"Destano grande preoccupazione le notizie sulla cessione del gruppo Gedi a un imprenditore straniero. Per la tutela dei posti di lavoro e di professionalità di alto profilo. E per il rischio del venire meno di voci fondamentali del pluralismo dell'informazione, già a rischio nel nostro Paese. La mia solidarietà ai giornalisti ed. Il pieno sostegno alle giuste preoccupazioni sollevate dai Comitati di Redazione". Così Andrea De Maria, deputato PD.
“La maggioranza va in confusione in commissione Attività produttive alla Camera sugli emendamenti delle opposizioni sulla filiera moda che mirano a cancellare lo scudo penale introdotto in Senato al disegno di legge sulle PMI che ‘assolve’ i committenti da qualsiasi responsabilità rispetto a quello che accade nella filiera produttiva delle aziende della moda. La destra, dinnanzi alla nostra opposizione e alle nostre richieste di modifica del provvedimento, si è detta oggi disponibile ad approvare un ordine del giorno che favorisca future modifiche, ma non a modificare il testo per una questione di tempi ristretti. Prendiamo atto del mezzo dietro front della maggioranza, ma la destra ha perso credibilità per proporre all’ultimo minuto un odg, ribadiamo che se c’è la volontà, c’è tutto il tempo per modificare il Ddl alla Camera e di approvarlo poi definitivamente al Senato entro l’anno. La destra si faccia un esame di coscienza e depenni questo vero e proprio colpo di spugna, che ha l’unico effetto di penalizzare le imprese artigiane più serie della filiera e favorire chi sfrutta i lavoratori, compresi caporali e organizzazioni criminali. Lo sfruttamento non può e non deve essere legalizzato, a maggior ragione in un settore di alta qualità come la moda”.
Così i deputati democratici Christian Di Sanzo (componente della commissione Attività produttive) e Arturo Scotto (capogruppo dem in commissione Lavoro).
Nella discussione in commissione sul ddl PMI, la maggioranza ha bocciato il nostro emendamento che prevedeva risorse per rafforzare il distretto tessile di Prato, proprio mentre il comparto moda e le tante aziende nel territorio pratese affrontano una delle fasi più difficili degli ultimi anni. È una scelta incomprensibile e dannosa: Prato è uno dei poli manifatturieri più importanti d’Europa, produce lavoro, innovazione ed export, ma il Governo decide di lasciarlo senza strumenti adeguati. A parole difendono il Made in Italy, nei fatti negano interventi concreti per sostenere imprese che rispettano le regole, investono in qualità, sicurezza sul lavoro, transizione ecologica e digitale. Il distretto non chiede eccezioni, ma che lo Stato riconosca il suo valore strategico. Noi continueremo a riproporre queste misure in ogni sede utile: perché lasciare sola Prato significa indebolire un intero settore e perdere un pezzo di futuro industriale del Paese”.
Lo dichiarano Marco Furfaro e Christian Di Sanzo, deputati del Partito Democratico.
“Il governo continua a riempirsi la bocca di slogan sulla sicurezza, ma di interventi concreti non c’è traccia”. Così il deputato Matteo Mauri, responsabile nazionale Sicurezza del Partito Democratico il quale, intervistato sui social dei deputati dem, definisce le parole della presidente Meloni e del ministro dell’Interno Piantedosi come "propaganda, propaganda e ancora propaganda”.
Mauri sottolinea che l’esecutivo in questi anni “ha sostanzialmente solo aumentato reati e pene ma non ha varato provvedimenti strutturali utili per le forze dell’ordine. Anzi, per gli agenti che si caricano il peso di garantire la sicurezza di tutti in condizioni difficili sul territorio, hanno previsto addirittura un aumento dell'età pensionabile”. Nella legge di bilancio, insiste, “non c’è un euro per aumenti di stipendio, non c’è un piano di rafforzamento straordinario degli organici, non c’è nulla per la previdenza dedicata o per il contratto della dirigenza. Tutte cose promesse e richieste con forza dai sindacati”. L’esponente Pd ricorda l’incontro avvenuto qualche giorno fa al Viminale: “sono stati convocati i sindacati, che hanno dichiarato pubblicamente di essere usciti assolutamente insoddisfatti. Hanno ascoltato parole vuote, senza un solo impegno concreto sulla legge di bilancio. Tante dichiarazioni, ma quando bisogna intervenire davvero, il governo sparisce”.
Secondo Mauri, senza misure reali il comparto sicurezza “rischia di indebolirsi sempre di più”. Il problema degli organici è emblematico: “Non solo sono ampiamente sotto la soglia prevista, ma stanno addirittura diminuendo. È esattamente ciò che sta accadendo alla Polizia di Stato: nel 2024 gli operatori erano meno del 2023, e nel 2023 erano meno del 2022”. Un trend che, avverte, “rende sempre più difficile il presidio del territorio e peggiore le condizioni di lavoro dei professionisti della sicurezza". "Il ministro dell’Interno prova a dire il contrario via social - conclude Mauri - ma purtroppo la realtà è questa”.
"Non si può sentire un ministro della Repubblica che liquida lo sciopero generale della Cgil come un atto irresponsabile. Hanno tradito ogni tipo di promessa elettorale, a partire da quella sull’abolizione della Legge Fornero, e, invece di chiedere scusa, se la prendono con i lavoratori che scenderanno in piazza rinunciando a un pezzo del proprio stipendio. Salvini non perde un euro per le promesse tradite, chi sceglie di scioperare fa un sacrificio enorme per difendere i propri diritti. Chiediamo rispetto".
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
“Nessuno si aspetta dei miracoli dalle risposte della ministra Roccella ma almeno si auspica che le sue risposte siano legate alla realtà, un piccolo bagno di umiltà e non la solita propaganda. Roccella ha una grande responsabilità: mettere in campo azioni per invertire la rotta demografica. I dati che la ministra espone certificano, invece, che i risultati non ci sono e le politiche del governo Meloni hanno fallito. L'Italia è il fanalino di coda in Europa per tasso di fertilità, in grande squilibrio con la crescita della popolazione anziana e le ripercussioni si hanno sul sistema pensionistico, sanitario e il mercato del lavoro. Il calo demografico è una minaccia vera e serve un'inversione rapida per evitare una significativa contrazione economica”. Lo dichiara in replica alla ministra Roccella la deputata e Capogruppo Pd in Commissione Affari sociali, Ilenia Malavasi durante il Question time alla Camera.
“Le politiche dei bonus - sottolinea la parlamentare dem - sono inefficaci, perché le misure spot non garantiscono stabilità, continuità e programmazione. I bonus sono politiche contro la povertà e non per la natalità dove servono politiche strutturali. L'unico strumento valido, che rivendichiamo con orgoglio, è l'assegno unico universale che va sostenuto e incrementato per renderlo una misura stabile per le famiglie”. “Servono altresì misure per il lavoro stabile, accessi agevolati per la prima casa, una fiscalità equa e progressiva, servizi e asili nido, congedi parentali e misure di conciliazione. Il Paese merita di più e soprattutto merita di non essere abbandonato come fa questo governo”, conclude Malavasi.
“Ho inviato alla ministra Calderone una lettera formale per chiedere, ancora una volta, di intervenire su una delle ingiustizie più pesanti che gravano su centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori: la vicenda dei silenti Enasarco. Persone che per anni hanno versato contributi obbligatori e oggi si ritrovano senza pensione perché non hanno raggiunto i vent’anni di contribuzione richiesti dalla Fondazione”. Lo dichiara Marco Furfaro, deputato Pd in Commissione Affari sociali e membro della segreteria nazionale del Pd.
“Più di un anno fa la Camera ha approvato un ordine del giorno, a mia prima firma, che impegnava il Governo a risolvere questo problema. Da allora, silenzio assoluto: nessun confronto, nessun percorso normativo, nessuna risposta. È un fatto grave, che mina la fiducia nel sistema previdenziale e lascia senza prospettiva chi ha fatto la propria parte. Per questo ho sollecitato e chiesto alla ministra un incontro, nonché di aprire subito un tavolo con Enasarco e le rappresentanze dei silenti, definire una soluzione normativa e prevedere risorse per risolvere la questione. Non è più il tempo dei rinvii: qui è in gioco una questione di giustizia sociale e di rispetto verso le persone”
Per la casa il governo fa poco: in questi tre anni abbiamo assistito all’annuncio di numerosi “piani casi” che si sono tradotti in un nulla di fatto. Non c’è programmazione e non c’è impegno per venire incontro alla trasformazione delle esigenze abitative del paese: niente sul fronte dell’edilizia residenziale pubblica, nulla per incentivare l’affitto concordato, niente per sostenere la morosità incolpevole.
Per questo non sorprendono i dati emersi dalla ricerca Censis-Federproprietà che parlano di 8 milioni e mezzo di case inutilizzate in Italia. Il governo ha agito solo per drammatizzare l’esecuzione degli sfratti, senza voler vedere la crescita delle situazioni di difficoltà di molte famiglie, per la perdita del posto del lavoro o l’aumento del costo della vita, ma nulla ha prodotto per prevenire il fenomeno e garantire la protezione degli inquilini più fragili e il diritto dei proprietari ad avere il pagamento degli affitti dovuti.
Quando si parla di casa, il governo se ne occupa per sanatorie e condoni come nel caso dell’ultimo decreto sull’edilizia, ma nel frattempo ha bloccate tutte le iniziative legislative per incentivare l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza degli immobili e che vengono incontro alle direttive europee.
Si è scelto poi di non affrontare la questione degli affitti brevi che molto incidono sulla vita delle nostre città, bloccando le iniziative dei Sindaci: è una questione dirompente che richiederebbe interventi diretti sia a tutela dei cittadini che degli affittuari.
Il Partito democratico è disponibile – a iniziare dalla legge di bilancio su cui abbiamo avanzato proposte concrete– per un confronto con tutte le forze di politiche per costruire soluzioni che vadano nell’interesse soprattutto di piccoli proprietari e affittuari: la casa è un bene troppo prezioso per essere solo l’ennesimo strumento di propaganda.
Così in una nota Chiara Braga, Capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Desta forte preoccupazione la recente prassi adottata dalla Direzione regionale sarda dell’INPS in materia di sgravi contributivi per le cooperative sociali di tipo B. Nonostante la normativa sia chiara la Direzione INPS della Sardegna, nel corso di recenti attività ispettive, ha adottato un’interpretazione restrittiva e arbitraria della legge 8 novembre 1991, n. 381, che disciplina le cooperative sociali di inserimento lavorativo. La legge stabilisce senza equivoci che le persone svantaggiate debbano rappresentare almeno il 30% della forza lavoro e riconosce l’esenzione delle aliquote contributive sulle loro retribuzioni, senza distinzione tra settore agricolo e altri comparti, né alcun vincolo relativo allo status di socio.
Eppure l’INPS sarda avrebbe sostenuto che il beneficio spetti soltanto ai lavoratori che siano contemporaneamente svantaggiati e soci, restringendone ulteriormente l’applicazione nel settore agricolo. Un’interpretazione che non trova fondamento nella normativa vigente e che rischia di compromettere l’operato di realtà sociali fondamentali per l’inclusione lavorativa. Per questo ho presentato un’interrogazione alla Ministra Calderone. È indispensabile che il Ministero intervenga per garantire un’applicazione corretta e uniforme della legge su tutto il territorio nazionale. Le cooperative sociali svolgono un ruolo essenziale nell’includere e offrire opportunità lavorative alle persone svantaggiate: lo Stato ha il dovere di sostenerle e non di ostacolarle.
Così il deputato del Pd Silvio Lai.
«Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco riempie d’orgoglio il nostro Paese e le comunità italiane nel mondo», dichiara il deputato eletto all’estero Nicola Carè. «Non è solo un tributo a piatti straordinari – prosegue – ma il riconoscimento di un modo di vivere che mette al centro la famiglia, la convivialità, il rispetto della terra e delle tradizioni, una vera lingua comune che unisce l’Italia dal Nord al Sud e che continua a vivere e a rinnovarsi anche grazie al contributo quotidiano degli italiani all’estero. Questo risultato premia il lavoro dei nostri agricoltori, degli artigiani, dei ristoratori e di tutte le famiglie che hanno custodito e tramandato ricette e saperi antichi, e rappresenta una straordinaria leva di sviluppo per i territori, per il turismo e per i giovani», conclude Carè.
“Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco è una notizia che ci riempie d’orgoglio. È il coronamento di un percorso lungo, fatto di tradizioni, competenze, creatività e lavoro quotidiano. Una vittoria dell’Italia e degli italiani: di chi coltiva, produce, trasforma, cucina e accoglie. L’agroalimentare è da sempre una punta di diamante del nostro Made in Italy; la ristorazione è un vero e proprio settore industriale strategico, capace di generare ricchezza, occupazione, turismo e cultura. Parliamo di 328 mila imprese, 60 miliardi di fatturato diretto e oltre un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori: una filiera complessa e integrata, strettamente connessa all’enogastronomia e al turismo, che ogni giorno porta l’Italia nel mondo. Adesso, dopo questo traguardo così importante e significativo, serve un cambio di passo e scelte all’altezza: Prendiamo questo riconoscimento non per considerarci arrivati ma per dare sostanza e seguito ; convochiamo gli attori veri del sistema delle filiere agroalimentari e della ristorazione e facciamo una legge, a partire appunto da una legge sulla ristorazione che introduca norme di sistema, con una strategia vera, investimenti adeguati e strumenti concreti per affrontare le sfide dell’innovazione, del lavoro, della sostenibilità e dell’internazionalizzazione. Oggi l’Unesco certifica ciò che il mondo già sapeva: la cucina italiana è un patrimonio unico, un bene comune, un elemento identitario che unisce generazioni, territori e culture. Ora tocca alla politica dimostrarsi all’altezza di questo riconoscimento, sostenendo davvero chi ogni giorno contribuisce a renderlo possibile.
Il Partito Democratico c’è” così i deputati democratici, componenti della commissione attività produttive della camera, Andrea Gnassi, Alberto Pandolfo e Vinicio Peluffo.
Ora più diritti, più qualità, più futuro
“La Cucina Italiana è ufficialmente Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO. Accogliamo con grande soddisfazione un riconoscimento storico, che premia non soltanto un insieme di ricette, ma il valore culturale, sociale ed economico di un modello alimentare unico al mondo. Questo risultato conferma ciò che ogni giorno vediamo nei territori: la forza delle nostre filiere agricole, la centralità delle produzioni di qualità, il legame profondo tra cibo, comunità, tradizioni e paesaggi rurali, l’impegno di migliaia di agricoltori, artigiani, ristoratori, cooperative e distretti produttivi. Come componenti della Commissione Agricoltura della Camera, consideriamo questo riconoscimento un punto di partenza. Ora abbiamo la responsabilità di consolidarlo attraverso politiche che garantiscano la tutela delle denominazioni e delle filiere corte, il sostegno alle imprese agricole e alle aree interne, la difesa del lavoro dignitoso unitamente al contrasto al caporalato, la promozione dell’educazione alimentare e della sostenibilità ambientale.
La cucina italiana entra oggi nel patrimonio dell’umanità. Il compito delle istituzioni è fare in modo che dietro a questo titolo ci siano anche più diritti, più qualità, più futuro per chi produce e per chi consuma”.
Lo dichiarano la capogruppo Antonella Forattini e Stefania Marino, Nadia Romeo, Andrea Rossi e Stefano Vaccari, deputati Pd della Commissione Agricoltura della Camera
"Quando la Dichiarazione universale dei diritti umani fu approvata, rientrava in quelle azioni che il mondo intero, rappresentato dall'Onu, decise di intraprendere perché quel "mai più" pronunciato dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale non fosse solo un'intenzione.
Oggi, però, 77 anni dopo quell'approvazione, i diritti umani sono sotto attacco e le guerre aumentano invece di diminuire. E aumentato proprio dove si voltano le spalle ai diritti umani e si scelgono regimi autoritari e illiberali.
Per questo, alla vigilia della Giornata mondiale sui diritti umani, abbiamo scelto di parlarne con oltre 250 ragazze e ragazzi delle scuole. Perché come disse Eleanor Roosevelt, i diritti umani universali iniziano "in piccoli luoghi, vicino a casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, la fattoria o l’ufficio dove si lavora".
Insieme a loro abbiamo parlato di come oggi i diritti umani siano sotto attacco e di come sia fondamentale reagire, ogni giorno, ognuno nel suo ambito e senza mai soccombere all’indifferenza.
Ed è proprio con i ragazzi che bisogna tornare a parlare dell'importanza della pace e dei diritti umani.
Stamattina, con gli interventi di Parisa Nazari, attivista iraniana e difensora dei diritti umani e delle donne, e Yara Abushab, studentessa palestinese di Medicina, uscita da Gaza poco prima del 7 ottobre, che ha perso gran parte della sua famiglia durante il genocidio, abbiamo ascoltato testimonianze dirette di due luoghi dove i diritti umani vengono calpestati: l’Iran e la Palestina. Il racconto di Yara Abushab, la cui vita è stata sconvolta dal genocidio, ha commosso tutta la platea che si è alzata in un applauso solidale che è stato un abbraccio collettivo.
Con Micaela Frulli, docente all'università di Firenze, abbiamo fatto un viaggio nel diritto internazionale, oggi pesantemente messo in discussione, e con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, abbiamo parlato dell'enorme lavoro delle associazioni e delle ONG per sostenere e proteggere chi è attaccato da regimi autoritari.
Ma soprattutto, abbiamo ascoltato le voci delle ragazze e dei ragazzi la cui consapevolezza sul valore dei diritti umani e sull'impegno necessario per difenderli ovunque vengano calpestati è una boccata di ossigeno. Non è vero che ai giovani non interessano questi temi: ce l'hanno dimostrato con le mobilitazioni per Gaza e ce l'hanno dimostrato questa mattina. Chiedono di essere ascoltati e di avere spazi in cui potersi esprimere. Ed è proprio quello che oggi il Comitato diritti umani della Camera ha voluto fare". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, a margine dell'evento "Diritti umani sotto attacco - il dovere di reagire" che si è svolto oggi alla Camera dei Deputati.
“Esprimiamo piena solidarietà alle giornaliste e ai giornalisti dell’agenzia Dire, in sciopero per rivendicare il diritto a ricevere regolarmente il proprio stipendio. Il costo della mala gestione non può ricadere sulle spalle di professionisti che garantiscono ogni giorno un’informazione di qualità e che oggi sono costretti a vivere con compensi pagati parzialmente e a intermittenza, in violazione delle norme contrattuali e per di più da un editore che beneficia di finanziamenti pubblici. Le difficoltà amministrative o i tempi della giustizia non possono essere scaricati sui lavoratori, che con professionalità permettono all’agenzia di svolgere il proprio ruolo e di rispettare gli impegni assunti anche con la Presidenza del Consiglio. I giornalisti chiedono certezze, rispetto e trasparenza: la garanzia di essere pagati per il lavoro svolto e di poter contare su condizioni dignitose e stabili. Chiediamo al Governo un intervento immediato per tutelare i diritti dei dipendenti, garantire la continuità delle attività e vigilare affinché chi riceve fondi pubblici assicuri stipendi regolari e nel rispetto delle regole. È necessario inoltre che nei bandi pubblici siano incluse clausole stringenti: chi non paga i propri dipendenti non può beneficiare di risorse dello Stato”. Così una nota del Gruppo parlamentare del Partito Democratico della Camera dei deputati.
“Consiglierei al sottosegretario Durigon di non addentrarsi in promesse che poi dovrà smentire. Come si fa a garantire che l’età pensionabile non aumenterà nel 2027, quando nella legge di bilancio che lui stesso si appresta a votare si andrà in pensione più tardi per effetto dell’adeguamento automatico voluto dal governo di cui fa parte? Non si possono trasformare le leggi in assegni post datati. Quando si parla di pensioni la parola deve essere una. Non si può ingenerare confusione sulla pelle dei lavoratori”.
Così il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.