Serracchiani, Bazoli, Gianassi e Verini: riforma animata da furore ideologico e intenti punitivi
“Oggi i magistrati italiani scioperano contro la riforma del Governo Meloni sulla separazione delle carriere. Lo fanno organizzando iniziative aperte alla partecipazione dei cittadini ed esponendo la Costituzione. Il Partito democratico ha espresso la propria contrarietà alla riforma denunciando l’obiettivo che la stessa ha di indebolire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Continueremo la battaglia in sede parlamentare e nel paese contro una riforma animata da furore ideologico e intento punitivo. Gli attacchi violenti ed aggressivi contro singoli magistrati ci preoccupano enormemente e ci persuadono ancora di più a contrastare questa deriva pericolosa e a batterci per far funzionare davvero la giustizia: più organici di magistrati e cancellieri, stabilizzazione ufficio del processo, risposte serie ai magistrati onorari, investimenti per tecnologie e uffici giudiziari, durata ragionevole dei processi” così una nota di Debora Serracchiani, responsabile giustizia Pd, Alfredo Bazoli, capogruppo commissione giustizia Senato, Federico Gianassi, capogruppo Pd commissione giustizia Camera e Walter Verini, capogruppo Pd commissione antimafia.
Durante il suo intervento alla Camera nel corso delle dichiarazioni di voto finali al decreto PNRR, il deputato democratico Silvio Lai ha colto l’occasione per esprimere, a nome del Partito Democratico, i migliori auguri di pronta guarigione a Papa Francesco.
“Un'emergenza sarebbe il dramma che si consuma nelle carceri e che non riguarda solo i detenuti, quelli che godete a non far respirare. Autorevolmente ne hanno segnalato l'urgenza innanzitutto il Papa - e voglio cogliere l'occasione per augurare al Santo Padre una pronta guarigione -, ma anche il Presidente della Repubblica e i sindacati della Polizia penitenziaria.”, ha dichiarato l’esponente dem.
“E di fronte allo sdegno – ha concluso Lai - alle preoccupazioni e agli allarmi, vi siete girati dall'altra parte: meglio occuparsi della separazione delle carriere, che non porta alcun beneficio per la collettività, ma che nasce dalla vostra volontà di indebolire l'ordine giudiziario, ancora oggi in grado di porre in attuazione della Costituzione un serio limite all'esercizio del potere esecutivo. E con la stessa volontà, portate avanti il tentativo di mettere il bavaglio all'informazione o alla libertà di manifestare le vostre opinioni”.
“Nonostante tutti i problemi che ci sono nel Paese, evidentemente la priorità del governo e della Presidente Meloni è quella di portare avanti questo assurdo braccio di ferro contro la magistratura. Dopo la riforma sbagliata della separazione delle carriere, ecco ripartire l’operazione Albania, che è oggettivamente un’operazione già fallita, un enorme spreco di risorse pubbliche per costringere alcuni migranti a fare avanti e indietro per il Mediterraneo. La Presidente Meloni deve smettere di inseguire le politiche di Trump e cercare in Europa una soluzione comune per affrontare seriamente insieme il grande tema delle migrazioni”. Lo ha detto il deputato del Pd, Andrea Casu intervistato a Montecitorio.
“Giorgia Meloni sbaglia direzione. Invece di guardare sempre a quello che fa Trump dovrebbe cominciare a occuparsi del destino dell’Italia e dell’Europa. Giusto che il governo italiano decida, ma deve farlo sempre nel rispetto della Costituzione e delle leggi. Non si può pensare ad un potere senza alcun controllo”, ha aggiunto Andrea Casu.
“La riforma della giustizia con la separazione delle carriere è un atto emulativo fondata su un presupposto falso. Con la riforma Castelli e ancor di più con la riforma Cartabia, il numero di magistrati che passano da una carriera all’altra è risibile, intorno all’1 per cento. È invece chiaro l’intento punitivo nei confronti di una categoria che la destra ha sempre osteggiato. La discussione parlamentare è stata una farsa, con l’opposizione che ha tentato inutilmente di spiegare le ragioni della contrarietà, e la maggioranza che ha assistito in silenzio ai lavori. È grave che la destra non abbia trovato il coraggio di dire apertamente che questa riforma è solo l’anticamera della sottomissione della magistratura requirente all’esecutivo. In tutti i Paesi in cui esiste la divisione delle carriere, i Pm sono soggetti al potere esecutivo. Tutti tranne il Portogallo. Quindi o la gloriosa tradizione giuridica italiana ha deciso di uniformarsi a quella portoghese, oppure siamo di fronte a un colpo di mano preoccupante sotto il profilo costituzionale. È incredibile che, pur di inseguire i feticci politici di Bossi sull'Autonomia e Berlusconi sulla Giustizia, la destra stia sottoponendo il sistema democratico e costituzionale ad uno stress senza precedenti, creando divisioni e contrasti.”
Così Claudio Stefanazzi, deputato leccese del Partito Democratico, a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 celebrata presso la Corte d’Appello di Lecce.
“Dal ministro Nordio abbiamo sentito toni trionfalistici e autoindulgenti. Si tratta di opinioni molto distanti dalla realtà. Udienze del giudice di pace rinviate al 2030, processo telematico in tilt, carceri che esplodono per il sovraffollamento, migliaia di precari al ministero della Giustizia che non sappiamo se nei prossimi mesi saranno ancora ai loro posti: questo è lo stato della giustizia italiana che è al collasso, ma che tutti vedono tranne il ministro e il governo; i quali continuano a muoversi con furore ideologico e intendimenti punitivi nei confronti della magistratura, così come avviene con la separazione delle carriere. Quelli che Nordio ha definito obiettivi raggiunti sono clamorosi errori e fallimenti. Come il richiamo al commissario straordinario per l’edilizia carceraria, luoghi dove registriamo il record dei suicidi. O come l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, che cancella per la prima volta dal codice penale il reato del pubblico funzionario che violando deliberatamente la legge discrimina un cittadino”.
Così il capogruppo Pd in commissione Giustizia, Federico Gianassi, intervenendo in Aula dopo le comunicazioni alla Camera del ministro Carlo Nordio.
“Anche i pretesi successi sul Pnrr - ha aggiunto - meriterebbero ben altro atteggiamento. I dati, infatti, iniziano purtroppo a registrare controtendenze, come la riduzione dei procedimenti definiti nel settore civile e la riduzione del tasso di smaltimento. Questo mette a rischio il raggiungimento dei risultati stessi del Pnrr. La giustizia avrebbe bisogno non di ideologia, non di occhi rivolti al passato, ma di investimenti. Eppure anche su questo aspetto il governo taglia 500 milioni di euro di risorse dal 2025 al 2027. La strada imboccata è del tutto sbagliata. Occorrerebbe una svolta - ha concluso - ma nelle parole di Nordio non la vediamo”.
PD, M5S, AVS e IV hanno respinto la riformulazione proposta dal governo all’ordine del giorno sulla separazione delle carriere, che chiedeva di garantire la parità di genere nel sistema elettivo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
“Riteniamo inaccettabile – sottolineano PD, M5S, AVS, IV – che la maggioranza non riconosca la centralità di questo tema e sminuisca questo obiettivo, affermando che potrà essere raggiunto attraverso una semplice legge ordinaria. Garantire un’equilibrata rappresentanza di donne e uomini nei luoghi decisionali non è solo una questione di giustizia e democrazia, ma rappresenta un passo indispensabile per superare le disuguaglianze che ancora persistono nella nostra società e nelle istituzioni. Per questo motivo, ribadiamo che il principio della parità di genere nel CSM debba essere riconosciuto come un principio di rango costituzionale. Questa non è una battaglia ideologica, ma una necessità per fare della parità di rappresentanza una pietra angolare del nostro ordinamento, a tutela di una giustizia equa e rappresentativa. Il governo e la maggioranza hanno perso oggi una grande occasione. Auspichiamo che, durante l’esame al Senato, ci sia un cambio di approccio, abbandonando soluzioni temporanee o di compromesso e sancendo finalmente la parità di genere come un diritto fondamentale di rango costituzionale”.
“Il giudizio del Partito Democratico in merito al ddl costituzionale sulla separazione delle carriere è pessimo. Ci siamo opposti e continueremo ad opporci a un provvedimento che è sbagliatissimo. La maggioranza ha assunto un atteggiamento punitivo nei confronti della magistratura. Non è un sospetto: sono le parole degli esponenti di governo a dirlo. Basti ricordare le parole di Matteo Salvini che dopo le sentenze dei giudici sul caso Albania, disse che occorreva mettere mano alla Costituzione e fare la separazione delle carriere. La verità è che è sgradita l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Tuttavia, non esiste una democrazia al mondo che non riconosca il principio e il valore dell'autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Così il deputato dem Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia.
“Questa destra – ha aggiunto l’esponente dem - è ossessionata dal furore ideologico. Continua a riproporre battaglie vecchie di 30 anni, mentre tutto il mondo è cambiato. Poiché è assolutamente incapace di guardare al futuro, si rifugia nella bandiera ideologica, in presenza di un comparto della Giustizia che è fragilissimo e che avrebbe bisogno, non di ideologia ma di fatti e azioni concrete. La destra ha appena approvato la manovra di Bilancio che taglia 500 milioni di euro per la giustizia dal 2025 al 2027. Il processo telematico è in tilt, i giudici di pace rinviano le udienze al 2023, il carcere e’ al collasso e di fronte a tutti i problemi della Giustizia il governo si volta dall'altra parte”.
“Questo provvedimento – ha concluso Gianassi - è pericoloso perché cancella il quadro che, sulla Giustizia, avevano saputo fare con grande saggezza i costituenti, ricostruendo l'Italia democratica. Questa riforma cambia norme, che garantivano equilibrio, e introduce una traiettoria molto pericolosa che oggi inizia e che domani può concludersi con la sottomissione del Pubblico Ministero all'esecutivo. Scenari davvero gravi che dobbiamo contrastare. Continueremo la nostra battaglia anche fuori dall'Aula di Montecitorio”.
Non un emendamento, non un intervento su un provvedimento che mette mano alla Costituzione è stato possibile alle opposizioni, ma neppure alla maggioranza: il ddl di riforma costituzionale oggi approvato in prima lettura, è stato votato a colpi di maggioranza senza un vero confronto su un tema delicatissimo come la giustizia. Non si è affrontato nessun vero problema che interessa i cittadini come la durata dei processi o le risorse per il funzionamento. Però con la separazione delle carriere dei magistrati si attacca la loro autonomia e la loro indipendenza, si apre la strada all’assoggettamento del pubblico ministero al potere esecutivo, si persegue un modello che oggi è superato e messo in discussione in molti Paesi. Un altro provvedimento mosso da ideologia e da intento punitivo verso la magistratura. È così che si avvicina l’Italia ai peggiori modelli illiberali amici della Meloni”.
Così in una nota Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Ma c’era proprio bisogno di questa riforma? Già la Corte Costituzionale aveva chiarito che per prevedere due concorsi differenti, la modalità per non transitare da un ruolo all’altro, era sufficiente una legge ordinaria, purché rimanesse un unico ordine e un unico CSM. Allora perché fare una legge di riforma costituzionale? A noi sembra chiaro l’intento punitivo di questa riforma, come chiaro ci appare il furore ideologico che l’accompagna. Al di là dell’affermazione di principio sulla unitarietà dell’ordine giudiziario, non ci si limita a separare le carriere, ma si fanno due distinte magistrature governate da due distinti CSM. Si prende quindi un potere unico per farne due mezzi poteri, indebolendo in questo modo l’ordine giudiziario ed intaccandone autonomia ed indipendenza. E questo è un fatto.
Si dice che la riforma serva per limitare lo strapotere del Pm nel processo. Ebbene, cosi come scritta determinerà esattamente il contrario. Indebolimento dell’ordine giudiziario e rafforzamento del pm che, già dotato di un proprio apparato di polizia giudiziaria, avrà anche di un proprio CSM con cui si autogovernerà. Non era meglio occuparsi del sovraffollamento delle carceri, o del processo telematico penale che non funziona, o del piano strategico delle assunzioni per il sistema giustizia ormai al collasso per evitare che le udienze vangano fissate al 2030? O delle richieste di maggiori investimenti che i giudici chiedono per fare le indagini sempre più complesse e combattere la criminalità organizzata? Questi sono i problemi che interessano i cittadini e gli operatori del diritto. Ma a voi non interessa costruire un servizio pubblico di giustizia per i cittadini. Del resto, cosi come state smantellando il servito pubblico sanitario, così smantellate il servizio della giustizia penale.
Così la deputata democratica e responsabile nazionale Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, intervenendo in Aula durante la dichiarazione di voto.
"La separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, così come proposta dal governo, rappresenta un grave pericolo per l'indipendenza del pubblico ministero. Questa riforma traccia un percorso che finirà per sottoporre il Pm al controllo dell'esecutivo, con conseguenze drammatiche per il nostro sistema democratico", ha dichiarato il capogruppo del Partito Democratico in commissione Giustizia alla Camera, Federico Gianassi.
"Se il pubblico ministero viene svincolato dalla cultura della giurisdizione e trasformato in un semplice accusatore seriale, come prevede questa riforma, si aprirà inevitabilmente una discussione politica sulla necessità di ricondurlo sotto il potere politico. Questo modello adottato in altri Paesi è oggetto di severa critica", sottolinea l’esponente PD. “Questa traiettoria – aggiunge Gianassi - rappresenta una regressione, che va contro principi di autonomia e indipendenza della magistratura sanciti dalla Costituzione italiana. Invece di rafforzare gli strumenti di garanzia e autonomia, il governo sta portando avanti una visione ideologica superata, che smantella modelli presi a riferimento a livello internazionale proprio per la loro capacità di garantire equilibrio e imparzialità".
“Durante l'esame della proposta di riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, la destra è rimasta in silenzio per giorni interi. Non una parola sugli emendamenti proposti dal PD e dalle opposizioni. Nessuna risposta alle critiche e alle preoccupazioni rispetto ad un provvedimento puramente ideologico e pericoloso, con un intento punitivo nei confronti della magistratura, che non migliora il funzionamento della macchina della giustizia, non assicura maggiori garanzie ai cittadini, non velocizza i tempi dei procedimenti. Le uniche parole giunte dai banchi della maggioranza? Offese e insulti alle opposizioni. E ciò è intollerabile e offensivo per il Parlamento ed il Paese. È vergognoso” scrive sui social Piero De Luca, capogruppo Pd in commissione politiche europee.
Gianassi: riforma punitiva e ideologica mentre giustizia collassa
"È gravissimo quanto sta avvenendo oggi in aula: la maggioranza e il Governo scelgono ancora una volta il silenzio su una riforma costituzionale che stravolge i principi fondamentali della nostra Costituzione. Siamo di fronte a una deriva autoritaria che segna un pericoloso precedente per il nostro sistema democratico," denuncia il capogruppo democratico nella commissione giustizia della Camera, Federico Gianassi.
L’esponente del Pd sottolinea come “l’approvazione della riforma sulla separazione delle carriere senza alcuna modifica rispetto al testo proposto dal Governo rappresenti un fatto senza precedenti nella storia parlamentare italiana. Mai prima d’ora – aggiunge - una riforma costituzionale era stata approvata dal Parlamento senza alcuna condivisione con le opposizioni né modifica. È il segno di un Parlamento ridotto a semplice passacarte delle decisioni di Palazzo Chigi," prosegue Gianassi.
“A preoccupare ancora di più è l’evidente bavaglio imposto ai parlamentari della maggioranza: "I patti interni ai tre partiti di Governo hanno silenziato ogni forma di dissenso, ma anche interventi a difesa del provvedimento, il che come dire nasconde o imbarazzo o debolezza o sudditanza. Il Partito Democratico – denuncia Gianassi – reputa questo pericoloso precedente e ribadisce la propria opposizione a una riforma dettata da intento punitivo verso la magistratura, mosso da pulsioni ideologiche, allergia ai principi costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura. E tutto questo avviene mentre la giustizia italiana è al collasso e dinanzi a questo disastro il governo si gira dall’altra parte. Noi non ci fermeremo e continueremo a opporci con forza a questo provvedimento”, conclude Gianassi.
"Che razza di Ministro è lei, signor Nordio, che non ha neanche il coraggio di difendere le ragioni della propria riforma in Parlamento?" Con queste parole Federico Gianassi, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione Giustizia della Camera, ha attaccato frontalmente il Ministro della Giustizia Carlo Nordio durante l’esame della riforma sulla separazione delle carriere.
Il deputato dem ha denunciato il comportamento imbarazzante del Ministro e della maggioranza, che durante tutta la seduta non hanno proferito parola: "La maggioranza ha messo il bavaglio ai propri parlamentari e, fatto ancora più grave, agli stessi esponenti del Governo. Nordio è rimasto in silenzio in aula, nonostante le ripetute sollecitazioni a spiegare e difendere un provvedimento che cambia radicalmente i principi fondanti della nostra Costituzione."
Gianassi ha sottolineato la gravità di questo precedente: "Siamo di fronte a un comportamento mai visto, che rappresenta un grave attacco al ruolo del Parlamento e al principio del confronto democratico. Questo atteggiamento è inaccettabile in una democrazia parlamentare”.
"La scelta di procedere speditamente sulla separazione delle carriere blindando il testo costituzionale senza consentire interventi in sede parlamentare è un grave errore. Risponde ad una logica punitiva nei confronti della magistratura e a un atteggiamento ideologico sui temi della giustizia che guarda al passato e non sa disegnare il futuro di cui la giustizia italiana ha bisogno. Tutto questo avviene mentre nella manovra di bilancio il comparto giustizia da qui al 2027 subisce ingenti tagli, le udienze del giudice di pace vengono fissate al 2030, il processo telematico e’ in tilt e le carceri sono al collasso. Saremmo ancora in tempo per prendere una strada diversa. La maggioranza si fermi e ascolti le tante voci di contrarietà che si levano delle opposizioni e nel Paese". Lo dichiara Federico Gianassi, capogruppo Pd in commissione Giustizia di Montecitorio.
“La riforma costituzionale sulla separazione delle carriere del governo, riduce l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, spingendo il pubblico ministero al controllo dell'esecutivo”. Così la capogruppo democratica nella commissione affari costituzionali della camera, Simona Bonafè che sottolinea come con la riforma “non vengono toccate le vere emergenze e priorità del sistema giudiziario italiano a partire dalla velocizzazione dei processi, ma si creano le condizioni per mettere la giustizia al servizio della politica cancellando anni di cultura giuridica italiana e facendo carta straccia del principio della separazione dei poteri alla base delle costituzioni liberali. Noi siamo disponibili a lavorare insieme per riforme che assicurino davvero funzionalità e garanzie nel processo ma siamo di fronte ad un approccio ideologico che nulla a che fare con la garanzia di un giustizia giusta per cittadini e imprese”.