20/10/2021
Elena Carnevali
Sportiello, Noja, Stumpo, Siani, De Filippo, Rizzo Nervo, Pini, Lepri, Fiano, Berlinghieri
1-00532

La Camera,

   premesso che:

    per «grave cerebrolesione acquisita» (Gca) si intende un danno cerebrale, dovuto a trauma cranioencefalico o da altre cause (anossia cerebrale, emorragia e altro), tale da determinare una condizione di coma, più o meno protratto, e menomazioni senso-motorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave;

    oggi si stima che le gravi cerebrolesioni acquisite sono per il 40 per cento dovute a cause traumatiche, quelle vascolari per circa il 50 per cento e quelle anossiche si collocano in un range tra il 10 e 15 per cento. Stime epidemiologiche, purtroppo non aggiornate, sui tassi di incidenza delle gravi cerebrolesioni acquisite e del sottogruppo dei disordini di coscienza appaiono tutt'oggi imprecise e molto diverse non solo nel nostro Paese, ma anche da nazione a nazione a causa dell'estrema difficoltà nel processo di codifica delle gravi cerebrolesioni acquisite. In merito ai pazienti con grave cerebrolesione acquisita a eziologia neuro-traumatica, si stima un tasso di incidenza di 235 soggetti ogni 100.000 abitanti per anno, di cui il 9 per cento circa di livello severo, mentre per quanto concerne le eziologie non traumatiche si stima un range di incidenza pari a 114-350 ogni 100.000 abitanti per anno in Europa (Tagliaferri et al. 2006, Cuthbert JP et al. 2011, Zhang Y et al. 2012);

    la pandemia da COVID-19, che ha colpito il nostro Paese in questi ultimi 18 mesi, ha aggravato la situazione delle persone con danno cerebrale acquisito e delle loro famiglie, soprattutto per coloro che permangono in stato vegetativo o di minima coscienza. La dimissione ospedaliera o dalle strutture di riabilitazione e lungodegenza verso il domicilio necessita di adeguati, qualificati e appropriati supporti medico-infermieristici-assistenziali, riabilitativi e di dispositivi medici o ausili e la garanzia di continuità assistenziale in tutti gli ambiti della sfera personale e familiare, compresi i sostegni sociali oltre che a quelli economici e formativi o di sollievo ai caregiver. Criticità erano già presenti prima della pandemia, sia riguardo alla disponibilità di posti letto nelle strutture riabilitative di II e III livello (unità di alta specialità riabilitativa per le gravi cerebrolesioni – codice 75) o di lungodegenza post acuta, sia come adeguata presa in carico al domicilio del paziente;

    come deve esserci continuità e tempestività nell'organizzazione e nella cogestione della fase acuta e post acuta precoce, altrettanta attenzione e tempestività deve esserci nel passaggio alle fasi successive quando diventa indispensabile l'integrazione tra riabilitazione medica e riabilitazione sociale;

    una persona affetta da grave cerebrolesione acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta). Dopo questa fase, sono in genere necessari interventi medico-riabilitativi di tipo intensivo, anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero, che possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta o riabilitativa). Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni, disabilità persistenti e difficoltà di reinserimento familiare, sociale, scolastico e lavorativo (fase del reinserimento o degli esiti);

    dopo una grave cerebrolesione acquisita il recupero della funzionalità motoria e cognitiva può essere molto eterogeneo, in un continuum che si estende dal buon recupero funzionale, con un reintegro nella società, a condizioni di disabilità severa con necessità di assistenza in tutte le attività della vita quotidiana, aggravata per una percentuale di pazienti dall'incapacità di recuperare la coscienza (la capacità di essere consapevoli di sé e dell'ambiente circostante) o che hanno un recupero solo minimale della stessa. Si tratta delle persone che dopo grave cerebrolesione acquisita presentano una condizione definita come disordine persistente della coscienza (che include le diagnosi di stato vegetativo (Sv) e stato di minima coscienza (Smc)). Oltre ad avere una compromissione gravissima della coscienza, queste persone hanno serie menomazioni nella capacità di motilità, nella capacità di masticazione e deglutizione (con conseguente impossibilità ad una ripresa dell'alimentazione per bocca) e necessitano di ricorrere all'alimentazione tramite gastrostomia, attraverso un «tubo posizionato nello stomaco» (Peg), e talora con alterazione della funzione respiratoria, con necessità di ventilazione meccanica;

    per la medicina riabilitativa, il trattamento dei pazienti affetti da queste patologie e la presa in carico delle loro famiglie costituiscono un compito impegnativo ed estremamente complesso, non solo sul piano clinico, ma anche su quello organizzativo e la valutazione della persona con grave cerebrolesione acquisita ai fini della presa in carico riabilitativa richiede un approccio multidimensionale ed interprofessionale, che tenga conto dell'insieme delle problematiche che influiscono sulla sua condizione di salute, compresi i fattori ambientali e familiari;

    all'emergere dello stato di coscienza, quando il paziente è in grado di rispondere e interagire con l'ambiente circostante, si osservano con maggiore evidenza le disabilità residue di tipo neuromotorio, cognitivo e comportamentale (Bell & Sandell, 1998), e le fasce di età più colpite sono molto spesso quelle dei giovani adulti, in particolare per le lesioni da trauma cranico encefalico (Tce) (Cattelani, 2006);

    in molti pazienti, inoltre, la disabilità residua non è costituita in maniera esclusiva da danni di tipo motorio o sensoriale, ma prevalentemente da deficit della sfera cognitiva ed emotivo-comportamentale. Infatti, c'è evidenza che i disturbi conseguenti a grave cerebrolesione acquisita più spesso riportati dai pazienti e dai loro familiari sono di tipo psicologico e neuropsicologico e che tali disturbi sono rilevabili anche a distanza di diversi anni dopo l'evento lesivo (Dikmen et al., 2009; Finnanger et al., 2015; Hoofien, Gilboa, Vakil, & Donovick, 2001; Hurford, Stringer, & Jann, 1998; Millis et al., 2001; Olver, Ponsford, & Curran, 1996; Ponsford, Draper, & Schönberger, 2008);

    si possono osservare disturbi del linguaggio, della memoria, dell'attenzione e delle funzioni esecutive. Il paziente può mostrare difficoltà a comunicare e a comprendere i messaggi verbali, difficoltà ad apprendere nuove informazioni; può non ricordare impegni o appuntamenti da svolgere nell'immediato futuro, ha disturbi delle abilità di concentrazione, di progettazione e di ragionamento. Inoltre, possono presentarsi alterazioni importanti dal punto di vista comportamentale, quali, ad esempio, aggressività, disinibizione, inerzia, apatia, disturbi del tono dell'umore (Hart et al., 2012). Ne derivano esiti di notevole impatto sociale per le conseguenti compromissioni del ruolo familiare, sociale e lavorativo (Draper, Ponsford, & Schönberger, 2007; Engberg & Teasdale, 2004);

    per quanto riguarda i bisogni di riabilitazione neuropsicologica successivi alla fase intensiva e alla dimissione ospedaliera, si osserva che sul territorio, peraltro in questi anni depauperato delle figure sanitarie necessarie per la prosecuzione delle cure di queste persone, raramente è possibile proseguire il percorso intrapreso, in quanto le strutture che consentono l'erogazione dell'assistenza a lungo termine sono oggettivamente carenti. Come raccomandato dalla giuria nella Conferenza di consenso della riabilitazione neuropsicologica (2010) e nella Conferenza di consenso riabilitativa (Modena 2011), l'intervento nell'ambito neuropsicologico deve proseguire con un monitoraggio e un accompagnamento graduale sulla base delle competenze di volta in volta acquisite con la riabilitazione;

    è necessario, inoltre, che la conoscenza inerente ai deficit cognitivo-comportamentali e il rientro al domicilio, il reinserimento in ambito scolastico/lavorativo siano maggiormente condivisi tra tutti gli operatori sanitari dato l'impatto sul programma riabilitativo;

    gli esiti disabilitanti, dunque, delle gravi cerebrolesioni, in particolare di quelle traumatiche, costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nel nostro Paese, come nella maggior parte delle nazioni industrializzate;

    la disabilità viene definita dalla Organizzazione mondiale della sanità come «la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive»;

    tenendo in considerazione tale definizione alla base della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf), si può affermare che le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, ed ancor più se con disordini della coscienza, possono essere definite come un paradigma di «estrema disabilità», cioè sono persone che presentano un bassissimo funzionamento e che richiedono un alto e continuo intervento per eliminazione/riduzione delle barriere ambientali rispetto alle attività e alla partecipazione ed all'implemento dei facilitatori;

    l'impatto della malattia è, quindi, estremamente gravoso e limitante anche nei riguardi di coloro che assistono e si prendono cura di un loro congiunto malato, i cosiddetti caregiver, che di fatto svolgono spesso un vero e proprio lavoro di cura, che, in quanto tale, necessita di tutele, formazione e assistenza specifiche;

    non tutte le realtà regionali hanno un piano sanitario che regola la cura della grave cerebrolesione acquisita e le regioni che lo hanno fatto, lo hanno fatto in maniera disomogenea, trattando il tema nei piani sanitari ma, spesso, senza identificare una strategia coerente e organica del sistema riabilitativo;

    anche il piano di indirizzo risulta disomogeneo e le stesse prestazioni hanno una molteplicità di denominazioni, con la difficoltà di riportare a sistema gli interventi e di offrire correttezza e appropriatezza nelle risposte ai bisogni espressi dai cittadini;

    il nuovo decreto, il cui iter è iniziato nel 2017, recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera» e le «Linee di indirizzo per l'individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione», dopo essere stati partecipati alle società scientifiche ed alle principali associazioni di erogatori e dei pazienti e dopo aver ricevuto il parere del Consiglio superiore di sanità, sono stati approvati in Conferenza Stato-regioni il 4 agosto 2021;

    in particolare, le linee di indirizzo diventano il supporto, pur mancando qualsiasi riferimento alle problematiche dell'età evolutiva, della programmazione, della riorganizzazione e del potenziamento dei modelli assistenziali e dei servizi sanitari e socio-sanitari a livello regionale o locale, nonché dei criteri generali per lo sviluppo dei percorsi riabilitativi, in una prospettiva di continuità, dalla fase acuta di insorgenza della condizione disabilitante alla fase ospedaliera, a quella territoriale/domiciliare, con fondamentali riferimenti alla logica di una rete integrata di servizi e con l'esplicito richiamo al piano di indirizzo 2011. Il decreto riguarda specificamente l'assistenza riabilitativa nel ricovero ospedaliero, delineando criteri omogenei per valutare l'adeguatezza dell'accesso alle unità codificate 56, 28 e 75, sia per le ammissioni immediatamente successive ai ricoveri in strutture di assistenza acuta sia per coloro che non sono in continuità con gli eventi acuti;

    nonostante tutti questi sforzi, oggi è evidente come vi siano ancora delle macro lacune sull'implementazione di percorsi di cura e presa in carico per le persone con esiti di una grave cerebrolesione acquisita, gravi disabilità, stato vegetativo e di minima coscienza, con un'estrema eterogeneità nazionale e soprattutto regionale in termini di legislazione vigente e servizi offerti ai pazienti e alle loro famiglie dai diversi sistemi di welfare che la pandemia ha ulteriormente aggravato;

    è necessario arrivare ad una presa incarico omogenea su tutto il territorio nazionale della persona con grave cerebrolesione e della sua famiglia,

impegna il Governo:

1) a rendere operativi su tutto il territorio nazionale, in seguito alla loro entrata in vigore, sia il decreto recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione ospedaliera» sia le «Linee di indirizzo per l'individuazione di percorsi appropriati nella rete di riabilitazione» approvati il 4 agosto 2021 in Conferenza Stato-regioni;

2) a predisporre, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, adeguate misure finanziarie ed economiche volte a sostenere la ricerca sulle gravi cerebrolesioni acquisite;

3) a predisporre, fin dal prossimo disegno di legge di bilancio, risorse economiche e finanziare volte a garantire un adeguato finanziamento dei fondi sociali, in particolare del fondo per la non autosufficienza, del fondo per il caregiver familiare e il fondo per il «dopo di noi»;

4) ad adottare iniziative per sostenere e migliorare la presa in carico domiciliare da parte dei servizi assistenziali, riabilitativi e sociali della persona con esiti da grave cerebrolesione acquisita e della sua famiglia, anche attraverso il budget di salute, promuovendo e incrementando, per quanto di competenza, su tutto il territorio nazionale la realizzazione e l'attivazione di servizi territoriali adeguati e capillari, affinché ogni persona possa trovare assistenza all'interno della propria regione, nonché sostegni economici, psicologici e di sollievo alle famiglie;

5) ad adottare iniziative per garantire che su tutto il territorio nazionale siano presenti in modo omogeneo interventi e offerta di servizi, affinché si possa realmente avere un'integrazione tra riabilitazione sanitaria e sociale;

6) ad adottare iniziative per incrementare la disponibilità di posti letto e di personale sanitario dedicato, affinché le famiglie non debbano affrontare, già nella difficoltà in cui si trovano, spostamenti da una regione all'altra per accedere a tutte le fasi della presa in carico;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per introdurre e normare il fisioterapista di comunità, considerato figura atta a garantire la presa in carico e lo svolgimento del programma riabilitativo domiciliare o attività territoriale;

8) a garantire, per quanto di competenza, l'accesso permanente delle associazioni dei pazienti ai tavoli istituzionali di riferimento e coordinamento e ai comitati che svolgono attività di indirizzo per supportare il paziente e la sua famiglia nella scelta del luogo di cura e nel percorso da avviare, in particolare coinvolgendo le associazioni dopo il periodo di sperimentazione di un anno delle disposizioni previste dal nuovo decreto;

9) a promuovere progetti specifici volti alla realizzazione di percorsi di vita autonoma ed indipendente delle persone con esiti da grave cerebrolesione acquisita in un'ottica di continuità assistenziale dopo la fase riabilitativa;

10) a promuovere l'istituzione di servizi sanitari territoriali che prevedano la presenza di un'équipe multiprofessionale specialistica al fine di una presa in carico integrata degli esiti cognitivo-comportamentali e motori (neuropsicologo, psicologo, psichiatra, neurologi e fisiatra);

11) ad attivare tavoli di lavoro interdisciplinari che coinvolgano i rappresentanti delle società scientifiche dell'équipe riabilitativa (fisiatri, neurologi, psicologi di area neuropsicologica, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti) per condividere competenze in modo coordinato e finalizzato;

12) a dare piena attuazione al l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario, tenendo conto delle osservazioni della Commissione affari sociali della Camera dei deputati del dicembre 2016, con l'emanazione del decreto «tariffe».

 

Seduta del 19 ottobre 2021

Seduta del 26 ottobre 2021