Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 15 Ottobre, 2025
Nome: 
Antonella Forattini

Vai alla scheda della Mozione

Grazie, Presidente. Oggi discutiamo della politica agricola comune, uno dei pilastri fondanti dell'Unione europea. Un pilastro che per decenni ha garantito sicurezza alimentare, coesione territoriale e sviluppo rurale, e che oggi rischia di essere smantellato nel silenzio generale.

E rischia di esserlo anche per responsabilità di chi in Europa avrebbe dovuto difendere gli interessi del nostro Paese e non l'ha fatto. Mi riferisco, ovviamente, al vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, che ha la responsabilità di coordinare i rapporti con gli Stati membri e di promuovere la coesione e le riforme. Fitto non ha mosso un dito per impedire che l'agricoltura, in particolare quella italiana, tornasse ad essere ai margini delle priorità europee, anziché lavorare per metterla al centro di un nuovo modello di sviluppo incentrato sulla sostenibilità. Non abbiamo visto una sola sua iniziativa per contrastare il taglio di 8 miliardi di euro del budget destinato all'Italia, e non un solo intervento per evitare la costituzione di un fondo unico che, di fatto, demolisce il concetto stesso di politica agricola comune, cancellando appunto la logica dei due pilastri e con essa la certezza che le risorse per gli agricoltori ci fossero. È più facile prendersela con l'Europa, con la sola von der Leyen che con i propri referenti politici, salvo, come abbiamo sentito prima, che non si pensi che l'opposizione conti più della maggioranza.

E mentre l'Europa si interroga sul futuro della PAC post 2027 e le organizzazioni agricole protestano, il Governo cosa fa? Solo propaganda e annunci. Con un annuncio roboante, lo scorso luglio il Ministro Lollobrigida ha presentato un provvedimento che prevederebbe un miliardo per l'agricoltura. Lo ha fatto con un titolo accattivante, “coltivitalia”, trasformando un tema cruciale in un altro manifesto pubblicitario. Senza un euro vero, senza un atto concreto, senza un cronoprogramma reale. Quel provvedimento, infatti, è fermo alla Ragioneria dello Stato, e quindi sarebbe utile sapere il perché. Intanto sappiamo cosa significa: che nessuna risorsa è arrivata agli agricoltori, nessun sostegno alle aziende in crisi, nessuna risposta concreta a chi, tra burocrazia e rincari, oggi lotta per mantenere in vita la propria attività. E anche nel documento programmatico inviato in Europa, di coltivitalia c'è solo il titolo, un titolo vuoto. Un documento che non ha tenuto conto delle diverse criticità che il mondo agricolo dovrebbe affrontare, una su tutti quella sui dazi, tanto che nella nostra mozione il punto relativo ai dazi è stato stralciato.

È la fotografia impietosa di un Governo che parla di sovranità alimentare ma dimentica che la sovranità si regge sulle spalle di chi ogni giorno lavora nei campi con fatica, competenza e prospettive sempre più ridotte. Un Governo che ha trasformato le difficoltà del settore agricolo in un tema da campagna elettorale permanente mentre migliaia di imprese chiudono, i giovani rinunciano a investire e le aree rurali si spopolano. Noi invece oggi proponiamo, con questa mozione, un'altra idea di agricoltura per un'altra idea di Europa: una PAC forte, giusta e finanziata, che rimetta al centro il reddito degli agricoltori, la dignità del lavoro, la sostenibilità ambientale e sociale, la sicurezza del lavoro e la lotta al caporalato. Perché la PAC non può essere svuotata nel bilancio pluriennale europeo, né ridotta a una voce residuale dentro un fondo unico che mette tutto insieme e non garantisce più nessuno. Noi chiediamo di preservare la struttura a due pilastri che ha garantito stabilità e coesione del settore. Chiediamo una PAC che premi chi produce davvero, chi innova, chi assume con contratti regolari, chi investe nella qualità delle produzioni e nel benessere animale. Chiediamo pagamenti diretti mirati agli agricoltori attivi, con un tetto massimo per evitare le rendite parassitarie, e più risorse a chi vive del proprio lavoro e non delle superfici possedute. Chiediamo una condizionalità sociale vera, che riconosca i diritti di chi lavora nei campi, italiani e migranti, donne e uomini, perché non può esistere transizione ecologica senza giustizia sociale. E chiediamo investimenti nel ricambio generazionale, nel sostegno alle giovani imprese agricole, nell'accesso al credito e alla terra per chi vuole costruire il proprio futuro in questo settore.

La verità è che senza una PAC ambiziosa e ben finanziata, l'Italia e l'Europa perdono insieme. Perdiamo sicurezza alimentare, presidio territoriale, tutela ambientale, identità. E mentre Fitto e Fratelli d'Italia continuano a parlare di sovranità, stanno svuotando di contenuto proprio le politiche che la rendono possibile. Noi non accettiamo che l'agricoltura italiana sia trattata come un terreno di propaganda continua. Difendiamo un'agricoltura fatta di persone, di comunità, di lavoro vero e di qualità. Difendiamo il ruolo delle regioni nella programmazione, la partecipazione delle organizzazioni agricole, la trasparenza nella gestione dei fondi e l'integrazione tra consulenza, formazione e innovazione. Perché, e lo diciamo con tanta forza, la transizione ecologica non si annuncia ma si costruisce, e si costruisce solo se agli agricoltori si danno strumenti, certezze e reddito. E oggi in Italia non c'è nulla di tutto questo.

Per questo abbiamo presentato una nostra mozione e la sosteniamo convintamente, perché chiede appunto di cambiare rotta, di restituire dignità e prospettiva al mondo agricolo e di riportare l'Italia al centro del dibattito europeo, con una proposta seria e non solo con slogan. E sarà anche un voto di ferma condanna politica verso chi aveva la responsabilità di agire e ha scelto di non farlo.

Vedete, la propaganda non paga le bollette delle aziende agricole, e il vostro Coltiva Italia oggi è solo letteralmente un campo lasciato incolto.