La Camera,
premesso che:
il 24 e 25 giugno 2025 si è tenuto, in un contesto internazionale sempre più grave e instabile, il vertice Nato, nel quale gli Alleati, su spinta dell'iniziativa del Presidente statunitense Donald Trump, hanno deciso di elevare al 5 per cento del prodotto interno lordo l'obiettivo di spesa per la difesa entro il 2035, suddiviso in due componenti: il 3,5 per cento destinato alla spesa militare tradizionale l'1,5 per cento indirizzato a settori quali sicurezza, cybersicurezza, resilienza civile e rafforzamento industriale;
pur non conoscendo ancora i dettagli del piano, né le motivazioni che hanno portato alla definizione del target, molte stime prevedono che l'Italia dovrebbe arrivare nel 2035 ad un livello di spesa annua in difesa di circa 70 miliardi di euro superiore rispetto a quello attuale;
l'attuazione di tale impegno, con ogni evidenza, rischia di compromettere gravemente la sostenibilità dello Stato sociale, incidendo in particolare su settori strategici quali la sanità pubblica, l'istruzione, il sistema previdenziale e le politiche industriali per le transizioni ecologica e digitale;
nel quadro delle decisioni assunte al vertice Nato dell'Aja, la Spagna ha ottenuto una deroga ritenuta compatibile con il proprio modello di sviluppo economico e sociale rispetto all'obiettivo generale del 5 per cento del prodotto interno lordo per la spesa in difesa, concordando un tetto più contenuto pari a circa il 2 per cento;
tra gli argomenti di contrarietà all'obiettivo del 5 per cento, va evidenziato che un incremento di spesa di queste proporzioni, in assenza di una robusta base industriale europea, finirebbe per tradursi in un massiccio acquisto di armamenti da Paesi extra-Unione europea, principalmente dagli Stati Uniti, con effetti distorsivi sul processo di costruzione di una vera autonomia strategica europea e sul rafforzamento dell'interoperabilità tra le forze armate degli Stati membri;
il nuovo scenario geopolitico internazionale, aggravato, oltre che dai conflitti in Ucraina e a Gaza, anche dalla crescente competizione globale tra potenze, ha reso evidente l'inadeguatezza di un'Unione europea priva di una politica estera e di difesa realmente comune e autonoma;
la nuova Amministrazione Trump – con le sue decisioni che minano le istituzioni del multilateralismo (a partire dalle sanzioni alla Corte penale internazionale), con le ostilità aperte nei confronti dell'Europa, con la dichiarazione che la sicurezza europea non è più una priorità strategica e le ambiguità sull'impegno nell'Alleanza atlantica – pone ai principi fondativi dell'Europa Unita sfide e minacce senza precedenti;
la persistente frammentazione delle politiche di difesa dei 27 Stati membri, caratterizzata da eserciti nazionali privi di coordinamento strategico e di interoperabilità operativa, comporta ingenti duplicazioni di spesa un basso livello di efficacia deterrente sul piano internazionale;
l'unica via sostenibile per rafforzare la sicurezza collettiva europea è rappresentata da un salto di qualità verso l'integrazione, attraverso la costruzione di una politica estera e di difesa comune, che superi le logiche nazionali e punti alla realizzazione di una vera autonomia strategica europea, anche tramite la progressiva convergenza verso un comando operativo e industriale condiviso;
le proposte avanzate dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in materia di «riarmo europeo» non rispondono a questa esigenza di integrazione strategica, ma rischiano di incentivare una somma di politiche militari nazionali scollegate, favorendo una corsa agli armamenti, peraltro fortemente asimmetrica, che non produce maggiore sicurezza né coerenza politica all'interno dell'unione;
l'Unione europea ha l'urgenza di mettere in campo una risposta all'altezza di questo tornante della storia, con una svolta nel segno dell'integrazione e della solidarietà tra i Paesi membri, affermando a pieno la sua autonomia strategica, difendendo e promuovendo i pilastri della sua fondazione, la democrazia, lo Stato di diritto, il sostegno all'ordine internazionale basato su regole e alle istituzioni multilaterali, contro una pratica e una narrativa – apertamente in contrasto con l'articolo 11 della nostra Carta costituzionale – che legittima l'uso della forza per risolvere le controversie internazionali;
il Partito Democratico ha più volte ribadito che ai fini della realizzazione di una piena autonomia strategica europea, è cruciale la definizione di una vera politica estera comune a servizio dell'ideale fondativo di un'Europa progetto di pace: strumentale ma essenziale a questo obiettivo è la creazione di una «vera unione di difesa», superando la mancanza di volontà politica degli Stati membri – attraverso cooperazioni rafforzate o altre forme di accelerazione nell'integrazione tra Paesi che condividono questo obiettivo (inclusi partner strategici europei fuori dall'Unione, come Regno Unito, Norvegia e Islanda) – che tenda all'orizzonte federalista di un vero e proprio esercito comune;
dall'Unione europea serve pertanto la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. Una difesa comune, per cui serve un cambiamento radicale del modo in cui agiamo e investiamo nella nostra sicurezza e difesa, per fare in modo che d'ora in poi pianifichiamo, innoviamo, sviluppiamo, acquistiamo, manteniamo e dispieghiamo le capacità insieme, in modo coordinato e integrato, per conseguire una difesa comune europea;
gli investimenti in sicurezza devono accompagnarsi e non sostituirsi a quelli necessari a realizzare l'autonomia strategica in altri settori prioritari, a partire da quelli per la coesione e la protezione sociale, garantiti dai fondi strutturali e di investimento dell'Unione europea su cui l'attuale Governo ha accumulato un drammatico ritardo nell'attuazione, che penalizza la necessaria convergenza delle regioni meno sviluppate, a partire dal nostro Mezzogiorno;
ogni ipotesi di utilizzo di risorse provenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza o dai fondi strutturali e di coesione per finalità legate alla spesa militare, anche in forma indiretta, risulta contraria alla natura e agli obiettivi originari di tali strumenti, che sono finalizzati alla trasformazione economica, alla transizione ecologica e digitale, al rafforzamento dei servizi pubblici e alla coesione territoriale e sociale;
il Partito Democratico, come diffusamente proposto nella mozione 1-00425, chiede che l'Italia assuma un ruolo guida nel processo di costruzione di una difesa comune europea, partecipando attivamente a iniziative concrete di integrazione militare, industriale e strategica, nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, che ripudia la guerra come strumento di offesa e promuove la risoluzione pacifica delle controversie internazionali;
nel 2025 ricorre l'80° anniversario dello sviluppo, della prima esplosione e dell'uso in guerra delle armi atomiche (poi nucleari) e, in particolare, dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto, che hanno ucciso circa 140.000 persone in 24 ore e 210.000 entro la fine del 1945;
va sottolineato con preoccupazione come i rischi nucleari globali siano attualmente stimati al livello più alto dall'apice della Guerra fredda;
nel corso del 2024 è stata spesa – da parte degli Stati dotati di tali ordigni – la somma record di oltre 100 miliardi di dollari per gli arsenali nucleari, con un aumento dell'11 per cento dal 2023 e del 48 per cento dal 2021, secondo le stime della International compaign to abolish nuclear weapons (Ican, premio Nobel per la Pace 2017);
qualsiasi utilizzo, anche limitato, di armi nucleari in un conflitto avrebbe conseguenze umanitarie catastrofiche;
esiste un evidente sostegno della popolazione italiana a percorsi di disarmo nucleare, come dimostrato dall'adesione finora di oltre 120 comuni e due regioni all'appello che invita il Governo ad aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) promosso da Ican e rilanciato dalla mobilitazione «Italia, ripensaci», promossa da Rete italiana pace disarmo e Senzatomica;
desta profonda preoccupazione l'escalation delle tensioni che coinvolge tutti gli Stati dotati di armi nucleari e i loro alleati;
il disarmo nucleare è un passo fondamentale e imprescindibile per garantire la pace globale e la sicurezza dell'Italia, dell'Europa, del mondo,
impegna il Governo:
1) a sostenere, nelle sedi opportune, la posizione di non adesione all'obiettivo del 5 per cento del prodotto interno lordo destinato alla spesa militare in ambito Nato e intraprendere un percorso analogo a quello della Spagna, promuovendo un dialogo all'interno dell'Alleanza che valorizzi il principio della condivisione equilibrata degli oneri, tenendo conto delle diverse capacità economiche e delle specificità di ciascun Paese membro e che favorisca un approccio multilaterale alla sicurezza, che includa, oltre alla dimensione militare, strumenti di diplomazia, cooperazione civile e prevenzione dei conflitti, in coerenza con gli interessi nazionali e con l'impegno dell'Italia per la pace e la stabilità internazionale;
2) a collocare l'Italia da protagonista nella costruzione di una vera difesa comune europea e non di un riarmo degli eserciti nazionali privo di coordinamento, esprimendo la chiara volontà politica di andare avanti nel percorso di realizzazione di un'unione della difesa, anche partendo da forme di cooperazione rafforzata o integrazione differenziata tra Stati membri;
3) a promuovere, nel percorso che si è aperto con la presentazione del Libro bianco sulla difesa europea e i suoi strumenti, tutti gli elementi che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l'autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all'integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all'interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo: a promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, allo sviluppo, all'acquisizione e alla gestione di capacità comuni per realizzare un'unione della difesa;
4) a ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo, ancorché facoltativo, dei Fondi di coesione europei e del Pnrr per il finanziamento e l'aumento delle spese militari;
5) a promuovere un'iniziativa per una risposta all'altezza delle sfide strategiche, politiche, economiche e di sicurezza poste all'Europa, mobilitando le risorse necessarie al rilancio della competitività e della coesione europea, con un grande piano di investimenti comuni finalizzato alla realizzazione della piena autonomia strategica, sull'esempio del NextGenerationEU, capace di mobilitare complessivamente un ammontare maggiore di risorse e adottare una posizione forte e determinata in sede europea, chiedendo un sostanziale raddoppio delle risorse per il nuovo Quadro finanziario pluriennale, al fine di renderlo più ambizioso e adeguato a realizzare le politiche necessarie a fronteggiare le nuove sfide globali;
6) ad adottare misure concrete in direzione del disarmo nucleare, rafforzando il Trattato di non proliferazione (Npt), facendo proprie le prescrizioni e le indicazioni contenute nel Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) per quanto riguarda l'assistenza alle vittime e il risanamento ambientale, nella prospettiva di una piena adesione dell'Italia allo stesso Trattato.
Seduta del 29 luglio 2025
Intervento in discussione generale di Andrea De Maria
Seduta del 10 settembre 2025
Intervento in dichiarazione di voto di Stefano Graziano