Scarpa: governo taglia e non interviene sull’emergenza carceraria
“Il Partito Democratico si asterrà sul "Decreto Giustizia", un provvedimento che, nonostante il titolo ambizioso, offre risposte del tutto insufficienti alle criticità del sistema giudiziario”. Lo ha dichiarato, intervenendo in Aula alla Camera, la deputata democratica Rachele Scarpa, componente della Commissione Giustizia di Montecitorio.
“Abbiamo sostenuto alcuni interventi migliorativi – ha aggiunto la democratica – ma le nostre proposte per colmare le gravi lacune sono state respinte da una maggioranza che continua a ignorare le opposizioni. È necessario affrontare con urgenza questioni cruciali come il rafforzamento della giustizia penale e civile, con investimenti in risorse e strumenti adeguati, compresa l’applicazione del processo telematico penale, che finora ha mostrato evidenti limiti. Occorre inoltre intervenire per potenziare e stabilizzare la magistratura onoraria, migliorare il funzionamento dell’ufficio del processo e garantire un supporto concreto alle vittime di mafia, usura, estorsione e crimini domestici”.
“Un capitolo fondamentale – ha proseguito Scarpa - riguarda le carceri, dove la situazione è drammatica: 63mila detenuti a fronte di 51mila posti disponibili, con 83 suicidi nel 2024 e già 8 nel 2025. Le condizioni di detenzione sono disumane, l’autolesionismo è ormai quotidianità, con un sovraffollamento medio del 130%, che in alcune strutture, come a San Vittore, raggiunge picchi del 220%. Una vera e propria emergenza umanitaria. Nonostante ciò, il governo ha tagliato oltre 500 milioni di euro alla giustizia nell’ultima manovra di bilancio, penalizzando l’edilizia carceraria, la giustizia minorile e penale, oltre ai servizi di reinserimento. Questi tagli aggraveranno una situazione già critica, minando il rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti”.
“Chiediamo investimenti concreti per affrontare il sovraffollamento carcerario, sostenere il personale penitenziario e potenziare le misure alternative. La rieducazione è il fine della pena, non l'umiliazione. Senza dignità, il sistema continuerà a produrre dolore, recidiva e ingiustizia”, ha aggiunto Scarpa.
“Il Partito Democratico continuerà a battersi per una giustizia equa e rispettosa dei diritti umani, contestando l’azione del governo, che fino ad ora si è limitato ad aumentare le pene e introdurre nuovi reati nel codice penale. Misure che non migliorano il sistema giudiziario, ma servono esclusivamente alla propaganda governativa” ha concluso.
Al MiC da 130 giorni, il Ministro non ha fatto nulla
"130 giorni di governo per il Ministro Giuli, 130 giorni di nulla. Spiace che il Ministro, non sia ancora venuto in Commissione alla Camera per illustrare il contenuto del primo decreto che porta la sua firma". Così Irene Manzi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Cultura della Camera, in una nota. Manzi sottolinea che "questo provvedimento si limita, di fatto, a contenere i danni causati dai tagli degli ultimi tre anni operati dal governo Meloni, senza offrire alcuna visione complessiva o strategia efficace per il sistema culturale italiano. Arriva, inoltre, dopo l'approvazione della terza manovra di bilancio consecutiva che – prosegue Manzi – ha colpito duramente i settori culturali con tagli feroci. E lo stesso atteggiamento sembra ripetersi ora con l'esame del Decreto Cultura, con un Piano Olivetti dal titolo giustamente ambizioso ma senza alcun fondo a disposizione e a costo zero" conclude Manzi.
“Il giudizio del Partito Democratico in merito al ddl costituzionale sulla separazione delle carriere è pessimo. Ci siamo opposti e continueremo ad opporci a un provvedimento che è sbagliatissimo. La maggioranza ha assunto un atteggiamento punitivo nei confronti della magistratura. Non è un sospetto: sono le parole degli esponenti di governo a dirlo. Basti ricordare le parole di Matteo Salvini che dopo le sentenze dei giudici sul caso Albania, disse che occorreva mettere mano alla Costituzione e fare la separazione delle carriere. La verità è che è sgradita l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Tuttavia, non esiste una democrazia al mondo che non riconosca il principio e il valore dell'autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Così il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia.
“Questa destra – ha aggiunto l’esponente dem - è ossessionata dal furore ideologico. Continua a riproporre battaglie vecchie di 30 anni, mentre tutto il mondo è cambiato. Poiché è assolutamente incapace di guardare al futuro, si rifugia nella bandiera ideologica, in presenza di un comparto della Giustizia che è fragilissimo e che avrebbe bisogno, non di ideologia ma di fatti e azioni concrete. La destra ha appena approvato la manovra di Bilancio che taglia 500 milioni di euro per la giustizia dal 2025 al 2027. Il processo telematico è in tilt, i giudici di pace rinviano le udienze al 2023, il carcere e’ al collasso e di fronte a tutti i problemi della Giustizia il governo si volta dall'altra parte”.
“Questo provvedimento – ha concluso Gianassi - è pericoloso perché cancella il quadro che, sulla Giustizia, avevano saputo fare con grande saggezza i costituenti, ricostruendo l'Italia democratica. Questa riforma cambia norme, che garantivano equilibrio, e introduce una traiettoria molto pericolosa che oggi inizia e che domani può concludersi con la sottomissione del Pubblico Ministero all'esecutivo. Scenari davvero gravi che dobbiamo contrastare. Continueremo la nostra battaglia anche fuori dall'Aula di Montecitorio”.
“Tanti italiani si sono trovati la brutta sorpresa dell'aumento dei prezzi dei carburanti che hanno raggiunto il massimo dallo scorso agosto. Il vostro è il governo che in campagna elettorale prometteva l'abolizione progressiva delle accise sui carburanti ma che già dalla prima manovra di bilancio, eliminando la sterilizzazione delle accise fatte dal governo Draghi, aveva portato ad un primo rincaro nel 2023. Il vostro è il governo della crociata contro i gestori con l'introduzione dell'inutile e inefficiente cartello del prezzo medio regionale ai distributori e il governo che ha promesso e non mantenuto la riforma del sistema di distribuzione dei carburanti.”. Lo dice il capogruppo democratico in commissione attività produttive, Vinicio Peluffo in replica al ministro Urso durante il Question time alla Camera sul caro prezzo dei carburanti.
“Il risultato in materia di carburanti dell'attività del ministro Urso è pari a zero, anzi, il risultato è l'aumento dei prezzi”, continua il deputato del Pd. ”E tutto a carico di famiglie e imprese che dal 1 gennaio si trovano aumenti dei pedaggi autostradali pari al 1,8%, del costo delle bollette dell'energia pari al 18,2%, delle assicurazioni RCA auto del 6% e della pressione fiscale arrivata al 40,5%. C'è poco da rallegrarsi, questi sono gli effetti provocati dal vostro governo sul potere d'acquisto delle famiglie italiane”, conclude Peluffo.
"La scelta di procedere speditamente sulla separazione delle carriere blindando il testo costituzionale senza consentire interventi in sede parlamentare è un grave errore. Risponde ad una logica punitiva nei confronti della magistratura e a un atteggiamento ideologico sui temi della giustizia che guarda al passato e non sa disegnare il futuro di cui la giustizia italiana ha bisogno. Tutto questo avviene mentre nella manovra di bilancio il comparto giustizia da qui al 2027 subisce ingenti tagli, le udienze del giudice di pace vengono fissate al 2030, il processo telematico e’ in tilt e le carceri sono al collasso. Saremmo ancora in tempo per prendere una strada diversa. La maggioranza si fermi e ascolti le tante voci di contrarietà che si levano delle opposizioni e nel Paese". Lo dichiara Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio.
“ I dati non mentono mai a differenza di chi costruisce posizioni negazioniste sui mutamenti climatici. E i dati che ci fornisce l'osservatorio Città Clima di Legambiente ci indicano che gli eventi catastrofici nel nostro Paese sono aumentati vertiginosamente negli ultimi dieci anni colpendo in maniera disastrosa molte regioni del nostro Paese ed ormai in maniera ripetuta e non certo occasionale. L'Emilia Romagna è la Regione più colpita dove peraltro il governo annuncia, sistematicamente, pieni ristori per famiglie ed imprese che tardano ad arrivare per consentire la ricostruzione e la ripresa economica. Dal governo Meloni solo promesse e passerelle con gli stivali ben indossati ma poi l'unica preoccupazione è nominare un nuovo commissario anziché affidare al presidente De Pascale, come dovrebbe essere, la responsabilità della ricostruzione. I mutamenti i climatici sono responsabili anche della siccità, ma la carenza di acqua, soprattutto in Sicilia e nelle regioni del Sud, è frutto dell'inadeguatezza delle politiche governative che continuano ad offrire, quando arrivano, rifornimento in emergenza anziché predisporre un piano idrico che intervenga strutturalmente sulle criticità. A pagare il prezzo maggiore dei mutamenti climatici è l'agricoltura alla quale si chiede protagonismo nella fase della transizione ecologica ma poi le aziende vengono lasciate sole ad affrontare i veri problemi e le strategie di prospettiva. Occorrerebbe cambiare passo ma servirebbe una discussione più approfondita in Parlamento luogo ridotto a passacarte delle decisioni di Palazzo Chigi, come dimostrato dalla manovra finanziaria. Ci auguriamo che il nuovo anno porti consiglio alla maggioranza in Parlamento e la smetta di rispondere ‘Signor Si’!’ ad ogni dictat del governo che ha impedito alle commissioni in particolare la XII esima di discutere e lavorare sui provvedimenti di iniziativa parlamentare per costruire risposte più efficaci e concrete ai problemi del Paese”.
Così Stefano Vaccari, capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera.
“Con l’approvazione della Legge di Bilancio sono state confermate dal Governo Meloni tutte le misure punitive contro i nostri connazionali residenti all’estero riducendo le loro pensioni, eliminando l’indennità di disoccupazione per chi rientra ed infine aumentando le spese procedurali per chi vuole legittimamente richiedere la cittadinanza italiana. Il provvedimento che lascia sgomenti è quello dello stop per il 2025 all’adeguamento degli importi pensionistici agli aumenti del costo della vita delle pensioni superiori al minimo erogate dall’Inps ai residenti all’estero per risparmiare circa 8 milioni di euro annui sulle già misere pensioni di decine di migliaia di cittadini italiani residenti all’estero ed è un accanimento vergognoso. Altra misura penalizzante è l’eliminazione dell’indennità di disoccupazione fino ad ora prevista per gli emigrati che rimpatriano. Il Governo ha quindi cancellato l’unica misura di sostegno economico prevista dalla legislazione italiana a favore degli emigrati che rimpatriano e si trovano in una situazione di disagio economico e di difficoltà occupazionale. Ulteriori misure penalizzanti per i discendenti dei nostri connazionali sono quelle che recano disposizioni in materia di riscossione di contributi per il riconoscimento della cittadinanza e per certificati o estratti di stato civile. Viene ad esempio incrementato il diritto da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana di persona maggiorenne.A questo governo importa solo vessare gli italiani all’estero non calcolando il patrimonio che rappresentano per l’Italia. Noi continueremo a batterci per modificare queste misure ingiuste. Rappresentiamo l’Italia nel mondo, siamo cittadini di serie A. e dovranno come tale trattarci”.
Così Nicola Carè, deputato democratico eletto nella circoscrizione Asia, Africa, Oceania, Antartide.
“La Meloni mangerà il panettone, tantissimi lavoratori probabilmente No. Nonostante siano decine i tavoli di crisi aperti al Mimit, dalle parti di Palazzo Chigi fanno finta di niente. In legge di bilancio abbiamo presentato un emendamento per introdurre un ammortizzatore sociale specifico per i lavoratori delle imprese che sono maggiormente esposte a processi di transizione. La risposta è stata una sonora bocciatura. Dopo 21 mesi consecutivi di calo della produzione, con il 19 per cento in più di cassa integrazione rispetto allo scorso anno, con 118.000 posti di lavoro a rischio tra elettrodomestico, automotive, moda, chimica di base hanno preferito distribuire mance e mancette alle clientele di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Mai vista un tale livello di insipienza davanti alla più grave crisi della manifattura da trent’anni a questa parte”.
"Da Meloni solo chiacchiere e distintivo. Nel pubblico impiego programmano la riduzione degli stipendi attraverso il nuovo contratto, aumentano di 7 euro lo stipendio degli infermieri e per i pensionati al minimo poco più di un caffè. Nel frattempo negano il salario minimo e tentano alla chetichella di raddoppiare indennità ai ministri non parlamentari. E’ a tutti gli effetti una manovra pensata e costruita contro il lavoro”. Così il deputato dem Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro.
“Torna l'austerità per tutti, le mancette elettorali, il ponte sullo Stretto, i tagli al Mezzogiorno e alla sanità, mentre la crescita si avvia verso lo zero virgola”. Così, sui social, il Gruppo parlamentare del Partito Democratico evidenzia le principali criticità della manovra approvata ieri sera dalla Camera, che la capogruppo a Montecitorio, Chiara Braga, ha definito “ingiusta, inefficace e iniqua”. I democratici stigmatizzano i tagli indiscriminati a regioni ed enti locali (-12 miliardi di euro) e la sforbiciata lineare a tutti i ministeri, il cui conto – sottolineano – come sempre, sarà pagato dai più poveri: lavoratori dipendenti e pensionati, a cui non solo verranno aumentate le tasse, ma saranno ridotti i servizi pubblici essenziali, come sanità, welfare, scuola e trasporto pubblico locale. I democratici evidenziano anche il diritto alla sanità negato, mentre oltre 4 milioni di italiani rinunciano a curarsi. Il governo fa crollare gli investimenti nella sanità al minimo storico, bocciando l’emendamento presentato dal PD, che chiedeva 5,5 miliardi in più all'anno per il Servizio Sanitario Nazionale.
Colpite anche le pensioni minime e gli italiani all’estero. Le pensioni minime, che dovevano arrivare a 1.000 euro al mese, crescono solo di 3 euro lordi al mese. Previsti tagli anche per le pensioni degli italiani all’estero. Ignorate le infrastrutture del Mezzogiorno e le aree interne abbandonate. Le infrastrutture del Sud restano ferme, mentre il governo destina 15 miliardi per il ponte sullo Stretto, sottraendo risorse cruciali a tutto il Mezzogiorno, alle infrastrutture e alle strade locali già programmate dalle amministrazioni. Nuove tasse per i cittadini: aumenta il carico fiscale. Dal 1° gennaio, 17 milioni di italiani che possiedono un’auto diesel scopriranno che il carburante costerà di più, a causa dell’aumento delle accise, così come il canone Rai. Il governo aumenta il carico fiscale senza prevedere un reale intervento a favore delle famiglie, riducendo nel contempo le detrazioni fiscali. Tagli alla scuola, all’università e alla cultura. Il diritto all’istruzione è messo in crisi con centinaia di milioni di euro di tagli a un sistema educativo che avrebbe bisogno di risorse e misure per rafforzare l’insegnamento di sostegno, potenziare il tempo pieno e le mense scolastiche e garantire la gratuità di libri e trasporti scolastici per tutti. Colpite anche l’università e la ricerca: nessun intervento strutturale e ulteriori tagli a tutti i settori culturali.
No al salario minimo. È stata bocciata la proposta del PD di introdurre il salario minimo, ribadendo che sotto i 9 euro l’ora non è lavoro, ma sfruttamento. “Continueremo la nostra battaglia”, affermano i democratici, che hanno appena depositato oltre 120mila firme per mettere la legge d’iniziativa popolare in cima all’agenda politica.
Assenza di politiche industriali per la transizione ecologica. Mancano completamente all’appello politiche industriali adeguate, come conferma il drastico taglio al fondo per l’automotive e l’assenza di misure per supportare la transizione ecologica e affrontare l’emergenza climatica. Privatizzazione delle infrastrutture pubbliche. Restano forti dubbi e incertezze sulla privatizzazione di Anas e Ferrovie, un altro passo verso la cessione di asset strategici dello Stato. Colpito il terzo settore. Il governo estende la spending review colpendo le donazioni alle realtà del terzo settore, che quotidianamente offrono supporto alle comunità locali. Ritorno della legge "mancia". Torna la legge mancia, con 113 milioni di euro distribuiti in micro-interventi settoriali che appaiono più come “micro-mance” clientelari che come misure utili al Paese.
"La legge di Bilancio del governo Meloni si basa su due pilastri: una ingiustizia e una bugia.
Una grande ingiustizia perché in barba alla Costituzione il prezzo di questa manovra sgangherata sarà pagato dalle fasce più deboli e fragili della società: lavoratori, pensionati, redditi bassi. E una grande bugia perché proprio a quelli, ai più fragili, ai meno protetti, avevate promesso tagli alle tasse, aumento delle pensioni, incremento dei salari. Non c'è nulla, nemmeno una delle promesse elettorali annunciate dalla destra. E' diventata una legge mancia, un insieme di misure sbagliate, inefficaci e inique".
Lo ha scritto su Facebook Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
“Le risorse che il governo ha tagliato ai comuni e agli enti locali mettono i territori in ginocchio. Già nella scorsa manovra la destra aveva operato un taglio di 250 milioni per 5 anni. E anche in questa legge di bilancio le promesse del Ministro Giorgetti di non sottrarre più risorse ai comuni si sono rivelate vane, con un taglio importante e l’accantonamento di risorse che non possono essere spese dagli amministratori locali per la spesa corrente. Il Presidente dell'Anci Manfredi ha dichiarato che con questi tagli tra due o tre anni i nostri comuni non saranno più in grado di rispondere ai bisogni delle loro cittadine e dei loro cittadini. Spiace molto leggere il parere contrario del Governo a un Ordine del giorno che chiedeva di ripristinare le risorse tagliate, dopo che ha dato parere favorevole a una tutta una serie di mancette solo per i Comuni amici. Dal campo di calcetto fino all'associazione amica, dalla maggioranza arrivano solo scelte discrezionali senza nessuna visione, che hanno come unico obiettivo quello di raggranellare un po' di consenso elettorale.
È lo stesso modello che viene adottato in Lombardia, dove la Lega e la destra hanno trasformato la gestione delle risorse ai comuni in un sistema di distribuzione arbitraria che ha portato la Lombardia a non essere più la locomotiva d'Italia.
Usare in questo modo i soldi nella legge di bilancio è scandaloso, non per l’opposizione ma per le nostre comunità e i nostri territori”.
Così la deputata Pd Silvia Roggiani, sull’Ordine del giorno a sua firma che chiedeva al governo l’impegno a ripristinare le risorse tagliate ai Comuni e agli enti locali.
“Il 26 gennaio 2024 è stato firmato l’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale per i lavoratori delle cooperative sociosanitarie, assistenziali, educative e di inserimento lavorativo. Un passo importante che ha introdotto la quattordicesima mensilità e un aumento di circa 120 euro al mese. Tuttavia, i costi aggiuntivi derivanti dall'accordo rischiano di mettere in difficoltà molte cooperative. A partire dal prossimo gennaio, queste realtà, che lavorano con le pubbliche amministrazioni, potrebbero trovarsi in difficoltà economiche. Le cooperative non possono sostenere da sole gli aumenti previsti, e senza il supporto delle amministrazioni pubbliche rischiano di chiudere. È necessario che il Governo intervenga e dia risorse agli enti pubblici per garantire una transizione ordinata al nuovo contratto, evitando che queste realtà vadano incontro a fallimenti o a un’esplosione di vertenze. Le cooperative forniscono servizi essenziali, e abbandonarle significa mettere a rischio i diritti dei cittadini più fragili. Per questo è molto grave che la maggioranza e il governo abbiamo bocciato l’ordine del giorno del Pd” così il deputato democratico, promotore dell’iniziativa parlamentare, Marco Lacarra
“Ancora una volta, il governo Meloni dice no alla richiesta di sostegno per i lavoratori. È stato infatti bocciato un ordine del giorno che destinava risorse ai lavoratori facchini della difesa, presentato dal capogruppo PD in Commissione Difesa, deputato Stefano Graziano.
“Riteniamo del tutto incredibile che il governo abbia bocciato un serio sostegno per questi lavoratori che da molti anni, con abnegazione, svolgono attività di facchinaggio all’interno delle strutture, enti e basi militari della difesa”, ha dichiarato Graziano.
“Troviamo incomprensibile che ancora oggi questi lavoratori siano costretti a svolgere un lavoro precario all’interno di strutture militari, utilizzati quotidianamente per tutti i servizi di movimentazione delle merci, senza che ci sia un chiaro riconoscimento del loro ruolo”, ha proseguito.
“Porteremo avanti con tenacia questa battaglia nelle prossime settimane, chiedendo al Ministro della Difesa di porre fine a questo sistema di precarietà del lavoro, assumendo questi lavoratori nel proprio organico.”
Casu: governo ha assunto impegno a salvaguardare i posti di lavoro
“È stato approvato l'ordine del giorno presentato dai deputati Roberto Morassut, Andrea Casu e Silvia Roggiani e sottoscritto da tutto il gruppo PD, che impegna il governo ad adottare soluzioni per tutelare la sostenibilità finanziaria dell'ACI e garantire il rispetto della sua missione istituzionale. L'impegno riguarda la salvaguardia delle professionalità coinvolte e dei posti di lavoro, compresi tutti i dipendenti di ACI Informatica, attraverso il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e aziendali. L'emendamento nasce a seguito dell’adesione del gruppo parlamentare Pd alla protesta delle lavoratrici e dei lavoratori di ACI Informatica, che hanno contestato l’articolo 116 della manovra del Governo Meloni che con un prelievo di 50 milioni di euro annui a partire dal 2025 mette pesantemente a rischio servizi pubblici essenziali e l'innovazione tecnologica per i cittadini, oltre a compromettere il futuro delle 500 famiglie dei dipendenti di ACI Informatica. Per il gruppo Pd è intervenuto in aula il deputato democratico Andrea Casu, vicepresidente della Commissione Trasporti alla Camera, che dichiara: “Abbiamo mantenuto l’impegno che avevamo preso con le lavoratrici e i lavoratori. Adesso vigileremo perché il governo rispetti quanto votato dal parlamento e garantisca tutti i dipendenti, comprese le donne e gli uomini che lavorano per Aci Informatica, che svolgono, a tutti gli effetti, un servizio pubblico essenziale per cittadini e imprese”.