"Il gruppo del Partito Democratico si è astenuto in Commissione Cultura della Camera sul parere relativo alla nomina del presidente del CONI." Lo rende noto il responsabile nazionale Sport del PD, il deputato Mauro Berruto, che spiega:
"Un’astensione che non contesta la scelta democraticamente espressa dagli 81 elettori – tra cui circa cinquanta presidenti federali – ma che vuole accendere i riflettori su un nodo strutturale: le modalità con cui vengono eletti quei “grandi elettori”, ovvero i presidenti delle federazioni."
"Abbiamo scelto di astenerci per una questione di metodo -spiega Berruto- perché nelle federazioni vige ancora un sistema elettorale medievale che si fonda sulla raccolta delle deleghe e che consente ai presidenti federali di mantenere contemporaneamente ruoli politici, anche di governo, senza alcuna incompatibilità. Questo genera un evidente conflitto di interessi e mina l’autonomia dello sport, che dovrebbe restare un ambito libero da influenze partitiche."
"Con questa astensione non guardiamo al passato né al presidente Buonfiglio, a cui rivolgiamo i nostri auguri di buon lavoro. Guardiamo invece al futuro, chiedendo un impegno concreto per riformare il sistema. Il Presidente Buonfiglio vuole farlo? Lo attendiamo in commissione alla Camera, dove gli manifesteremo la nostra richiesta urgente di intervenire per garantire maggiore democrazia, trasparenza e rappresentatività."
"Chiediamo al neo-presidente del CONI di aprire un’interlocuzione con la proposta di legge presentata dal Partito Democratico alla Camera, che introduce elementi fondamentali per il rinnovamento: voto elettronico, equilibrio di genere e generazionale, incompatibilità tra ruoli sportivi e incarichi politici, limite di tre mandati per i presidenti federali. E gli chiederemo anche quali siano le sue posizioni rispetto al tema della giustizia sportiva, altro ambito che necessita di una profonda autoriforma prima che qualcuno intervenga dall’esterno”.
"Siamo convinti che il mondo dello sport meriti regole nuove, all’altezza delle sfide di oggi. Per questo continueremo a batterci in Parlamento affinché queste riforme diventino realtà” conclude Berruto.
“Il 31,5 per cento delle donne occupate in Italia lavora con un contratto part-time. Ma troppo spesso non si tratta di una libera scelta, bensì di una necessità dettata dall'impossibilità di conciliare lavoro e vita familiare o, peggio, di un vincolo imposto dal datore di lavoro. È per questo che il Partito Democratico ha depositato una proposta di legge per contrastare il part-time involontario e garantire diritti e tutele alle lavoratrici e ai lavoratori”. Lo dichiara la deputata Maria Cecilia Guerra, responsabile nazionale Lavoro del Partito Democratico.
“La nostra proposta – spiega l’esponente dem – parte da un principio semplice: il part-time deve essere una scelta, non una trappola. Se una persona accetta un lavoro a orario ridotto per esigenze personali, come la cura dei figli o di familiari, non può essere messa nell’impossibilità di gestire la propria vita a causa di continui cambiamenti arbitrari degli orari da parte del datore. Vogliamo impedire che l’impresa si impossessi del tempo delle persone. Inoltre, chi lavora part-time perché non ha accesso a un impiego a tempo pieno deve avere il diritto di prelazione nel completare il proprio orario quando si aprono nuove posizioni in azienda. La nostra proposta prevede che ci sia un obbligo per l’impresa a offrire questa opportunità, garantendo anche la trasformazione del contratto a tempo pieno”.
“Il part-time oggi – conclude Guerra - è spesso uno strumento per aggirare le regole e sfruttare il lavoro in nero: ti assumono per metà tempo e ti fanno lavorare di più senza pagarti, o ti pagano in nero. La nostra proposta introduce norme stringenti per contrastare questi abusi e rendere vantaggioso, per il lavoratore, denunciare le irregolarità. Vogliamo un mercato del lavoro trasparente, giusto, fondato su contratti regolari e tutele effettive. Per troppe donne il part-time è una gabbia che limita reddito, diritti e autonomia. Vogliamo che diventi una possibilità, non una condanna. Una scelta reversibile, che possa essere modificata quando cambiano le condizioni di vita”.
Dal Colosseo al MANN, il Ministro mette in discussione la selezione internazionale dei direttori dopo aver visionato le terne finaliste
I deputati del Partito Democratico della commissione cultura della Camera hanno depositato questa mattina un’interrogazione parlamentare urgente al Ministro della Cultura Alessandro Giuli in merito alla gestione della procedura pubblica per la selezione dei direttori dei Musei Reali di Torino, della Galleria dell’Accademia di Firenze, del Museo Nazionale del Bargello, del Parco archeologico del Colosseo, del Museo Nazionale Romano e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
L’iniziativa promossa dai dem Irene Manzi, Matteo Orfini, Mauro Berruto e Giovanna Iacono fa seguito alle dichiarazioni del Ministro, diffuse attraverso i suoi canali social, con cui ha espresso insoddisfazione per il lavoro della commissione di selezione – da lui stesso nominata con decreto – e ha ipotizzato una riapertura del bando. “Si tratta di affermazioni gravi, rese dopo la visione delle terne finaliste già predisposte dalla commissione, che mettono seriamente in discussione la trasparenza e l’imparzialità della procedura”.
La selezione, avviata il 4 febbraio è giunta alle fasi conclusive con i colloqui svoltisi a luglio e la definizione dei punteggi e delle terne: iIntervenire a questo punto, senza motivazioni formali e senza riscontri oggettivi, rischia di generare contenziosi, ritardi e un danno reputazionale per il Ministero, oltre a far emergere il sospetto di ingerenze politiche sulle nomine.
Nell’interrogazione si chiede al Ministro se conferma quanto dichiarato e quindi se intenda annullare o riaprire la procedura e, in caso affermativo, su quali basi sia stato formulato il giudizio di insoddisfazione.
“Giuli disconosce il lavoro della commissione e paventa un nuovo bando: perché? Ci sono forse nomi sgraditi? Manca all’appello qualche amico? Il Partito Democratico ribadisce la necessità che il sistema culturale nazionale sia guidato da criteri di merito, autonomia e trasparenza, e non da logiche discrezionali”.
dopo la bresaola ormonata, ora la via della soia, siamo al ridicolo
"Prima ci ha spiegato che si può fare la bresaola italiana con carne ormonata americana. Ora scopriamo che per rafforzare la filiera agroalimentare europea dovremmo importare ancora più soia dagli Stati Uniti. Il ministro Lollobrigida ci regala ogni settimana una nuova perla, e un'idea sempre più lontana dalla realtà agricola italiana, ma sempre più vicina ai desiderata della destra americana. Siamo al paradosso: il Governo Meloni parla di sovranità alimentare e poi propone di rifornirsi di proteine vegetali a stelle e strisce, con buona pace delle nostre colture, dei nostri produttori e della nostra autonomia strategica. L’unica costante di questa politica agricola è l’adesione cieca alla linea trumpiana, anche quando va contro gli interessi del nostro Paese. Lollobrigida è ormai il nuovo ministro del Made in Usa". Lo dichiara Piero De Luca, capogruppo del Pd in commissione affari europei".
I dati sono preoccupanti. Solo nel 2024, l’Italia ha esportato verso gli Stati Uniti beni per circa 65 miliardi di euro, di cui oltre 7,8 miliardi nel solo comparto agroalimentare. Eppure, questi settori oggi rischiano grosso: le nuove politiche protezionistiche USA stanno causando un rallentamento dell’export italiano. Nei primi mesi del 2025, le esportazioni agroalimentari verso gli Stati Uniti sono cresciute appena dell’1,3%, contro il +28% dello stesso periodo dell’anno precedente. I settori più colpiti? Vino, formaggi, salumi e olio d’oliva. Altro che valorizzazione del Made in Italy. La linea del Governo Meloni più che una strategia, sembra una resa. Una resa senza dignità, che baratta la nostra eccellenza produttiva per un maldestro tentativo di compiacere Washington. Se questo è il livello dell'azione del governo allora è ufficiale: con Meloni e Lollobrigida avremo purtroppo dazi amari per le nostre imprese e per i nostri lavoratori." Così conclude Piero De Luca.
“I dazi americani al 30%, sommati a quelli già in essere, avranno un effetto devastante sul nostro sistema agroalimentare e su tutti i comparti più rappresentativi del Made in Italy e del settore manifatturiero. La narrazione di ‘Meloni amica di Trump’ sta rivelando tutta la sua inconsistenza, esponendo l’export nazionale a una crisi senza precedenti e trascinando nel baratro imprese e posti di lavoro”.
Lo dichiara Antonella Forattini, capogruppo del Partito Democratico in commissione Agricoltura alla Camera, commentando l’ipotesi di nuovi dazi statunitensi sui prodotti italiani.
“I formaggi - sottolinea l'esponente dem - pagano già dazi del 15%, che salirebbero al 45%. La pasta oggi paga il 16%, che salirebbe al 46%. Dirompenti anche le ricadute sul vino, che genera un export di 2 miliardi destinato agli Stati Uniti. L’Europa deve continuare a trattare, senza complessi di sudditanza e Meloni deve dimostrare di avere l’autorevolezza e l’autonomia necessarie per tutelare il Made in Italy”.
“In questo scenario - conclude Forattini - è estremamente preoccupante l’ipotesi di tagli alla nuova PAC: è bene che il ministro Lollobrigida smetta di fare il passacarte e agisca concretamente, insieme al collega Fitto, per scongiurare questa inaccettabile eventualità”.
L’incontro di oggi sulle politiche industriali promosso dal Pd giunge a conclusione di un lavoro di ascolto sul territorio per conoscere l’industria italiana. Ne esce un quadro preoccupante, ma non disperato perché il paese possiede eccellenze che possono fare la differenza. La necessità di guidare lo sviluppo attraverso la transizione ecologica è a un bivio: cogliere la sfida e accelerare sulla strada della decarbonizzazione oppure attestarsi su una condizione difensiva e conservativa che sottrae spazi di competizione e rallenta il processo di decarbonizzazione. Una transizione che deve essere socialmente accettabile ma che non può avvenire senza una vera e coraggiosa visione industriale. E di cui il Governo deve farsi carico cogliendo tutte le opportunità che essa offre investendo sulle competenze, sulle nuove
tecnologie, promuova strumenti e incentivi e usi la leva fiscale per orientare le scelte.
Su queste basi stiamo costruendo le politiche industriali del nostro programma. Possiamo intanto lavorare per tradurre in iniziative legislative e nella prossima legge di bilancio il lavoro di questi mesi.
È un’occasione da non perdere per costruire l’alternativa. Occorre confronto aperto e coraggioso con il mondo produttivo, del lavoro, della ricerca. E agire nella dimensione europea, che è l’unica in cui possiamo costruire una vera autonomia strategica e una politica industriale capace di guidare una transizione giusta.
Così Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati, intervenendo all’incontro sulle politiche industriali “Le rotte del futuro”.
“Quali iniziative intenda intraprendere il governo per garantire l’indipendenza delle Nazioni Unite e l’autonomia della Corte Penale internazionale da eventuali pressioni politiche o interferenze esterne che possano comprometterne l’azione e il funzionamento delle istituzioni multilaterali e anche i diritti di una cittadina italiana nell’esercizio del suo mandato per conto delle Nazioni Unite”. È questa la domanda posta in conclusione dell’interrogazione del Pd, promossa dal responsabile nazionale Esteri del Partito Democratico, Peppe Provenzano, e firmata da Debora Serracchiani, Laura Boldrini, Fabio Porta, Valentina Ghio, Sara Ferrari e Arturo Scotto.
L’interrogazione prende le mosse dall’annuncio degli Stati Uniti di sanzioni contro Francesca Albanese, relatrice speciale ONU per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, ‘accusata’ di collaborare con la Corte penale internazionale contro cittadini statunitensi e israeliani.
«Secondo il Segretario di Stato Marco Rubio, Albanese avrebbe “incoraggiato la Corte penale internazionale a procedere contro funzionari e imprese americane e israeliane”» e per questo motivo sarebbe soggetta a sanzioni.
Nel testo si evidenzia che “la dottoressa Albanese, giurista specializzata in diritto internazionale e diritti umani, è dal 2022 relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati e in questa veste ha pubblicato diversi rapporti ufficiali - che recano la firma delle Nazioni Unite e non sono quindi affatto “illegittimi” come sostiene Rubio - sulle violazioni dei diritti umani che sono avvenute e avvengono in quei territori che, secondo numerose risoluzioni dell’Onu, Israele occupa illegalmente e sui quali, sempre illegalmente, autorizza e protegge la costruzione di colonie il cui obiettivo è cacciare i palestinesi ed espropriare le loro terre”.
Secondo un’inchiesta di Fanpage - si riporta nell’interrogazione - dal 5 luglio 2025 il governo israeliano avrebbe inoltre promosso in Italia una campagna pubblicitaria su Google per screditare la relatrice, accusandola di contatti con Hamas e violazioni del suo mandato.
Alla luce della normativa europea sul contrasto alla disinformazione (Digital Services Act), si chiede al governo di intervenire a tutela dell’indipendenza delle istituzioni internazionali e dei diritti di una cittadina italiana incaricata dall’ONU.
“Come Pd abbiamo presentato un'interrogazione a prima firma Provenzano e ribadiamo la necessità qui in Aula, affinché il ministro Tajani venga a riferire al più presto su Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, su cui gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni”. Lo dichiara alla Camera il deputato Andrea Casu, Segretario Pd d'Aula.
“Vogliamo sapere – continua il parlamentare - cosa il governo intenda fare per garantire l'indipendenza dell'ONU e l'autonomia della Corte penale internazionale da tutte quelle pressioni politiche e da interferenze esterne che possano compromettere l'azione e il funzionamento delle istituzioni multilaterali e anche i diritti di una cittadina italiana nell'esercizio del suo mandato per conto delle Nazioni Unite”. “Il tema è troppo importante e il governo non può voltarsi dall'altra parte ma rispondere alle richieste delle opposizioni e all'interrogazione del Pd per dire da che parte sta”, conclude Casu.
“Tanto tuonò che piovve. Alla fine, Geronimo La Russa – figlio del Presidente del Senato – è stato eletto presidente dell’Automobile Club d’Italia. Un esito annunciato, che si inscrive perfettamente nel solco di una stagione politica in cui le nomine rispondono più alle logiche dell’appartenenza che a quelle del merito. L’amichettismo è la regola al tempo del governo Meloni che in questo caso è arrivato addirittura a modificare la legge per agevolare il figlio del presidente del Senato. È un epilogo che lascia poco spazio all’immaginazione e molto all’amarezza: nell'anomalia tutta italiana di avere un ente che è federazione sportiva ma anche ente pubblico (usandone a piacere i rispettivi benefici) anche all'ACI il merito viene prima di tutto, ma solo dopo il cognome. Il processo di "occupazione di tutto" procede, con particolare attenzione al mondo dello sport. In un Paese che avrebbe bisogno di valorizzare competenze, professionalità e autonomia delle istituzioni, assistiamo invece all’ennesima conferma di un sistema in cui il potere si concentra nelle mani degli ‘amici degli amici’. Quella di oggi non è solo una nomina, è il simbolo di un metodo. Ed è un metodo che non accettaremo in silenzio.” Così Mauro Berruto, Deputato dem e Responsabile nazionale Sport del Partito Democratico.
“Dopo la netta presa di posizione del Cdr di RaiSport che ha confermato la sfiducia nei confronti del direttore Paolo Petrecca, come parlamentari dell’opposizione in Commissione di Vigilanza non possiamo restare in silenzio. Quanto sta accadendo in Rai è grave e sintomatico di una visione autoritaria e distorta del servizio pubblico. Il governo Meloni continua nel suo disegno di sottomissione dell’informazione pubblica, cercando di trasformare la Rai in un megafono politico, sacrificando professionalità, autonomia e pluralismo.
Nel merito, colpisce il fatto che il piano editoriale del direttore Petrecca sia stato bocciato due volte dalla redazione. Su 105 aventi diritto al voto, solo 30 giornalisti hanno espresso parere favorevole. Eppure il direttore continua a rimanere al suo posto, forte – a suo dire – del sostegno politico in azienda. Il servizio pubblico è patrimonio di tutti e non proprietà di una maggioranza politica. Serve un cambio di passo immediato, serve rispetto per i professionisti e trasparenza nella gestione. Petrecca non è più difendibile. L’azienda ne prenda atto”.
Così i componenti del Pd nella Commissione di Vigilanza Rai
Come Pd siamo molto preoccupati della pericolosa deriva per la cultura nel nostro Paese. Questo governo sceglie di sottrarre autonomia alla cultura per sottoporla al controllo politico, penalizzando diverse realtà anche sul piano occupazionale”. Lo ha detto la deputata Giovanna Iacono durante il Question Time alla Camera con il ministro Giuli.
“Le commissioni, organi che dovrebbero essere indipendenti, hanno bocciato il finanziamento di diversi festival non tenendo conto della qualità artistica dei progetti proposti, come previsto dalle indicazioni delle tabelle ministeriali, ma per ragioni non chiare”, ha sottolineato la parlamentare dem. “Il decreto relativo l'accesso ai contributi pubblici nell'ambito dei Festival Multidisciplinari provoca forti preoccupazioni nel mondo della cultura: i gravi tagli mettono a rischio le realtà di rilevanza nazionale e internazionale. Sono 29 i festival storici esclusi, attivi da anni e sostenuti, nei passati trienni, dai contributi ministeriali, tra di essi anche lo storico Festival di Sant’Arcangelo. Purtroppo il ministro Giuli non ne chiarisce le motivazioni e se ne lava le mani”, conclude Iacono.
Mentre le comunità locali continuano a farsi carico dei bisogni dei territori, il Governo Meloni impone nuovi tagli che rischiano di compromettere la tenuta sociale e istituzionale del Paese.
È questo il senso dell’iniziativa promossa dall’On. Nadia Romeo, parlamentare del Partito Democratico, e dal Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani, che mercoledì 2 luglio, alle ore 16.00, terranno una conferenza stampa presso la sala stampa della Camera dei Deputati sul tema “Tagli senza precedenti: il futuro degli enti locali – Dal collasso della finanza locale alle proposte di rilancio dei Comuni”.
Accanto alla deputata Romeo e al portavoce del Coordinamento, Virgilio Caivano, interverranno Elena Maria Gubetti, sindaca di Cerveteri (Roma), Nicola Zanca, sindaco di Gaiba (Rovigo), e Alessandro Gisoldi, tra i promotori della proposta di legislazione differenziata per i piccoli Comuni.
Nel corso della conferenza verrà lanciato l’allarme sui tagli indiscriminati previsti dalla manovra finanziaria: oltre 3 miliardi di euro sottratti agli enti locali tra il 2025 e il 2029. Si tratta di misure che colpiscono in modo particolare i Comuni più piccoli, cancellando risorse vitali per garantire servizi essenziali, manutenzione delle opere pubbliche, interventi per le fasce più deboli e contrasto allo spopolamento.
Ma l’incontro non sarà solo occasione di denuncia. I promotori presenteranno anche proposte concrete per invertire la rotta: dalla riallocazione delle risorse inutilizzate del PNRR al rifinanziamento del Decreto Crescita, fino all’avvio di una nuova stagione legislativa per i piccoli Comuni, fondata su semplificazione, autonomia e responsabilità.
In particolare, la proposta di legislazione differenziata, elaborata dal Coordinamento, punta a riconoscere una cornice normativa più adatta alla realtà dei piccoli centri, per garantire loro strumenti specifici, risorse adeguate e maggiore capacità decisionale.
Per i Comuni italiani, e per l’Italia intera, non è più il tempo dei tagli, ma delle scelte coraggiose.
L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul canale ufficiale della Camera dei Deputati.
“L’audizione di ENI Versalis in Commissione Attività Produttive della Camera ha confermato in modo inequivocabile che l’Italia si sta ritirando dalla chimica di base.
ENI presenta un piano da oltre 2 miliardi di euro al 2030, ma lo fa senza fornire alcun elemento di credibilità economica.
Le perdite cumulate di Versalis dal 2008 superano gli 8 miliardi di euro, segno di una crisi strutturale non affrontata. La dismissione della chimica di base (etilene, propilene, polimeri) viene giustificata solo in base al costo dell’energia, senza alcuna strategia di compensazione per il tessuto produttivo nazionale. I nuovi progetti green, pur presentati come la chiave del rilancio, appaiono frammentati, scollegati e privi di integrazione industriale come dimostra da anni il sito di Portotorres.
Il documento di ENI di fatto si configura come un’operazione di propaganda istituzionale ma priva di fondamento economico e di impatto strategico per il Paese.
A fronte di questo scenario, il silenzio del Governo è inaccettabile. Non si può parlare di autonomia strategica europea e, nello stesso tempo, rinunciare a produzioni chimiche fondamentali per intere filiere industriali – dall’automotive all’agroalimentare, dalla farmaceutica alla manifattura tecnologica.
Importare molecole da Paesi extra-UE non è solo una scelta antieconomica, ma anche un errore ambientale e geopolitico. Invece di promuovere investimenti per la decarbonizzazione e la riconversione degli impianti esistenti, si sceglie la delocalizzazione industriale.
Un Governo serio chiederebbe ad ENI la pubblicazione integrale dei documenti finanziari e industriali che giustificano la riorganizzazione di Versalis e procederebbe con una revisione della strategia nazionale sulla chimica, per individuare le produzioni da considerare strategiche e presidiarle con politiche pubbliche.
Un governo serio convocherebbe un tavolo istituzionale con imprese e sindacati per evitare la completa perdita di competenze, occupazione e capacità produttiva nel settore.
Non si può accettare che una grande impresa a partecipazione statale abbandoni i suoi compiti industriali per seguire logiche puramente finanziarie. Il Governo ha il dovere di intervenire. Subito”. Lo dichiara il deputato del Pd Silvio Lai, componente della Commissione Bilancio di Montecitorio.
Dem presentano interrogazione parlamentare
“Una valutazione irricevibile nel merito e nel metodo. Una scelta che non ha ragione d’essere da un punto di vista culturale ed è figlia di un Governo che ha trasformato un organismo tecnico - la Commissione per il teatro - in un manganello politico” così il deputato democratico Andrea Gnassi interviene sul declassamento del Festival dei Teatri di Santarcangelo, annunciando la presentazione di un'interrogazione parlamentare al ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Gnassi chiede al ministro di motivare il punteggio attribuito all’Associazione Culturale Santarcangelo dei Teatri e la conseguente riduzione del contributo pubblico, sottolineando come, a fronte di un bando sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente, risulti incomprensibile il dimezzamento del punteggio ottenuto, a parità di direzione artistica e progettualità. “Chi non si allinea alle volontà del Ministero viene escluso – dichiara Andrea Gnassi –. Dopo il caso del Teatro della Pergola in Toscana, ora tocca a Santarcangelo dei Teatri. E non è un caso: mentre si tagliano fondi a realtà consolidate, emergono nuovi beneficiari che, pur senza dimostrare reali meriti artistici secondo i criteri della stessa Commissione ministeriale, ottengono finanziamenti grazie a una chiara appartenenza politica di destra. La cultura non può e non deve essere giudicata con criteri politici. Qui, invece, si colpisce deliberatamente chi non è allineato, usando ogni mezzo per limitare la libertà di espressione e di pensiero. Santarcangelo dei Teatri è il festival più longevo d’Italia: da 55 anni, dal 1970, porta sul nostro territorio i migliori artisti e affronta temi attuali, facendone una vetrina internazionale. Temi che evidentemente non piacciono a questo Governo, che con quest’ultimo atto conferma la sua linea: ridurre l’autonomia e sottomettere la cultura al controllo politico. Noi ci opponiamo, e continueremo a farlo con ogni mezzo possibile”.
Presentata mozione in Parlamento con le forze d’opposizione
“La Commissione di Vigilanza Rai, di cui sono capogruppo per il Partito Democratico, è purtroppo bloccata da mesi. La maggioranza ha scelto di paralizzare di fatto un organo di garanzia fondamentale per il pluralismo e la trasparenza. Questo stallo è aggravato dal mancato rinnovo dei vertici aziendali della Rai, che riflette una volontà politica di mantenere il controllo sulla governance del servizio pubblico. È inaccettabile che, mentre l’Europa ci chiede più indipendenza e trasparenza, il governo italiano continui a occupare la Rai invece di occuparsene.
Per questo motivo, insieme ad altri colleghi delle opposizioni, ho promosso una mozione parlamentare che impegna il Governo a rispettare le scadenze previste dall’European Media Freedom Act (EMFA), entrato in vigore nel 2024 e pienamente applicabile in Italia dall’agosto 2025. Il regolamento europeo impone standard chiari: nomine trasparenti, indipendenza editoriale, finanziamenti pubblici non condizionati dal potere politico. La nostra mozione chiede l’avvio immediato dell’iter legislativo per adeguare la governance della Rai a questi principi, restituendo centralità al pluralismo dell’informazione e alla libertà di espressione.
Oggi la Rai rischia seriamente di non essere più un servizio pubblico, ma un megafono del governo di turno (TeleMeloni). Il canone pagato dai cittadini non può finanziare una televisione piegata alla propaganda. Per questo serve una riforma vera, coraggiosa, che garantisca autonomia e indipendenza, come previsto dalla Costituzione e ora anche dall’EMFA. Senza un cambiamento strutturale, ogni altro discorso è secondario. La Rai deve tornare a essere uno spazio di confronto libero, pluralista, al servizio della democrazia.
Il tempo delle ambiguità è finito. O si sceglie la trasparenza e l’indipendenza, o si tradisce la missione del servizio pubblico. Io ho scelto da che parte stare”. Lo ha detto Stefano Graziano capogruppo Pd in commissione di Vigilanza sulla Rai nel corso del suo intervento presso la Summer School “Tutta un’altra Europa” del Parlamento Europeo.