Data: 
Mercoledì, 29 Ottobre, 2025
Nome: 
Maria Cecilia Guerra

Grazie, Presidente. Ci associamo alla richiesta di informativa nei confronti del Ministro Urso. Effettivamente questo tema, che ha coinvolto il settore della moda, sia dal punto di vista delle indagini, sia dal punto di vista dei fatti, resi noti alla nostra collettività, sia per il fatto che c'è stata una risposta sbagliata, per ora ancora da completare - per fortuna avremmo un passaggio importante alla Camera -, che ha visto le proteste da parte di tutto il mondo sindacale, è così rilevante che richiede appunto di capire bene quale sia la posizione del Governo e perché sia stato dato parere favorevole a quel tipo di modifica introdotta al Senato.

Non stiamo criminalizzando il settore della moda. Sia chiaro! Al contrario crediamo che nel settore della moda ci siano eccellenze che hanno caratterizzato il nostro Paese e che questo riguardi sia i grandi marchi che le piccole imprese che sono nella filiera della moda. Sono tutti soggetti che vanno salvaguardati e richiamati, al tempo stesso, alle loro responsabilità rispetto a fenomeni conclamati di una catena di fornitura, appalti e subappalti, che porta in molte situazioni a fenomeni di sfruttamento e di caporalato che sono in contrasto con la nostra legislazione.

La nostra normativa è molto chiara sul fatto che questi fenomeni vadano contrastati. Quindi, non meravigli il fatto che vi siano indagini della procura su questi fenomeni. Queste indagini non vanno contrastate, cioè la difesa non può essere quella di cercare di salvaguardare dalle responsabilità i soggetti che stanno a monte. È vero che magari non sono chiamati - ricordiamolo - a responsabilità di tipo penale, ma sono chiamati a una responsabilità in solido. Se ci sono lavoratori che sono stati sfruttati, che si rivolgono alla giustizia e ottengono giustizia, ottenere giustizia significa anche avere rimborsi e vedere riconosciute delle responsabilità.

La nostra normativa prevede modelli organizzativi e conoscitivi, modelli organizzativi gestionali, che mettano in condizione anche le parti alte della filiera, cioè i committenti, di poter controllare quello che succede nella loro filiera. Peraltro, ci sono fenomeni troppo lapalissiani per poter fare pensare che ci sia buona fede ovunque, perché, quando vedo un capo di vestiario venduto a una cifra esorbitante e so che nella mia catena di fornitura l'ho pagato una cifra assolutamente impossibile e improbabile, a fronte di un lavoro regolato e pagato secondo norme contrattuali standard, devo per forza allarmarmi. Allora, la scappatoia di prevedere certificazioni che mi mettano in salvo rispetto a queste responsabilità non può essere applicata in questo settore. Attenzione: non può essere applicata neanche negli analoghi settori in cui questi fenomeni si stanno continuamente ripetendo: tipicamente la logistica.

La fuga non deve essere una fuga dalle responsabilità, ma al contrario la soluzione deve essere una piena assunzione delle responsabilità da parte degli operatori più grandi in questo settore, anche a tutela dei più piccoli che lavorano nelle loro filiere, che sono esposti a una concorrenza sleale che li mette in ginocchio, perché ricordiamoci: dove c'è illegalità e dove c'è caporalato ci sono soggetti che fanno una falsa concorrenza nei confronti di chi si comporta legittimamente. Noi non possiamo, con le nostre norme, tornare indietro rispetto a scelte importanti che sono state fatte e che richiedono piuttosto una più severa attuazione.

Quindi, vogliamo che il Ministro Urso venga qui a dirci perché mai gli sembra che la soluzione non sia mettere fine a queste possibilità infinite di appalti e subappalti non controllati e perché la soluzione non sia contrastare con tutte le armi che abbiamo a disposizione il caporalato, ma cercare di scudare chi da queste responsabilità fugge a scapito dei lavoratori.