cui il professor De Curtis ci ha da poco informati, che è quello per il quale in Molise l'impatto economico della migrazione è del 45 per cento di tutte le spese sanitarie del Paese, per la Basilicata del 44 per cento, per Calabria e Abruzzo è del 26 per cento e 29 per cento. In sostanza, è un peso imponente e importante per le regioni del Sud e questo dato non fa altro che accentuare le disuguaglianze sociali, in quanto incide notevolmente sui bilanci familiari. Quindi, abbiamo il doppio svantaggio di doverci curare al Nord del Paese e aumentare lo svantaggio sociale. E allora non basta dire: dobbiamo redistribuire in modo equo gli IRCCS al Sud e al Nord, non basta dire dobbiamo far crescere gli IRCCS al Sud. Dobbiamo dire come e in che modo vogliamo che questo accada, con quali risorse. E allora, nell'ordine del giorno che il Governo ha accettato, anche se riformulato, c'è una nostra proposta - mia, dell'onorevole Misiti, dell'onorevole Stumpo, dell'onorevole Viscomi, dell'onorevole Ianaro -ossia di agevolare e realizzare gemellaggi tra IRCCS che già esistono e strutture del Sud che sono pronte a diventare un IRCSS, se qualcuno le affianca e le aiuta. E immaginiamo un gemellaggio che duri 3-5 anni, dopodiché se l'IRCCS del Sud diventa davvero un IRCCS e supera tutti gli esami che deve superare, l'IRCSS che lo ha affiancato, che in genere sta al Nord, potrebbe avere un meccanismo di premialità sui fondi della ricerca, e quindi essere premiato per fare altre ricerche. Ecco, questo è un modo semplice, concreto ma fattibile, per non lasciare solo scritto sulla carta che dobbiamo fare IRCCS anche al Sud, ma per farli davvero.

Ora chiudo, Presidente, esprimendo il voto favorevole del Partito Democratico, perché questo provvedimento può rappresentare una svolta per il nostro Paese, purché rappresenti davvero il riscatto e la crescita del Sud del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).