“Le parole del Presidente del Senato segnano una netta presa di distanza e confermano quanto sia profondo il disagio anche all’interno della maggioranza di fronte a questa riforma. È grave che il testo in discussione al Senato sia stato imposto al Parlamento senza alcuna possibilità di confronto: si tratta infatti dello stesso testo approvato dal Consiglio dei Ministri, un grave strappo al principio di condivisione e allo spirito della nostra Costituzione, che impone dialogo e partecipazione nelle modifiche di tale portata. Questa riforma attacca alle radici la nostra democrazia, minando i principi costituzionali della separazione dei poteri e colpendo al cuore l’autonomia della magistratura. Il Governo ha ancora il tempo di ripensarci.” Così Federico Gianassi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Giustizia della Camera, commenta le parole del Presidente del Senato Ignazio La Russa sulla riforma della separazione delle carriere.
“L’attacco da parte dell’esecutivo ungherese al quotidiano nazionale La Repubblica è veramente sproporzionato e in palese contrasto con i principi fondamentali della libertà di stampa e dell’indipendenza dei media, valori che dovrebbero essere condivisi e rispettati a livello europeo. È imprescindibile che ogni giornale possa svolgere il proprio lavoro in piena autonomia, senza intimidazioni o ostacoli da parte di poteri pubblici o esecutivi.
Qualsiasi ripercussione, aperta o velata, nei confronti di un organo di stampa indipendente suscita allarme perché mina il valore della trasparenza e della responsabilità pubblica. Ci stupisce che né la presidente Meloni, né i vicepremier Salvini e Tajani, grandi amici di Orban, abbiano speso una parola in merito”. Lo dichiara Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione di Vigilanza sulla Rai.
"Le dichiarazioni rilasciate oggi a Roma dal premier ungherese Viktor Orbán sono sbagliate e non condivisibili. Mentre l’Ucraina continua a difendere la propria libertà, Orbán afferma che ‘sulla guerra in Ucraina c’è ben poco da fare’, che ‘l’Europa è fuori dai giochi’ e annuncia un viaggio a Washington per ‘aggirare le sanzioni’ contro la Russia, colpendo così direttamente la credibilità dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
È una posizione che mina i principi di solidarietà europea, indebolisce il fronte comune contro l’aggressione di Putin e rischia di compromettere la sicurezza e l’autonomia economica, industriale ed energetica del nostro continente. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni prenda le distanze pubblicamente dalla linea del suo alleato sovranista. Perché non è più tollerabile che il Governo italiano si mostri indulgente e ambiguo verso chi lavora per distruggere l’Europa dall’interno". Lo dice Piero De Luca, deputato Pd e capogruppo in commissione politiche europee.
“Non possiamo permettere che anche Rosignano diventi un nuovo simbolo della crisi industriale italiana. Il governo intervenga immediatamente per salvaguardare i 400 posti di lavoro dello stabilimento Ineos e difendere un settore strategico per il territorio e per il paese. Non possiamo assistere passivamente a un possibile ridimensionamento di uno dei poli chimici più importanti d’Italia”.
Lo dichiarano i deputati del Partito Democratico Marco Simiani ed Emiliano Fossi, che hanno presentato un’interrogazione al ministro delle Imprese e del Made in Italy.
“Serve un’azione decisa - aggiungono - per sostenere il comparto chimico, strategico per la nostra autonomia industriale e per la transizione energetica. Non possiamo permettere che l’Europa e l’Italia compiano un ‘suicidio industriale’ mentre Stati Uniti e Cina continuano a rafforzare la loro competitività grazie a politiche energetiche e industriali mirate. Serve un tavolo di crisi con la Regione Toscana, i sindacati e l’azienda per garantire la continuità produttiva del sito di Rosignano. Dopo le difficoltà di Piombino e Livorno la regione non può subire un’altra ferita occupazionale. Il governo Meloni - concludono - dimostri finalmente di avere una strategia chiara ed efficace per difendere il lavoro e la competitività del nostro sistema produttivo”.
“L’Europa vive un momento delicatissimo, stretto tra guerre, crisi geopolitiche e tensioni commerciali. In questo contesto serve più Europa, non meno Europa. Il mantra della presidente Meloni, che vuole un’Unione che faccia meno, è sbagliato. Noi chiediamo un’Europa che faccia di più e meglio, capace di proteggere davvero i cittadini di fronte a sfide globali che nessun Paese può affrontare da solo”. Lo ha detto in Aula alla Camera, il deputato Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione Ue, durante le dichiarazioni di voto sulle mozioni in materia di politiche di coesione.
“Le politiche di coesione – ha aggiunto l’esponente dem - sono il cuore del progetto europeo, ma oggi rischiano di essere svuotate. La proposta della Commissione di accentrare la gestione dei fondi, unificandoli con altri strumenti, mette in pericolo il principio di sussidiarietà e l’autonomia dei territori. È lo stesso modello che il ministro Fitto ha applicato in Italia, centralizzando le risorse del Fondo di sviluppo e coesione e producendo ritardi enormi. Così si indebolisce il Mezzogiorno, ampliando e aggravando i divari territoriali esistenti”.
“Il governo Meloni – ha concluso De Luca - con l’autonomia differenziata, con la gestione politicizzata dei fondi e con la resa ai dazi imposti da Trump, lavora contro l’Europa e contro l’interesse nazionale. Noi continueremo a difendere l’unità del Paese, la giustizia territoriale e sociale, e un’Europa solidale che sostenga famiglie, imprese e territori. Perché chi indebolisce l’Europa indebolisce l’Italia”.
In Italia serve “un sistema istituzionale ed elettorale alla francese: semipresidenziale, maggioritario, uninominale con il doppio turno. Non ha praticabilità immediata questo discorso? Si deve partire dalle idee e non dai numeri e soprattutto dalla gente che in grande maggioranza preferirebbe questo sistema”. Lo scrive il deputato del Partito Democratico, Roberto Morassut, in un articolo sul Riformista in cui affronta molti dei temi che caratterizzano l’attuale dialettica nel centrosinistra.
Per Morassut, serve “una patrimoniale sulle grandi rendite e i grandi patrimoni, oltre i 10 milioni di euro. Una misura che può garantire ogni anno circa 15 miliardi in più per il bilancio dello Stato da destinare alla riconversione ecologica ‘giusta’, per sollevare le condizioni delle classi popolari e dei ceti medi nel campo della casa e della mobilità”.
E ancora: “Serve una nuova Legge Urbanistica Nazionale per il governo del territorio. Una legge semplice - sottolinea il deputato dem - ma forte e di pochi inderogabili principi che contenga le linee per la rigenerazione urbana e l’azione sulla casa e che sollevi le periferie e le aree interne gravate dall’insormontabile ostacolo del basso valore del mercato immobiliare”.
“Va detto con nettezza - scrive ancora Morassut - che il Pd si batte per nazionalizzare ILVA a Taranto e difendere l’acciaio italiano attraverso una riconversione sostenibile degli impianti, possibile solo attraverso la mano pubblica”.
Morassut ha poi rilanciato una sua proposta di legge depositata alla Camera, che ridisegna la geografia del Paese: “le Regioni - spiega - debbono essere ridotte ad un massimo di 12. Troppe Regioni sono un peso per la spesa pubblica ed opprimono l’autonomia del Comuni. Si torni, poi, alle Province elettive e si dia un ordinamento speciale con potestà legislative concorrenti alle tre grandi città metropolitane a vocazione internazionale come Roma, Milano e Napoli”.
“Nonostante i ripetuti femminicidi di giovani ragazze, nonostante gli appelli delle famiglie contro una cultura ancora retrograda che minimizza la violenza di genere e il maschilismo insito nella società, la maggioranza di Governo ha scritto una delle pagine più buie della recente storia scolastica italiana. Con un emendamento al disegno di legge Valditara, approvato in Commissione Cultura alla Camera, si vietano tutte le attività legate all’educazione sessuale e affettiva anche nelle scuole medie, estendendo un divieto già previsto per l’infanzia e la primaria.
Una scelta che rischia di rendere impossibili le tante attività che già si realizzano nelle scuole ”. Così Irene Manzi, responsabile Scuola del Partito Democratico, critica duramente l’operato della maggioranza in un editoriale su l’Unità.
“Non si tratta solo di una forzatura ideologica: è un attacco diretto all’autonomia scolastica, alla libertà di insegnamento e, soprattutto, al diritto delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi a ricevere un’educazione completa, inclusiva, capace di fornire strumenti per affrontare con consapevolezza e rispetto le relazioni umane.
Oggi, mentre servirebbero più formazione e consapevolezza per contrastare la violenza di genere, si imbocca con determinazione e con incredibile furore ideologico, la strada opposta: quella della censura e del silenzio. Si toglie alle scuole uno degli strumenti più importanti per educare al rispetto, al consenso, alla parità, all’empatia, alla relazione sessuale. E lo si fa proprio nella fascia d’età, quella tra gli 11 e i 14 anni, in cui si cominciano a formare l’identità personale e le prime relazioni affettive e sociali. Una fascia di età che, come dimostrano ricerche e fatti di cronaca, è al centro di una crisi profonda contro cui si fa fatica a trovare risposte adeguate”, prosegue Manzi.
“Non abbiamo alternative. Dobbiamo intervenire sulle ragioni della violenza e prosciugarne le fonti che sono culturali.
Per questo continueremo a daremo battaglia in Aula per non far passare questa scelta vergognosa sotto silenzio. Per una scuola che sia luogo di educazione libera, laica, civile. Perché dove si censura la conoscenza, si alimenta l’ignoranza. E dove manca l’educazione, cresce la violenza”, conclude Manzi.
La legge sulla revisione dei servizi per i cittadini e le imprese all’estero non solo non risolve le criticità esistenti, ma le aggrava in modo preoccupante”, dichiarano in una nota congiunta i deputati democratici Toni Ricciardi, vicepresidente del Gruppo Pd, e Fabio Porta, entrambi eletti nella circoscrizione Estero. “Dal 2025 – spiegano – le certificazioni per le richieste di cittadinanza dovranno essere presentate esclusivamente su carta: un ritorno all’Ottocento che ignora ogni principio di digitalizzazione e di buon senso amministrativo. Inoltre, il governo svuota di competenze la rete diplomatico-consolare, aprendo la strada a una pericolosa privatizzazione dei servizi, con il rischio di affidare dati sensibili dei cittadini a soggetti privati”.
“È una legge che – proseguono i deputati dem – conferma la visione del governo Meloni: tagliare risorse, diritti e autonomia ai Consolati e agli italiani all’estero. Basti pensare ai costi ormai insostenibili per i servizi, come i 250 euro per la trascrizione di una nascita o i 600 euro per le pratiche di cittadinanza. Mentre aumentano le spese per i cittadini, diminuiscono gli stanziamenti: 55 milioni in meno nella prima legge di bilancio e nessuna risorsa per rafforzare il personale e l’efficienza consolare”.
“Il Partito Democratico – concludono Ricciardi e Porta – continuerà a battersi per il rispetto e la tutela degli italiani nel mondo, per una rete consolare efficiente e moderna, e per garantire diritti, servizi e dignità a chi rappresenta una risorsa strategica per il nostro Paese. L’unico miglioramento del provvedimento, l’introduzione della carta d’identità elettronica per i residenti all’estero, porta la firma del Partito Democratico”.
“Sulla tassa di soggiorno e sul turismo, il governo dell’autonomia differenziata dimostra ancora una volta di essere autonomo solo nel togliere. Toglie risorse proprie dei Comuni per tenersene la differenza a Roma”. Lo dichiara in una nota Andrea Gnassi, deputato del Partito Democratico ed ex sindaco di Rimini.
“L’imposta di soggiorno – spiega l’esponente dem – è nata per finanziare i costi diretti generati dai flussi turistici: dalla mobilità al decoro urbano, dai rifiuti alla tutela ambientale e alla depurazione delle acque. Invece il governo, con un’operazione surreale e mirata, priva proprio le città turistiche di risorse ormai vitali. È una strategia chiara: mentre il centrodestra, sia con la ministra Santanchè che con proposte di legge parlamentari di pura facciata, sbandierano l’importanza del turismo e delle città turistiche, di fatto poi, toglie concretante ai territori ciò che serve per sostenere i servizi e progetti essenziali. Come Partito Democratico presenteremo una proposta di legge strutturata che definisca fondi e criteri per garantire risorse stabili alle città a vocazione turistica. Siamo pronti a lavorare con tutte le forze parlamentari per soluzioni condivise".
“La tassa di soggiorno – conclude Gnassi - è l’unico brandello di autonomia fiscale rimasto ai Comuni e il governo non la può usare per finanziare spese statali previste per legge come il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità. Serve semmai dare ai Comuni più libertà di utilizzo, anche per la sicurezza o l’alloggio delle forze dell’ordine. Daremo battaglia in Parlamento e nel Paese perché le città turistiche non siano penalizzate e perché lo Stato garantisca i servizi essenziali come previsto dalla legge”.
“Apprendiamo da fonti di stampa, che riportano la bozza del Dl anticipi, che il Governo intenderebbe prolungare anche per il 2026 la possibilità per i Comuni di incrementare la tassa di soggiorno, trattenendone però il 30%. Il principio è totalmente sbagliato: in questo modo si scaricano sui Comuni oneri e responsabilità, trattenendo a Roma una parte del gettito che invece dovrebbe restare sul territorio”.
Così la deputata Silvia Roggiani della presidenza del gruppo del Partito democratico alla Camera.“Il turismo crea ricchezza che finisce allo Stato - aggiunge la deputata Pd - mentre ai Comuni restano i costi e gli effetti dell’overtourism. La tassa di soggiorno dovrebbe servire a compensare questi squilibri, ma il Governo Meloni sceglie di metterci le mani sopra, sottraendo il 30% delle risorse per finanziare spese che dovrebbero essere già coperte dal bilancio statale, come l’assistenza ai minori non accompagnati. La destra parla di autonomia ma nei fatti impone una visione centralista e distorta dei rapporti tra Stato e Comuni. È un ennesimo gioco a tre carte: si parla di rafforzare i territori, ma si continua a svuotarli”.
“Come Partito Democratico - conclude - continueremo a difendere il principio che le entrate generate localmente restino ai Comuni, per migliorare i servizi, valorizzare il patrimonio culturale e sostenere un turismo davvero sostenibile”.
«Le nuove Province della Sardegna – Sulcis Iglesiente, Gallura, Medio Campidano e Ogliastra – sono pienamente operative, con organi eletti e personale, ma per lo Stato non esistono ancora».
Lo denuncia Silvio Lai (Partito Democratico) dopo aver presentato un’interrogazione ai Ministri dell’Interno, dell’Economia, delle Infrastrutture e degli Affari Regionali.
Secondo il deputato dem, «la Regione ha completato ogni adempimento, inviando tra luglio e agosto tutte le comunicazioni ufficiali ai Ministeri competenti (protocolli RAS 32764, 32765, 7035 e 7037). Nonostante ciò, il Governo non ha ancora attribuito i codici ISTAT, fiscali e automobilistici, né aggiornato i database nazionali».
Il ritardo – aggiunge Lai – «blocca bilanci e trasferimenti, impedisce la riscossione dei tributi provinciali e provoca un danno stimato in oltre 12 milioni di euro annui per le quattro Province».
“È una situazione paradossale – aggiunge Lai – abbiamo Province operative, riconosciute dalla Regione e dai cittadini, ma inesistenti per lo Stato.
Non è accettabile che una Regione autonoma debba chiedere il permesso a Roma per essere considerata viva.
È il simbolo dell’immobilismo di questo Governo verso la Sardegna.”
«La Regione ha fatto il suo dovere, ora è lo Stato ad essere inadempiente. È una violazione del principio di leale collaborazione e un colpo all’autonomia sarda», conclude Lai.
“L’audizione dell’Istat ha confermato quello che denunciamo da tempo: l’Italia non è un Paese per giovani. La piramide demografica del mondo del lavoro è spostata verso i 50 anni e il governo Meloni non sta facendo abbastanza per invertire questa tendenza”. Lo afferma Rachele Scarpa, deputata e responsabile nazionale Giovani del Partito Democratico, intervistata sui canali social dei deputati dem.
“Il dato più preoccupante è quello sul potere d’acquisto: con questo governo i lavoratori italiani hanno perso circa il 9%, l’equivalente di una mensilità di stipendio in meno all’anno. Una perdita che pesa soprattutto sui giovani, i più colpiti dal lavoro precario e dal caro vita”.
L’esponente Pd sottolinea come la situazione attuale stia “spingendo un numero crescente di ragazzi a lasciare l’Italia per cercare migliori opportunità all’estero”, mentre nel Paese “cresce un mercato del lavoro popolato da persone sempre meno giovani”. “La bolla speculativa sui prezzi delle case, la difficoltà di accedere a un’abitazione e l’assenza di politiche per l’autonomia rendono impossibile per molti costruire un futuro qui”, aggiunge.
“Servono – conclude Scarpa - politiche concrete e coraggiose. Il Partito Democratico presenterà le proprie proposte nella legge di bilancio: dal salario minimo, che la destra sta affossando con una delega in bianco, alla legge contro lo spopolamento. Ma se il governo continuerà a ignorare la questione generazionale, il rischio è quello di precipitare in un vero e proprio inverno demografico, con un sistema previdenziale e sociale sempre più fragile e un Paese che perde ogni anno decine di migliaia di giovani talenti”.
“Quella approvata oggi non è una riforma dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, ma un intervento di mera manutenzione, un aggiornamento linguistico e formale che non realizza quel ‘terzo statuto’ annunciato a inizio legislatura dal governo”. Lo dichiara Sara Ferrari, deputata e componente della presidenza del Gruppo Pd alla Camera, intervenendo in dichiarazione di voto.
“Il testo – spiega l’esponente dem – si limita a riscrivere con linguaggio moderno competenze già riconosciute, senza affrontare l’adeguamento previsto dalla riforma costituzionale del 2001. È il classico topolino partorito dalla montagna, quello che i costituzionalisti del nostro territorio hanno definito un mero lifting, pur sperabilmente utile a superare il contenzioso degli anni passati con lo Stato. Sottolineo il deficit di metodo con cui si è arrivati a questo risultato: un accordo ai vertici tra governo e presidenti delle due province, senza alcuna partecipazione della collettività regionale, degli enti territoriali e delle assemblee provinciali e regionale. Una scelta che nega lo spirito partecipativo che è la forza della nostra autonomia”.
“La nostra autonomia – conclude Ferrari – è nata da un patto costituzionale e internazionale, fondato sulla tutela delle minoranze linguistiche e sulla coesione territoriale. Nulla a che vedere con l’autonomia differenziata delle regioni ordinarie, che invece rischia di spezzare l’unità nazionale e di creare disuguaglianze tra cittadini. Per queste ragioni il voto del Partito Democratico è favorevole, ma consapevole e condizionato. Restiamo fedeli a un’idea di autonomia come strumento di solidarietà e convivenza, non di divisione. Come ricordava De Gasperi, l’autonomia è un’opera di pazienza e di precisione, mai un atto di fede. Resta, purtroppo, senza motivazione la bocciatura delle mie proposte di miglioramento del testo che prevedeva l’inserimento in Statuto della parità di genere nella rappresentanza, dell’articolo 117 della Costituzione per le Regioni, così come quella relativa al riconoscimento dell’Euregio quale entità transnazionale”.
“Non conosco Ilaria Salis se non per le cronache e per la sua elezione al Parlamento europeo. È probabile che, anche se ci fossimo conosciuti, difficilmente avremmo militato nello stesso movimento o partito. Detto ciò domani il Parlamento europeo sarà chiamato a esprimersi sulla revoca dell’immunità e la possibilità conseguente di consegnare Ilaria alla “giustizia” ungherese (dove le virgolette segnalano l’eufemismo). L’Ungheria, Paese membro dell’Unione Europea, viola sistematicamente da anni la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, l’autonomia della ricerca. Nelle sue carceri applica metodi di detenzione incompatibili con lo Stato di diritto. Tutto questo per dire che se domani il Parlamento europeo non respingerà la richiesta di revocare l’immunità a un suo membro eletto si macchierà di una colpa imperdonabile”
Così sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo.
“Dopo dieci mesi di annunci, il Governo Meloni mette la parola fine alla produzione di zinco e piombo a Portovesme. Non ci sono investitori, non ci sono soluzioni sull’energia, non ci sono garanzie occupazionali. È l’ennesimo fallimento industriale di un esecutivo che non ha una politica, né per la Sardegna né per il Paese”.
Lo afferma il deputato e segretario del PD della Sardegna, Silvio Lai.
“Il tavolo al Mimit - aggiunge- ha dimostrato che il Governo è incapace di affrontare una crisi industriale: nessuna capacità di interlocuzione con i grandi player internazionali, nessuna innovazione nelle politiche energetiche, solo mesi di illusioni e promesse vuote. A pagare sono ancora una volta i lavoratori del Sulcis, già segnati da anni di crisi e incertezze. In un momento in cui l’Europa spinge per l’autonomia sulle materie prime critiche, l’Italia non è in grado nemmeno di salvaguardare ciò che resta dei suoi poli industriali. La Sardegna diventa così il simbolo di un Paese senza rotta: zero energia competitiva, zero strumenti di politica industriale, zero garanzie per l’occupazione. La Regione ha fatto ogni sforzo per garantire un contesto adeguato a innovare e completare le infrastrutture ma questo non è sufficiente quando si devono cercare player internazionali e relazioni con sistemi statali. Altro che centralità dell’Italia della Meloni, anche ieri è emerso il contrasto tra propaganda e realtà. Chiediamo che il Governo venga immediatamente a riferire in Parlamento e che si apra una discussione seria su una politica industriale nazionale, perché non è più accettabile che ogni crisi si trasformi in un epilogo di abbandono e rassegnazione. La Sardegna - conclude - non può essere la cartina di tornasole del vuoto strategico di questo Governo”.