Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 3 Dicembre, 2025
Nome: 
Rosanna Filippin

A.C2574-A

Grazie, signor Presidente. Colleghi e colleghe, la legge di delegazione europea è uno degli strumenti più rilevanti attraverso cui il Parlamento orienta, in modo consapevole e responsabile, il rapporto tra il nostro Paese e l'Unione europea. È il passaggio attraverso cui l'Italia decide se interpretare il ruolo di protagonista del progetto europeo oppure se si limita a fare il notaio, cioè a recepire in maniera passiva gli obblighi e gli adempimenti.

Il Partito Democratico ha affrontato questo provvedimento con spirito costruttivo, con senso delle istituzioni e con la consapevolezza che molte delle sfide decisive per il nostro futuro, dalla transizione ambientale alla sicurezza digitale, dalla competitività industriale alla tutela dei diritti fondamentali, si giocano oggi proprio su scala europea.

Il testo che era stato presentato inizialmente dal Governo mostrava lacune evidenti. Il lavoro svolto in Parlamento e in Commissione - questo lo rivendichiamo - ha permesso di correggere queste criticità, rafforzando la qualità complessiva del provvedimento. Consideriamo importante, quindi, un risultato da rivendicare, proprio l'inserimento nel corso dell'esame parlamentare della cosiddetta direttiva anti- SLAPP, la direttiva europea n. 1069 del 2024, nata per contrastare le azioni giudiziarie intimidatorie rivolte contro i giornalisti, ma, come ricordava stamattina il signor Ministro, anche contro ricercatori, attivisti e figure impegnate nella vita pubblica. È un progresso importante per la qualità democratica del nostro Paese, a maggior ragione, se si pensa che l'Italia - lo hanno ricordato i colleghi - oggi è al quarantanovesimo posto nella classifica mondiale delle libertà di stampa. Senza una normativa efficace, chi denuncia il malaffare o conduce inchieste di interesse pubblico rischia di essere trascinato in tribunale per anni. Questa esperienza dell'essere trascinato in tribunale per anni riguarda soprattutto giovani giornalisti, precari e, quindi, ancora più esposti a chi ha potere, forza, soprattutto politica ed economica. Tuttavia, pur considerando assolutamente positivo il recepimento di questa direttiva, la formulazione scelta dal Governo desta la nostra preoccupazione, perché, limitando l'ambito di applicazione alle sole controversie transfrontaliere - certo, questo è il contenuto della direttiva -, si rischia di produrre la disparità di tutela fra chi opera all'interno del territorio nazionale e chi, invece, è coinvolto in procedimenti che riguardano più Stati membri e si lascia senza tutela proprio chi ne ha più bisogno, realizzando così un'impostazione che contrasta con l'articolo 53 della legge n. 234 del 2012, che vieta espressamente di garantire livelli di protezione inferiori nelle controversie interne.

Temiamo che questa sia la reale intenzione della maggioranza, così come è risultata, per esempio, bocciando gli emendamenti che sono stati presentati o respingendo gli ordini del giorno. Ma il Partito Democratico vigilerà, affinché, nell'esercizio anche di questa delega, queste criticità siano superate e l'Italia recepisca per intero lo spirito della direttiva, garantendo una tutela uniforme ed effettiva contro le querele temerarie, anche all'interno del nostro Paese.

Accanto a passi avanti, restano, tuttavia, elementi significativi che destano preoccupazione. Il nostro Paese, oggi, ha 68 procedure di infrazione aperte, 23 delle quali sono in materia ambientale: qualità dell'aria, gestione dei rifiuti, tutela delle acque, biodiversità ed emissioni industriali. Sono ambiti che incidono direttamente sulla salute dei cittadini e sulla competitività delle imprese.

In questo quadro, la mancata presentazione, di nuovo, per il secondo anno consecutivo, della legge europea rappresenta un punto critico. Lo strumento previsto dalla legge n. 234 del 2012 - la legge europea - è essenziale per affrontare in modo ordinato e trasparente le infrazioni ed evitare, invece, il ricorso sistematico ai cosiddetti decreti urgenti e correttivi che riducono il ruolo del Parlamento e non consentono una pianificazione coerente.

Poi, lo si ricordava anche poc'anzi, un ulteriore elemento di attenzione e di preoccupazione è il ritardo nel recepimento della direttiva di prestazione energetica degli edifici, la cosiddetta direttiva green. Ora, sinceramente, ho qualche dubbio di aver ascoltato correttamente l'intervento di stamattina del Ministro Foti, che mi permetto di ringraziare per la sua presenza durante tutto il provvedimento e le puntuali risposte che ha dato.

Naturalmente ringrazio anche la Sottosegretaria Siracusano per la sua presenza sempre e comunque. Ma stando a quello che ha detto stamattina il Ministro Foti c'è l'intenzione di recepire la direttiva entro il 29 maggio 2026. Lo dimostra anche il fatto che sia stato dato parere favorevole all'ordine del giorno che il Partito Democratico ha presentato a questo proposito. Questo contrasta leggermente con quanto è stato appena affermato. Certo, prima deve essere presentato il Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, però, sempre stando a quanto detto dal Ministro stamattina, entro il 31 dicembre l'Italia rispetterà quanto deve nei confronti dell'Unione europea, inviando, per l'appunto, il Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, compresa la mappatura del patrimonio edilizio, la fissazione degli obiettivi intermedi, delle strategie di investimento, degli strumenti finanziari e dei meccanismi di supporto per i cittadini.

Abbiamo appena sentito che questa maggioranza o almeno una parte di essa racconta la direttiva green come un'imposizione europea che mai varcherà i confini nazionali. Invece, proprio la direttiva Case green rappresenta una delle più rilevanti opportunità industriali degli ultimi anni: una casa efficiente inquina meno, consuma meno, vale di più sul mercato, consente alle famiglie di risparmiare in bolletta. È un'occasione per sostenere l'edilizia, le filiere tecnologiche e l'innovazione. Essere in ritardo o, addirittura, sostenere che non si farà mai significa perdere investimenti, rischiare sanzioni e frenare la competitività nazionale. Non si tratta di un mero vincolo europeo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) ma è una scelta di politica industriale che l'Italia deve saper cogliere.

Restano tutte le criticità sulla delega relativa al declassamento dello status di protezione del lupo. Il Partito Democratico sostiene, da sempre, il mondo agricolo e zootecnico, ma con strumenti seri, prevenzione, indennizzi rapidi e piani scientifici. Pensare di risolvere il problema declassando il lupo significa solo creare più problemi di quanti se ne risolvono. Interventi non basati su evidenze rischiano di produrre effetti contrari a quelli sperati. Anche stavolta speravamo che l'ordine del giorno presentato dal Partito Democratico fosse sufficiente per far capire quanto critica sia stata appunto questa norma.

In controluce rispetto ai singoli interventi emerge un tema generale: l'assenza da parte del Governo di una strategia europea integrata e di una visione complessiva della presenza dell'Italia nell'Unione.

La riduzione dell'uso della legge di delegazione, l'assenza della legge europea, i ritardi su numerosi dossier strategici indicano una difficoltà a definire una direzione chiara su energia, ambiente, competitività industriale, digitale e tutela dei diritti. Eppure, proprio in questi ambiti, si gioca la capacità dell'Italia di affrontare le sfide della transizione verde e digitale, di competere sui mercati globali e di garantire ai cittadini, tutti, diritti effettivi.

Il Partito Democratico riconosce, però, i miglioramenti che sono stati introdotti durante l'esame parlamentare, inclusa la delega sulla direttiva anti-SLAPP, pure con le criticità evidenziate. Tuttavia, le mancanze in materia ambientale, i ritardi nella gestione delle infrazioni e l'assenza di una strategia europea realmente efficace non consentono l'espressione di un voto favorevole.

Per queste ragioni, il Partito Democratico annuncia un'astensione responsabile, un'astensione che evidenzia l'insufficienza del provvedimento ma che afferma, con volontà, la nostra forza, la nostra volontà di continuare a lavorare per un'Italia più credibile, più europea, più moderna, capace di trasformare la transizione ambientale e la tutela dei diritti democratici non in un peso ma nella più grande occasione di sviluppo e giustizia sociale del nostro tempo.