Dichiarazioni di voto finale
Data: 
Martedì, 4 Luglio, 2017
Nome: 
Daniela Gasparini

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Grazie, Presidente. Ho appena sentito l'intervento della collega Nesci che ha iniziato con un'affermazione che devo dire mi ha particolarmente fatto rabbrividire, quando dice che il Partito Democratico è molto legato alle poltrone e per questo non ha soppresso le province. Io ricordo che noi abbiamo votato “sì” e abbiamo voluto una riforma costituzionale che toglieva dalla Costituzione le province e toglieva 300 posti dei senatori, quindi, da questo punto di vista, non è possibile dire a noi che siamo disattenti all'esigenza di riorganizzare le istituzioni italiane, tenendo anche conto, certo, sì, dei costi. Dico questa cosa, perché, di fatto, il dibattito che qui abbiamo sentito tutti insieme è un dibattito che è per un verso contraddittorio, perché si dice: si è tolta, in riferimento alle province, la possibilità di eleggere i loro consiglieri e i presidenti, dicendo che questa scelta è una scelta fatta con la legge Delrio come se non ci fosse stato in questo Paese un dibattito.

Un dibattito che viene da molto lontano e nel momento in cui sono state istituite le regioni, di fatto, giustamente, in quel momento, tutti credevano che le province sarebbero state cancellate dalla Costituzione. Giustamente perché, nel momento in cui c'è un nuovo livello di governo legislativo territoriale, le regioni, di fatto si era pensato allora che politicamente i cittadini dovessero essere rappresentati dai comuni e i comuni fossero i soggetti che dovevano gestire le funzioni delegate dalla regione e dallo Stato. Non c'era bisogno di un corpo intermedio politico di rappresentanza; servivano soggetti, consorzi, allora si parlò di comprensori, per gestire funzioni che i comuni, per la loro dimensione, non sarebbero stati in grado di gestire. Ovviamente, parliamo di strade e di scuole come oggi, i temi sono sempre gli stessi e ricorrenti. Non si riuscì a far nulla perché, come succede spesso in Italia, allora come oggi la vischiosità del sistema istituzionale italiano rende difficile eliminare qualsiasi ente pubblico, anche se è superato da nuovi livelli di organizzazione dello Stato, anche se è superato da nuovi livelli di soggetti gestori.

Questo è il problema che noi abbiamo di fronte, quello che è anche emerso un po' dal dibattito: anziché affrontare razionalmente l'esigenza, che questo Paese ha, di efficienza e efficacia nella gestione della cosa pubblica, si ritorna a questo tema, o poltrone o sottrazione di responsabilità o di rappresentanza alle attuali province. Faccio presente che i presidenti di provincia, quasi all'unanimità, ma comunque l'Unione delle province italiane, l'UPI, che rappresenta non i presidenti di provincia, rappresenta i 7.980 comuni oggi in Italia, hanno detto che indietro non si torna. Loro ritengono che la nuova organizzazione prevista dalla legge Delrio sia una giusta organizzazione, perché permette ai comuni delle funzioni per le quali non servono più politici, serve una capacità di soggetti che gestiscono le strade, le scuole, i servizi di scala sovracomunale, dove politicamente quelle scelte stanno in capo ai comuni. Poi, di fatto, la provincia, la nuova provincia dettata dalla legge Delrio, è sostanzialmente un'agenzia a servizio dei comuni, la casa dei comuni in questo senso, quindi un soggetto che garantisce ai cittadini che alcune funzioni che hanno bisogno di un livello sovracomunale siano gestite a quel livello.

Quindi, da questo punto di vista, credo che sia necessario, certo, mettere mano alla legge Delrio, una legge, ci tengo a ricordare, che sostanzialmente anticipava la riforma costituzionale, ma sostanzialmente la riforma costituzionale, che non è stata approvata dal referendum del 4 dicembre, nulla tocca della legge Delrio. La stessa Corte costituzionale si è già pronunciata nel senso che, anche se la mancata riforma costituzionale non ha cancellato le province, non esiste un problema costituzionale perché le province continuino a restare un ente di secondo livello in rappresentanza dei territori con la partecipazione diretta dei propri sindaci. Quello che, però, ci tengo a dire è che quello che è venuto a mancare con la mancata approvazione della modifica della Costituzione è il fatto che le regioni avrebbero potuto finalmente ridisegnare in maniera diversa l'aggregazione dei comuni.

Noi abbiamo delle province che rappresentano storie passate, non più quello che sono i cambiamenti territoriali e socioeconomici determinati dal cambiamento delle città, dall'afflusso di tanti cittadini verso le città, e sarebbe stato utile, certamente importante, poter semplificare - quello che la nostra Costituzione, invece, rende molto gravoso - il ridisegno delle province stesse, per accorparle, per separarle, per farle diventare un ente di area vasta, così come dice la legge Delrio, più funzionale a quelli che sono i bisogni delle risposte ai cittadini.

Detto questo, credo che, così come abbiamo indicato nella mozione a prima firma Ettore Rosato, per la quale abbiamo preso atto nella mozione che con questa manovra, l'ultima manovra, il decreto-legge n. 50, sicuramente sono stati fatti passi in avanti rispetto al tema posto dall'Unione delle province d'Italia e da tutte le province che riguarda la mancanza di risorse necessarie per rispondere al tema della gestione delle scuole e delle strade, ma diciamo anche che quelle risorse che sono state messe per quanto riguarda questi servizi non sono sufficienti per dare garanzia di un buon servizio. E diciamo che, da questo punto di vista, ci possa essere da parte del Governo un'attenzione da subito affinché sia fatto un ulteriore sforzo per permettere alle province e alle città metropolitane di dare un giusto servizio ai propri cittadini per le funzioni delegate.

Così come sostanzialmente evidenziamo l'importanza che il Governo si faccia carico di capire chi non sta dando le giuste risorse alle province e alle città metropolitane, perché, se da una parte la legge Delrio ha dato come funzione statale le strade e le scuole, sostanzialmente, alle province, di fatto molte province, in maniera diversa in tutte le regioni italiane, hanno avuto funzioni trasferite dalle regioni, ma, da questo punto di vista, non è chiaro se tutte le regioni rispettano la legge costituzionale che dice: se ti do una funzione, te la do da gestire con le giuste risorse. E, siccome nel decreto-legge n. 50 è stata inserita una clausola, un articolo, che dice che verrà fatta una verifica se le regioni rispettano questo patto, e nel caso vengono sottratte risorse da dare alle regioni, noi chiediamo con la nostra mozione che questa analisi venga fatta da subito per garantire che le funzioni che oggi le province hanno di Stato e regioni siano coperte dalle giuste risorse, legate sicuramente a un'analisi legata anche ai fabbisogni standard, perché credo che questo sia l'obiettivo che vale per tutti gli enti locali.

La seconda cosa che sottolineiamo è di adottare da subito iniziative che diano libertà nella gestione organizzativa. Insomma, l'articolo 420 della legge n. 190, credo, nella sostanza dice alle province e città metropolitane: non potete assumere personale, non potete fare una serie di cose. Abbiamo alleggerito con il decreto-legge n. 50 questo articolo, ma noi ridiciamo che questo articolo andrebbe cancellato, perché le province e le città metropolitane possono, con le risorse destinate loro, di fatto decidere la propria organizzazione. È indispensabile, comunque, ristabilire la piena autonomia economica e finanziaria delle province e delle città metropolitane a partire dal prossimo anno.

Occorre che dal prossimo anno si esca da questa emergenza di un bilancio annuale, che ci sia un bilancio triennale, ridando piena autonomia funzionale a questi nuovi enti. E, per ultimo, dico al Ministro che prima è intervenuto all'inizio di questa nostra seduta che credo che sia, anche a fronte di questo dibattito, necessario e urgente, così come spieghiamo nella nostra mozione, mettere mano alla legge n. 56 da subito, per risolvere il problema delle province, per affrontare seriamente il problema delle città metropolitane, ma anche per ridare ordine al tema delle unioni e fusioni dei comuni, perché ogni anno noi andiamo a un rinvio di un obbligo di legge di unione e di fusione dei comuni.

I comuni, le unioni, l'Anci, l'Unione delle province italiane, alcune proposte di alcuni parlamentari che siedono in quest'Aula sono andati oltre e chiedono, da questo punto di vista, di far sì che città metropolitane e province possano giocare un ruolo importante nell'aiutare i comuni a organizzarsi in unioni e avviare anche nuove fusioni. Quindi, credo che sia utile una relazione - ho finito - fra Governo e Parlamento per dare stabilità economica, istituzionale e di regole alle province.