"Insieme alle colleghe Bakkali, Ferrari e Ghio e ai colleghi Berruto e Orlando, durante la nostra missione in Cisgiordania abbiamo incontrato il figlio di Marwan Barghouti, Arab, che ci ha affidato un appello chiaro e inequivocabile rivolto al popolo italiano: fate pressione per la liberazione di Marwan, il più popolare leader politico palestinese. Fate pressione perché siano i palestinesi i protagonisti della loro storia e non soluzioni imposte dall'esterno.
In queste ore sta crescendo a livello internazionale l'appello per la liberazione di Marwan Barghouti, il Mandela palestinese, detenuto da 24 anni nelle carceri israeliane dopo un processo che i maggiori esperti di diritto definiscono "viziato". Hanno aderito artisti del calibro di Sting, Annie Lennox e Brian Eno, scrittrici come Margaret Atwood, attori come Ian McKellen.
Marwan Barghouti è l'unico in grado di unificare le diverse anime della Palestina in una prospettiva di pace e lo ha già dimostrato. Ha sempre creduto nella soluzione a due stati e nella possibile convivenza pacifica tra Israele e Palestina.
Bisogna scegliere, ha detto Arab, da che parte stare: dalla parte di Ben-Gvir e dei coloni o dalla parte di Marwan Barghouti. Noi non abbiamo dubbi: stiamo dalla parte di Barghouti e sosteniamo la campagna "Free Barghouti, free Palestine". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Sono tre anni che non fate niente per il sovraffollamento delle carceri italiane. Anzi lavorate per peggiorarne le condizioni come sta accadendo per esempio negli istituti minorili. Sono tre anni che promettete interventi, avete fatto decreti carceri urgenti e ancora non avete fatto niente. A proposito che fine hanno fatto i provvedimenti per consentire l’accesso alle cure in comunità per i detenuti che hanno dipendenze? E anche stavolta il problema sono i giudici, quelli di sorveglianza. Ma lo sa il sottosegretario che i magistrati di sorveglianza sono solo 233 per 64 mila detenuti e circa 190 istituti penitenziari? Chieda al ministro Nordio se sta facendo qualcosa. La risposta è semplice: niente.
Del resto il ministro ritiene che il sovraffollamento serva come deterrente per i suicidi in carcere. Fra l’altro il sottosegretario Mantovano smentisce a sua insaputa il presidente del Senato La Russa che propone un mini indulto. Il solito gioco delle parti all’interno del Governo sulla pelle delle persone”. Lo dichiara la deputata e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, rispondendo al sottosegretario Mantovano.
“Il sovraffollamento carcerario è un’emergenza. Nonostante i ripetuti annunci del governo, nella stragrande maggioranza degli istituti le condizioni restano insostenibili, mettendo a rischio dignità, sicurezza e la stessa funzione rieducativa della pena. Sosteniamo l’appello del Presidente del Senato La Russa: il Consiglio dei Ministri adotti rapidamente prima di Natale, nell'anno Giubilare, un intervento urgente di decongestionamento, avviando al tempo stesso misure strutturali per riportare il sistema entro standard accettabili. Le carceri italiane non possono più attendere”. Così la deputata democratica, Marianna Madia.
Mentre il governo italiano ha fatto liberare e fuggire un criminale responsabile di omicidi, stupri e torture, persino la Libia dimostra di essere più avanti dell’Italia nella difesa della legalità. La Procura generale della Libia ha infatti ordinato la custodia cautelare in carcere del generale Almasri, ex capo della sicurezza delle carceri di Tripoli, accusato di omicidio e violazioni dei diritti umani nei confronti di dieci detenuti.
L’ex funzionario, già ricercato dalla Corte penale internazionale, è stato deferito al giudizio del tribunale libico.
Mentre la Procura libica agisce contro chi si è macchiato di crimini contro l’umanità, il governo italiano — che si proclama “difensore dei valori occidentali” — ha invece scelto di non consegnare alla corte penale internazionale un pericoloso criminale, tradendo le vittime e offendendo la memoria di chi ha sofferto sotto la violenza e l’abuso di potere.
È un paradosso che oggi sia la Libia a dare lezioni di giustizia all’Italia. Il Governo Meloni deve vergognarsi”. Così una nota del capogruppo del Pd in commissione e giustizia della camera, Federico Gianassi.
“Mentre il Governo Meloni si ostina a portare avanti battaglie ideologiche sulla separazione delle carriere, alimentando lo scontro e la delegittimazione della Magistratura, le carceri italiane continuano ad andare a picco. La situazione di Sollicciano, per la quale abbiamo depositato una nuova interrogazione parlamentare, è l’emblema di un sistema che marcisce nell’indifferenza: celle allagate, corridoi impraticabili, detenuti costretti a camminare scalzi e personale abbandonato in condizioni impossibili”: è quanto dichiara una nota congiunta dei deputati Pd Federico Gianassi e Debora Serracchiani.
“La realtà smentisce ancora una volta le priorità del Ministro Nordio: invece di occuparsi della sicurezza e della dignità di chi vive e lavora negli istituti penitenziari, il governo porta avanti una riforma che indebolisce la Magistratura e non migliora in alcun modo la giustizia per i cittadini. A Firenze, come in tante altre città, mancano manutenzioni, personale, interventi edilizi: piove nelle celle. Chiediamo che il Ministero agisca subito, con risorse straordinarie e un piano di emergenza per le carceri più compromesse. Il paese ha bisogno di una giustizia efficiente e rispettosa della dignità umana. Sollicciano non può restare un simbolo di vergogna nazionale”: conclude la nota.
“Bisognava discuterne in Parlamento, non ora a riforma costituzionale fatta. Non si è cambiata una virgola, ma siamo parlamentari e il nostro compito è discutere nelle aule istituzionali, farlo ora è tardivo”.
Così Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, in diretta su SkyAgenda questa mattina dove si è parlato della riforma della giustizia.
“Questa non è una riforma della giustizia ma della magistratura e va a toccare 28 persone, lo 0,3% dei magistrati che fanno il passaggio che tanto teme la destra. La verità è che alla cittadinanza questa riforma non serve a nulla - ha proseguito la deputata dem - Quello che sarebbe servito era altro: pensare alla situazione nelle carceri e alle persone che arrivano a suicidarsi per le condizioni disumane, un sistema della giustizia che non funziona e che a volte manca proprio, come nel caso delle vittime e dei famigliari dei morti sul lavoro”.
“Contestiamo il metodo, perché il Parlamento è stato totalmente esautorato, ma anche il contenuto: si vuole ribaltare il principio fondamentale costruito dopo la seconda guerra mondiale dai nostri padri e madri costituenti che era il bilanciamento dei poteri, questo è sotto attacco”, ha concluso Gribaudo.
“Chiediamo che il ministro della Giustizia Nordio venga quanto prima a riferire in Parlamento per spiegare perché il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria abbia disposto una circolare che limita all'interno degli istituti penitenziari ogni tipo di attività culturale. Un intervento estremamente pericoloso che contrasta con il principio costituzionale del fine rieducativo della pena. Vogliamo conoscere le ragioni di questa scelta che impatta su istituti penitenziari sempre più affollati, dove addirittura per ottenere spazi nuovi vengono utilizzati dei container collocati negli unici spazi dove è possibile svolgere le attività trattamentali. Nordio venga quanto prima in Aula per adempiere a questa richiesta di informativa urgente su questo ulteriore scandalo che riguarda gli istituti penitenziari. Luoghi riguardo quali il ministro non sta facendo nulla, anzi sta peggiorando e aumentando la tensione interna”.
Così la deputata democratica e responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula per chiedere un’informativa urgente del ministro Nordio.
"La Procura di Roma ha appena ascoltato il nostro collega Arturo Scotto che, insieme ad altri, ha presentato un esposto per sequestro di persona per i fatti accaduto alla Global Sumud Flotilla a cui lo stesso Scotto ha partecipato a bordo della barca Karma. In quelle ore si sono consumate diverse violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani perpetrate dalla marina e dalla polizia israeliane. Le barche sono state fermate in acque internazionali, circa 450 persone arrestate e trasferite in carceri israeliane pur non avendo commesso alcun reato. Su questo abbiamo già presentato un'interrogazione a cui il governo non ha ancora risposto. E oggi, insieme alla collega Patrizia Prestipino e ai colleghi Enzo Amendola, Fabio Porta e Nico Stumpo, ne depositiamo un'altra con la quale chiediamo al ministro Tajani di pretendere la restituzione dei cellulari sequestrati illegalmente nei giorni della detenzione. A bordo della Flotilla c'erano anche 4 parlamentari.". Lo dichiara Laura Boldrini. deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"I telefoni di ognuno di noi non sono solo strumenti di comunicazione, ma veri e propri archivi di dati sensibili e privati - sottolinea Boldrini - . La nostra Costituzione, all'art.15, tutela la segretezza della corrispondenza privata di tutte le cittadine e di tutti i cittadini. E all'art. 68 stabilisce che i membri del Parlamento non possono essere sottoposti a perquisizioni, intercettazioni di comunicazione o sequestro di corrispondenza senza l’autorizzazione del Parlamento".
"Il governo italiano, che avrebbe quanto meno dovuto chiedere spiegazioni e protestare con le autorità israeliane per quello che è avvenuto in quei giorni, non ha invece battuto ciglio e non ha difeso i diritti delle italiane e degli italiani sequestrati - conclude -. Con queste interrogazioni pretendiamo che lo faccia".
“Sabato mattina mi sono recata per una visita ispettiva all’interno del carcere femminile di Rebibbia, dove ho potuto incontrare otto donne in stato di gravidanza: un numero enorme, conseguenza diretta dello scellerato decreto sicurezza fortemente voluto da questa destra, che ha riportato in carcere madri con figli sotto l’anno di età e detenute in gravidanza”. Lo dichiara Michela Di Biase, capogruppo Pd in commissione Infanzia e Adolescenza.
“Fra queste donne – conclude Di Biase – tre versano in condizioni di salute gravissime, tali da mettere a rischio la loro stessa vita e quella dei nascituri. Ho presentato un’interrogazione scritta per sapere cosa intendano fare il ministro Nordio e il ministro della Salute per garantire l’incolumità di queste detenute. Non possiamo permettere che neppure una donna sia messa in pericolo quando si trova sotto la tutela dello Stato”.
«Le condizioni in cui versano le donne incinte detenute nella Casa circondariale femminile di Rebibbia sono allarmanti e non più tollerabili». Lo dichiara la deputata Michela Di Biase (Pd), che ha presentato un’interrogazione al Ministro della Giustizia e al Ministro dopo la visita ispettiva effettuata presso l’istituto romano.
«Durante la visita – spiega Di Biase – ho potuto constatare personalmente la presenza di otto donne in stato di gravidanza, alcune affette da gravi patologie incompatibili con la detenzione, tra cui diabete gestazionale e tromboflebiti. In tre casi la situazione sanitaria è apparsa particolarmente critica. Si tratta di condizioni che mettono a rischio non solo la salute delle detenute, ma anche quella dei nascituri».
Nell’interrogazione si sottolinea inoltre la presenza di cinque madri con cinque bambini nella sezione Nido. «Le recenti modifiche introdotte dal cosiddetto decreto sicurezza hanno reso non obbligatorio il rinvio della pena e ristretto la possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione, aggravando ulteriormente una realtà già fragile e drammatica. L’articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – prosegue Di Biase – impone di considerare l’interesse superiore del minore come criterio prioritario in ogni decisione che lo riguarda. È dovere dello Stato garantire che né le donne in gravidanza né i bambini trascorrano mesi o anni in un ambiente carcerario inadeguato, privo delle cure e dell’assistenza necessarie».
«Per questo – conclude la deputata dem – chiediamo al Ministro Nordio di disporre verifiche immediate sulle condizioni sanitarie e sociali delle detenute incinte e delle madri con bambini a Rebibbia e di adottare misure urgenti affinché siano garantiti il diritto alla salute, alla dignità e alla maternità, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e delle convenzioni internazionali».
"Riempiono di gioia le immagini degli ostaggi, rapiti durante il brutale attentato terroristico del 7 ottobre, finalmente liberati che stanno riabbracciando le loro famiglie dopo 2 anni passati nella mani di Hamas.
Festa anche a Ramallah dove arrivano i prigionieri palestinesi detenuti da anni nelle carceri israeliane, troppo spesso in condizioni disumane, e ora liberati.
Abbiamo già visto immagini simili, negli ultimi 2 anni. L'auspicio è che, questa volta, segnino l'inizio di un percorso nuovo che porti alla pace e non solo a una tregua. Non si torni a bombardare, a deportare, a distruggere.
Da qui deve cominciare un negoziato serio che porti alla nascita dello Stato di Palestina perché finché il popolo palestinese non avrà un suo stato, non ci potrà essere pace e sicurezza né per gli israeliani né per i palestinesi". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“Non conosco Ilaria Salis se non per le cronache e per la sua elezione al Parlamento europeo. È probabile che, anche se ci fossimo conosciuti, difficilmente avremmo militato nello stesso movimento o partito. Detto ciò domani il Parlamento europeo sarà chiamato a esprimersi sulla revoca dell’immunità e la possibilità conseguente di consegnare Ilaria alla “giustizia” ungherese (dove le virgolette segnalano l’eufemismo). L’Ungheria, Paese membro dell’Unione Europea, viola sistematicamente da anni la libertà di stampa, l’indipendenza della magistratura, l’autonomia della ricerca. Nelle sue carceri applica metodi di detenzione incompatibili con lo Stato di diritto. Tutto questo per dire che se domani il Parlamento europeo non respingerà la richiesta di revocare l’immunità a un suo membro eletto si macchierà di una colpa imperdonabile”
Così sui social il deputato democratico Gianni Cuperlo.
Anche oggi il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non ha voluto rinunciare a regalarci due perle. Prima ha tuonato dicendo che ‘i suicidi in carcere non sono legati al sovraffollamento’, poi che ‘il sovraffollamento non è dovuto ai nuovi reati” introdotti in questa legislatura dalla maggioranza e dal governo di destra. Ma dove vive il guardasigilli? Anzi, dove non si è mai recato il ministro? Certamente non ha visitato gli istituto penitenziari del nostro Paese. Se lo avesse fatto, non avrebbe pronunciato con così tanta leggerezza questo parole che sono frutto di una distanza siderale dalle reali condizioni di vita nelle nostre carceri e avrebbe usato maggiore cautela. Le nostre carceri sono oggi un terribile buco nero che Nordio evita perché è solo interessato a propagandare l’ideologico verbo della separazione delle carriere e a rilanciare attacchi contro la magistratura. Nordio venga con me a Firenze nel carcere della mia città, Sollicciano. Sono convinto che dopo averlo visitato rinuncerebbe a dichiarazioni come quella di oggi”.
Così il capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi.
“Con la riforma che separa le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti il Governo Meloni non affronta i veri problemi della giustizia, ma indebolisce l’autonomia della magistratura e concentra ancora più potere nell’esecutivo.”
Lo dichiara in Aula il deputato Silvio Lai, annunciando il voto contrario del PD alla riforma.
“Non c’è nulla sui temi reali che i cittadini attendono: processi troppo lunghi, giustizia amministrativa lenta, incertezza del diritto, carceri al collasso. Non c’è un rigo sulle altre critiche al sistema: abusi delle intercettazioni, spettacolarizzazione dei processi o porte girevoli tra politica e magistratura. Al contrario – sottolinea Lai – la maggioranza, rallentando e riducendo i finanziamenti, sceglie di alimentare la crisi del sistema per dire che non funziona e giustificare così una riforma che ha come unico obiettivo intimidire la magistratura e ridurne l’autorevolezza. Si muovono sulla magistratura come si muovono su insicurezza e immigrazione, generando dubbi e paure nei cittadini con i loro stessi interventi”.
Secondo Lai, la riforma “smonta l’unitarietà del Consiglio Superiore della Magistratura, organo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica che rappresenta anche l’unità del Paese, per sostituirlo con due CSM più deboli e autoreferenziali, ridotti alla sola autogestione disciplinare”.
“E non dite la verità – aggiunge – la separazione delle funzioni già esiste con la riforma Cartabia del 2022, perché un magistrato può effettuare un solo passaggio da requirente a giudicante o viceversa. Non c’è dunque alcun bisogno di stravolgere la Costituzione. Con questa riforma non si risolvono i problemi ma si minano i contrappesi democratici, cancellando di fatto la tripartizione dei poteri”. Per Lai, “La giustizia non può diventare terreno di propaganda o vendetta personale. Deve restare presidio dei diritti e garanzia per i cittadini. Per questo dico no a una riforma ideologica, incoerente persino con la storia di chi oggi la difende, sbagliata nel merito e pericolosa nel metodo”.
“Sono intervenuto in dichiarazione di voto in Aula alla Camera per ribadire la ferma contrarietà del PD alla legge Costituzionale sulla separazione delle carriere dei giudici. Votare No al provvedimento imposto dal governo è stato un dovere morale e democratico prima ancora che politico. La riforma non ha nulla a che vedere con i problemi della giustizia. Tribunali intasati e con carenza di organici, processi senza fine, certezze di diritto non sempre tutelare, carceri strapiene come quello di Modena e dignità umana negata. Invece il tentativo è colpire i giudici per renderli sempre più vincolati con il potere politico non garantendo quella terzietà indispensabile in un Paese democratico. La destra e il governo stanno facendo la stessa cosa con quella parte di informazione considerata scomoda e non allineata. La giustizia italiana con la riforma ne esce indebolita e i limiti che pure dovevano essere affrontati (errori compresi) saranno acuiti da una separazione che porterà giudici ed avvocati a non sentirsi più parte di uno stesso sistema, per il bene comune di una società migliore e garantita dai principi costituzionali, ma avversarsi che si dovranno combattere. Non è una bella giornata per la nostra democrazia”.
Così Stefano Vaccari, segretario di Presidenza della Camera e capogruppo Pd in commissione Ecoreati.