"L’intervista di Piantedosi certifica il fallimento del progetto Albania. Di fronte a questo evidente insuccesso, il governo tenta adesso di riconvertirlo per evitare il danno erariale, ma il risultato è solo un ulteriore spreco di risorse pubbliche, peraltro con soluzioni del tutto estranee all’accordo siglato con l’Albania e alla sua legge attuativa. Il costo per le casse dello Stato italiano è già enorme: circa un miliardo di euro, che poteva essere investito in sanità, istruzione o sicurezza. Il governo ponga definitivamente fine a questa operazione, nata sotto il segno della propaganda e destinata a trasformarsi in un vero e proprio disastro finanziario".
Così in una nota le deputate e i deputati democratici Chiara Braga, Enzo Amendola, Simona Bonafè, Matteo Mauri e Matteo Orfini, che aggiungono: "Meloni dovrebbe prendere atto della gravità della situazione, con un governo in cui i ministri degli Esteri e dell’Interno, per usare le parole dalla stessa maggioranza, sono in evidente difficoltà".
“Il Ministro della Cultura Alessandro Giuli sembra più interessato a deliziarci con discorsi fumosi e attacchi ideologici che a rispondere a domande concrete. Dopo le sue dichiarazioni di oggi, ci chiediamo: invece di gettare parole nel vuoto per compiacere la Presidente del Consiglio, può dirci con chiarezza se il Ministero della Cultura sta per definanziare il progetto di recupero del carcere di Santo Stefano?
Il progetto Ventotene è un progetto di grande importanza, premiato con il prestigioso marchio del Patrimonio europeo per la sua capacità di restituire alla memoria collettiva un luogo simbolo della lotta per la libertà. Un carcere che ha visto il confino di oppositori politici durante il fascismo e che oggi rappresenta un'opportunità unica per trasformare un passato di privazione in un futuro di consapevolezza e cultura.
Lasciamo al Ministro le sue ridicole battaglie retoriche, ma ci dica chiaramente se il MiC sta davvero per compiere questo atto irragionevole, dettato solo dall’ostinata volontà di assecondare il revisionismo di Giorgia Meloni.” Così la capogruppo democratica nella commissione e cintura della Camera, Irene Manzi.
“L’articolo 34 della nostra Costituzione prevede che 'i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio'. Ma per la Lega non è così. A quanto si apprende da notizie a mezzo stampa, è recente l’approvazione dal consiglio regionale del Piemonte di un ordine del giorno, presentato da Fabrizio Ricca che chiede una ridefinizione nella gestione delle borse di studio universitarie, basate sulla premialità per chi 'studia nel territorio di residenza, al fine di incentivare la formazione locale”. Così si legge nell'interrogazione a prima firma del deputato PD, Mauro Berruto, alla ministra Anna Maria Bernini al fine di garantire il diritto allo studio su tutto il territorio nazionale con i medesimi criteri di erogazione.
“Come fatto notare dal PD della giunta piemontese – continua l'esponente dem - dal vicerettore dell'Università di Torino, Giuseppe Martino Di Giuda, e da diversi professori universitari il 'localismo è la negazione del merito e delle condizioni per far emergere l’eccellenza. Lo studio, il diritto allo studio necessita di territori sconfinati'”. “In altre parole il localismo inteso come premio allo studio è un'aberrazione dello studio stesso, soprattutto in una regione dove, su un totale di circa 130 mila universitari, il 34% arriva o da altre zone d’Italia oppure dall’estero. Il cosiddetto 'diverso', straniero o anche del Sud Italia, non è un potenziale pericolo e non sottrae nulla ai 'locali' piemontesi”, conclude Berruto.
L'interrogazione è stata firmata anche dai deputati PD, Federico Fornaro e Chiara Gribaudo.
In carcere in Italia si muore. 90 morti nel 2024, già 19 in questi primi mesi del 2025. Una situazione drammatica in cui l’aspetto del sovraffollamento è una realtà evidente con punte del 190%. Oltre i proclami, gli interventi previsti dal governo non stanno dando alcun risultato. Servono subito provvedimenti deflattivi per alleggerire almeno di 20 mila unità le presenze all’interno degli istituti di pena. Serve aria, sollievo per i detenuti e le detenute e per tutto il personale penitenziario che ogni giorno affronta questa immane difficoltà di gestione che come prima diretta conseguenza produce l’impossibilità di assicurare le condizioni minime di dignità, assistenza, supporto e cura delle persone in privazione della libertà e delle quali il nostro Stato è responsabile. Ogni giorno nelle nostre carceri si viola l’articolo 27 della Costituzione e tutte le norme che il nostro Ordinamento penitenziario del 1975 prevede in tema di esecuzione penale. Ma purtroppo la dottrina di questa maggioranza è: più reati, più pene e più carcere, alla faccia della rieducazione e dell'applicazione della Costituzione.
Così il deputato Paolo Ciani, vicepresidente del Gruppo Pd-Idp alla Camera, intervenendo in Aula.
Il riconoscimento del diritto di voto per i fuori sede nei prossimi referendum rappresenta una seconda piccola grande vittoria per il Partito Democratico e per tutti coloro che si battono per una democrazia più inclusiva e accessibile. È un risultato che abbiamo ottenuto con determinazione, dopo anni di impegno e mobilitazione". Così Marianna Madia, deputata del Partito Democratico e prima firmataria della pdl “Voto dove vivo” insieme al senatore dem Marco Meloni.
"La nostra battaglia per garantire il voto ai fuori sede – spiega l’esponente dem - è iniziata molto tempo fa. Solo poche settimane fa, il ministro Piantedosi aveva escluso questa possibilità, ma grazie al nostro pressing, al lavoro costante e all’azione congiunta con il senatore Meloni, che ha portato alla presentazione di due proposte di legge e alla mobilitazione delle associazioni, tra le quali il comitato ‘Voto dove vivo’, il governo ha dovuto cambiare posizione e inserire questa misura nel decreto approvato".
"Si tratta – conclude Madia - di una seconda tappa, dopo la prima sperimentazione alle scorse elezioni europee. Ora, però, non possiamo fermarci: è necessario garantire ai cittadini fuori sede il diritto di voto in modo strutturale e definitivo, come avviene negli altri Paesi avanzati. Chiediamo quindi che la proposta di legge già approvata alla Camera e bloccata al Senato da mesi venga finalmente discussa e approvata. Non possiamo accettare meccanismi parziali o soluzioni provvisorie: serve una legislazione chiara, che assicuri il voto ai fuori sede non solo nei referendum, ma anche alle elezioni politiche ed europee".
"Quello che è successo oggi nell'aula di Montecitorio non ha precedenti nella storia della Repubblica: una vergogna assoluta. Giorgia Meloni ha pubblicamente insultato il Manifesto di Ventotene, documento fondante dell'UE libera dal nazifascismo. Ha deriso Altiero Spinelli a cui tutta Europa riconosce di essere stato uno dei padri del progetto dell'Europa unita e federale.
Meloni, così, getta definitivamente la maschera sui suoi sentimenti antidemocratici.
Non servono retoriche condanne delle leggi razziali o dei regimi totalitari se poi, in aula, si deridono quegli uomini e quelle donne che contro quei regimi si sono battuti e che da quei regimi sono stati perseguitati, incarcerati, uccisi. E' grazie a ognuna e ognuno di loro se oggi l'Italia è una democrazia dove anche una persona come Meloni può diventare presidente del Consiglio. Sì scusi, onori la loro memoria e provi profondo imbarazzo per le sue parole di oggi". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo
“Oggi è la giornata di ricordo delle vittime del Covid. Data simbolo legata alle tragiche immagini di Bergamo con quei mezzi militari che trasportavano le bare dei defunti. È l’occasione per ricordare tante cose, il dolore di quei momenti, il senso di impotenza, la disperazione di molte persone e famiglie, l’eroico sforzo di sanitari, volontari, forze dell’ordine, nonché vertici istituzionali e amministratori locali chiamati a scelte non facili, ma fondamentali. Così come va ricordato lo sforzo della ricerca e della scienza nell’offrirci indicazioni preziose e possibili soluzioni.
Di tutto questo cosa è rimasto? Purtroppo poco. Invece che una attenta analisi di quanto avvenuto, la costruzione di un modello capace di affrontare possibili nuove emergenze, il mondo in cui viviamo è particolarmente esposto a queste situazioni, assistiamo al tentativo di speculare sulla tragedia vissuta, dando voce alla non scienza, giudicando ciò che è stato fatto con la superficialità di chi vuole dimostrare la propria tesi invece che approfondire gli argomenti.
L’auspicio è che questa giornata porti a riflettere e aiuti a riportare la giusta serenità e serietà nel dibattito su quei tragici momenti. Lo dobbiamo alle tante persone morte per Covid, lo dobbiamo al ruolo che ci è stato consegnato che è cercare risposte ai bisogni e alle difficoltà che le persone vivono o possono trovarsi a vivere, non certo ad alimentare artificiose e, in questo caso, vergognose polemiche”. Lo dichiara Gian Antonio Girelli, deputato e Vicepresidente Pd Commissione di inchiesta Covid
“È di nuovo allarme rosso in Emilia Romagna e Toscana per le violente precipitazioni di queste ore. Fiumi ingrossati oltre i limiti di guardia, strade invase dall'acqua, chiusura di scuole ed esercizi pubblici. Torna la paura già vissuta in precedenza in tante parti del Paese. Non si tratta più di eventi eccezionali, ma di situazioni estreme che si ripetono con impressionante regolarità per via dei mutamenti climatici e che compromettono la vita sociale ed economica di intere comunità. Eppure c'è ancora, anche tra le forze politiche, a cominciare da destra e governo, chi nega l'evidenza e guarda con fastidio alla necessità di avviare piani strategici di prevenzione, resilienza e mitigazione. Trump, vate della presidente Meloni e di Salvini, annuncia l'uscita dagli accordi di Parigi, definendoli truffa, che fissano con date certe il conseguimento dell'obiettivo di emissioni zero in atmosfera. Alla rivoluzione green, seppure con le necessarie gradualità in un contesto di giustizia sociale, preferiscono il petrolio e la devastazione dei territori. Su tutti il grande interesse dei capitali. Il resto per loro signori è noia. E come sempre per affrontare le emergenze si inventeranno nuovi giochi per fare cassa e chissene importa se tanti cittadini cadranno nella trappola della ludopatia e della criminalità organizzata”.
Così i capigruppo Pd nelle commissioni Agricoltura e Ambiente della Camera, Stefano Vaccari e Marco Simiani.
“Abbiamo chiesto al governo quale sia stata l’istruttoria compiuta per la verifica del rispetto dei criteri e delle procedure di nomina nelle società partecipate proposte dalla società capogruppo FS per garantire l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura ferroviaria”. Così il capogruppo Pd in commissione Trasporti alla Camera, Anthony Barbagallo, dopo l'audizione di oggi del vice ministro Rixi in commissione Trasporti.
“Lo scorso 6 marzo sono state definite le nuove nomine ai vertici delle società controllate da Ferrovie dello Stato. Nomine tutte interne alla galassia dei trasporti e dell’ambito di gruppo, ossia sempre le stesse persone che vengono spostate da una partecipata all’altra; in sostanza un sistema di porte girevoli che mantiene l’offerta di professionisti sempre allo stesso perimetro precludendo la possibilità di formare nuove professionalità e, in alcuni casi, creando evidenti conflitti di interesse. La questione delle nomine nelle partecipate riveste una importanza centrale ed è regolata dall’ordinamento comunitario e nazionale in materia di indipendenza e imparzialità del gestore ferroviario per evitare conflitti di interesse, prevedendo che ‘i responsabili dell'adozione di decisioni sulle funzioni essenziali non possono ricoprire, per un periodo di ventiquattro mesi da quando cessano nelle proprie funzioni, alcun ruolo all'interno delle imprese ferroviarie operanti sulla relativa infrastruttura’. Non solo le risposte di oggi non ci hanno convinto, ma depositeremo una interrogazione urgente al Mef per vederci chiaro, anche in ordine alle sostanziali ipotesi di conflitto di interessi”.
“Giuli, Borgonzoni e Mollicone continuano a far finta di non vedere la crisi che, per colpa loro, sta colpendo il settore cinematografico. Ignorano il grido d’allarme lanciato dalle associazioni di categoria, che anche oggi hanno descritto con chiarezza la drammatica situazione dell’industria cinematografica sotto il governo Meloni. Tentare di scaricare le responsabilità sui governi precedenti è non solo ridicolo, ma anche contraddittorio, considerando che la stessa Borgonzoni ne faceva parte. O forse si tratta di un’ammissione della propria irrilevanza? Nel frattempo, il presidente Mollicone, invece di limitarsi a rispondere a colpi di agenzie di stampa, calendarizzi la nostra risoluzione e permetta al Parlamento di discutere su questo tema. O forse teme che la verità emerga in tutta la sua forza anche nelle sedi istituzionali?”
Così le deputate e i deputati della Commissione Cultura della Camera replicano alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni e al presidente della Commissione Cultura di Montecitorio, Federico Mollicone.
“Il governo può anche scegliere di ignorare le opposizioni, ma non può continuare a voltare le spalle ai migliaia di lavoratori e lavoratrici fermi a causa di scelte sbagliate e di un’inerzia che appare del tutto punitiva nei confronti di un settore ingiustificatamente considerato ostile da questa maggioranza. Quanto al numero di produzioni attualmente in corso in Italia, meglio stendere un velo pietoso. Gli studi cinematografici di Cinecittà sono ormai il simbolo di questa crisi: una landa desolata, soffocata da uno spoil system strisciante che speravamo di aver definitivamente superato” concludono i deputati del Partito Democratico.
Giuli, Borgonzoni e Sangiuliano sono i responsabili di questo disastro
“Il governo è direttamente responsabile del tracollo dell’industria cinematografica e audiovisiva italiana. Ed è gravissimo che, di fronte a una situazione confermata oggi dai dati diffusi dagli operatori del settore, l’esecutivo continui a negare l’evidenza. Sempre più professionisti stanno abbandonando il comparto audiovisivo per migrare in altri settori economici, segno di un declino che il governo si ostina a ignorare. Serve un drastico cambio di rotta. Giuli, Borgonzoni e Sangiuliano sono i responsabili di questo disastro: davanti ai loro fallimenti servono adesso misure urgenti che restituiscano fiducia e rilancio delle produzioni” così una nota dei componenti democratici della commissione cultura della Camera commentano l’allarme lanciato dalle associazioni del settore che chiedono al governo di "fare presto" e di varare tempestivamente i decreti correttivi del tax credit e la documentazione richiesta dai giudici del Tar del Lazio sempre sulla relativa normativa.
“Le produzioni italiane – aggiungono i democratici - sono ferme, come certificato persino dal sito del Ministero della Cultura, mentre quelle internazionali hanno abbandonato il nostro Paese, preferendo investire altrove. Il settore è ormai in ginocchio: oltre il 70% delle maestranze, attori e autori è senza lavoro, molti da più di un anno, senza alcuna prospettiva occupazionale stanno migrando in altri settori. Serve un immediato cambio di rotta, non c’è più tempo da perdere: il settore ha bisogno di risposte efficaci per superare l'emergenza e evitare il collasso definitivo”.
“La maggioranza ha bocciato l’emendamento del PD che escludeva il reato di omicidio dal limite temporale dei 45 giorni per le intercettazioni, il più grave previsto dal nostro ordinamento. Siamo di fronte a una decisione gravissima. Come è noto, le intercettazioni per i reati di omicidio richiedono tempi lunghi, poiché chi li commette, se non individuato nelle prime ore, tenta in ogni modo di cancellare le tracce della propria responsabilità. Gli autori di omicidi vengono spesso identificati dopo mesi, se non anni. Questa scelta è assurda e contraddittoria: arriva da una maggioranza che ogni giorno dichiara di voler combattere la criminalità, ma nei fatti toglie strumenti essenziali alle forze di polizia e alla magistratura. La decisione avrà conseguenze gravi anche sugli omicidi di poliziotti uccisi durante il servizio perché anche in questo caso scatta la mannaia sulle intercettazioni dopo 45 giorni. Con questo voto Fratelli d’Italia e Lega perdono definitivamente la faccia quando parlando di sicurezza e di vicinanza alle forze dell’ordine: la loro è solo insopportabile ipocrisia” così il capogruppo democratico nella commissione Giustizia della Camera, Federico Gianassi, dopo la bocciatura dell’emendamento del PD alla proposta di legge sulle intercettazioni.
“Da un governo che ha attaccato in ogni modo il Superbonus, ci si aspettava almeno una proposta seria sull'efficientamento energetico, con una strategia chiara per il medio e lungo periodo. Invece, la maggioranza si presenta in Aula con una mozione che è solo una goccia nel mare: un provvedimento vuoto, privo di misure strutturali e concrete.” Lo dichiara Marco Simiani, capogruppo PD in Commissione Ambiente, annunciando il voto contrario del Partito Democratico alla mozione della maggioranza sul caro-bollette.
“Alcuni esponenti di governo sostengono che il problema del caro-bollette si possa risolvere semplicemente visitando un sito web per ottenere sconti. Ma come può essere credibile un esecutivo che, dopo due anni di immobilismo sull’energia, propone come unica soluzione un portale online? È una risposta a dir poco ridicola, che nasconde l’inerzia di chi, da un lato, parla di nucleare in un futuro indefinito e, dall’altro, continua a rallentare lo sviluppo delle energie rinnovabili.”
Simiani critica inoltre la gestione dell’Acquirente Unico: “Il governo ha copiato una proposta del PD, ma l’ha snaturata, eliminando elementi fondamentali come la pianificazione della produzione energetica su scala europea anziché regionale e la rapida installazione di impianti rinnovabili. Ancora una volta – conclude – si nasconde dietro lungaggini burocratiche e attese di sentenze, anziché agire con decisione per abbassare le bollette degli italiani.”
“La legge istituisce presso Crea il registro dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale; però ad oggi e a distanza di due anni non risulta ancora emanato da parte del Governo alcun provvedimento in tale senso per la definizione delle Linee guida recanti modalità di certificazione dei crediti e di gestione del registro.
Rispondendo ad un’interrogazione dello scorso maggio, il Ministro dell’Agricoltura aveva fatto sapere che il gruppo di lavoro istituito presso il Masaf ha separato gli assorbimenti forestali da quelli agricoli, prevedendo due percorsi distinti e complementari.
Lo scorso dicembre 2024 è entrato in vigore il regolamento europeo (UE) 2024/3012, direttamente applicabile negli stati membri, con l’obiettivo di agevolare e incoraggiare la realizzazione, da parte di gestori o gruppi di gestori, di assorbimenti permanenti del carbonio, della carboniocoltura e dello stoccaggio del carbonio.
Secondo quanto stabilito dal regolamento, per ottenere la certificazione, le attività di assorbimento del carbonio dovranno soddisfare quattro criteri generali, ma vediamo che i ministeri competenti non si sono espressi e queste linee guida non sono ancora state definite.
Pertanto chiediamo al Governo come intende procedere e se intendano prevedere la possibilità che i crediti generati da progetti forestali realizzati nel territorio nazionale e impiegabili su base volontaria per compensare le emissioni in atmosfera possano essere utilizzati per remunerare gli enti territoriali e loro forme associative per la produzione di servizi ecosistemici e ambientali”. Lo dichiarano i deputati del Pd Simiani, Vaccari, Braga, Curti, Evi, Ferrari, Forattini, Marino, Romeo, Andrea Rossi che hanno presentato una interrogazione al ministro dell’Ambiente e dell’Agricoltura.
“Si intensifica il botta e risposta tra i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini in materia di politica estera. Definirli su posizioni agli antipodi è persino riduttivo. Di fronte a una situazione internazionale in continua evoluzione, è indispensabile che il governo esprima una linea chiara e unitaria. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha il dovere di riferire in Parlamento con costanza. La trasparenza su scelte strategiche di tale portata non è un'opzione, ma una necessità. Da troppo tempo attendiamo un confronto parlamentare sulla direzione della politica estera italiana. È ora che Meloni faccia chiarezza” così il capogruppo democratico in commissione difesa della Camera, Stefano Graziano.