Signor Presidente, signori del Governo, il 30 aprile di quest'anno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha lanciato un allarme molto forte sui bassi livelli salariali e, soprattutto, sui rischi che essi determinano dal punto di vista della fuga di larghi strati di popolazione giovanile dal nostro Paese. Come lei sa, signor Presidente, questa denuncia cadde abbastanza nel vuoto. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un video - mi passi il termine - un po' singolare nel giorno della festa delle lavoratrici e dei lavoratori, oltre a snocciolare risultati molto discutibili, che poi proverò a smontare, dal punto di vista della tenuta occupazionale e dal punto di vista delle leggi messe in campo, negò esplicitamente che in Italia ci fosse un problema salariale e di povertà lavorativa.
Ovviamente lo negò senza citare i dati, senza nemmeno essersi presa la briga di andare a verificare cosa dicevano, praticamente in maniera unanime, Eurostat, OCSE e Istat: che l'Italia è un Paese dove i redditi sono troppo bassi, soprattutto i redditi da lavoro, e dove chi per vivere deve lavorare molto spesso rischia di scivolare nella povertà. Non è sempre stato così, lavoro e povertà non sono mai stati sinonimi. Eppure, per una larga fascia di lavoratori italiani, l'Eurostat sostiene che il 9 per cento dei lavoratori impiegati a tempo pieno del nostro Paese sono già scivolati sotto la soglia di povertà.
Se poi andiamo a guardare i dati che riguardano chi ha un contratto precario, chi ha un contratto intermittente, chi vive di voucher, che ha il part time e chi ha il part time involontario, ci rendiamo conto che questi numeri sono molto più significativi.
Secondo la Fondazione Di Vittorio, sono oltre 6 milioni le lavoratrici e i lavoratori che vivono sotto la soglia dei mille euro e sono 4 milioni i lavoratori che vivono e lavorano sotto la media dei 9 euro lordi l'ora. Piuttosto che lanciare anatemi nei confronti dell'opposizione, che, dal punto di vista di questa destra, spesso appare disfattista o antipatriottica, occorrerebbe lanciare insieme quell'allarme e provare insieme a costruire le strategie di uscita.
Noi chiediamo, da questo punto di vista, un'attenzione, una riflessione comune di un testo, di una mozione che è stata sottoscritta e costruita insieme dal Partito Democratico, dal MoVimento 5 Stelle e da Alleanza Verdi e Sinistra. Che cosa diciamo? Esiste un'emergenza salariale, esiste un'emergenza dei redditi più poveri, e questa emergenza va affrontata attraverso alcune iniziative, che devono essere molto, molto più incisive.
E, dunque, signor Presidente, occorre innanzitutto partire da un dato: se 22 Paesi su 27 hanno il salario minimo legale, non è perché sono impazziti, non è perché sono contrari alla contrattazione collettiva. Vorrei ricordare sommessamente al Presidente e al Governo che la contrattazione collettiva in questo Paese è altissima, ma lo è anche in Germania e in Francia. E in Germania e in Francia non si sono fatti troppi scrupoli a introdurre una soglia, per legge, sotto la quale nessuno dovesse lavorare.
Quella soglia, noi l'abbiamo individuata a 9 euro lordi l'ora. Pensiamo sia una soglia giusta, certificata da tutti gli istituti. È una soglia di sopravvivenza, sotto la quale dire che il lavoro non è sfruttamento significa negare la realtà, non conoscere l'Italia. Significa, allo stesso tempo, introdurre una legge sulla rappresentanza che riduca al massimo i contratti, che lavori per riunificare il mondo del lavoro, che dia potere ai lavoratori per decidere sul loro destino e sui contratti che vengono firmati, ma che soprattutto spazzi via la vergogna dei contratti pirata, che buttano giù il salario, i livelli di lavoro retribuito e la qualità del lavoro. Non ve lo dobbiamo dire noi che al CNEL sono depositati 1.037 contratti di lavoro e che spesso all'interno di un solo luogo di lavoro sono applicati diversi contratti, diverse condizioni salariali e diverse condizioni di lavoro.
Occorre dunque una riforma. Vede, il salario minimo non è una misura redistributiva, o almeno non lo è soltanto. È un dispositivo selettivo di politica industriale: significa che il nostro modello di impresa ha l'ambizione di concorrere sulla scala del valore globale, sulla base di salari alti e di tutele alte. Voi, invece, in questi ultimi due anni, avete immaginato un modello di sviluppo e un modello economico che competeva sulla fascia bassa della catena del valore globale, cioè che immaginava che, comprimendo il costo del lavoro e abbassando il livello delle tutele, questo Paese crescesse. E invece i risultati sono sotto gli occhi di tutti: 28 mesi consecutivi di calo della produzione industriale. Siete stati un Governo che ha scommesso su processi di deindustrializzazione del nostro Paese. Ma quando un Paese, signor Presidente, si deindustrializza, è un Paese che ha il lavoro povero. Tant'è che i dati sono abbastanza evidenti: se osserviamo la crescita del divario tra indigenti e benestanti, vediamo che anche, nel 2024, questo divario è cresciuto; nel 2023, il primo decile più povero deteneva il 2,7 per cento del reddito complessivo nazionale e, nel 2024, ne deteneva il 2,5; mentre, invece, nel 2023, il decile più ricco di questo Paese deteneva il 24,8 per cento del reddito nazionale, e nel 2024 ne deteneva il 25 per cento. Significa che avete regalato ulteriori soldi a quelli che non ne avevano bisogno, mentre avete penalizzato le fasce più povere, quelle che non ce la fanno a mettere insieme il pranzo con la cena. E non avete neanche messo in campo una politica per rinnovare i contratti e garantire maggiori entrate al lavoro dipendente.
Vi stupite che la gente se ne vada da questo Paese, che se ne vada la meglio gioventù, che se ne vadano i laureati. Ma se è lo Stato, se è il Governo che sceglie di rinnovare, spaccando il sindacato, il contratto del pubblico impiego, riconoscendo un terzo dell'inflazione perduta, se è quello stesso Governo che non muove un dito per garantire che il contratto dei metalmeccanici venga finalmente firmato dopo 40 ore di sciopero, significa che questa emergenza per voi non esiste.
E, allora, signor Presidente, la nostra mozione dice una cosa molto semplice: occorre andare in una direzione diversa, occorre fermare la caduta dei salari, occorre rafforzare il potere d'acquisto dei lavoratori, occorre fare presto anche di fronte all'emergenza che si è aperta: il ricatto della guerra commerciale di Donald Trump nei confronti dell'Europa non lo risolvi con la diplomazia dei selfie, non lo risolvi dicendo “ho un rapporto migliore con un Presidente instabile, inadeguato e che minaccia l'Europa”…
Lo risolvi se hai politiche economiche e industriali, lo risolvi se metti in campo uno scudo per il lavoro, a partire dal lavoro povero.