"Ancora una volta si ricorre alla decretazione d’urgenza per modifiche normative che avrebbero potuto avere ben altro esito se inserite dentro un vero confronto parlamentare. Un provvedimento che tocca alcuni temi importanti – si pensi al sovraffollamento carcerario – senza individuare soluzioni strutturali. Il 2025 è iniziato in maniera tragica, con già nei primi 20 giorni 8 suicidi in carcere. E’ una situazione insostenibile, un’emergenza a cui non possiamo permetterci di abituarci, che trova origine – come ormai è evidente - nelle condizioni di detenzione. Accanto all’aumento dei suicidi e dei fenomeni di autolesionismo cresce anche il sovraffollamento. Gli ultimi dati di pochi giorni fa del Garante dei detenuti nazionale parlano di percentuali superiori in media al 130 per cento, per arrivare a percentuali del 220 per cento come nel carcere di San Vittore a Milano. In Puglia il sovraffollamento è al 171%, in Lombardia al 151%, nel Lazio al 146%. Ma di concreto per il sovraffollamento non c'è nulla in questo decreto, in cui troviamo solo nuove norme per il commissario delegato all’edilizia penitenziaria. Questo decreto, che pur contiene alcuni correttivi condivisibili, è l’immagine esatta di un esecutivo che rifiuta di entrare nel merito delle questioni strategiche che riguardano la giustizia per inseguire una visione repressiva e punitiva". Lo ha detto la deputata del Pd, Michela Di Biase, intervenendo in Aula in discussione generale sul dl Giustizia.
“Il giudizio del Partito Democratico in merito al ddl costituzionale sulla separazione delle carriere è pessimo. Ci siamo opposti e continueremo ad opporci a un provvedimento che è sbagliatissimo. La maggioranza ha assunto un atteggiamento punitivo nei confronti della magistratura. Non è un sospetto: sono le parole degli esponenti di governo a dirlo. Basti ricordare le parole di Matteo Salvini che dopo le sentenze dei giudici sul caso Albania, disse che occorreva mettere mano alla Costituzione e fare la separazione delle carriere. La verità è che è sgradita l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Tuttavia, non esiste una democrazia al mondo che non riconosca il principio e il valore dell'autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Così il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia.
“Questa destra – ha aggiunto l’esponente dem - è ossessionata dal furore ideologico. Continua a riproporre battaglie vecchie di 30 anni, mentre tutto il mondo è cambiato. Poiché è assolutamente incapace di guardare al futuro, si rifugia nella bandiera ideologica, in presenza di un comparto della Giustizia che è fragilissimo e che avrebbe bisogno, non di ideologia ma di fatti e azioni concrete. La destra ha appena approvato la manovra di Bilancio che taglia 500 milioni di euro per la giustizia dal 2025 al 2027. Il processo telematico è in tilt, i giudici di pace rinviano le udienze al 2023, il carcere e’ al collasso e di fronte a tutti i problemi della Giustizia il governo si volta dall'altra parte”.
“Questo provvedimento – ha concluso Gianassi - è pericoloso perché cancella il quadro che, sulla Giustizia, avevano saputo fare con grande saggezza i costituenti, ricostruendo l'Italia democratica. Questa riforma cambia norme, che garantivano equilibrio, e introduce una traiettoria molto pericolosa che oggi inizia e che domani può concludersi con la sottomissione del Pubblico Ministero all'esecutivo. Scenari davvero gravi che dobbiamo contrastare. Continueremo la nostra battaglia anche fuori dall'Aula di Montecitorio”.
Non un emendamento, non un intervento su un provvedimento che mette mano alla Costituzione è stato possibile alle opposizioni, ma neppure alla maggioranza: il ddl di riforma costituzionale oggi approvato in prima lettura, è stato votato a colpi di maggioranza senza un vero confronto su un tema delicatissimo come la giustizia. Non si è affrontato nessun vero problema che interessa i cittadini come la durata dei processi o le risorse per il funzionamento. Però con la separazione delle carriere dei magistrati si attacca la loro autonomia e la loro indipendenza, si apre la strada all’assoggettamento del pubblico ministero al potere esecutivo, si persegue un modello che oggi è superato e messo in discussione in molti Paesi. Un altro provvedimento mosso da ideologia e da intento punitivo verso la magistratura. È così che si avvicina l’Italia ai peggiori modelli illiberali amici della Meloni”.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“L'estrazione a sorte della componente togata del Consiglio Superiore della magistratura mostra come questo governo abbia una visione opposta a quella che i padri costituenti ebbero nella realizzazione della Costituzione. Allora la scelta fu quella di garantire la tutela democratica e l'autogoverno della magistratura in un percorso che mirava all'autorevolezza del CSM, attraverso l’elezione della compagine togata, la presenza della compagine non togata e l’assegnazione della presidenza al Capo dello Stato. Oggi, con questo provvedimento, il governo ha invece l'ansia di indebolire, contenere e frustrare tale autorevolezza. Una differenza culturale che dimostra la pochezza di questa maggioranza quando si tratta di affrontare questioni costituzionali per le quali l’ansia delle istituzioni dovrebbe essere rivolta all’innalzamento della qualità della democrazia in Italia”. Così il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in Commissione Giustizia, intervenendo in Aula durante la discussione del ddl costituzionale di riforma della giustizia.
Alla luce dei nuovi emendamenti del governo sul riassetto della Corte dei Conti, i capigruppo delle opposizioni (Pd, M5s, Avs, Azione, Iv e +Europa) delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera hanno chiesto ai presidenti Nazario Pagano e Ciro Maschio di approfondire l’esame del provvedimento in commissione e di avviare un ciclo di audizioni per valutarne gli effetti. Gli emendamenti presentati l’8 gennaio – scrivono i capigruppo – “introducono modifiche profonde dell'attuale assetto normativo e organizzativo della Corte dei Conti. L’emendamento 2.06 del Governo, in particolare, incide profondamente sulla sua struttura organizzativa sia a livello centrale che locale, operando delle vere e proprie fusioni degli attuali uffici, che se da un lato potrebbero sembrare condivisibili sotto un profilo astrattamente logico, dall’altro lato andrebbero esaminate in un confronto con esperti e addetti ai lavori per verificare che siano davvero funzionali ad una maggior efficienza dell’attività svolta da questi uffici”.
“È evidente – proseguono - come modifiche di tale portata non possano essere approvate attraverso un mero emendamento del Governo e sottoposte all’esame del Parlamento al di fuori di una qualunque attività istruttoria così come puntualmente previsto dall’articolo 79 del Regolamento Camera. Occorre infatti ricordare l’importante funzione informativa svolta ad esempio dalle audizioni che consentono di restituire ai parlamentari che esaminano un testo di legge una fotografia efficace di tutti gli interessi in gioco su una specifica tematica in discussione in Parlamento, mettendoli così in grado di compiere scelte più informate e bilanciate. Conformemente a quanto previsto anche dall’articolo 79 del Regolamento Camera, appare dunque indispensabile lo svolgimento di un’adeguata attività istruttoria con riferimento agli emendamenti 2.06 e 4.08 del Governo, alla luce del loro impatto sulla struttura organizzativa e quindi conseguentemente sull’efficienza dell’attività svolta dalla Corte dei conti. Alla luce di quanto premesso, i gruppi di opposizione chiedono l’assegnazione di un termine per la presentazione dei sub-emendamenti atto a garantire il previo svolgimento di un’adeguata attività conoscitiva e istruttoria, mediante audizioni, sui due nuovi emendamenti presentati dal Governo”.
Noi riteniamo che questa riforma non ci appartenga e abbiamo tutti i motivi per dire che siamo contrari, però ci chiediamo perché tenere fuori un principio costituzionale, quello della garanzia della parità di genere, quello che non ci sia discriminazione tra sessi? Perché dire che un principio, come quello della parità di genere, può anche essere fatto con una legge ordinaria? L'idea che si sta dando è che non sia un valore così importante e che ne possiamo fare a meno. L'idea insomma che la Carta costituzionale sia cartastraccia. Per noi non è così, e dato che questo è un governo che viene presieduto da una donna, chiediamo alla maggioranza che di questo principio non si faccia cartastraccia, e che di questo principio si mantenga il rango costituzionale, perché troviamo inaccettabile e intollerabile che proprio su questo ci si dica: si può fare con legge ordinaria.
A tenerla sempre sotto il tappeto, quella parità di genere, prima o poi, non sarà un problema forse per noi che, grazie a quelle donne che si sono sacrificate, oggi siamo qui e possiamo dire quello che pensiamo, ma pensate alle vostre figlie e alle vostre nipoti, perché questi diritti non sono mai scontati e questi diritti, anche oggi, vengono messi costantemente in discussione.
Così la deputata democratica e responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula.
“La discussione generale sulla riforma della giustizia solo oggi ha avuto la partecipazione in Aula della maggioranza con il collega Sergio Costa. In realtà l'idea generale sul provvedimento l'abbiamo appresa in Tv e soprattutto su Twitter e i social. I problemi della giustizia in Italia sono tanti ma non vengono affatto toccati da questa riforma se non per motivi ideologici: la destra in Aula e in commissione è stata afona, ignorando le numerose perplessità sollevate da autorevoli auditi, gli emendamenti delle opposizioni e i rischi che la riforma comporta, da un’eterogenesi dei fini ad un vero e proprio scardinamento dei principi costituzionali di unitarietà del potere giudiziario, separazione ed equilibrio tra i poteri. La separazione delle carriere viene raccontata come panacea per problemi della giustizia italiana che il testo non tocca affatto. Problemi per cui una legge ordinaria sarebbe stata più che sufficiente. Davanti a noi abbiamo, invece, una riforma costituzionale: mi chiedo quale sia lo scopo reale di questa operazione se non la separazione delle magistrature?” Così la deputata dem Rachele Scarpa intervenendo in Aula sulla discussione del ddl costituzionale di riforma della giustizia.
“Nella legge di bilancio l'esecutivo ha tagliato 500 milioni all'intero comparto giustizia e oggi ci presenta il potere salvifico della separazione delle carriere. Il disegno sotteso è quello avere una magistratura indebolita e sempre più asservita all’esecutivo. Qual è quindi l'onestà intellettuale della discussione che facciamo oggi?”, conclude Scarpa.
“La riforma della giustizia ha ben evidenti due aspetti: è inefficace e dannosa. Parlare di discussione in Aula è un eufemismo perché sono solo le opposizioni che stanno provando a dare proposte migliorative così come è avvenuto in Commissione. Nessun emendamento è stato accolto e nessun intervento della maggioranza è stato fatto. Una riforma blindata è un limite enorme”. Così il deputato dem Marco Lacarra intervenendo in Aula sul ddl costituzionale di riforma della giustizia.
“Per non parlare poi del cosiddetto 'sorteggio' per la nomina dei componenti dei moltiplicati organi di autogoverno della magistratura: uno strumento surreale che forse era più utile utilizzare per i componenti del governo!” conclude Lacarra.
“La domanda che tutti noi dovremmo farci è se questa riforma costituzionale è in grado di rispondere ai tanti problemi, alle tante suggestioni che anche oggi sono emerse in quest'Aula. Occorreva una riforma costituzionale, così come ci viene proposta dal ministro Nordio, per risolvere ed affrontare quelli che sono i problemi della giustizia italiana?
La risposta è no e noi questo dobbiamo dirlo con forza; noi abbiamo ascoltato le varie dichiarazioni che sono state fatte dal Ministro Nordio, in cui addirittura si sostiene come la separazione delle carriere sia consustanziale al processo accusatorio e spesso viene tirato in ballo l'articolo 111 della nostra Costituzione, come se in qualche modo fosse prevista dall'articolo 111 appunto la separazione delle carriere. La nostra Costituzione non vieta che ci sia, ma certo è che le parole di Nordio non corrispondono a verità, quando dice che per applicare in pieno la Carta costituzionale abbiamo bisogno della separazione delle carriere.
In particolare, vorrei soffermarmi sull'aspetto che riguarda la sentenza della Corte costituzionale, n. 37 del 2000, dove si sottolinea come nel nostro Paese esista un unico ordine, un unico Consiglio superiore della magistratura e non esista alcun dettame costituzionale che vieti la separazione delle carriere. Ma quello che state facendo voi, in questo provvedimento non è la separazione delle carriere! Voi state separando la magistratura, che è cosa ben diversa.
È per questo che siamo qui e saltiamo sulla sedia rispetto alle cose che stiamo ascoltando, perché, per separare le carriere, diciamocelo una volta per tutte, non sarebbe stata necessaria una riforma costituzionale. Voi lo avreste potuto fare a Costituzione invariata. Avete avuto la necessità di procedere a una riforma costituzionale, perché quello che state facendo è separare in due la magistratura.
Ed ogni corpo, così come ci viene ricordato dai giuristi - così come accade anche in natura - che viene frazionato, ogni organismo unitario che viene separato, determina generalmente un impoverimento”. Lo ha detto la deputata del Pd, Michela Di Biase, intervenendo in aula sul ddl giustizia.
La premier Meloni sostiene di voler andare avanti spedita sulle riforme, tra cui la separazione delle carriere che servirebbe secondo il governo a rafforzare la terzietà del giudice. In realtà quella che chiamano riforma per la separazione delle carriere dei giudici è la separazione delle magistrature. Un intervento mosso da un intento punitivo nei confronti della magistratura che è autonoma e indipendente ed è ispirato dalla tradizionale ossessione ideologica della destra in materia di giustizia. Si stravolgono così le regole stabilite dai padri costituenti e si finisce per trasformare il PM da organo di giustizia a accusatore seriale, un super-poliziotto tutto teso e improntato allo scontro processuale. Chi si è sottratto al confronto è solo il governo che ha blindato il provvedimento così come è uscito dal Consiglio dei ministri e la sua maggioranza che oggi non è nemmeno intervenuta in Aula per difenderlo. La separazione delle carriere di fatto già esiste per gli interventi degli ultimi anni ma il governo vuole solo dividere gli attori della giurisdizione e il Paese perché non accetta che in una democrazia matura la magistratura è autonoma e indipendente e non è invece chiamata a sostenere e realizzare il programma di governo”.
Così Federico Gianassi, capogruppo Pd in Commissione Giustizia alla Camera intervenendo sul ddl costituzionale Giustizia.
“Sulla giustizia c'è il rischio di diventare dei clericali involontariamente corporativi. Ma entrando nel merito la ragione per cui si fanno le riforme sulla giustizia è per facilitare l'emersione della verità a scapito della verosimiglianza. Ma mentre nel processo ci sono le garanzie per tale emersione, non è così nella fase del procedimento, un 'safari' di cui andrebbero prese le misure per evitare che sia composto da marchingegni studiati per sopprimere ciò che si dice”. Lo dice il deputato dem Luciano D'Alfonso in Aula sul ddl costituzionale di riforma della giustizia.
“È necessario – continua il parlamentare Pd - che le indagini durino di meno e che l'udienza filtro aiuti l'emersione della verità. Dieci anni per accertare la verità sono troppi! Serve l’integrazione e l’attraversamento delle carriere, altroché la loro separazione. Cerco un PM che abbia fatto prima l’avvocato, poi il giudice e poi ancora l’accusatore. Così come ricerco un giudice che abbia fatto l’avvocato, il PM e poi il giuscrivente delle sentenze. La complessità della ricerca della verità richiede l’intero della consapevolezza esperienziale come richiamava Calamandrei. La separazione delle carriere non risolve uno di questi problemi ma genera solo la corporativizzazione e la verticalizzazione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero”. “Per l'emersione della verità l'obiettivo è l'intero non la parcellizzazione in un pacchetto di propaganda del governo”, conclude D'Alfonso.
“Leggiamo della proposta del Cnel sul carcere, già inviata alle Camere. Noi abbiamo le nostre idee, non condividiamo tutto, ma almeno iniziamo a discuterne seriamente e per dare risposte ad una situazione ormai insostenibile. Lavoro, misure alternative, sconto per buona condotta, case di reinserimento sono tutte proposte condivisibili e giuste che abbiamo presentato più volte con emendamenti puntuali. Sempre respinti. Vale la pena ricordare il comportamento della maggioranza, ed in particolare di Forza Italia, sulla proposta Giachetti di liberazione anticipata o quanto accaduto sull’inutile decreto carcere o quanto contenuto nell’inaccettabile Ddl Sicurezza. Basta quindi farsi belli con proposte che poi non si è disponibili a sostenere al momento opportuno. Sì passi ai fatti e non si sprechino solo parole al vento. Il partito democratico è pronto a discuterne”.
Lo dichiarano Debora Serracchiani, deputata e responsabile giustizia del Pd, e i capigruppo in commissione di Senato e Camera, Alfredo Bazoli e Federico Gianassi, e il capogruppo in Antimafia, Walter Verini.
“Quella che chiamate riforma per la separazione delle carriere dei giudici in realtà è la separazione delle magistrature. Questo intervento è mosso da un intento punitivo nei confronti della magistratura che è autonoma e indipendente, ed è ispirato dalla tradizionale ossessione ideologica della destra in materia di giustizia. Il governo insegue scalpi e bandierine nel disinteresse più totale verso l’efficienza del sistema mentre, con la manovra di bilancio, taglierà risorse alla giustizia, 500 milioni dal 2025 al 2027”. Così il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in Commissione Giustizia alla Camera intervenendo sul ddl costituzionale Giustizia.
“È una riforma costituzionale – continua il parlamentare - la cui relazione d'accompagnamento è una mezza paginetta, tutta improntata all’auto-difesa, per giustificare lo stravolgimento delle regole stabilite dai padri costituenti. Si finisce per trasformare il PM da organo di giustizia a accusatore seriale tutto teso e improntato allo scontro forense.” “La separazione delle carriere di fatto già esiste ma il governo vuole solo dividere gli attori della giurisdizione e il Paese perché non accetta che in una democrazia matura la magistratura è autonoma e indipendente e non invece chiamata a sostenere e realizzare il programma di governo” conclude Gianassi.
“È la nostra Costituzione a riconoscere ai magistrati onorari un ruolo nell'ordinamento giudiziario che nel corso degli anni è cresciuto acquisendo importanza molto rilevante fino ad occuparsi del 50% delle cause civili e dell'intero insieme dei reati penali minori. L'infrazione comunitaria ha posto in evidenza dubbi sulla compatibilità tra la normativa nazionale e quella dell'Unione soprattutto sul deficit che i giudici hanno subito in materia di diritti essenziali perché esclusi dallo status di lavoratori dipendenti. Il ddl che oggi votiamo non riesce a risolvere tutte le questioni avanzate dall'infrazione comunitaria, non soddisfa le richieste legittime dei magistrati e lascia il fianco scoperto a iniziative di rivalsa per i diritti negati.” Così il deputato dem Marco Lacarra intervenendo in Aula annunciano l'astensione del Pd sul voto del ddl sulla magistratura onoraria.
“In Commissione - continua il parlamentare - il Pd ha presentato emendamenti per coprire le lacune al ddl in materia di indennizzi, dell'ingiusto obbligo di gestione separata Inps per i magistrati non esclusivisti e i costi per il ricongiungimento pensionistico. Su questi punti il governo è rimasto sordo e le coperture finanziarie restano insufficienti”. “Insomma questa è una norma che non riconosce ai magistrati onorari il giusto riconoscimento e importanza che rivestono per lo Stato italiano”, conclude Lacarra.
“Oggi in commissione Finanze abbiamo votato contro il decreto fiscale. Il messaggio del governo è sempre più chiaro e sempre più preoccupante: ‘per favore pagate qualcosa’. Hanno di nuovo fatto slittare i termini per il concordato preventivo a cui si aggiungono ulteriori proroghe, dilazioni, ravvedimenti operosi e imposte sostitutive che annullano tutte le altre tasse. Così facendo il governo sta compromettendo il gettito fiscale generale del nostro Paese a favore di alcune corporazioni e soprattutto sta aumentando le ingiustizie verso i lavoratori dipendenti e pensionati”. Così il deputato dem Virginio Merola, capogruppo Pd in commissione Finanze.
“Questo – ha concluso Merola - non è accettabile, si sta frantumando il nostro sistema fiscale. Il nostro è un voto contrario a un decreto che non farà altro che aumentare le ingiustizie, ma soprattutto non coprirà le entrate necessarie per la riforma dell'Irpef che il governo aveva messo in cantiere. Le adesioni al concordato sono molto basse e noi non riteniamo che dicendo ai contribuenti ‘per favore versate qualcosa’ si possa rimediare all’ingiustizia fiscale. Questa destra invece di aumentare i controlli aumenta le mance agli evasori e a chi elude il fisco”.