Giustizia

Separazione delle carriere: indebolisce l'indipendenza della magistratura e mira a un futuro controllo politico
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Una riforma che non risolve nessuno dei problemi della giustizia
La Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge costituzionale che prevede la separazione delle carriere dei magistrati.
Il Partito democratico ha fortemente contrastato questo provvedimento e ha votato No.
Il disegno di legge costituzionale è composto di otto articoli e modifica il Titolo IV della Costituzione, intervenendo sugli articoli 87, 102, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione, prevedendo una separazione della funzione giudicante da quella requirente; istituisce due distinti organi di autogoverno della magistratura: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente; attribuisce la presidenza di entrambi gli organi al Presidente della Repubblica.
Viene, inoltre, istituita l’Alta Corte disciplinare cui è attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, tanto giudicanti che requirenti.
Le numerose critiche espresse dal Partito democratico riguardano sia il modo attraverso il quale si è giunti all’approvazione di questa modifica della Costituzione, sia il merito delle modifiche contenute all’interno della riforma, sia infine il contesto all’interno del quale viene calata la riforma, ossia lo stato di salute della giustizia italiana.
Iniziando da quest’ultimo punto, il Pd ha evidenziato che la giustizia italiana nel suo insieme soffre di numerosi e gravi problemi. Il governo Meloni, con l’ultima legge di Bilancio, ha previsto tagli per 500 milioni di euro all’intero comparto nei prossimi due anni.
C’è una strutturale carenza di organico, mancano magistrati, le udienze del giudice di pace vengono fissate al 2030, il processo telematico è in tilt, i cittadini e le imprese che chiedono giustizia devono affrontare il calvario della lentezza dei processi. Le carceri sono sovraffollate con punte superiori al 130 per cento rispetto alla capienza prevista, e i suicidi tra i detenuti e la polizia carceraria, che nel 2024 hanno superato ogni record, continuano in maniera ancora peggiore nel 2025.
Rispetto ai problemi che affliggono la giustizia italiana, la riforma del governo Meloni non fa assolutamente nulla e non porterà alcun beneficio, alcun miglioramento. Non investe risorse, non velocizza i processi, non allevia la situazione nelle carceri, non porta alcun beneficio per cittadini e imprese.
Per quanto riguarda il metodo, il governo Meloni ha deciso di affrontare le modifiche alla Costituzione, su una materia delicata come quella della giustizia, presentando un testo che, come dichiarato dallo stesso ministro Nordio, è blindato fin dalla prima lettura. Chiuso. Impermeabile a qualunque apporto, sia da parte dell’opposizione che della stessa maggioranza.
Una blindatura che non ha precedenti, che è contraria allo spirito dei costituenti, che mostra una concezione della democrazia preoccupante.
Per venire, infine, al merito della riforma, il Pd ha per prima cosa evidenziato alcuni dati.
La separazione delle carriere di fatto già esiste. Con le riforme della precedente legislatura, con la riforma dell'allora Ministra Cartabia, è possibile un solo passaggio in tutta la carriera, da effettuarsi nei primi 9 anni della carriera stessa.
Si parla, infatti, di circa 20 passaggi all'anno su 10.000 magistrati, quasi sempre dalla carriera di pubblico ministero a quella di giudice.
Assai meno dell'1 per cento dei pubblici ministeri passa alla funzione di giudice e ancor meno sono i giudici che passano alla funzione di pubblico ministero.
Serviva una riforma costituzionale per affrontare questi 20 passaggi all’anno
Oppure questa riforma del governo Meloni non è altro che uno scalpo ideologico? È un intervento fuori tempo massimo sulle carriere dei magistrati o un pezzo del patto tra le varie anime del centrodestra che prevede la riforma dell’Autonomia per la Lega, quella del premierato per Fratelli d’Italia e questa sui giudici per Forza Italia?
C’è il forte sospetto che questa riforma non voglia separare le carriere, cosa che nei fatti è già in essere, ma piuttosto separare la magistratura, spaccarla in due e dunque indebolirla.
Non solo, ma ammesso e non concesso che all’interno di questa riforma alberghi un qualche afflato garantista, si rischia di ottenere esattamente il risultato opposto, con la creazione di un super PM, un accusatore di professione, sganciato dal resto della magistratura, con a disposizione l’intero apparato della polizia giudiziaria, senza più controllo alcuno se non quello eventuale, e a quel punto probabile, del potere politico.
E così si arriverà alla fine del principio che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale.
Verrà deciso a livello politico quali reati perseguire e quali no, dove concentrare le attenzioni e dove invece ridurle.
