Discussione generale
Data: 
Lunedì, 4 Agosto, 2025
Nome: 
Irene Manzi

A.C2538

La ringrazio, signora Presidente. Devo dire che, questa mattina, pensando al mio intervento e, soprattutto, al provvedimento che quest'oggi è in Aula, mi è venuto in mente il testo di una canzone e spero che il Sottosegretario Mazzi la apprezzerà: “stessa storia, stesso posto, stesso bar”. Vale a dire: stessa storia, stesso provvedimento, un anno dopo in questo caso, perché la coincidenza temporale è davvero significativa. Eravamo qui, lo scorso anno, proprio a trattare di questo, e, a distanza di un anno, quasi alla chiusura dei lavori dell'Aula, ci troviamo di fronte all'ennesima proroga di un provvedimento che doveva entrare in vigore e che aveva avuto una legge generale approvata nel 2022 in quest'Aula.

Siamo alla terza proroga. Facendo una breve cronologia, la prima proroga nel “Milleproroghe” - scusate il gioco di parole - del dicembre del 2022 poteva anche starci, il Governo si era appena insediato. La seconda proroga, che è stata votata nell'agosto del 2024, differiva al 18 agosto 2025 l'esercizio della delega originaria.

Adesso, addirittura, per stare tranquilli la delega viene spostata non ad agosto 2026, ma al 31 dicembre 2026, così magari, anziché in un clima quasi ferragostano, forse ci troveremo in un clima natalizio - ed è amara ironia, credetemi, non è compiaciuta - ad assistere all'ennesima proroga nel dicembre appunto del 2026 per arrivare, poi, alle elezioni politiche nel 2027. Nel frattempo, tra l'altro, è anche cambiato un Ministro rispetto alla proroga votata nello scorso anno. Al Ministro Sangiuliano si è sostituito il Ministro Giuli, è passato anche da quella nuova nomina ormai un anno e non si può dire, quindi, che il Ministro sia arrivato ora e non avesse potuto esercitare pienamente i suoi poteri rispetto a questo provvedimento.

Ecco, cambiano i Ministri, ma non cambiano purtroppo le proroghe, in questo eterno ritorno che intorno ai temi culturali caratterizza - non solo intorno a questo - l'azione del Governo Meloni.

Tra l'altro, nel marzo del 2024, lei stesso, Sottosegretario, insieme all'allora Ministro Sangiuliano aveva annunciato proprio al Ministero, al termine di 4 giorni in cui erano stati coinvolti tutti gli operatori del settore, che la delega era pronta per essere esercitata, il testo era quasi pronto per essere pubblicato. Era appunto il marzo del 2024, siamo passati al marzo del 2025, assistiamo ora all'ennesima delega, all'ennesima proroga, senza soprattutto che ci sia stato un reale confronto in quest'Aula e soprattutto nella sede più opportuna per il confronto - ovvero la Commissione cultura, le Commissioni cultura di Camera e Senato - intorno appunto ad un testo che è molto atteso da parte degli operatori, senza appunto quella stessa Commissione cultura che tanto aveva lavorato all'approvazione della legge delega sullo spettacolo dal vivo, approvata davvero in modo trasversale ed unanime nel 2022.

E questo penso che sia un fatto molto grave - il mancato coinvolgimento delle istituzioni parlamentari, dei colleghi delle Commissioni - proprio perché - complice anche l'aiuto, devo dire, di chi presiede quelle Commissioni competenti - il Governo non ha mai consentito di poter aprire un confronto serio, reale, di merito e soprattutto trasparente per rispetto di chi lavora e chi ci osserva, di chi osserva queste Aule da fuori ed è coinvolto direttamente dalle deleghe oggetto di questo provvedimento appunto.

Perché? Perché, vorremmo sapere perché c'è tanto timore rispetto ad un confronto trasparente tra maggioranza e opposizione. Del resto - lo sa bene anche il Sottosegretario Mazzi - da parte nostra, come opposizioni, non è mai mancata - penso da ultimo anche al lavoro intorno all'indennità di discontinuità - una volontà piena di collaborare e di facilitare, di sciogliere quelli che possono essere i nodi che caratterizzano la mancata, la non piena attuazione di un provvedimento, proprio perché l'obiettivo fondamentale è quello di rispondere ai bisogni e alle necessità di quei lavoratori del mondo dello spettacolo che proprio da fuori ci osservano e che chiedono interventi rapidi e puntuali, proprio a garanzia di quei lavoratori.

Voglio rimandare ad un ricordo: io non facevo parte di quella legislatura, ma nei racconti dei colleghi della legislatura passata c'era davvero un clima emozionato e pienamente consapevole del risultato importante che si andava a raggiungere nel 2022, quando fu approvata appunto la legge delega sullo spettacolo dal vivo, quella legge delega che riconosceva finalmente lo statuto sociale dei lavoratori del settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative, che prevedeva strumenti di welfare universale soprattutto a loro sostegno.

Eppure dopo 3 anni, di fronte a quella che è l'ennesima proroga, sembra davvero non solo di quel clima, ma anche dei contenuti non esserci più nulla, a cominciare proprio da quell'indennità di discontinuità che è stata sostanzialmente sì attuata, ma smontata nei fatti, ridotta per quanto riguarda i potenziali beneficiari, con un grave affronto - se vogliamo - a quei lavoratori che proprio nel periodo - e senza retorica - in quei mesi complessi e difficili della pandemia, di fronte ai teatri chiusi, di fronte a un sistema dello spettacolo che faticava a trovare soluzioni e risposte chiedevano al Parlamento degli interventi concreti.

Il Parlamento era stato capace davvero trasversalmente di offrire delle risposte, dopo audizioni, dopo attività appunto di ascolto, per fare emergere quelle che erano le ingiustizie e le disparità che, ancora oggi, impediscono a molti tra coloro che praticano quel mestiere di poter realizzare il loro progetto artistico e professionale e soprattutto di vita.

Allora colgo questa occasione, visto che non sono molte le occasioni, per la verità, di confronto intorno a questi temi all'interno della Commissione cultura, colgo questa opportunità anche per fare un breve bilancio di questi mille giorni del Governo Meloni, da un punto di vista del Ministero della Cultura. Il bilancio, se vogliamo, anche a livello numerico, non è un bilancio molto positivo: un decreto-legge soltanto dedicato alla cultura in mille giorni di Governo, all'inizio di questo 2025, andando a scomodare addirittura la figura di Adriano Olivetti, con obiettivi roboanti, importanti, anche condivisibili, con misure come quelle a favore del Fondo per le biblioteche che sono state finalmente sbloccate.

Ma di fronte a quel decreto-legge - che di risorse, per la verità, stanziava appunto solo quelle che ho citato poco fa - abbiamo assistito a tre leggi di bilancio in cui il Ministero della Cultura ha fatto sostanzialmente da comparsa, purtroppo, di fronte anche ai pesanti tagli di accetta che al bilancio del Ministero sono stati inferti dal Ministro Giorgetti; un Ministero che ha fatto da comparsa, eccezion fatta per la furia ideologica con cui ve la siete presa con la misura di 18app, eliminando appunto quello che era uno strumento valido, riconosciuto non da singole forze politiche, ma dall'Associazione italiana editori, dagli operatori del settore, che hanno ricordato quanto importante e quali effetti positivi sul mercato del libro, sulla crescita del nuovo pubblico quella misura è stata in grado di produrre.

Allora vi cito proprio una differenza, dieci anni fa quello che era il bilancio del Ministero della Cultura rispetto al bilancio attuale: nel 2015, il bilancio appunto del Ministero della Cultura aveva 5 miliardi e mezzo investiti, mentre oggi ne ha solo poco più di 3 miliardi. Nel 2015 c'era appunto 18app, c'era il Piano per i grandi progetti culturali, c'erano i fondi per le biblioteche, c'era l'avvio tra l'altro di quella misura dell'Art bonus che è stato poi progressivamente esteso ed allargato, ma soprattutto c'era una visione, c'era una progettualità, c'era un respiro, una visione.

Oggi quel respiro e quella visione mancano e soprattutto assistiamo a un Ministero della Cultura in cerca d'autore, preda di veline e di veleni - se mi consentite - che agitano costantemente le stanze del Collegio Romano, in un clima tossico che danneggia la libertà espressiva e paralizza davvero un reale ed effettivo confronto costruttivo. Non voglio tornare in quest'Aula su quelle che sono state le polemiche, neanche troppo velate, tra il Ministro Giuli e la Sottosegretaria Borgonzoni delle scorse settimane, intorno appunto al tavolo con gli operatori del settore del cinema. L'auspicio davvero è che anche rispetto al cinema, che anche rispetto a questi temi si possa aprire un confronto serio, di contenuto, programmatico.

Del resto, basta tristemente guardare il numero di produzioni attive all'inizio di quest'anno nel nostro Paese. All'inizio del 2025, le produzioni cinematografiche attive erano 17, registrate sul sito. È un dato drammatico perché quelle produzioni vogliono dire lavoratori, vogliono dire operatori che lavorano, appunto, che esercitano il proprio mestiere, di fronte a una crisi dell'audiovisivo che richiederebbe interventi necessari ed urgenti; come altrettanto lo richiederebbe il settore del libro, ricordavo poco fa 18app. E allora vi cito i dati diffusi nel Salone del libro scorso, nel 2025, proprio dall'Associazione italiana editori.

Nei primi 3 mesi dell'anno, l'editoria italiana ha registrato una perdita di quasi un milione di copie acquistate, sono dati drammatici. Nei primi mesi del 2025, tra l'altro, gli acquisti compiuti con le nuove Carte del merito si sono ridotti di circa 30 milioni di euro rispetto allo scorso anno, quando era ancora in vigore 18app. I dati penso che parlino da soli e sono totalmente neutrali rispetto alle interpretazioni che può dare una forza politica. E voi colleghi con questa furia ideologica vi siete dimenticati una cosa fondamentale: l'acquisto di un libro, la visita ad un museo, la partecipazione ad un concerto o ad uno spettacolo teatrale devono valere per le istituzioni e devono avere un valore per le istituzioni, perché per quelle istituzioni essi rivestono un ruolo importante come strumento di emancipazione collettiva e di crescita complessiva della nostra società.

Torno da ultimo, in questa azione, appunto, di ricognizione del bilancio, su quelle che sono state poi le misure sullo spettacolo dal vivo, tra dimissioni delle commissioni competenti, tra polemiche per il declassamento immeritato del Teatro della Pergola di Firenze, un declassamento che è stato operato essenzialmente per motivazioni politiche ed ideologiche, una vera e propria rappresaglia che ha suscitato in tutto il settore un grave sconcerto e a cui dovrebbe porsi rimedio in realtà, ma ciò non è avvenuto, anche nelle ultime ore. Ecco, tolta la propaganda, è proprio questo il bilancio dei primi giorni del Governo Meloni.

Mille giorni in cui di questo Governo e di questo Ministero, soprattutto, si è parlato per gli scandali, per i conflitti, per le occupazioni di posti, per il modo stesso in cui ha cambiato la governance delle istituzioni culturali più importanti, esercitando, in modo totalmente sbagliato, una malcelata idea di egemonia, esercitata punendo chi non si allinea e dimenticando che lavoratrici e lavoratori vivono nella precarietà e nell'incertezza e aspettano le riforme oggetto di questa delega che, per l'ennesima volta, viene prorogata da ormai troppo tempo.

Nel mezzo poi, nell'occupazione, in questi provvedimenti che non esistono, di fronte alle legittime obiezioni degli operatori del settore abbiamo assistito a dichiarazioni vittimistiche, ad attacchi denigratori, a polveroni strumentali, fino ad arrivare a dichiarazioni - consentitemi - al limite del grottesco: “Abbiamo tolto l'Unione Sovietica da Cinecittà” ha ricordato il Ministro Giuli pochi giorni fa, o, addirittura: “Fino al 15 agosto 2024 Cinecittà era un cratere estivo”.

Questa affermazione penso che si commenti da sola, anche alla luce del fatto che Cinecittà ha chiuso il 2024 con un bilancio in perdita, nel 2023 non è stata amministrata e nel 2024 sappiamo chi presiedeva, in questo caso, Cinecittà. Questo, tolta la propaganda, è il contenuto dei vostri provvedimenti. La recente nomina del nuovo presidente di Cinecittà, dopo le dimissioni della precedente presidente e dopo le tante polemiche in quel conflitto permanente tra Ministro e Sottosegretaria, non fa in realtà ben sperare, perché vengono scelte persone con l'unico obiettivo di occupare poltrone e non di rilanciare un settore strategico per il nostro Paese.

Colleghi, purtroppo - e vado a concludere -, devo ricordare una cosa in quest'Aula: che siete ossessionati dall'ansia; questo Governo è ossessionato dall'ansia di nominare chi gestisce teatri, di occupare posti, ruoli, all'interno della cultura, come è avvenuto con il Centro per il libro, come è avvenuto con il Centro sperimentale, come avviene ed è avvenuto per la RAI. Questa non è egemonia: una parola che quasi vi ossessiona, per la verità; vi ossessiona talmente tanto proprio perché, forse, non siete capaci da soli di affermare una vostra autonoma e matura idea di cultura al di fuori del revanscismo, di tragicomiche rivendicazioni, a cui abbiamo assistito, da Gramsci a Dante Alighieri.

Questa appunto non è egemonia, è occupazione ed è un'occupazione essenzialmente fatta perché quei mondi e, soprattutto, la libertà che quei mondi esercitano di esprimersi, di criticare, di irridere il potere - come sempre hanno fatto e come deve continuare a fare chiunque eserciti quel ruolo di potere - spaventa terribilmente. Perché la cultura, colleghi, non è uno spazio da occupare; è un campo, un luogo da coltivare quotidianamente, perché rende i cittadini consapevoli della propria identità, non per fissarla, ma per metterla continuamente in discussione, per farla evolvere, per farla crescere, perché, oltre che un fattore economico e di crescita per il nostro Paese, è un fattore che genera cambiamento, che crea cittadini forti, capaci di partecipare, di esprimersi, di dibattere, di costruire in questo modo una democrazia consapevole e matura e di costruire un'identità mobile e in cambiamento, mai fissa, in continuo dialogo e confronto proprio con il mondo.

Cultura è pensare sempre da capo, riaffermare continuamente la dignità e la centralità dell'uomo, ricordare la lezione di umanesimo integrale che la civiltà del Rinascimento ha reso universale e cito, non a caso, proprio Adriano Olivetti, a cui questo Governo ha dedicato il primo - l'unico - decreto in materia di cultura da esso promosso. Ebbene la cultura è una risorsa che merita competenza, dignità, visione e rispetto e fino a questo momento, purtroppo, non abbiamo visto nessuno di questi quattro termini in azione.

Intervenendo in audizione nelle Commissioni cultura di Camera e Senato, nel novembre dello scorso anno, il Ministro Giuli aveva concluso il suo intervento affermando proprio che la via del confronto c'è sempre per chi vuole percorrerla. Ecco chiedo - tramite lei, Presidente - al Sottosegretario Mazzi di farsi da tramite al Ministro. Noi abbiamo più di un terreno su cui praticare questo confronto, in realtà, e non ci tireremo mai indietro quando realmente esso ci sarà, a cominciare proprio dalla delega, che oggi è in discussione, per la quale chiedete l'ennesima proroga.

Ecco, noi quella strada siamo pronti a percorrerla, a cominciare dalla convocazione delle Commissioni cultura competenti, di Camera e Senato, sin da dopo la pausa estiva. Saremmo davvero felici di poter discutere in quella sede proprio delle bozze, delle tante bozze, che circolano, per rispetto del lavoro, della richiesta di trasparenza e di dignità che quel mondo, fuori da quest'Aula, chiede; quel mondo che, in questo momento e non solo in questo momento, ci sta guardando e chiede azioni, interventi, dignità e rispetto