Data: 
Lunedì, 13 Ottobre, 2014
Nome: 
Luigi Famiglietti

Signor Presidente, la scorsa settimana il sottosegretario Delrio nella sua informativa, tenuta proprio in quest'Aula, sull'utilizzo dei fondi comunitari ci ha illustrato un quadro assai complesso, non ha lesinato critiche, ha richiamato tutti alla responsabilità e a prospettato, tuttavia, una grande opportunità.
  Sulla base dei dati aggiornati al 16 settembre, infatti, il residuo di spesa fino al 31 dicembre 2015 è complessivamente pari a 20,2 miliardi di euro, di cui 15,3 miliardi nelle sole regioni convergenza. Quindici miliardi nelle cinque regioni di convergenza possono tradursi, come ha detto lo stesso sottosegretario, nella possibilità di spendere un miliardo al mese solo dei fondi finanziati dall'Unione europea. È una disponibilità che va declinata con la massima operatività e la massima urgenza. È anche un'opportunità per riscattare un colpevole ritardo, per dimostrare che ce la possiamo fare con un grande sforzo collettivo a superare anche i limiti di chi considera ineluttabile che queste risorse vadano perse.
  Sappiamo che la Commissione europea ha invitato l'Italia, sulla base dei risultati fin qui avuti, a ridurre al minimo il cofinanziamento, di contenerlo, per evitare che queste risorse nazionali vadano perdute.
  E sappiamo anche che questo è il motivo per il quale, non senza preoccupazioni da parte dei territori, il Governo italiano ha presentato, insieme alle regioni, tassi minimi pari al 25 per cento per tutti i POR e per tutti i PON, ad eccezione dei PON istruzione e occupazione. È una scelta che punta a sottrarre alle scadenze annuali della regola del disimpegno automatico risorse che devono, comunque, rimanere in quella che il Governo ha chiamato programmazione parallela. Ed è su questo rafforzamento che l'atto di indirizzo del Partito Democratico intende intervenire e lo intende fare sottraendo la discussione dei fondi comunitari a forme di speculazione politica di breve respiro, tant’è che tra gli obblighi che intendiamo far assumere al Governo, vi è quello di proporre al CIPE, entro 30 giorni dall'approvazione della presente mozione, un'apposita delibera per la formalizzazione delle questioni legate al cofinanziamento, assicurando che tutte le risorse del cofinanziamento sottratte al 50 per cento rimangano, comunque, a disposizione delle regioni a cui erano originariamente destinate.
  Quindi, non deve esserci alcuna sottrazione di risorse per le regioni del sud. È un punto sul quale vogliamo chiarezza per evitare ogni equivoco di fondo, e cioè che si getti la spugna perché non si è in grado di spendere.
  Inoltre, si chiede al Governo di impegnarsi a relazionare al Parlamento, ogni sei mesi, circa l'impiego delle citate risorse.
  Svimez ci dice che con il volume delle risorse disponibili l'impatto macroeconomico sarebbe molto significativo; tali investimenti potrebbero attivare nel Mezzogiorno un incremento occupazionale pari a 34 mila unità, in questo scorcio di 2014, e ad oltre 82 mila unità nel 2015, con una crescita del PIL di 1,3 punti. Sono cifre non da poco, se consideriamo che, per il numero di occupati, il sud è tornato a livelli di quarant'anni fa. Per questi numeri non possiamo sbagliare per tutte queste attese che si registrano.
  Le criticità riscontrate fino ad ora anche dalla Commissione europea le conosciamo tutti. La dispersione delle risorse in un numero eccessivo di progetti, la mancanza di garanzie ex ante di efficacia e di efficienza, i limiti della capacità amministrativa e l'assenza di piani specifici settoriali hanno fin qui caratterizzato la gestione dei fondi europei nel nostro Paese, in particolare nelle regioni meridionali.
  Oggi, sempre secondo Svimez, circa il 65 per cento dei comuni meridionali ha almeno un progetto finanziato dai fondi strutturali, tutto ciò grazie alla frammentazione delle risorse tra molti soggetti. Però non dobbiamo dimenticare che ciò è avvenuto perché i fondi strutturali sono andati sempre più sostituendosi a quelli ordinari, spesso bloccati dal Patto di stabilità interno o da altre esigenze di finanza pubblica, e quindi hanno perso la loro caratteristica di risorse aggiuntive in grado di imprimere una spinta al processo di sviluppo.
  Nei prossimi sette anni, come ha avuto modo di esplicitare sempre Delrio, la programmazione poggerà su tre pilastri: Fondo di sviluppo e coesione, Piano di azione per la coesione e Fondi strutturali veri e propri. In questo quadro, secondo il Partito Democratico, diventa fondamentale avere una cabina di regia politica nazionale, che affianchi le regioni obiettivo 1 e abbia anche poteri sostitutivi, qualora fosse necessario.
  Come ricordato dalla stessa Commissione europea, anche per superare i precedenti limiti programmatori, appare fondamentale rafforzare una struttura centrale di coordinamento in tema di audit e controllo, con personale tecnicamente adeguato nelle autorità di gestione e negli organismi intermedi, e che, più in generale, costituisca un presidio forte, capace di rimuovere tutte le inefficienze mostrate dalla pubblica amministrazione. Per questo bisogna dare immediata operatività all'Agenzia per la coesione territoriale, che deve essere chiamata a svolgere la sua funzione di semplificazione e deve avere anche un ruolo di coordinamento e di pungolo all'impiego di tutte le risorse a disposizione.
  Vogliamo assicurazioni che questo strumento sia effettivamente operativo, perché vi sono grandi attese e costituisce dal punto di vista amministrativo la chiave di volta per velocizzare ulteriormente i processi di programmazione.
  Occorre un rilancio delle politiche industriali nel Mezzogiorno, partendo dal monitoraggio delle risorse già stanziate e non ancora impiegate. Per esempio, sono ferme tantissime risorse legate ancora ai contratti d'area, ai patti territoriali e ai contratti di localizzazione.
  È indispensabile un rilancio delle politiche di infrastrutturazione e per questo prevediamo nella nostra mozione la costituzione di un apposito osservatorio sulle infrastrutture del Mezzogiorno, partendo dalle importanti opere già inserite nell'ambito dello sblocca-Italia e non trascurando le potenzialità della macroregione adriatico-ionica ed in generale le potenzialità dei corridoi transeuropei che attraversano il sud: il Corridoio 8, da Napoli a Bari, e il Corridoio 1, che arriva da Berlino fino a Palermo.
  Ci sono interi comprensori in agonia, perché manca una prospettiva di sviluppo. Ci sono interi settori economici, come quello edilizio, che necessitano di investimenti pubblici per rilanciare l'intera economia. Io credo che sia inaccettabile che il 50 per cento dei disoccupati risieda nell'area in cui vive un terzo della popolazione di questo Paese e che il 30 per cento di essa viva al di sotto della soglia di povertà. Dal 2008 ad oggi, in sette anni, 800 mila persone hanno perso il lavoro al sud.
  Queste risorse devono consentire anche di ridisegnare complessivamente un welfare che fa acqua da tutte le parti, in particolare al sud. L'obiettivo tematico n. 9, esplicitato da Delrio, è una delle priorità e intendiamo vincolare il Governo su questo.
  È giunto ormai anche il tempo di rivedere il tema della spesa storica, anche in vista della modifica del Titolo V della Costituzione, ed individuare meccanismi correttivi e perequativi. In estate, in occasione del riparto del Fondo per i servizi all'infanzia, si è palesato l'ennesimo paradosso, che è costato al sud 700 milioni di euro. In un territorio con una popolazione infantile più numerosa si è visto un rapporto di investimenti nettamente inferiore, proprio per il criterio della spesa storica. Non è perché non ci sono asili nido che devono essere date meno risorse ! Perché compito degli amministratori del sud deve essere quello di recuperare il gap, ma se questo gap lo si assume a criterio, allora è chiaro che scatta un cortocircuito che penalizza esclusivamente le fasce deboli del Mezzogiorno.
  Questo lo dico premettendo la doverosa autocritica di chi ammette anche le proprie responsabilità per i ritardi accumulati. Abbiamo avviato una discussione con il Governo e credo ci siano i presupposti per superare quest'atavica questione della spesa storica.
  Priorità va data alla messa in sicurezza e al contrasto ai fenomeni di dissesto idrogeologico, alla valorizzazione dei beni ambientali e culturali e alle attività di bonifica di aree SIN e di siti caratterizzati da particolari lavorazioni. Questi sono gli impegni che chiediamo al Governo e queste sono le proposte che avanziamo come gruppo del PD, per cogliere quest'ultima opportunità che ci viene data dai residui della precedente programmazione e dalle risorse del periodo 2014-2020.
  Avverto, da meridionale, un'ansia legata alla drammatica condizione in cui vive un'ampia fascia di popolazione. Scriveva Manlio Rossi-Doria nel 1944 al suo amico avvocato irpino Guido Dorso: «In questo momento a me una sola cosa importa: capir dentro a questo oscuro processo che vedo in atto (...). Per questo sono preso da una vera frenesia di girare, di vedere, di prendere contatto con la terra. E non vedo l'ora di tornare giù nel Mezzogiorno, di girare paese per paese».
  Dobbiamo riprendere contatto con il sud, bisogna favorire, come diceva Guido Dorso, il ricambio delle classi dirigenti. Dobbiamo individuare i 100 uomini d'acciaio, con il cervello lucido e l'abnegazione indispensabile per lottare per una grande idea, per lo sviluppo del sud. Dobbiamo fare in modo che non un solo euro venga perso e che i progetti consentano al sud e all'Italia di superare l'attuale fase storica.
  L'Italia riparte se cresce il sud, non se il nord corre più forte, come molti hanno detto in passato e purtroppo come molti pensano ancora oggi. Ed è per questo che ci auguriamo che il Governo voglia accogliere la nostra mozione e lavorare per consentire davvero quel cambio di passo ormai divenuto indispensabile. Non ci sono ricette miracolose, ma, di questi tempi, l'ordinario è già qualcosa di straordinario.