03/03/2015
Chiara Scuvera
Benamati, Causi, Martella, Folino, Ginefra, Bargero, Montroni, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Carella, Colaninno, De Maria, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Gutgeld, Lodolini, Moretto, Pastorino, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Sanga, Zoggia, Senaldi, Arlotti, Amoddio, Antezza
1-00751

La Camera, 
premesso che: 
gli studi di settore, introdotti nell'ordinamento nazionale con l'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, costituiscono uno strumento che il fisco italiano utilizza per stimare il volume d'affari che può essere attribuito al contribuente; 
attraverso un metodo informatizzato e l'utilizzo di analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, tali studi consentono di stimare i ricavi o i compensi presunti dell'attività di liberi professionisti, lavoratori autonomi e imprese; il procedimento statistico viene verificato prima dell'entrata in vigore, dalla commissione degli esperti (articolo 10, comma 7, della legge n. 146 del 1998), un organismo formato da rappresentanti dell'Agenzia delle entrate, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Guardia di finanza, dell'Anci e delle organizzazioni di categoria; 
le stime, che individuano le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi, risultano utili sia per l'amministrazione finanziaria, sia per il contribuente; 
il contribuente può, infatti, utilizzare gli studi di settore per verificare, in sede dichiarativa, il proprio posizionamento rispetto ai criteri di congruità e coerenza, rilevando rispettivamente: se i ricavi o i compensi dichiarati sono congrui rispetto a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica, e se il suo comportamento risulta coerente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati per ciascuna attività; 
lo studio di settore è, quindi, da considerarsi uno strumento di ausilio per il contribuente in fase dichiarativa; egli può infatti decidere, in caso di incongruità, di uniformarsi al risultato dello studio di settore, oppure di discostarsene, avvalendosi di comprovate ragioni che ne legittimano la disapplicazione; 
l'amministrazione finanziaria utilizza gli studi di settore come strumento di supporto per compiere le attività di controllo e accertamento della regolarità delle dichiarazioni, attraverso la comparazione tra i ricavi o i compensi dichiarati e quelli direttamente desumibili dall'applicazione dei citati criteri; in particolare, fra gli indirizzi operativi individuati dall'Agenzia delle entrate nella circolare dell'agosto del 2014, rientra la necessità che i dati presenti negli studi di settore vengano sempre maggiormente impiegati quale strumento di selezione per l'ulteriore attività di controllo, piuttosto che quale mero strumento accertativo diretto; 
gli studi di settore costituiscono inoltre un'efficace forma di contrasto ai fenomeni di infedeltà dichiarativa nella fase di presentazione della dichiarazione dei redditi, poiché hanno indotto un prevedibile incremento dei comportamenti dichiarativi corretti e, indirettamente, quindi, della base imponibile e del relativo gettito fiscale; 
pur restando uno strumento utile in tema di prevenzione e contrasto dell'evasione, negli ultimi anni è stata tuttavia rilevata una perdita di efficacia degli studi di settore; in particolare, si è osservata una minore adeguatezza nella rappresentatività delle trasformazioni strutturali dell'economia italiana, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese; 
per migliorare il grado di attendibilità degli studi nella stima delle situazioni reddituali dei contribuenti, minimizzando gli effetti distorsivi in particolare determinati dalla congiuntura economica negativa che ha caratterizzato gli ultimi anni, il Ministero dell'economia e delle finanze è quindi intervenuto apportando correttivi «anticrisi», da ultimo con il decreto ministeriale del 2 maggio 2014; 
va altresì ricordato che, al fine di ridurre gli adempimenti fiscali e favorire i contribuenti di minore dimensione, nella legge di stabilità per il 2015 è prevista l'esenzione dagli studi di settore, nonché dalla presentazione della dichiarazione Irap, per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale che aderiscono al nuovo regime forfetario di determinazione del reddito; 
inoltre, per perseguire una maggiore efficacia in termini di compliance, dal 2015 è prevista una serie di norme volte al rafforzamento dei flussi informativi tra i contribuenti stessi e l'Agenzia delle entrate e alla modifica delle modalità, dei termini e delle agevolazioni connesse all'istituto del ravvedimento operoso,

impegna il Governo:

a continuare nel percorso di rafforzamento della collaborazione tra fisco e contribuente, di semplificazione delle procedure e riduzione degli adempimenti, al fine di conseguire il massimo adempimento spontaneo, a tal fine dotando l'amministrazione finanziaria di strumenti conoscitivi adeguati a favorire l'emersione dell'effettiva capacità fiscale di ciascun contribuente già nel momento dell'adempimento tributario, come avviene nei sistemi tributari europei più evoluti; 
a valutare l'opportunità di procedere ad una revisione degli studi di settore per semplificarli, prevedendo la riduzione del loro numero, e per renderli più efficaci, attraverso una continua verifica ed eventuale modifica delle modalità di calcolo, che persegua la massimizzazione dell'attendibilità delle stime e, al contempo, garantisca la fedeltà dei dati dichiarati dai contribuenti. 

Seduta del 3 marzo 2015

Dichiarazione di voto di Chiara Scuvera