14/02/2022
Paolo Siani
Carnevali, Lorenzin, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri
1-00584

La Camera,

   premesso che:

    il disturbo dello spettro autistico è un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo, caratterizzato da esordio precoce di difficoltà nell'interazione reciproca e nella comunicazione sociale, associata a comportamenti e interessi ripetitivi e ristretti (definizione secondo DSM-5 e ICD-11);

    come per altri disturbi del neurosviluppo, si è tutti chiamati a superare il concetto limitato di «malattia» per approdare a quello più attuale di «condizione di neurodiversità», caratterizzata certamente da limiti funzionali, ma anche da importanti opportunità adattive;

    esistono diversi modelli di presa in carico della persona con un disturbo dello spettro autistico (abbreviato in Dsa o Asd, dall'inglese Autism spectrum disorder) – bambino, adolescente e adulto – che poggiano su prove di efficacia di differente solidità, ma i risultati dei numerosi studi condotti negli ultimi anni hanno indicato che la diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita del bambino, dell'adolescente ma anche dei genitori;

    la posizione scientifica, condivisa a livello internazionale, considera l'autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello e della mente, con esordio nei primi tre anni di vita; si ritiene, inoltre, che i fattori eziopatogenetici siano sia genetici che ambientali. I disturbi dello spettro autistico comportano una disabilità permanente che accompagna il soggetto che ne è affetto per tutta la durata della vita;

    nel mese di settembre 2018 l'Istituto superiore di sanità ha ufficializzato la necessità di redigere, attraverso il sistema nazionale delle linee guida, le linee guida sul disturbo dello spettro autistico, finalizzate a: formulare diagnosi accurate nei bambini e negli adulti, riconoscere i casi e indirizzarli al trattamento, indicare terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali della persona, creare una rete di sostegno e assistenza, favorire l'interazione tra medico, paziente e familiari, rendere omogenea tra le regioni la qualità delle cure;

    a livello europeo, i disturbi dello spettro autistico vengono indicati come una condizione a elevato costo sanitario e impatto sociale, con riferimento a tutte le fasi di vita e a tutti gli ambiti d'intervento;

    gli studi epidemiologici internazionali hanno riportato un incremento generalizzato della prevalenza di disturbi dello spettro autistico, probabilmente dovuto alla maggiore formazione dei medici, alle modifiche dei criteri diagnostici, all'aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale connessa altresì al contesto socio-economico: secondo i dati diffusi dalla comunità scientifica, a livello mondiale, un bambino su 100 presenta un disturbo dello spettro autistico, con una frequenza quattro volte più alta fra i maschi, e in Italia si stima che il problema possa riguardare almeno 500.000 famiglie;

    riguardo alle cause del disturbo dello spettro autistico, esse non sono note. Si può soltanto escludere che ci siano rapporti con le vaccinazioni o con il consumo di alcuni cibi. «La salute mentale è il risultato di interazioni complesse tra genetica, neurobiologia e ambiente – spiega Maurizio Bonati – nella maggior parte dei casi la componente genetica non determina in modo lineare il rischio di malattia, ma implica semplicemente una maggiore sensibilità agli effetti dell'ambiente»;

    la legge n. 134 del 2015 prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012, sui bisogni delle persone con autismo;

    la citata legge dispone anche l'aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali e internazionali;

    anche se molti bambini con autismo vengono diagnosticati dopo i tre anni, molti bambini presentano i primi sintomi già intorno ai dodici mesi. I primi a comparire sono i segni che riguardano aspetti comunicativi e sociali, come l'assenza di contatto oculare, la mancata comparsa di alcuni gesti comunicativi e la mancata risposta al nome. Durante la prima infanzia emergono inoltre anomalie nel comportamento di gioco e, nei bambini che sviluppano abilità verbali, anomalie nell'uso del linguaggio, come l'utilizzo di ecolalia, inversione pronominale e linguaggio idiosincratico. Per questo, diagnosi precoce e interventi tempestivi e appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita dell'intero nucleo familiare. Di solito, invece, la diagnosi si fa intorno ai cinque anni, con circa tre anni di ritardo rispetto ai primi dubbi dei genitori. Sarebbe un grande risultato se una maggiore consapevolezza del problema suggerisse ai genitori di porre il quesito ai medici entro i diciotto mesi per giungere a una diagnosi entro i due anni. A questo obiettivo potrebbero contribuire anche i pediatri di libera scelta osservando i segnali di rischio di disturbo dello spettro autistico, inviando i piccoli pazienti tempestivamente e con accesso prioritario ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la conferma diagnostica;

    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al comma 1 dell'articolo 60 recita: «Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale, alle persone con disturbi dello spettro autistico, garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche»;

    il comma 2 dell'articolo 60 del suddetto decreto dispone espressamente: «Ai sensi dell'articolo 4 della legge 18 agosto 2015, n. 134, entro centoventi giorni dall'adozione del presente decreto, il Ministero della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, provvede, in applicazione dei livelli essenziali di assistenza, all'aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS), con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, di cui all'accordo sancito in sede di Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Le linee di indirizzo sono aggiornate con cadenza almeno triennale»;

    alla luce di tale disposizione, il 10 maggio 2018, la Conferenza unificata ha approvato il documento recante «Aggiornamento delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi dello spettro autistico»;

    il suddetto atto della Conferenza unificata, tuttavia, ha squalificato, di fatto, la legge 18 agosto 2015, n. 134, e l'articolo 60 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, inserendo la seguente clausola: «All'attuazione della presente intesa si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica»;

    in ragione di ciò, i livelli essenziali di assistenza per le persone con disturbi dello spettro autistico sono assicurati dalle aziende sanitarie locali solo in relazione alle risorse finanziare disponibili e senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, rendendone di fatto difficile la piena attuazione;

    i predetti limiti, altresì, rendono inattuabile un ulteriore obbligo sancito dalla legge n. 134 del 2015, relativo all'istituzione di residenze specifiche per l'autismo o con operatori specializzati per l'autismo;

    nel documento approvato in sede di Conferenza unificata si dispone, peraltro, la definizione di équipe specialistiche multidisciplinari, nell'ambito della neuropsichiatria infantile, sempre senza maggiori e nuovi oneri per la finanza pubblica, seppure attualmente le risorse economiche siano insufficienti e tali da poter garantire l'accesso a meno di un bambino o adolescente su quattro che necessitino di cure e riabilitazione;

    secondo l'VIII rapporto di monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli ultimi dieci anni il numero dei pazienti seguiti dai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è quasi raddoppiato, mentre il numero degli operatori continua a diminuire (-10 per cento) (e la pandemia da COVID-19 ha messo ancora più in crisi i servizi di neuropsichiatria infantile), costringendo le famiglie a dover ricorrere sempre di più al settore privato, con costi rilevanti che, ancor più in tempi di crisi economica, sono sempre meno in grado di sostenere;

    dal suddetto rapporto emerge, altresì, che l'Italia ha buoni modelli, normative e linee di indirizzo, ma assai poco applicati e con ampie diseguaglianze tra una regione e l'altra. Lo stanziamento di risorse da parte delle regioni continua ad essere insufficiente per garantire alle aziende sanitarie locali e ai servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza di diffondere e consolidare la necessaria rete di strutture territoriali, semiresidenziali, residenziali e di ricovero che, in alcuni ambiti, appare addirittura in significativa diminuzione. Continuano ad esservi regioni in cui mancano gli stessi servizi territoriali o il personale è gravemente insufficiente o non si dispone di tutte le figure multidisciplinari necessarie per i percorsi terapeutici;

    con riferimento ai servizi di neuropsichiatria dell'età evolutiva, le vigenti normative sulla riorganizzazione ospedaliera prevedono un'unità operativa di neuropsichiatria infantile solo per bacini di utenza molto grandi (da 2 a 4 milioni di abitanti): questo significa che negli ospedali di primo e secondo livello può mancare completamente la figura dello specialista in neuropsichiatria infantile;

    uguali considerazioni si possono estendere alle équipe analoghe con riferimento all'età adulta nell'ambito dei dipartimenti di salute mentale, mancanti di risorse sufficienti a consentire la presa in carico di tutti i pazienti; l'Italia, rispetto alla presenza in organico del numero di psichiatri, si posiziona soltanto al 20° posto in Europa e al 14° per numero di psicologi e infermieri; per quanto attiene alla spesa dedicata alla salute mentale, si investe solamente il 3,5 per cento della spesa sanitaria totale, a fronte di percentuali di altri Paesi, come Francia, Germania e Regno Unito, superiori fino a quattro volte (10-15 per cento);

    un'altra criticità che permane è rappresentata dalla drammatica scarsità di interventi e di servizi per l'età adulta; nelle linee di indirizzo elaborate dal Ministero della salute viene affrontato il tema ma, per tale fase del ciclo vitale, non esiste ancora un vero e proprio atto di indirizzo;

    in definitiva la famiglia continua ancora ad essere la vera ed unica forma di welfare su cui grava il maggiore peso materiale e psicologico causato dalle difficoltà che si incontrano nella gestione di familiari con disturbi dello spettro autistico;

    sarebbe necessario, invece, che ai ragazzi ai quali viene diagnosticato l'autismo siano riconosciuti gli aiuti, anche di carattere economico, atti ad assicurare loro una vita completa, insieme agli altri, nei loro contesti naturali, favorendo le relazioni nel contesto scolastico, prima, con l'aiuto dei compagni di scuola, e, successivamente, nel mondo del lavoro;

    nella consapevolezza della complessità del fenomeno, dell'impatto sulla qualità della vita delle persone coinvolte e sulla tenuta del contesto familiare nonché delle ricadute di ordine sociale, si ritiene fondamentale garantire, a coloro che abbiano bisogni speciali, di svolgere una vita in maniera autodeterminata, ove ciò sia possibile, affinché si possa riuscire a superare il progressivo processo che li conduce in frequenti e quasi obbligati percorsi di esclusione sociale, da cui conseguono l'isolamento e la segregazione, troppo spesso sfocianti in diverse forme di istituzionalizzazione;

    la legge 22 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ha istituito all'articolo 1, comma 401, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, con una dotazione iniziale di 5 milioni di euro per i primi due anni e di 10 milioni di euro per i successivi due a cui poi si sono aggiunti ulteriori stanziamenti pari a 50 milioni di euro per il 2021 e 27 milioni di euro per il 2022 destinato, come previsto poi dalla legge di bilancio per il 2021 a tre specifiche aree di intervento:

     a) progetti di ricerca di natura clinico-organizzativa;

     b) realizzazione di strutture per l'autismo;

     c) finanziamento delle neuropsichiatrie infantili degli ospedali;

    alcuni fattori sono comuni a tutti i modelli di trattamento di documentata efficacia: la precocità (l'intervento deve iniziare non appena sussista il forte sospetto di diagnosi di autismo); l'intensività (il bambino deve essere attivamente coinvolto in attività psicoeducative sistematicamente pianificate ed evolutivamente adeguate, da predisporre nei diversi contesti di vita: centro terapeutico, famiglia e scuola); l'adattamento delle strategie educative e degli obiettivi di apprendimento all'età cronologica e all'età di sviluppo del bambino; l'utilizzo di strumenti di valutazione per determinare il profilo di punti di forza e punti di debolezza e, conseguentemente, le esigenze educative e gli obiettivi di apprendimento del bambino; un basso rapporto operatori-alunni; il coinvolgimento della famiglia; l'enfasi su obiettivi di apprendimento nelle aree di comunicazione, socializzazione e del comportamento adattivo; il riferimento a strategie educative ispirate al modello cognitivo-comportamentale, ma all'interno di una visione che tenga conto delle caratteristiche e preferenze del bambino e della sua famiglia; l'utilizzo di strategie di generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite; e la predisposizione di periodiche valutazioni e aggiustamenti del piano educativo. Gli interventi devono essere personalizzati sui bisogni di ogni bambino, condivisi con la famiglia e strutturati secondo intensità differenziate per ogni fascia d'età e profilo funzionale. I metodi e le strategie utilizzati devono essere di provata efficacia, indicata nelle linee guida nazionali o internazionali. Deve essere garantita la formazione dell'ambiente in cui si troverà il bambino (scuola, luoghi di aggregazione e altro), perché sappia come rapportarsi con lui e offrirgli positive occasioni di sviluppo. Serve il sostegno alla famiglia, che ha bisogno di informazioni chiare, precise, continuative per poter affrontare con consapevolezza ogni evento e scegliere il percorso più opportuno per il proprio figlio, in dialogo continuo con gli operatori,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi per l'istituzione di una rete scientifica ed epidemiologica coordinata a livello nazionale che, anche in raccordo con analoghe esperienze in ambito europeo o internazionale, promuova studi e ricerche finalizzati a raccogliere dati di prevalenza nazionale aggiornati e il monitoraggio delle traiettorie di sviluppo e della presa in carico delle persone autistiche e il censimento delle buone pratiche terapeutiche ed educative dedicate a questo tema;

2) a utilizzare la mappatura dei servizi effettuata dall'Istituto superiore di sanità su mandato del Ministero della salute per valutare la qualità dei servizi erogati e adottare opportuni adeguamenti affinché sia garantita un'appropriata presa in carico su tutto il territorio nazionale;

3) ad adottare il protocollo di sorveglianza evolutiva sviluppato dall'Istituto superiore di sanità e dalle principali sigle professionali e scientifiche della pediatria, neuropsichiatria infantile e neonatologia, per un efficace coordinamento tra pediatri di base, personale che lavora negli asili nido, neonatologie e unità di neuropsichiatria infantile, al fine di intercettare precocemente l'emergere di anomalie comportamentali in bambini ad alto rischio e nella popolazione generale e per fornire una diagnosi provvisoria a 18 mesi e una diagnosi stabile a 24 mesi di età;

4) a promuovere il lavoro di aggiornamento, da parte dell'Istituto superiore di sanità, delle linee guida sulla diagnosi e sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita, per supportare quanto prima i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo più appropriato, condiviso con le persone con disturbo dello spettro autistico e i loro familiari/caregiver, nella formulazione di diagnosi accurate nei bambini e negli adulti e nell'individuazione di terapie adeguate e aggiornate;

5) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare nei dipartimenti di salute mentale adeguati percorsi di presa in carico delle persone adulte con disturbi dello spettro autistico, con personale specificatamente formato e aggiornato;

6) ad adottare le iniziative normative necessarie ai fini della revisione dei modelli organizzativi dei servizi ospedalieri di neuropsichiatria dell'età evolutiva, includendo la neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza tra le strutture che devono essere presenti negli ospedali di primo livello, almeno con un'attività di consulenza specialistica diurna, nonché a rivedere gli standard previsti per le unità operative complesse con posti letto di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza e per le strutture semiresidenziali e residenziali, tenendo conto dell'aumento degli accessi e dei bisogni;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire una rete di servizi che sia organizzata in centri con struttura hub e spoke, dove ogni regione individua uno o più centri di riferimento (le regioni sprovviste di centri di alto livello – hub – faranno riferimento ad un centro hub di un'altra regione contigua), prevedendo che il centro hub abbia il compito di supervisione scientifica e tecnica sui centri periferici (spoke), di formazione per il personale, in modo che la diagnosi e la presa in carico terapeutica siano garantite in ogni azienda sanitaria locale e allineate alle più recenti evidenze scientifiche;

8) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire il potenziamento, in termini di risorse umane, dei servizi di neuropsichiatria infantile e di dipartimenti di salute mentale, al fine di definire adeguate équipe multidisciplinari e garantire una diagnosi e un trattamento precoce e tempestivo in grado di incidere e migliorare la prognosi;

9) ad adottare iniziative per assicurare una presa in carico precoce di tutto il nucleo familiare e del contesto scolastico e sociale dove vive il bambino, predisponendo, per quanto di competenza, misure volte all'adozione di terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali del bambino che si basino sulla conoscenza della storia naturale del disturbo e della storia individuale di quel disturbo in quel bambino e nel suo contesto;

10) a supportare il mondo associativo e del volontariato, organizzato da persone autistiche e dai loro familiari, per la realizzazione di progetti di vita autonoma, assumendo iniziative per la semplificazione delle procedure per l'assegnazione di beni confiscati alla mafia o di proprietà degli enti locali, quali immobili o terreni, per favorire la realizzazione di attività socio-educative-sportive e, altresì, l'imprenditoria, mediante, ad esempio, la realizzazione di fattorie sociali e dell'orticultura;

11) ad assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a garantire la continuità delle attività implementate dal Ministero della salute attraverso il fondo sull'autismo su tutto il territorio nazionale per la diagnosi e gli interventi precoci dirette alle persone nello spettro autistico, oltre a percorsi di inclusione sociale al fine di aumentare le potenzialità di bambini e ragazzi, migliorandone così la qualità della loro vita e delle famiglie;

12) ad adottare le iniziative di competenza per garantire la continuità delle progettualità delle regioni e delle province autonome finalizzate alla definizione e all'implementazione di percorsi differenziati per la formulazione del piano individualizzato e a seguire del progetto di vita basati sui costrutti di «qualità di vita», tenendo conto delle preferenze della persona, delle diverse necessità di supporto, del livello di funzionamento adattivo e dei disturbi associati delle persone nello spettro autistico;

13) ad adottare iniziative per realizzare, attraverso il «budget di salute», quale strumento indispensabile di integrazione tra interventi sociosanitari, educativi, socio-assistenziali, relazionali, occupazionali, percorsi di vita personalizzati (ex articolo 14 della legge n. 328 del 2000), assicurando anche un raccordo tra Ministeri competenti, regioni e comuni, affinché cessi la parcellizzazione e l'inadeguatezza dei servizi rivolti alle persone con disturbi dello spettro autistico e la loro mancata diffusione e distribuzione su tutto il territorio nazionale;

14) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per definire percorsi di abilitazione e di occupazione anche in raccordo con le scuole secondarie di secondo grado e gli enti del terzo settore che hanno già esperienza in materia, come le cooperative sociali di tipo B, al fine di favorire una più ampia inclusione lavorativa delle persone con disturbi dello spettro autistico.

 

Seduta del 14 febbraio 2022

Intervento in discussione generale di Paolo Siani

Seduta del 3 marzo 2022

Dichiarazione di voto di Paolo Siani