Discussione generale
Data: 
Lunedì, 17 Novembre, 2025
Nome: 
Simona Bonafè

A.C. 2643-A

Grazie, Presidente. Oggi siamo qui a discutere dell'ennesimo provvedimento d'urgenza in materia di immigrazione. Mentre noi discutiamo e domani, presumibilmente, approveremo questo decreto, il Governo ha già annunciato, negli scorsi giorni, l'adozione di un prossimo ulteriore decreto in questa materia o, meglio, di un prossimo decreto Immigrazione e sicurezza; o, forse, sarebbe meglio dire Sicurezza e immigrazione. Nel continuo sfornare, uno dietro l'altro, decreti sulla stessa materia, il Governo dimostra, intanto, un approccio poco serio al tema, sicuramente strumentale e propagandistico che, però, non ci stupisce.

È la dimostrazione di come per il Governo l'immigrazione - anche quella regolare, sia chiaro - è un fenomeno da trattare come una continua emergenza e, soprattutto, da legare alla sicurezza; anche se, poi, da quando c'è questo Governo, sarebbe meglio dire all'insicurezza, visto che gli ultimi dati a nostra disposizione - che sono i dati del 2024 e non i dati del primo semestre del 2025 che continua a utilizzare il Ministro Piantedosi - ci dicono che c'è un aumento di reati e ci mostrano come il Governo non sia nemmeno stato in grado, nonostante tutti questi decreti, di garantire in questi tre anni la sicurezza, a partire da quella delle grandi città.

Devo dire che noi, come gruppo del PD, abbiamo sempre respinto con decisione questa impostazione, cioè le migrazioni per noi dovrebbero essere governate come un fattore strutturale, di trasformazione e integrazione delle società moderne, anche in virtù del fatto che le nostre società avanzate stanno sempre più invecchiando.

Come dichiarato dall'Istat, a gennaio dello scorso anno, cito il virgolettato, “Il progressivo invecchiamento della popolazione rappresenta una delle trasformazioni demografiche più significative in atto in Italia e in molti altri Paesi sviluppati (…) le fasce più anziane diventano sempre più numerose rispetto a quelle in età lavorativa (…). Meno persone in età lavorativa significano meno lavoratori disponibili, con conseguenze sulla capacità produttiva generale e sulla sostenibilità dei sistemi pensionistici e di welfare”.

Ecco, bene, se questo è vero - ed è vero, peraltro certificato dall'Istat -, di fronte a tutto questo, io mi domando e dico: ma di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, a partire da quella demografica, il Governo come sta rispondendo? Come intende rispondere? Ecco, risponde intanto con quello che è più facile fare e con quello che di fatto sta facendo da tre anni a questa parte: con i tagli al sistema del welfare. Penso alla scuola, alla formazione, al sostegno alla morosità incolpevole, ai trasporti e alla sanità.

Anche nell'ultima legge di bilancio questo è il filo rosso: i tagli al sistema del welfare. Risponde, poi, anche con politiche totalmente inefficaci sulla natalità - al contrario di quello che dice, a partire dalla Presidente del Consiglio - e, per quello che riguarda la materia oggi in discussione, con politiche altrettanto raffazzonate e ideologiche sull'immigrazione di cui questo provvedimento è solo l'ultimo esempio.

Non sto parlando solo dell'immigrazione irregolare, come quella dei centri in Albania costati 800 milioni al contribuente italiano, che avrebbero dovuto risolvere tutti i problemi, che avrebbero dovuto costituire un fronte di deterrenza nei confronti dell'immigrazione irregolare e che, invece, sono pressoché vuoti e non stanno incidendo da nessun punto di vista. Ma, insomma, io mi riferisco anche all'immigrazione regolare. La dico così: nel contrastare l'immigrazione irregolare a colpi di propaganda il Governo ha finito per stringere un cappio ideologico, purtroppo, anche intorno all'ingresso regolare dei migranti che, alla fine, produce solo nuove irregolarità e non ha dato una risposta adeguata - dico: una sola - a categorie economiche in cerca di lavoratori e lavoratrici e a famiglie bisognose di assistenza per i propri parenti anziani o non autosufficienti.

Mi spiego meglio: proprio a partire dalla legge Bossi-Fini, che, infatti, noi chiediamo ripetutamente, a gran voce, di abolire, e poi con i successivi interventi normativi di questi ultimi anni, specie i numerosi decreti Sicurezza, si è voluto superare uno dei punti più qualificanti dell'iniziale disciplina della fine degli anni Novanta che, guarda caso, portava anche il nome di un autorevole - allora - Ministro dell'Interno poi diventato Presidente della Repubblica. Ecco, si è passati cioè dalla possibilità, allora prevista a determinate condizioni, di ottenere un permesso di ingresso regolare per lavoro a un sistema improntato solo alla fissazione di quote di ingresso; il più delle volte le quote individuate di volta in volta per incrociare la domanda e l'offerta di lavoro si sono rivelate, poi, inadeguate rispetto alle reali esigenze del mercato e le stesse quote, poi, sono state assoggettate all'infernale e inefficace sistema del click day e all'essere di fatto già in possesso di un contratto di lavoro in Italia. Un sistema perfetto solo sulla carta o nelle parole dei nostri Ministri, ma in realtà farraginoso, burocratico e spesso fittizio, nel quale si presuppone che si faccia domanda per figure di lavoratori non formate che si trovano all'estero, quando poi in alcuni casi si tratta anche di lavoratori già entrati illegalmente in Italia.

Il tutto, purtroppo, è condito dalla narrazione del lavoratore straniero che, nel migliore dei casi, viene comunque a rubare il lavoro in Italia, quando nella realtà questi migranti hanno finito per lo più per svolgere lavori di assistenza domiciliare e domestica o lavori stagionali che nel nostro Paese, con economie più avanzate dei loro Paesi di origine, ben pochi italiani sono ed erano disposti a svolgere e diventando, questi migranti, figure imprescindibili nel nostro vivere quotidiano.

Colleghi e colleghe, il decreto che oggi esaminiamo, pur presentando forse alcuni elementi positivi in termini di rafforzamento dei controlli, del tavolo sul caporalato o come nel caso dei permessi di lavoro per casi speciali e nella razionalizzazione di alcune procedure, non apporta però alcun miglioramento su altri punti critici sul piano burocratico che denunciamo da tempo. Ad esempio, non si ravvisano avanzamenti per quel che riguarda i tempi del rilascio del nulla osta, i ricongiungimenti, la tutela dei lavoratori truffati e il ruolo fondamentale e molto importante dei patronati.

Ma la cosa più grave, che ci porta ancora una volta ad esprimere un voto contrario, è proprio la totale assenza di una modifica di prospettiva. Quello che contestiamo non è tanto quello che c'è in questo decreto o le piccole modifiche sul piano burocratico, ma quello che non c'è. Non c'è, appunto, il cambio radicale di prospettiva che porti a regolamentare i flussi migratori regolari, considerandoli come un'opportunità; anzi - come aveva scritto questo Governo nel Documento di economia e finanza dello scorso anno - come una necessità per il nostro Paese.

Si continua con la sostanziale inefficacia dei canali legali di ingresso legati al click day unitamente alla materiale impossibilità di regolarizzare le condizioni di soggiorno di chi sia già sul nostro territorio e che, magari, ha già lavorato in Italia per un periodo, che si è integrato nel nostro Paese, che ha pagato le tasse, che ha fatto crescere i figli, che ha maturato competenze e che si trova, dall'oggi al domani, come tanti italiani, senza lavoro, ma nel suo caso, dopo un certo periodo, senza permesso e, quindi, da rimpatriare.

Insomma, per noi questo decreto è la dimostrazione della continuazione di politiche fallimentari sull'immigrazione e, aggiungo, mutando la lettura della destra, sulla sicurezza. Invece di investire su percorsi legali e sicuri, questo Governo aumenta l'illegalità, il lavoro nero e l'insicurezza.

È un decreto che non va incontro alle esigenze della nostra economia, della nostra società e delle nostre famiglie e che si aggiunge a provvedimenti non solo inutili, ma anche dannosi che il Governo sta mettendo in campo da 3 anni a questa parte.

Peccato, però, che la realtà è più forte della propaganda e sono proprio i numeri a smontare tutto l'impianto fallimentare di questo Governo. Quel che è peggio, però, è che, anche di fronte all'evidenza dei fatti che imporrebbe al Governo un cambiamento di rotta, si seguita a percorrere una strada fallimentare che, purtroppo, presto ci presenterà i conti in termini di integrazione e, per l'appunto, in termini di legalità e sicurezza.