La replica della premier Giorgia Meloni proprio non convince Elly Schlein: "Stanno smantellando la sanita' pubblica", dice la segretaria del Partito democratico ad "Avvenire". La segretaria del Pd tiene stretti i due grafici mostrati anche in Aula. E si appella a dati e numeri per contrastare la narrazione meloniana sui temi cari ai dem: "Stanno smantellando la sanita' pubblica senza il coraggio di ammetterlo. Meloni continua a mentire agli italiani dicendo che hanno fatto il piu' grande investimento della storia nella sanita'. Il problema e' che la spesa sanitaria si calcola in tutto il mondo sul Pil. E quella sta scendendo al minimo storico degli ultimi 15 anni. I suoi tagli - rileva Schlein - li stanno pagando direttamente i cittadini, perche' la Corte dei conti dice che nel 2023 la spesa per curarsi e' aumentata del 10 per cento, cioe' di 4 miliardi. Gli stessi che hanno messo sulla riforma fiscale. Tolgono con una mano quello che fingono di dare con l'altra. Per questo la chiamo tassa-Meloni". La segretaria osserva che "le responsabilita' non stanno mai solo da una parte. Ma qui siamo allo scaricabarile. Meloni da' sempre la colpa a qualcun altro. Sulle liste di attesa da' la colpa alle Regioni, facendo infuriare anche quelle che governano loro, ma non gli hanno dato un euro in piu', mentre avevano lanciato un piano di assunzioni sparito nel nulla. Il personale e' stremato con turni massacranti, in fuga verso il privato o all'estero (40 mila i medici fuggiti negli ultimi anni)". "Non so - continua - da quando la premier non esce dal Palazzo e va in un ospedale. Ci sono ancora i 'gettonisti' e se ci sono e' perche', quando lei era al governo con Berlusconi e io all'universita', hanno messo il tetto alle assunzioni. Oggi detassano gli straordinari. Ma il personale e' allo stremo. Servono risorse per fare nuove assunzioni". Ieri e' stata approvata la legge sulla condivisione degli utili delle imprese. Il Pd si e' astenuto: "Il tema ci e' sempre stato caro, ma contestiamo gli emendamenti del governo che hanno svuotato il testo, firmato anche da una parte di noi, rendendo tutto facoltativo, rimandandolo alla volonta' delle imprese. Noi siamo per una partecipazione piena, anche gestionale". Il Pd ha sposato i referendum, ma resta diviso sui quesiti sul lavoro: "Il Pd ha una linea approvata senza voti contrari in Direzione e prevede l'appoggio ai 5 referendum. Un sondaggio di Pagnoncelli ha mostrato come la nostra base e' la piu' convinta dei quesiti - tra il 92 e il 97 per cento - compreso quello sulla cittadinanza" conclude Schlein.
“A Lollobrigida va ricordato che un Ministro non è un privato cittadino. Ha giurato sulla Costituzione repubblicana e ha un dovere in più rispetto agli altri: quello di incentivare la partecipazione democratica, non di scoraggiarla. Siccome non ha argomenti per contrastare il merito dei referendum contro la precarietà e per la cittadinanza se la prende con il principale partito di opposizione. Lui che dovrebbe rispondere su cosa ha fatto per contrastare il caporalato nelle campagne, per arginare il ricorso a contratti precari nel settore agroalimentare, per garantire ai tanti migranti che consentono all’agricoltura di andare avanti pari dignità con tutti i cittadini. E’ uno scandalo tutto italiano quello dei membri del governo e di cariche istituzionali che invitano all’astensione. Anche per contrastare questa deriva vanno moltiplicati gli sforzi perché il quorum venga raggiunto l’8 e 9 giugno”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“L'8 e 9 giugno si vota per il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza. La vittoria del sì significherebbe creare una società della convivenza nella quale si cresce insieme e si diventa italiani in uno Stato che cresce e forma coesione sociale. Sulla cittadinanza il quesito è semplice: si vota sì se si vuole passare da 10 a 5 gli anni necessari per poter richiedere la cittadinanza italiana a persone che vivono in Italia, studiano, lavorano e crescono i propri figli in Italia”. Così la deputata PD Ouidad Bakkali in una nota sui prossimi referendum dell'8 e 9 giugno.
“Bisogna ricordare – continua l'esponente dem - che al tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana vanno purtroppo aggiunti spesso ulteriori 4 anni di lavorazione delle pratiche burocratiche, quindi si tratta di lasso di tempo che da 14 si ridurrebbe a 9 anni. L'impatto del voto è enorme per la semplificazione della vita di queste persone e delle loro famiglie: non dimentichiamo che sono i nostri compagni di classe, di sport e vicini di casa”, conclude Bakkali.“L'8 e 9 giugno si vota per il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza. La vittoria del sì significherebbe creare una società della convivenza nella quale si cresce insieme e si diventa italiani in uno Stato che cresce e forma coesione sociale. Sulla cittadinanza il quesito è semplice: si vota sì se si vuole passare da 10 a 5 gli anni necessari per poter richiedere la cittadinanza italiana a persone che vivono in Italia, studiano, lavorano e crescono i propri figli in Italia”. Così la deputata PD Ouidad Bakkali in una nota sui prossimi referendum dell'8 e 9 giugno.
“Bisogna ricordare – continua l'esponente dem - che al tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana vanno purtroppo aggiunti spesso ulteriori 4 anni di lavorazione delle pratiche burocratiche, quindi si tratta di lasso di tempo che da 14 si ridurrebbe a 9 anni. L'impatto del voto è enorme per la semplificazione della vita di queste persone e delle loro famiglie: non dimentichiamo che sono i nostri compagni di classe, di sport e vicini di casa”, conclude Bakkali.
“Il dolore delle vittime non può restare fuori dalla Storia. Deve avere cittadinanza nella memoria collettiva e nel lavoro delle Istituzioni. Solo così possiamo costruire una giustizia più umana, capace di ricucire le fratture del nostro tempo.” Lo ha dichiarato l’On. Michela Di Biase introducendo l’incontro promosso dall’Associazione Fare nell’ambito del ciclo 'Le parole della giustizia'.
L’evento, che ha visto la partecipazione del Presidente della Camera Lorenzo Fontana, ha ospitato tra i relatori il professor Adolfo Ceretti, tra i massimi esperti italiani di giustizia riparativa, e Manlio Milani, testimone di impegno civile e memoria democratica, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Piazza della Loggia.
“Milani ci ha insegnato che la vittima non è solo un oggetto del male, ma un soggetto politico, capace di trasformare il trauma in testimonianza, e la memoria in responsabilità pubblica. Una vittima che non chiede vendetta, ma ascolto, verità, giustizia”, ha proseguito Di Biase.
“Non basta essere ‘con le vittime’ in modo astratto, cerimoniale. Occorre mettere in discussione i meccanismi che hanno prodotto l’ingiustizia. Occorre vigilare sulla coerenza democratica, aprire gli archivi, rifiutare ogni forma di delega passiva alla magistratura o alla storia ufficiale. Costruire giustizia non solo nelle aule dei tribunali, ma nello spazio pubblico, nella società.” ha aggiunto la deputata.
“Quando la sofferenza viene trasformata in identità esclusiva – ha concluso Di Biase – si corre il rischio che la vittima diventi ostaggio del dolore subito. È per questo che la giustizia riparativa deve essere una pratica pubblica, costituzionale, non privata o sentimentale. Deve servire a ricostruire il patto etico su cui si fonda la nostra Repubblica.”
“Cinque Sì per cambiare l’Italia. Il Pd è pienamente impegnato per raggiungere il quorum e vincere questa battaglia. La linea indicata da Elly Schlein è stata chiara dall’inizio: vogliamo cambiare le leggi che hanno generato precarietà, sotto salario, insicurezza. Non bisogna mai avere paura di battersi per i diritti delle persone. E noi non ne abbiamo. I referendum sono una occasione enorme. Non sono proprietà di un partito politico, non misurano la distanza di punti percentuali tra progressisti e destra: nascono attorno a fatti concreti che miglioreranno la vita delle persone. Vanno raccontati così. Perché restituiscono diritti laddove sono stati tolti e ne costruiscono di nuovi. Per questo il quorum è una sfida fondamentale: dal giorno dopo l’Italia sarà un Paese più libero e solidale. 3 milioni e mezzo di persone avranno il diritto al reintegro, 3 milioni di lavoratori con contratto a termine saranno stabilizzati, si dimezzano gli anni per ottenere la cittadinanza per 2,5 milioni di lavoratori e studenti. Misure concrete, il cui effetto è indiscutibile”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano L’Unità.
“Auspico che venga smentita la notizia secondo cui i vertici di Fratelli d’Italia avrebbero indicato a deputati e senatori la linea dell’astensione sul voto referendario dell’8 e 9 giugno. Che il principale partito di governo inviti le persone a non votare e a restare a casa è un fatto gravissimo. Il segnale di una profonda cultura antidemocratica che ha paura di misurarsi con la libertà di scelta dei cittadini su quesiti importanti su lavoro e cittadinanza che avrebbero il merito di restituire diritti a milioni di persone in carne ed ossa”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
"Revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini e darla a Matteotti è un atto di grande significato politico e civico. Per questo oggi sono venuta a San Clemente, in provincia di Rimini, a rendere omaggio alla sindaca Mirna Cecchini, alla giunta e al consiglio comunale che, per celebrare il 25 aprile, hanno fatto questa scelta.
Una decisione che sottrae San Clemente alla mistificazione storica perché dare la cittadinanza onoraria a Mussolini non era, nel ventennio fascista, una libera scelta, ma un'operazione di propaganda per esaltare il culto della personalità del dittatore.
Giacomo Matteotti, invece, è stato colui che tra i primissimi sfidò il regime pagando con la vita. Il suo modo di fare politica, coraggioso e schietto, è ancora oggi un esempio da seguire in un momento molto difficile come quello che stiamo vivendo in cui le libertà che sono alla base di un sistema democratico sono sotto minaccia.
Per questo la scelta del comune di San Clemente è un gesto simbolico di resistenza che va valorizzato e promosso. Mi auguro che i tanti, troppi comuni che ancora hanno Mussolini tra i cittadini onorari seguano questo esempio". Lo dichiara da San Clemente (Rn), Laura Boldrini, deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"Grazie alle lavoratrici e ai lavoratori della Beko e ai sindacati che hanno risvegliato Siena dove non si celebrava il Primo maggio, la festa del lavoro, da circa 20 anni. Oggi siamo qui perché loro sono la dimostrazione che la lotta paga: è grazie alla mobilitazione e alla battaglia che hanno condotto per mesi che si è arrivati ad un accordo che non prevede licenziamenti. Nessuna magnanimità dell'azienda e nessun miracolo del ministro.
Ma la lotta continuerà: resteremo al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori fino a quando non ci sarà un piano di reindustrializzazione concreto, un investitore serio e la garanzia del livello occupazionale.
Resteremo al fianco di chiunque si batta per il posto di lavoro e per il futuro, ma deve essere un lavoro dignitoso, stabile e in sicurezza. L'unica sicurezza a cui pensa il governo Meloni, invece, è quella di un decreto che criminalizza la protesta di chi, per non rischiare di ritrovarsi disoccupato, fa anche il blocco stradale. Reprimere le lotte non violente, questa è per loro la sicurezza. Ma senza la lotta non c'è mai stata conquista sociale.
Ed è anche per questo che l'8 e il 9 giugno andremo a votare "sì, sia ai referendum sul lavoro sia a quello per la cittadinanza". Lo dichiara da Siena Laura Boldrini deputata PD e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“A Biella, in consiglio comunale, la destra respinge mozione dell'opposizione per togliere la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Ad Imperia il sindaco Scajola dice no ad una via da intitolare a Sandro Pertini.
Il deputato Donzelli giustifica il saluto romano dei militanti neofascisti a Milano e a Dongo.
Questa è la destra che si riconosce nei valori democratici ed antifascisti della Costituzione? D'altronde nel simbolo di Fratelli d'Italia campeggia la fiamma tricolore tanto cara al gerarca fascista e razzista Almirante. E domani faranno finta, come è avvenuto il 25 aprile con la Festa della liberazione, di festeggiare il lavoro che continuano a negare per favorire gli interessi dei potentati economici senza affrontare le vere criticità che restituiscano al lavoro dignità, opportunità per tutti, sicurezza e salari giusti”.
Lo dichiara il deputato PD, Silvio Lai.
Quel pugno chiuso in Italia è il simbolo di chi ha combattuto contro la tirannia nazifascista che nelle piazze, così come avviene oggi, fa il saluto romano in una chiave nostalgica e rievocativa. E quel saluto fa tutt'uno con la fiamma tricolore del vostro stemma di partito voluta dal gerarca razzista Giorgio Almirante. Quel pugno chiuso rappresenta il bello e toccante gesto di Tommie Smith e John Carlos che su un podio olimpico resero manifesta agli occhi di tutto il mondo la necessità di battersi per affermare diritti umani e civili uguali per tutti. Tanta strada ancora c'è da fare per garantire quella riunificazione che è incastonata nell'agire della Resistenza e nei valori della Costituzione. Si cominci con il togliere la fiamma tricolore dai simboli, dal cancellare le strade intitolate ad Almirante, dall'abrogare la cittadinanza onoraria a Mussolini in diverse città italiane e si riconosca Bella Ciao quale canzone di democrazia, libertà e giustizia da cantare tutti insieme il 25 aprile dopo l'Inno d'Italia. La mia proposta di legge va in quella direzione”.
Così Stefano Vaccari, deputato PD e Segretario di Presidenza della Camera dopo le dichiarazioni di Giovanni Donzelli sul saluto romano.
“Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa, non esiste nessun accordo in Parlamento sul decreto cittadinanza approvato il 27 marzo dal governo.”
A dichiararlo è Fabio Porta, deputato PD eletto all’estero, che chiarisce: “Siamo contrari al metodo utilizzato dal governo per intervenire con la decretazione d’urgenza su una materia tanto sensibile e delicata, e stiamo lavorando con i nostri gruppi parlamentari di Camera e Senato per apportare le opportune modifiche.”
“In questa fase – conclude Porta – diffondere informazioni inesatte non aiuta il serio lavoro che stiamo facendo in Parlamento e il confronto in atto tra le diverse forze politiche; siamo impegnati come sempre nell’interesse dell’Italia e delle sue grandi collettività italiane nel mondo”.
"Ho avuto oggi una lunga conversazione con Alessandra Ballerini, l'avvocata che si sta occupando del caso di Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto in Venezuela.
Dal 15 novembre Alberto è in una prigione venezuelana e da allora non si hanno più sue notizie. La famiglia è estremamente preoccupata e neanche il console italiano è riuscito a incontrarlo. Per altro, il nostro connazionale soffre di ipertensione e non sappiamo se stia ricevendo le cure necessarie.
Lo scorso 14 gennaio, insieme ai colleghi Peppe Provenzano, Fabio Porta, Gianni Cuperlo ed Enzo Amendola e con la collega Lia Quartapelle, abbiamo presentato un'interrogazione al ministro Tajani, ma non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta.
Mi unisco all'auspicio della famiglia Trentini chiedendo al governo italiano di fare tutto il necessario per riportare a casa Alberto, come ha fatto con Cecilia Sala.
Alberto Trentini è l'unico con la cittadinanza solo italiana, per quanto a nostra conoscenza, arrestato in Venezuela, ma ci sono anche altre sei persone con la doppia cittadinanza italo-venezuelana attualmente detenute nelle carceri del paese perché oppositori di Maduro. Il governo cerchi di aprire uno spiraglio anche sui loro casi". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata PD e Presidente del comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
“ Le recenti modifiche alla legge sulla cittadinanza italiana, approvate dal Consiglio dei Ministri il 28 marzo 2025, sono inaccettabili e ridicole. La motivazione ufficiale, secondo cui si intende "tutelare" il processo di acquisizione della cittadinanza italiana, è un pretesto che nasconde un attacco ai diritti fondamentali di chi emigra e delle loro discendenze.Diventare cittadino italiano non è solo una formalità: è un riconoscimento di identità, cultura e appartenenza. Queste modifiche stravolgono e negano diritti acquisiti, minando la dignità di milioni di cittadini italiani all'estero e delle loro famiglie.
È inaccettabile che si giochi con le vite delle persone, imponendo restrizioni e complicazioni che non hanno alcuna giustificazione ragionevole. I tempi e le modalità di questa operazione legislativa sono inadeguati e mostrano una totale disconnessione dalle reali esigenze di chi ha scelto di portare il nome e i valori italiani nel mondo.
Ci batteremo con tutte le nostre forze per difendere i diritti dei cittadini italiani all’estero. Non permetteremo che la nostra identità venga svenduta per mere logiche politiche. È tempo di unirci e far sentire la nostra voce contro questa ingiustizia.” Così Nicola Carè deputato del Pd eletto all’estero.
"Secondo Onu da un lato e Istat dall’altro, siamo oggi non solo il Paese con il peggior crollo dei salari reali di tutto il G20 e con una conseguente perdita del potere d’acquisto dell’8,7% tra il 2008 e il 2024, ma anche quello in cui cresce la quota di coloro che vivono a rischio di povertà o esclusione sociale, che è passata dal 22,8% del 2024 al 23,1% di oggi. Due dati drammatici e impietosi che dimostrano una realtà evidente: il Paese è palesemente in una profonda crisi che non fa che peggiorare. L’assurdo, in questo, è che non solo il Governo nega l’evidenza, ribaltando totalmente la realtà, ma anche che anziché intervenire per fronteggiare la povertà fa tutto ciò che è in suo potere per aggravarla: ha cancellato il reddito di cittadinanza, tagliato il welfare, bloccato il salario minimo e trasformato i diritti in privilegi per pochi. In un Paese dove un quarto della popolazione rischia la povertà e la distanza tra chi ha tanto e chi ha poco continua ad aumentare, servirebbero investimenti straordinari sul lavoro, sul salario minimo, sul sostegno alle famiglie. E invece ci ritroviamo con una politica economica che protegge i forti e abbandona chi è più fragile. Apra gli occhi Giorgia Meloni. Al Governo c’è lei e la sua responsabilità è intervenire per frenare questo dissesto sociale, non aggravarlo".
Così Marco Furfaro, deputato e membro della segreteria nazionale del Partito Democratico.
"Finalmente abbiamo le date: l’8 e il 9 giugno si voterà sui referendum, compreso quello sulla cittadinanza. Dopo mesi di silenzio e incertezze, è una vittoria per la democrazia e per tutti coloro che si battono per una società più giusta e inclusiva". Cosi la deputata Pd, Ouidad Bakkali, intervistata per i canali social dei deputati dem.
"Un altro risultato fondamentale – prosegue l’esponente Pd – è stato l’ampliamento del diritto di voto per i fuorisede: studenti e lavoratori potranno esprimersi nelle città in cui vivono. Questo è un grande passo avanti per la partecipazione democratica, che sarà cruciale per raggiungere il quorum e rendere effettiva questa consultazione popolare. Il quesito referendario sulla cittadinanza riguarda la riduzione del requisito di residenza per i cittadini con background migratorio che vogliono ottenere la cittadinanza italiana. Oggi l’Italia ha una delle normative più restrittive d’Europa: sono necessari almeno 10 anni di residenza prima di poter presentare la richiesta. Un tempo eccessivo, che di fatto esclude tantissimi giovani nati e cresciuti nel nostro Paese da opportunità lavorative e formative, costringendoli a una condizione di precarietà e incertezza, con rinnovi continui del permesso di soggiorno".
"Ridurre questo requisito da 10 a 5 anni – conclude Bakkali - significa compiere un primo passo verso una riforma più equa. Nella pratica, il tempo di attesa si ridurrebbe da 14 a 9 anni, considerando anche le lungaggini burocratiche che oggi caratterizzano il processo. È inaccettabile che servano fino a 4 anni solo per l'elaborazione di una pratica di cittadinanza. Dobbiamo lavorare per rendere più efficienti questi percorsi e garantire diritti a chi di fatto è già italiano, ma non lo è formalmente. Siamo di fronte a una questione di giustizia e di dignità per oltre 2,5 milioni di famiglie e già dimezzare i tempi aiuterà a uscire da una condizione di italiane e italiani senza cittadinanza perché di fatto lo sono ma non lo sono formalmente”.