06/04/2023
Andrea Orlando
Braga, Serracchiani, Laus, Gribaudo, Fossi, Sarracino, Scotto, Malavasi, Ferrari, Guerra, Forattini
1-00103

 La Camera,

   premesso che:

    ben lontano dagli annunci di esponenti dell'attuale maggioranza che ipotizzavano misure legislative finalizzate a scongiurare il ritorno alla legge Fornero, le norme in materia previdenziale contenute nella legge di bilancio 2023 si caratterizzano, ad avviso dei firmatari del presente atto, per l'irrilevanza sostanziale delle soluzioni prospettate per assicurare forme di flessibilità di uscita pensionistica, nonché per i tagli che vengono applicati agli assegni di milioni di pensionati che si vedranno decurtare gli adeguamenti all'inflazione;

    in questa operazione di tagli alla spesa pensionistica, si distinguono le misure che modificano l'istituto di «opzione donna». Una misura che, introdotta dall'allora Ministro Maroni con l'articolo 1, comma 9, della legge n. 243 del 2004, è sempre stata prorogata da tutti i governi che si sono succeduti, a decorrere da quella data;

    con le modifiche entrate in vigore dal 1° gennaio, come evidenziato dalla stessa relazione tecnica alla legge di bilancio, la platea delle lavoratrici che teoricamente potranno accedere ad «opzione donna», scendono drasticamente dalle 17.000 ipotizzate sino al 31 dicembre 2022 a neanche 3.000;

    un risultato che è la conseguenza dell'innalzamento dei requisiti anagrafici e della compresenza di restrittivi requisiti:

     a) l'assistere, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, o anche un parente o un affine di secondo grado convivente, se i genitori, il coniuge o la parte dell'unione civile della persona con handicap grave hanno compiuto settant'anni, sono anch'essi affetti da patologie invalidanti, sono deceduti o mancanti;

     b) avere una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle commissioni competenti per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

     c) essere stata licenziata o essere dipendente da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale;

    da subito, tali modifiche hanno destato una vasta eco di critiche sia per gli effetti sociali, sia per segnale politico che ne è scaturito sulla condizione della donna lavoratrice, oltre che per i legittimi dubbi di costituzionalità per quanto concerne la previsione che modula la soglia anagrafica per l'accesso ad opzione donna in ragione della presenza o meno di figli;

    di fatto, con la legge di bilancio su «opzione donna» si è operata una manovra per fare cassa sulla condizione delle lavoratrici che aspirano a poter accedere alla pensione, seppure con l'applicazione del metodo contributivo per tutto l'arco della vita lavorativa;

    a distanza di oltre 4 mesi dall'introduzione del nuovo regime e, soprattutto, dopo le tante dichiarazioni di voler rivedere le suddette norme per ripristinare l'originaria disciplina di «opzione donna», nei tanti provvedimenti di urgenza varati dall'Esecutivo, ancora non ha trovato spazio una misura di giustizia sociale quale l'abrogazione delle citate norme della legge di bilancio che, di fatto, hanno reso quasi «irrilevante» tale possibilità di uscita pensionistica per le lavoratrici,

impegna il Governo

1) ad adottare, sin dal primo provvedimento utile, le opportune iniziative volte a ripristinare l'istituto di «opzione donna» nei termini previgenti la legge di bilancio 2023.

Seduta dell'8 maggio 2023

Interventi in discussione generale di Sara Ferrari, Debora Serracchiani, Maria Cecilia Guerra

Seduta del 9 maggio 2023

Dichiarazione di voto di Andrea Orlando